«Se sapessi una cosa utile alla mia nazione ma che fosse dannosa per un'altra, non la proporrei al mio principe, poiché sono un uomo prima di essere un francese o, meglio, perché io sono necessariamente un uomo, mentre sono francese solo per combinazione»
Montesquieu
Nel 2016, dopo che l’onda dell’immenso impero francese si è ritirata dal mondo lasciando sul bagnasciuga la scia delle migrazioni verso Parigi dalle sue ex colonie, essere francesi per combinazione è sempre più facile. La Francia oggi è uno dei più ambiziosi esperimenti multiculturali d’Europa e contiene al suo interno cittadini dalle origini più svariate: dal Marocco all’Algeria, dal Mali al Senegal, dalla Tunisia al Gabon.
Lo zenit del progetto d’integrazione francese venne raggiunto nel 1998. Il 16 marzo di quell’anno venne cambiata la legge sulla cittadinanza, introducendo uno ius soli condizionato: da quel giorno sarebbero potuti diventare francesi tutti i nati in Francia a patto che avessero vissuto per almeno 5 anni su suolo francese dall’età di 11 anni in poi. Pochi mesi dopo la Francia vinse un Mondiale per la prima volta nella sua storia, e lo fece con una nazionale che era un manifesto dell’integrazione. L’uomo simbolo di quel trionfo era un francese nato da genitori algerini, Zinedine Zidane, che poco dopo aver sollevato la coppa dichiarò: «Fu un figlio della Cabilia a offrire la vittoria ma fu la Francia a diventare campione del mondo: nel gol di una persona, due culture si sono unite».
Anche oggi gran parte dei membri della nazionale francese portano con sé origini lontane. I genitori di Pogba vengono dalla Guinea, tanto per fare un esempio tra i tantissimi.
Dopo il 1998, però, quello stesso progetto ha iniziato a lasciare per strada diversi detriti. Già nel 2001 la leggendaria Nazionale del Mondiale del ‘98 scrisse uno dei capitoli più bui del calcio francese contemporaneo, in una storica amichevole con l’Algeria a Saint Denis che finì in rovinosa invasione di campo.
Un’ombra che si è allungata su società e campo, con ampi strati di popolazione non integrata che si riflettevano in un numero sempre più consistente di giocatori che rifiutavano le chiamate della nazionale francese. Proprio l’Algeria è forse la cicatrice più dolorosa di questo processo, con un ampio bacino di giocatori nati e cresciuti in Francia che ha deciso nel tempo di rappresentare la nazionale algerina (all’ultimo Mondiale, 17 dei 23 giocatori che componevano l’Algeria erano nati in Francia).
Le ragioni sono le più svariate, tutte ugualmente comprensibili: c’è chi lo fa per semplice opportunismo, chi per legami familiari, chi con motivazioni politiche. Si è francesi solo per combinazione, per l’appunto.
L’ipotetica squadra che trovate qui sotto è composta quindi da giocatori nati e cresciuti in Francia ma che, nonostante questo, hanno optato per la Nazionale delle proprie origini. Non troverete quei giocatori che avrebbero potuto scegliere la Nazionale francese pur essendo nati all’estero (come Aurier, Hazard e Lemina) e nemmeno quelli nati in Francia ma cresciuti calcisticamente in altri paesi (come Higuain, Aubameyang e André Ayew). Tatticamente si è usato un 4-4-2 molto offensivo, data la natura di ali e terzini.
Panchina: Johnny Placide (Haiti), Benoit Assou-Ekotto (Camerun), Molla Wagué (Mali), Aïssa Mandi, Saphir Taïder (Algeria), Kévin Constant (Guinea), Jordan Ayew (Ghana).
Portiere: Anthony Lopes (Portogallo)
Nato a Givors, nella zona metropolitana di Lione, da genitori portoghesi, e cresciuto nelle giovanili della squadra di Aulas, Anthony Lopes è uno dei portieri più interessanti di tutta la Ligue1: giovane, con grande reattività e ottima tecnica con i piedi. Un portiere per molti aspetti superiore a quelli a disposizione della Francia al momento (ad esclusione, forse, del solo Mandanda) se non fosse che l’idea di rappresentare i Blues non l’ha mai sfiorato.
