Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
LaMelo Ball, lo spettacolo è appena cominciato
21 set 2021
Dopo un primo anno scintillante, è lecito aspettarsi ancora di più dal più piccolo dei fratelli Ball.
(articolo)
11 min
Dark mode
(ON)

Tra le molte questioni che la NBA, impegnata a continuare il processo di crescita in atto da tre decenni abbondanti, si troverà ad affrontare nei prossimi anni, non sembra esserci quello del ricambio generazionale. Gli ultimi Draft hanno portato in dote una serie di giovani in grado di raccogliere il testimone dai vari James, Curry e Durant. Prendere il posto di chi ha rappresentato il volto della lega dalla seconda parte degli anni 2000 in poi, però, è un’operazione semplice solo in apparenza. Oltre al talento, di cui la nuova ondata di aspiranti campioni gode in abbondanza, è necessario disporre di personalità e abilità comunicativa fuori dal comune.

In questo senso, pochi sembrano attrezzati quanto LaMelo Ball. Perché, che piaccia o meno, la guardia degli Charlotte Hornets appare destinata a recitare un ruolo di primissimo piano nella NBA di oggi e, ancor di più, in quella di domani.

Credere all’hype

Si può dire tutto e il contrario di tutto a proposito di LaMelo, così com’è ovviamente legittimo avere le opinioni più disparate in merito all’ultimo dei fratelli Ball, ma sulla sua annata da rookie non c’è granché da discutere. La prima stagione in NBA, accompagnata da parecchie aspettative e da altrettanto scetticismo, è andata in archivio come una delle migliori dal punto di vista statistico per un esordiente. I 15.7 punti, 5.9 rimbalzi e 6.1 assist di media nelle 51 partite giocate (di cui 31 partendo in quintetto) lo piazzano nella scia di leggende come Magic Johnson (18-7.7-7.3) e LeBron James (20.9-5.5-5.9), grandi protagonisti già all’esordio nella lega.

Una stagione da rookie divertente, anche se non soprattutto per gli spettatori.

Le statistiche, per quanto eloquenti, non tengono conto dell’impatto avuto da LaMelo sugli Charlotte Hornets, arrivati finalmente a giocarsi un posto al torneo play-in e, aspetto forse ancora più rilevante, usciti dall’anonimato in cui erano finiti da tempo immemore. Più di tutto, la stagione di debutto di LaMelo ha confutato la teoria, ancora piuttosto in voga tra gli addetti ai lavori, secondo cui non sarebbe possibile giocare una pallacanestro efficace, magari vincente, e allo stesso tempo spettacolare. Quella del più giovane dei Ball è comunque un’affermazione temporanea, perché lo scetticismo e i dubbi sono ancora lì, pronti a ridestarsi in vista di un secondo anno in cui l’asticella sarà necessariamente spostata verso l’alto.

Alzare l’asticella

Oltre agli aspetti caratteriali, buona parte della diffidenza che aveva accompagnato l’ingresso di Ball nella lega si basava sulle scelte operate dalla famiglia nell’indirizzarne il percorso post-scolastico. Una volta conclusa l’high school, la decisione, dovuta a motivazioni mediatiche più che tecniche, di giocare prima in Lituania e poi in Australia aveva disorientato molti osservatori, rendendo complicate le valutazioni operate in fase di Draft. Al di là dei giudizi di merito e dell’influsso che la scelta di LaMelo, o forse sarebbe meglio dire di LaVar, avrà sui futuri prospetti NBA, dal punto di vista tecnico i 18 mesi spesi tra Europa e Australia avevano rappresentato un campione d’analisi comunque significativo. Già nel passaggio dalla Lituania alla NBL, infatti, si era visto un balzo in avanti nella comprensione del gioco e nella capacità di mettere a frutto le tante qualità generosamente fornite da madre natura.

Un giovanissimo LaMelo si fa valere “down under”.

Un balzo in avanti a cui LaMelo è atteso anche nella sua seconda stagione in NBA, un salto di certo più difficile di quello compiuto trasmigrando tra i due emisferi, un miglioramento da compiere partendo magari proprio dalle doti naturali di cui sopra.

A vent’anni appena compiuti, la stella degli Hornets potrebbe non aver ancora chiuso con l’età della crescita e quei due metri scarsi, ufficialmente considerati 198 centimetri, potrebbero aumentare ulteriormente. La taglia importante, non così comune tra ball-handler e guardie in generale, consente a LaMelo di essere un rimbalzista notevolissimo, anche grazie a un tempismo e a un’innata capacità di leggere le traiettorie della palla. Il 78.5% dei rimbalzi presi in regular season sono stati non-contestati, ovvero strappati senza dover sgomitare con altri avversari, a riprova di un fiuto davvero eccellente per il posizionamento.

Un ulteriore miglioramento sotto questo aspetto potrebbe consentirgli di lanciare il contropiede, possibilmente in superiorità numerica, fase del gioco dove il suo approccio istintivo può esprimersi al meglio.

