Capire e valutare il talento di LaMelo Ball non è mai stato facile, sia per gli addetti ai lavori che per i tifosi. Il suo approccio non ortodosso al gioco, gli inizi tribolati nel professionismo prima lituano e poi australiano e le incessanti polemiche sul e del padre LaVar hanno insabbiato il suo valore reale, e non stupisce quindi che sia i Minnesota Timberwolves che i Golden State Warriors abbiano preferito selezionare con le prime due scelte assolute profili più tradizionali come Anthony Edwards e James Wiseman.
Trovandolo ancora disponibile con la terza scelta assoluta al Draft, gli Charlotte Hornets non ci hanno pensato due volte e non si sono lasciati sfuggire quello che secondo molti era il talento più puro di questa classe di rookie. Una scommessa che era necessaria per una franchigia che stava lentamente inabissandosi nella mediocrità e che nei suoi ormai oltre trent'anni in NBA non ha mai sfondato davvero nell’immaginario collettivo, nonostante abbiano come proprietario il più famoso cestista di sempre e una colorazione di divise tra le più riconoscibili della lega. Colpa di squadre mai vincenti e mai davvero iconiche, al netto delle apparizioni ai playoff prima con Larry Johnson e Zo Mourning, poi con Chris Paul ed infine le ultime stanche esibizioni di Kemba Walker.
Proprio quando quest’ultimo aveva alzato definitivamente bandiera bianca, accettando in free agency il ricco contratto che gli offrivano i Boston Celtics, gli Hornets sembravano davvero condannati a un triste anonimato in fondo alla Eastern Conference. Invece in questa stagione Charlotte sta diventando a tutti gli effetti una squadra di culto, di quelle che ti vuoi vedere sul League Pass o negli highlights giornalieri, uscendo finalmente dai confini regionali e mettendo le basi per un futuro roseo. E molto di questo è merito del loro rookie non ancora ventenne.
L’impatto di LaMelo sugli Hornets
James Borrego è arrivato in sordina alla panchina degli Hornets, sostituendo un veterano come Steve Clifford, dopo una lunga gavetta alla corte di Gregg Popovich a San Antonio e una turbolenta parentesi agli Orlando Magic, facendo soprattutto notizia per essere il primo capo allenatore di origini latine in NBA. Ha ereditato una squadra in pieno declino, alla quale mancava una vera identità di gioco e che presto avrebbe perso il proprio miglior giocatore di sempre in Walker.
Affidandosi alle lezioni imparate sotto Pop ha quindi disegnato un sistema imperniato sul movimento del pallone per ovviare all’evidente mancanza di talento. Gli Hornets sono passati da avere una percentuale di canestri assistiti del 57.8% nell’ultimo anno di Walker, un giocatore molto più propenso agli isolamenti e alla creazione in prima persona, al 63.9% nell’anno successivo per arrivare allo storico 70.9% di questa stagione. Gli Hornets segnano su assistenze dei compagni a un ritmo mai visto prima in NBA (i Miami Heats sono dietro di oltre 4 punti percentuali) e guidano la lega in assist per partita con 28.4, una specie di squadra collegiale prestata al basket professionistico.
Un college che LaMelo non ha mai frequentato, perdendosi per le tundre lituane e i deserti australiani, non avendo avuto la necessità di laurearsi nell’arte del passaggio. Sin dai tempi di Chino Hills infatti il più giovane dei fratelli Ball ha dimostrato di avere una confidenza con il gioco da predestinato, corroborata da letture raffinatissime e soluzioni tanto creative quanto efficaci. La palla resta nelle sue mani la frazione di tempo esatta per trovare lo spiraglio giusto o per innescare le frenetiche rotazioni che gli Hornets usano per consolidare i vantaggi creati. LaMelo è cerebrale e istintivo, altruista e deciso: un perfetto innesto nel sistema che Borrego sta cercando di implementare a Charlotte.
Un sistema soprattutto che deve divertire chi lo interpreta e chi lo vede.
Gli angoli e i tempi con i quali trova i suoi compagni non sono quelli che ci aspetterebbe da chi ha appena superato i 600 minuti in questa lega, ma LaMelo è stato cresciuto per essere questo audace acrobata del parquet, incurante delle ripercussioni di una frustata a una mano dal palleggio a tagliare il campo o di un pallone lanciato come un frisbee per il tiratore sul lato debole. Dopo appena venti partite tra i professionisti non c’è un tipo di passaggio che LaMelo non abbia già messo in mostra, tra lanci baseball da un canestro all’altro, lob al ferro nel pick and roll e preziosismi dietro la schiena ogni volta che si palesa l’occasione.