«È una scelta che ho fatto da molto giovane, a 15-16 anni» ha dichiarato una volta. «E l’ho fatta da solo, senza chiedere a nessuno». Lopes ha sempre rappresentato il Portogallo, fin dalle giovanili: «Lo considero il mio Paese anche se non sono nato lì».
Ed è strano per un cittadino europeo che ha sempre vissuto nello stesso paese, ma Lopes nella stessa intervista si definisce un migrante.
Difensore centrale: Mehdi Benatia (Marocco)
Benatia, nato vicino Parigi da padre marocchino e madre algerina, doveva essere uno dei membri della famosa generazione dell’87, quella che ha portato alla nazionale francese, tra gli altri, Benzema, Menez, Ben Arfa e Nasri. È passato per la famosa accademia statale di Clairefontaine e fin da giovane è stato riconosciuto come un grandissimo talento. La sua strada sembrava talmente tracciata che Benatia rifiutò il Chelsea di Mourinho per rimanere al Marsiglia e mettersi in mostra il più possibile.
Ma proprio a Marsiglia le cose sono iniziate ad andare male. Nella squadra francese in pochi hanno creduto nel centrale marocchino: non venne impiegato in prima squadra e venne spedito in prestito in diverse squadre minori, come il Tours e il Lorient. Quando gli altri membri della generazione dell’87 esordirono all’Europeo del 2008, lui si ruppe i legamenti del ginocchio e pur di continuare a giocare andò al Clermont, in Ligue2.
È in questi anni, tragici per la sua carriera, che Benatia scelse di abbandonare la nazionale francese, ritenuta inarrivabile in quel momento, per rappresentare quella marocchina, dove avrebbe potuto giocare con continuità a livello internazionale. Nessun romanticismo, quindi, come confermato dal suo allenatore al Clermont.
Difensore centrale: Kalidou Koulibaly (Senegal)
Così come quella di Benatia, anche quella di Kalidou Koulibaly è stata una scelta piuttosto tormentata. Nato a Saint-Dié, nella Francia orientale, da genitori senegalesi, il centrale del Napoli ha iniziato la sua carriera al Metz, disputando anche diverse gare con la Francia Under-20. Ma a settembre dell’anno scorso Koulibaly ha deciso di tornare alla nazionale delle sue origini, il Senegal.
«È prima di tutto una scelta di cuore», ha spiegato recentemente. «L’allenatore [del Senegal, ndr] mi ha contattato a marzo, io gli ho chiesto un periodo di riflessione, lui ha capito e lo ringrazio per questo. Ne ho riflettuto con la mia famiglia, i miei cari, mia moglie, fermo restando che la decisione è la mia. Questa è la cosa più importante. Quindi ho scelto di unirmi ai Leoni e oggi sono molto felice».
Una scelta di cui non deve essere stato informato Didier Deschamps, che lo scorso febbraio lo ha erroneamente citato tra quelli in corsa per una maglia della nazionale francese in vista di Euro 2016. «Deve essersi perso qualcosa», ha commentato Koulibaly.
Terzino sinistro: Raphaël Guerreiro (Portogallo)
Nome francese e cognome portoghese che riflettono una madre francese e un padre portoghese. Nato vicino Parigi, Guerreiro è uno dei migliori terzini della Ligue1, nonché uno dei prospetti più interessanti di tutto il campionato francese. Passato anche lui per Clairefontaine, è successivamente cresciuto al Caen. Dal 2013 gioca per il Lorient.
La storia di Guerreiro contiene alcuni tratti archetipici delle vite dei migranti e dei loro discendenti. Dal padre, infatti, Guerreiro ha preso il tifo per il Benfica e la decisione di rappresentare la nazionale lusitana, nonostante parlasse pochissimo portoghese. Rui Jorge, l’allenatore dell’Under-21 portoghese, lo descrive come un ragazzo molto introverso, anche a causa dei problemi linguistici: «Capiva il portoghese, ma solo se gli parlavamo piano».
Crescendo, però, Guerreiro si sta allontanando dalle orme del padre. Il sogno non è più il Benfica, ma il Real Madrid. Per adesso si deve accontentare di giocare con Cristiano Ronaldo in nazionale, in futuro chissà.