Un esempio di cosa può succedere quando LaMelo prende il rimbalzo e guida il contropiede.

Il 54.4% maturato nelle conclusioni al ferro e il 43.2% nel pitturato - dati non banali per un rookie - testimoniano doti atletiche che rendono LaMelo un’arma se non letale, di certo pericolosissima in campo aperto o quando batte l’avversario dal palleggio. Il lavoro sul corpo, in particolare sulla robustezza della parte alta, gli potrebbe permettere di sfruttare ancor di più il vantaggio in termini di centimetri che avrà spesso e volentieri nei confronti del marcatore diretto. Un lavoro che si potrebbe rivelare prezioso anche nell’altra metà campo, quella difensiva, dove l’atteggiamento durante la prima stagione con gli Hornets non è sempre stato irreprensibile e l’apporto concreto alquanto scarso (111.8 il suo defensive rating di media, 35° tra i pari ruolo esordienti), seppur non così drammatico considerando che non è il suo piatto forte e stiamo pur sempre parlando di una matricola.

In difesa LaMelo si è trovato a marcare avversari considerati ali, quindi dal fisico più imponente, per il 34.4% dei minuti giocati. In una NBA che vive sempre più di cambi sistematici e quintetti small ball, si tratta di un’eventualità in cui incapperà spesso nel proseguimento della carriera e in cui dovrà per forza migliorare, almeno nella prestanza atletica, onde acuire un applicazione difensiva non proprio esente da pecche.

E se i miglioramenti nella propria metà campo saranno importanti, non c’è dubbio che buona parte delle future fortune di LaMelo passeranno dall’efficienza al tiro dalla lunga distanza, aspetto del gioco ormai irrinunciabile. La meccanica poco ortodossa e le percentuali ballerine dell’annata da rookie - con performance pessime nei mesi di gennaio (25%) e al rientro dopo lo stop per infortunio a maggio (24.4%) alternati a exploit tra febbraio (40.7%) e marzo (46.5%) – rendono complicato quantificare i margini di miglioramento complessivi. Di certo Ball dovrà impegnarsi nell’essere più efficace nel gioco lontano dalla palla, diventando tiratore affidabile anche sugli scarichi (il 57% dei canestri segnati nella regular season 2020-21 è arrivato senza assistenza da parte di compagni).

Tutte le triple segnate da LaMelo al suo esordio in NBA.

LaMelo dovrà adattarsi con più continuità alle esigenze della squadra, così come gli Hornets dovranno per forza modellare il loro gioco attorno alle caratteristiche della giovane stella. La questione sarà prima di tutto di impostazione tattica: in regular season Charlotte è risultata 18° per numero di possessi (99 di media), un dato che raffrontato con quello singolo di Ball (103.35) rende bene l’idea della distanza da colmare in termini di ritmo. Forse è una semplificazione eccessiva sostenere che, nella sua prima esperienza tra i professionisti, LaMelo sia andato troppo veloce per i compagni, ma di fatto su questo versante qualcosa coach Borrego dovrà inventarsi. Solo i fratelli Martin, con Caleb ormai passato ai Miami Heat, e McDaniels hanno tenuto un passo in linea con quello dell’ex Chino Hills (7.3 chilometri orari di media).

In ragione dei limiti oggettivi di un roster uscito quasi inalterato dalla sessione di mercato estiva, convincere il resto dei compagni ad aumentare il dinamismo sul parquet sarà complicato ma non impossibile. Se c’è una cosa che la stagione da rookie di Ball ha dimostrato è infatti che la sua presenza in campo migliora le prestazioni dei compagni. Terry Rozier (career high di media per punti e percentuale dal campo) e Devonte’ Graham (career high di media per punti e percentuale da tre), che in teoria avrebbero dovuto soffrire la coabitazione con LaMelo, hanno invece visto lievitare le proprie prestazioni – e di conseguenza anche le cifre del loro contratto, con Graham che è passato all’incasso a New Orleans. A dispetto di una tendenza al protagonismo alimentata dalla massiccia autostima, insomma, lo stile di gioco di Ball è quanto di più collaborativo si possa immaginare. La capacità istintiva nello scovare linee di passaggio è uno dei pochi aspetti del gioco in cui, onestamente, è difficile immaginare miglioramenti sostanziali, dato che siamo già a livelli di élite.

Qualche esempio di rabdomanzia cestistica firmato LaMelo Ball.

Appare quindi legittimo ipotizzare che se il lavoro individuale svolto sotto la guida di Jay Triano, assistente con delega all’ambito dello sviluppo dei giocatori, porterà ulteriori miglioramenti nelle prestazioni di LaMelo, allora gli Hornets diventeranno, tanto inevitabilmente quanto rapidamente, la sua squadra. Da questo punto di vista il paradosso è che la sconfinata fiducia nei propri mezzi potrebbe rappresentare un limite quando, magari di fronte a clamorosi lampi individuali, si tratterà comunque di continuare a limare difetti e ampliare il bagaglio tecnico. La stessa fiducia nei propri mezzi, d’altronde, rappresenta anche il più grande interrogativo che riguarda LaMelo lontano dai canestri.