Da sempre dipinto come un artista dell’assist, LaMelo in questo scorcio di carriera in NBA ha superato le già alte aspettative e soprattutto ha dimostrato che le sue qualità non sono semplice manierismo, ma possono influenzare direttamente le vittorie di squadra. Con lui in campo il gioco degli Hornets è più fluido, più armonioso e tutti in campo si divertono a scambiarsi il pallone: il rating offensivo di squadra cala di quasi 4 punti su 100 possessi quando non è sul parquet (che sembra poco, ma fino a poco tempo fa Ball usciva dalla panchina, quindi i minuti senza di lui erano con i titolari in campo).
L’energia contagiosa del suo approccio al basket ha dato linfa vitale a un gruppo che aveva bisogno di una scossa elettrica. Accanto a lui stanno velocemente migliorando gli altri giovani in maglia verde acqua, da Miles Bridges a PJ Washington. Persino Malik Monk sembra essere tornato dal suo ritiro spirituale. E l’innesto di Gordon Hayward, arrivato in estate firmando un lauto contratto che ha fatto alzare parecchi sopracciglia, sta ripagando l’investimento di Mike Kupchak, con l’ex ala dei Boston Celtics che sta ricoprendo il ruolo di chioccia e prima opzione offensiva.
Una delle combinazioni più spettacolari di questo inizio di stagione, quella sopra il ferro tra Ball e Bridges tanto che li vorrei ribattezzare AirBnB.
Prima di entrare in NBA LaMelo ha sempre agito da portatore di palla primario ma a Charlotte, vista la presenza di Terry Rozier e di Devonte’ Graham, Borrego lo sta schierando spesso e volentieri insieme alle altre due guardie. Una soluzione che permette agli Hornets di avere molti trattatori di palla in campo nello stesso momento, senza che nessuno debba per forza dominare i possessi. Quando gli Hornets schierano insieme le loro tre guardie il loro rendimento prende il volo, facendo segnare un notevole +24.5 di Net Rating su 100 possessi. Certo, il campione statistico è ancora molto limitato (solo 150 possessi) ma avere contemporaneamente in campo più giocatori in grado di creare dal palleggio, tirare in situazioni dinamiche e passare bene il pallone è la semplice ricetta del successo per qualsiasi attacco.
Quando ai tre si aggiungono anche le qualità di playmaking secondario di Gordon Hayward, gli Hornets schierano un quintetto piccolo e dinamico con tanti punti nelle mani e tanti modi per far male agli avversari. Con l’ex All-Star a riempire la posizione di ala grande in questo quintetto corsaro, il dato sui cento possessi schizza verso le stelle (+46), dimostrando per l’ennesima volta come aggiungere giocatori intelligenti e multidimensionali può solo elevare il livello di una squadra.
LaMelo aspetta che la partita venga a sé
E LaMelo rientra perfettamente in questa definizione. La sua intelligenza cestistica, la rapidità di pensiero e la sensibilità per il gioco lo rendono già ora un sicuro floor raiser, uno che alza il rendimento complessivo della squadra, al contrario di una certa corrente di pensiero che lo vedeva come un boom or bust. Inoltre la sua taglia fisica consente a coach Borrego di usarlo in più ruoli, anche grazie alle sue sottovalutate doti di rimbalzista, nonostante sia ancora molto indietro nello sviluppo fisico e sembra non abbia mai alzato un peso in vita sua.
Aspettando che trovi la strada della sala pesi, Ball sta intanto trovando quella per il canestro. Nelle ultime partite Ball ha cominciato a prendere ulteriore confidenza con il ruolo che gli chiede il coaching staff, diventando più aggressivo in attacco e cercando con più insistenza la conclusione personale. Una crescita organica, che lo ha portato a ritoccare verso l’alto il proprio massimo in carriera in punti quasi a ogni nuova uscita: prima 27 nella convincente vittoria contro i Milwaukee Bucks, poi 34 nella sconfitta contro i lanciatissimi Utah Jazz. Due partite in cui, a causa degli infortuni prima di Terry Rozier e poi di Devonté Graham, Ball ha avuto più minuti a disposizione, sfruttando l’occasione con lampi di talento purissimo e allo stesso tempo dimostrando di possedere un gioco completo, rotondo, che va oltre l’età anagrafica.
Con il passare delle gare Ball è entrato nel ritmo di una partita NBA, piegandola alla sua andatura caracollante fatta di continue hesitation in palleggio e assist senza guardare il ricevitore. Ha imparato a usare la gravità generata dalle sue doti di passatore e dal rispetto per il tuo tiro da fuori per crearsi spazi nelle difese nei quali infilarsi con angoli inediti. L’abilità di manipolare gli avversari grazie alle sue doti di palleggio, o semplicemente grazie ai suoi occhi, è fondamentale per un giocatore che ha sempre sollevato dubbi sulla sua rapidità nel primo passo e la scarsa esplosività verticale.
LaMelo riesce a finire bene al ferro quando utilizza al meglio le varie velocità senza perdere il controllo e la sua abilità di passatore per congelare il difensore in aiuto.
Invece, una volta capito come sfruttare a proprio vantaggio le scelte della difesa, i suoi tentativi al ferro sono cresciuti, fino a rappresentare il 41% delle sue conclusioni, un dato molto confortante nonostante il 56% di conversione, a testimonianza di come debba ancora mettere su massa per assorbire i contatti. In particolare LaMelo deve rinforzare la parte bassa del corpo, per aumentare la stabilità sia quando sta attaccando il canestro sia quando sta tirando da fuori.
Come tutti i figli di LaVar, infatti, anche Melo ha sviluppato una meccanica di tiro molto particolare, più simile a un balletto di Fortnite che a un rilascio replicabile all’infinito. I tiri di Ball sono l’uno diverso dall’altro e passano dal molto bene al molto male in una frazione di secondo, e cambiano anche a seconda del tipo di tiro preso. Niente che non si possa ovviamente sistemare, e il tiro è l’aspetto in cui l’allenamento NBA forse fa più la differenza. Lo stesso Lonzo è passato dall’avere una meccanica a dir poco sbilenca a essere un tiratore affidabile nel giro di un paio di stagioni - e LaMelo a oggi è più avanti al fratello maggiore sia come tocco che come rilascio.
Nelle ultime 3 partite LaMelo ha segnato 14 triple tirando sopra il 50%.
Finora il più giovane dei Ball ha mandato a bersaglio il 34% delle conclusioni oltre l’arco, ma soprattutto ha pulito molto la sua selezione di tiro, il vero motivo delle pessime percentuali nelle sue esperienze professionistiche oltreoceano. A Charlotte circondato da talento NBA forza molto meno le conclusioni e aspetta che la partita scivoli nella sua direzione, come contro Utah quando ha segnato 15 punti negli ultimi 12 minuti di gioco tenendo i suoi in partita fino all’ultimo contro la miglior squadra della NBA record alla mano.
La sua dimensione di realizzatore versatile unita alle sue qualità di passatore lo rendono estremamente credibile in un futuro ruolo da fulco offensivo di una squadra, anche senza dover dominare i possessi con il pallone in mano. Charlotte ama correre in transizione, specie dopo aver costretto gli avversari a buttar via la palla: sono primi in NBA per rubate trasformate in contropiede e quarti per possessi in transizione, situazione di gioco che esalta LaMelo. Lo stesso Ball contribuisce con tre palle sporcate e una rubata e mezzo a partita, che trasforma rapidamente in occasioni dall’altra parte del campo. Ovviamente come ogni rookie è suscettibile a tanti errori di posizionamento, lettura o concentrazione difensiva, ma già ora non è quel pessimo difensore che molti avevano frettolosamente definito. Anche nella metà propria campo i suoi istinti di alto livello gli permettono di cavarsela, limitando distrazioni e limitazioni.
Con la partita in bilico contro una delle migliori squadre della Conference prima forza la palla persa con lo stunt su Holiday costringendo Antetokounmpo a cambiare idea a mezz’aria e converte in contropiede il canestro e fallo. Poi esce aggressivo su Middleton e sporca la linea di passaggio per poi trovare un solissimo Devonté Graham per la tripla in transizione.
La maturazione che sta mostrando fin dall’inizio della sua carriera in NBA può essere sorprendente per molti ma non per chi ha seguito più da vicino la sua carriera, magari non facendosi irretire dalle immagini del talent show che è stata la sua vita fino dalla prima adolescenza. Chi ha divorato i filmati di Chino Hills, degli Illawarra Hawks e persino di Spire Academy sapeva già che LaMelo era il più forte dei tre figli di Lavar e probabilmente il miglior giocatore di questo Draft. Ma la rapidità con la quale ha conquistato la fiducia di Borrego e di tutto il coaching staff di Charlotte testimonia che dietro al talento cristallino c’è anche una personalità silenziosa ma contagiosa. LaMelo infatti possiede questa rara qualità di influenzare la squadra senza per forza piegarla alle proprie necessità, di alzare il livello senza chiedere molto in cambio. Gli Hornets, dopo un breve tirocinio, stanno iniziando ad affidargli le chiavi dell’attacco facendolo partire stabilmente in quintetto e lui sta plasmando le abitudini dei compagni alle sue.
Charlotte è ancora all’inizio di un percorso che a fatica potrebbe portarla a scalare le gerarchie della Eastern Conference - ad oggi è molto vicina alla fatidica quota del 50% di vittorie e occupa il sesto posto in classifica - ma sa di aver pescato dopo tanto tempo un giocatore speciale, dotato della naturalezza che appartiene solo a chi comprende il basket a un livello sinestetico. Vedendolo ora ci si può immaginare già che tipo di giocatore potrà essere nei prossimi anni, fantasticando di un profilo che raramente si vede in giro anche in epoca di pezzi unici. È un talento con qualità esaltanti e limiti evidenti, che continuerà ad attrarre pareri e opinioni polarizzanti. Non che LaMelo non ci sia abituato.