Terzino destro: Faouzi Ghoulam (Algeria)
Il terzino sinistro del Napoli, nato a Saint-Priest-en-Jarez, nella Loira, e cresciuto nel Saint-Etienne, non ha avuto vita facile nello scegliere tra le sue due nazionalità, com’è normale quando c’è da prendere questo tipo di decisioni intorno ai 20 anni.
Quando ancora giocava in Francia ed era considerato uno dei migliori giovani terzini della Ligue1, il giornale algerino Le Buteur gli attribuì la volontà di giocare per la nazionale nordafricana. Poco dopo lui smentì, dichiarandosi francese e desideroso di giocare per i Blues. In quel periodo, infatti, Ghoulam giocò anche un paio di partite con l’Under-21 transalpina.
La decisione definitiva è arrivata nel novembre del 2012, quando Ghoulam ha deciso di rappresentare l’Algeria alla Coppa d’Africa dell’anno successivo. «Una decisione che viene dal mio cuore», ha detto poco dopo. E interpretare ciò che viene dal cuore non è affatto cosa semplice.
Centrocampista centrale: Adrien Silva (Portogallo)
Georges da Silva è stato un soldato dell’esercito portoghese. Nel 1964, dopo tre anni di guerra in Angola, torna in patria ma non riesce a trovare lavoro. Si trasferisce quindi in Francia, a Charente, a lavorare in campagna col fratello. Georges da Silva è il nonno di Adrien Silva, capitano dello Sporting Lisbona e membro della nazionale portoghese.
Ma Adrien Silva è nato ad Angoulême, nel dipartimento di Charente, da padre portoghese e madre francese. Inizia a crescere calcisticamente nel vivaio del Bordeaux, ma quando lui ha dodici anni il padre va in Portogallo per motivi di lavoro e lui è costretto a seguirlo. Silva passa quindi due anni al Paço, il piccolo club di Arcos de Valdevez, la cittadina dove si è trasferita la sua famiglia, per poi essere acquistato dallo Sporting.
Dopo tutta la trafila delle giovanili, viene convocato dalla nazionale portoghese maggiore per la prima volta l’11 ottobre del 2014. In un’amichevole contro la Francia.
Centrocampista centrale: Nabil Bentaleb (Algeria)
C’era un tempo in cui Bentaleb era uno dei giovani più interessanti della Premier League. Un tempo in cui le federazioni di Francia e Inghilterra hanno rischiato di arrivare allo scontro pur di far indossare al giovane centrocampista la maglia della propria nazionale. Quel tempo, che in realtà dista dal presente solo una stagione, sembra essersi interrotto quando Bentaleb ha scelto di giocare per l’Algeria.
Nato a Lille da genitori algerini, Bentaleb è cresciuto inizialmente nel club della propria città per poi trasferirsi in Belgio, prima al Mouscron e poi al Dunkerque, e poi infine in Inghilterra, nelle giovanili del Tottenham dopo aver fatto un provino col Birmingham.
La semplicità con cui Bentaleb ha spiegato la sua scelta di giocare con l’Algeria è quasi infantile. «Quando ero piccolo e la Francia perdeva io non piangevo di fronte alla Tv. Quando invece era l’Algeria a perdere, piangevo e mi arrabbiavo» ha dichiarato una volta Bentaleb. «Ho scelto l’Algeria perché il mio cuore ha sempre voluto l’Algeria».
Forse, però, anche la possibilità di giocare un mondiale da titolare pochi mesi dopo deve aver aiutato.
Esterno di sinistra: Yacine Brahimi (Algeria)
Brahimi è l’uomo mercato dell’anno di quel supermercato calcistico che è il Porto. Nato a Parigi da genitori algerini, Brahimi ha cercato fin da piccolo di seguire le orme del suo idolo, Zinedine Zidane, franco-algerino come lui. Ma a differenza di Zizou, che è diventato il simbolo della Francia integrazionista, Brahimi ha scelto la strada opposta abbandonando i Blues dopo aver scalato tutti i livelli delle giovanili transalpine.
La scelta di vestire i colori dell’Algeria è arrivata nel febbraio del 2013 dopo un corteggiamento durato tre anni (la prima chiamata della nazionale nordafricana era arrivata poco prima dei Mondiali sudafricani). Lui si è preso il suo tempo ma alla fine ha deciso di varcare idealmente il Mediterraneo: «La Francia mi ha dato molto ma sono arrivato ad un momento in cui per me e la mia famiglia significa molto giocare per l’Algeria, il mio paese», ha sottolineato a L’Equipe Brahimi. «È stata una scelta di cuore semplicemente, anche se ci sono arrivato grazie alla formazione francese, non c’è dubbio. Mi assumo del tutto la responsabilità di questa scelta».
E infatti, stuzzicato nuovamente sulla questione poco prima dell’inizio dei Mondiali brasiliani, ha ribadito: «Si gioca per un paese solo».
Esterno di destra: Sofiane Feghouli (Algeria)
Feghouli, l’ala del Valencia nata a Levallois-Perret, uno dei tanti sobborghi di Parigi, da genitori algerini, è probabilmente il giocatore che più incarna le ambigue relazioni che intercorrono tra Algeria e Francia al momento. In un’intervista molto controversa di circa un anno fa a L’Equipe, il giocatore, cresciuto nel Red Star FC, lo storico club fondato da Rimet, ha dato voce a buona parte dei problemi identitari che affliggono gli algerini di Francia.
«Ho imparato la storia dei due paesi [Francia e Algeria, ndr] quando sono cresciuto e quello che sento va oltre il calcio» ha spiegato Feghouli «Con tutto ciò che ho vissuto, non mi sento completamente integrato nella società francese, la scelta dell’Algeria viene dal cuore».
A quel punto la domanda non può che andare sul perché non si sente integrato. La risposta: «Possiamo vedere i problemi che ci sono con i nord-africani, i neri… I nostri nonni hanno combattuto per la Francia, ma non sento nessuna identificazione. Dobbiamo sempre fare il doppio o il triplo rispetto agli altri per sperare di ottenere qualche merito».
Infine, la picconata più dolorosa, quella a Zinedine Zidane: «Penso che sia stato considerato completamente francese solo perché ha avuto successo e ha fatto vincere la nazionale. Se non l’avesse fatto, credo che si sarebbe sempre parlato delle sue origini algerine».
Feghouli, che nel frattempo è diventato capitano della sua nazionale, è tornato recentemente sul tema, consigliando agli algerini di Francia di scegliere l’Algeria: «Non dobbiamo dimenticare la storia tra i due paesi».
Prima punta: Demba Ba (Senegal)
Demba Ba è il sesto dei sette figli di una famiglia senegalese di Sèvres, sobborgo della parte sudoccidentale di Parigi. L’attaccante dello Shanghai Shenhua ha raccontato la sua infanzia al sito della FIFA: «Anche se sono cresciuto in Francia ho sempre vissuto come se fossi in Senegal».
Per Demba Ba, quindi, non ci sono mai stati dubbi su quale nazionale scegliere (anche se la sua esperienza con il Senegal non è stata delle più facili: per lui solo 4 gol in 19 presenze).
Ma questo non vuol dire che il suo percorso europeo non abbia influito. L’estate scorsa, dopo essere tornato con il Senegal in Normandia, dove nel 2005 iniziò la sua carriera professionale (al Rouen, per la precisione), il CT della nazionale africana ha dichiarato: «Demba è il senegalese più normanno o il normanno più senegalese [che conosca, ndr]».
Seconda punta: Riyad Mahrez (Algeria)
Nonostante venga spesso associata a "madre", la parola "patria" deriva innegabilmente la sua radice dall’idea della paternità. Un’idea che ha dentro Riyad Mahrez, figlio di madre marocchina cresciuto nelle periferie di Parigi, ma di fatto algerino, come il padre, Ahmed Mahrez.
Ahmed non era solo il padre di Riyad, era il suo mentore. È lui che l’ha iniziato al calcio e che l’ha sostenuto negli anni difficili delle serie minori del calcio francese. Ed è stata la morte di Ahmed, quando Riyad aveva 15 anni, che probabilmente ha spinto Mahrez a diventare un calciatore per davvero.
Tra Marocco, Francia e Algeria non c’era nessuna scelta, quindi. «Vorrei che mio padre fosse qui per vedermi scegliere ed indossare la maglietta verde [dell’Algeria, ndr]», ha detto una volta Riyad.
Si è algerini soltanto per combinazione, dopo tutto.