Sobrietà, questa sconosciuta

Inutile negarlo: quando si parla della carriera di LaMelo Ball è impossibile non tirare in ballo le questioni familiari. E non c’è dubbio che il piano, minuzioso e implacabile, architettato da LaVar abbia influenzato con forza le carriere dei tre figli. È un po' meno chiaro, invece, quanto i tentativi di trasformare i Ball in una specie di Kardashian versione NBA abbiano giovato all’immagine complessiva di Lonzo prima e di LaMelo poi (su LiAngelo e sulle sue ambizioni di trovare posto in uno dei 30 roster della lega preferiamo stendere un velo pietoso).

Ad ogni modo, per quanto concerne la guardia degli Hornets, la costruzione del suo personaggio pubblico, operazione ormai inevitabile per qualsiasi stella della lega, è sembrata più che altro frutto di una triangolazione che oltre all’ingombrante genitore coinvolge Roc Nation, agenzia creata da Jay-Z a cui tutti e tre i fratelli hanno deciso di affidarsi nel giugno 2020, forse proprio per ridurre lo spazio di manovra di LaVar, e Puma, per cui ad ottobre uscirà la prima signature shoe firmata dal rookie dell’anno 2021.

Il percorso, invero assai coerente, intrapreso con la già citata scelta di non frequentare alcun college, ha portato LaMelo a fare della tracotanza il proprio marchio di fabbrica, ponendosi spesso in antitesi rispetto allo stile comunicativo improntato al politicamente corretto che caratterizza buona parte della NBA contemporanea. Si tratta di una scelta difficile da sostenere nel lungo periodo, perché con quel modo di porsi così larger than life ogni passo falso sarà passibile di critiche violente, ma è una scelta che fin qui ha pagato bene in termini commerciali. Il recente cameo, condiviso con Lonzo e LiAngelo, nell’ultimo blockbuster firmato Marvel, il clamoroso successo in ambito NFT e il putiferio scatenato dalle voci di una sua prossima paternità sono solo alcuni esempi di come e quanto la notorietà di LaMelo abbia già varcato i confini della NBA e dello sport in generale. Non bastasse, il diretto interessato non perde occasione per regalare titoli e sparate che animano le discussioni sui social e non solo.

Di particolare interesse la spiegazione su come LaMelo ha fatto a diventare così alto.

Nella recente intervista concessa a GQ, per esempio, LaMelo ha ribadito di aver sempre saputo che sarebbe arrivato dove è arrivato e, sostiene, l’annata d’esordio è solo l’inizio di un cammino destinato a portarlo molto lontano. La tendenza a esagerare nelle dichiarazioni, per quanto possa risultare divertente in certi frangenti, rischia però di oscurare una passione per il gioco che appare del tutto genuina. Ad aiutarlo nella difficile ricerca del giusto bilanciamento tra personaggio pubblico e atleta potrebbe essere proprio la franchigia che l’ha scelto al Draft 2020.

Punto di partenza

Per fare la spola tra casa e il campo d’allenamento, nella sua stagione da rookie, LaMelo guidava una Lamborghini color arancione con cui era un po' difficile passare inosservati per le vie di una città non proprio abituata agli eccessi come Charlotte, tra le piazze NBA forse la meno adatta alle ambizioni di casa Ball. D’altro canto, tuttavia, la modesta rilevanza mediatica di Charlotte e degli Hornets potrebbe invece rappresentare, almeno per questa prima fase della sua carriera, un vantaggio, permettendogli di crescere senza essere costantemente sotto le luci della ribalta come sarebbe accaduto altrove (immaginatelo in maglia Knicks o Warriors, giusto per dire).

Le dichiarazioni d’amore verso gli Hornets, per quanto ovvie, valgono quello che valgono, e qualora la parabola sul campo di Ball si dipanasse nel modo migliore risulterebbe difficile immaginarlo in North Carolina per tutta la carriera. Nelle intenzioni del giocatore e dello staff che ne cura lo sviluppo, Charlotte potrebbe quindi essere il posto ideale dove scrivere il primo capitolo, non necessariamente quello dove sviluppare l’intera storia. Nel frattempo, per lui ha speso parole d’elogio anche il proprietario della franchigia, di solito alquanto parco di commenti e in particolare di commenti entusiasti - specialmente per i suoi giocatori. E se è forse eccessivo leggere una vera e propria investitura nelle parole di Michael Jordan, non lo è pensare che LaMelo Ball possa segnare i prossimi anni di NBA. Di certo continuerà a farci divertire, perché la sensazione è che il LaMelo-show, sorta di circo cestistico portato in giro per le arene di tutti gli Stati Uniti, sia appena cominciato.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura