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Affrontare l'Atalanta è ancora come andare dal dentista
13 feb 2023
Ma non lo stesso di cui parlava Guardiola.
(articolo)
8 min
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IMAGO / Action Plus
(copertina) IMAGO / Action Plus
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Lazio e Atalanta si affrontavano all’Olimpico per testare la temperatura nella corsa a un posto in Champions League. Non una sfida decisiva, con quasi tutto un girone di ritorno da giocare, ma una di quelle partite che danno un tono, il cui andamento si può riverberare, in positivo o in negativo, sul periodo di forma successivo. A vincere, con merito, è stata la squadra di Gian Piero Gasperini, che ha messo in mostra uno stato di forma migliore, un’intensità che la squadra di Sarri non è stata in grado di pareggiare («erano in modalità lusso» ha detto l’allenatore della Lazio a fine gara).

Non è stata però la classica vittoria dell’Atalantadi Gasperini, quelle prestazioni in cui i giocatori dell’Atalanta si muovevano come un'orda di orchi in un romanzo fantasy. Prima della partita Sarri aveva ripreso la famosa metafora di Guardiola, quella per cui giocare contro l’Atalanta è come «andare dal dentista». Ma se l’allenatore del City parlava forse di un dentista pazzo con un bisturi arrugginito in mano, questa Atalanta è piuttosto un dentista che ha tanti modi e tanti attrezzi diversi per spaventarti. In questa stagione infatti la squadra di Gasperini si sta dimostrando meno ortodossa rispetto al passato e la gara di ieri ne è una conferma, a partire da come hanno scelto di difendere contro il gioco di palleggio posizionale della Lazio.

Come l’Atalanta ha pressato la Lazio

Fin dai primi secondi di partita si è capito come Gasperini aveva scelto di dare fastidio alla costruzione della Lazio. Tenuto fuori Boga, che nelle ultime settimane si era mostrato come un buon complemento dell’attacco Lookman-Hojlund, l’Atalanta si è schierata con un 3-4-1-2, dove alle spalle delle due punte - impegnate non tanto a pressare quanto a schermare le tracce interne di passaggio dei due centrali della Lazio Casale e Romagnoli (uscito dopo 40’ per infortunio) - agiva Koopmainers come trequartista, con il compito di seguire come un’ombra Cataldi, il mediano basso del 4-3-3 biancoceleste.

L’obiettivo era quello di costringere il palleggio della Lazio a passare dai terzini, che invece erano liberi di ricevere e anche con spazio per salire. Solo quando Hysaj e Marusic prendevano iniziativa scattava la trappola del pressing dell’Atalanta, che poteva scegliere se far uscire in copertura uno dei due centrali di centrocampo (de Roon e Ederson) oppure se far salire l’esterno (Zappacosta a sinistra, Hateboer a destra) che inizialmente rimaneva più basso. A cascata il resto dei compagni si adeguava sull’uomo con cui accoppiarsi per provare a recuperare il pallone: i due centrali laterali della difesa a tre potevano uscire su Zaccagni e Felipe Anderson se a salire era l’esterno oppure, se erano i due centrocampisti centrali a occuparsi dei terzini, il loro compito era quello di andare a uomo su Luis Alberto e Milinkovic Savic.

Nella prima immagine è evidente la scelta difensiva dell’Atalanta di lasciare liberi i terzini e coprire a uomo il resto degli avversari, nella seconda si vede lo spazio lasciato a Marusic, in questo caso aspettato da Zappacosta, nella terza è invece de Roon a uscire con Scalvini che segue Milinkovic-Savic fino alla metà campo avversaria.

Una forma ibrida tra pressing e difesa posizionale, insomma. L’Atalanta non voleva andare a prendere la Lazio fin dal primo passaggio, ma voleva costringere la squadra di Sarri a passare dove voleva lei, così da restringere il campo e essere in grado di recuperare il pallone ogni volta che il terzino dall’esterno era costretto a passare per il centro. Una tattica che ha funzionato: la Lazio ha avuto il 60% di possesso palla, ma il giocatore ad aver provato più passaggi per distacco è stato Marusic, non certo il playmaker ideale per il gioco di Sarri. Da questo punto di vista non ha pagato neanche la scelta dell’allenatore di lasciare fuori Lazzari (forse per avere un terzino più “marcatore” dal lato di Lookman), che sarebbe stato più adatto a gestire il pallone e cercare combinazioni veloci con i compagni.

La Lazio invece è andata a sbattere contro l’Atalanta per la maggior parte della partita, riuscendo solo nella fase centrale del primo tempo a pareggiare l’intensità degli avversari (paradossalmente il momento in cui ha subito il primo gol). Per creare occasioni ha dovuto sfruttare o errori degli avversari in costruzione (come quello di Djimsiti che ha portato al tiro Zaccagni a fine primo tempo) o giocate estemporanee, come la grande occasione avuta da Immobile ancora sullo 0-0. Non è un caso, forse, che è un’azione arrivata provando qualcosa di diverso: Provedel tiene palla al limite della propria area di rigore, Milinkovic-Savic si abbassa fino in difesa per ricevere, poi riscarica verso il suo portiere e si allontana sempre seguito da de Roon, mentre Luis Alberto lo sostituisce scendendo molto in basso e portando fuori posizione Toloi. Non lo vediamo, ma nel sistema di marcature dell'Atalanta si è creato uno scompenso, perché in questo momento il centrocampista serbo è diventato il centravanti, lasciato solo al limite dell’area con de Roon, che gli concede centimetri e chili. Il lancio di Provedel per Savic è ben fatto, il resto lo fa il talento del centrocampista: non solo vince il duello fisico, ma riesce a controllare il pallone di petto e girarsi verso la porta. Dopo è furbo a evitare con un tocco il recupero di Djimsiti e a liberarsi per la conclusione. A quel punto però interviene Immobile, convinto di avere una miglior posizione di tiro (e forse è così), ma calcia alto.

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La squadra di Sarri forse avrebbe dovuto insistere di più su questo scambio di posizioni, sul cercare di rivoltare contro all’Atalanta il suo sistema di pressing muovendo in maniera diversa i suoi giocatori, ma non ci è riuscita. Forse per disabitudine o più probabilmente perché l'Atalanta è stata così intensa da non lasciare spazio a nessuna soluzione alternativa alla Lazio, che ha finito per accettare il ritmo imposto dagli avversari senza avere la forza mentale di imporsi. È stato evidente dopo il gol del 2-0, quando l’Atalanta ha abbassato il ritmo del suo gioco e lo stesso ha fatto la Lazio, accettando passivamente il risultato piuttosto che provare ad accorciare lo svantaggio.

La partita di Lookman e Hojlund

Se l’Atalanta può giocare così, è perché sa che non deve dilagare nella metà campo avversaria per creare occasioni da gol come faceva un tempo. Ieri è stato evidentissimo: appena recuperato il pallone lo scopo era quello di trovare Lookman o Hojlund il prima possibile. Il primo più defilato sulla sinistra, il secondo in perenne movimento, i due attaccanti di Gasperini, rimanendo staccati dalla resto dei compagni costringevano la linea difensiva della Lazio a stare con loro (lasciargli tutto lo spazio alle spalle sarebbe stato un suicidio) e trovavano così spazio per ricevere alle spalle del centrocampo della Lazio.

Lookman e Hojlund sono diventati una coppia quasi per caso (uno scarto della Premier League, l’altro diventato titolare per gli infortuni di Zapata e la cattiva condizione di Muriel) ma oggi sono una delle migliori della Serie A: le loro caratteristiche si intersecano perfettamente e tutti e due sono in uno stato fisico e mentale di altissimo livello.

Di Lookman abbiamo già scritto, e a gennaio ha anche vinto il premio di giocatore del mese AIC, ma la sua è stata l’ennesima prestazione fuori scala, questa volta in rifinitura: 1 assist e mezzo, 9 passaggi chiave, 1.9 xA (sui 3.0 xG totali della squadra). Che ricevesse davanti alla propria porta o nella trequarti avversaria era quasi indifferente: quasi in ogni azione ha creato un pericolo, vincendo sempre il duello con Marusic, forse lasciato troppo solo da Felipe Anderson. Nei primi dieci minuti ha mandato un compagno al tiro quattro volte, poi è stata da una sua giocata che è nato il primo gol di Zappacosta. Sempre lui ha gestito l’azione che Hojlund ha chiuso in rete, dando un senso meno artistico ma più reale al concetto di pausa, riuscendo a portare il pallone sull’esterno e tergiversando fino a scegliere l’attimo esatto per servire il taglio del compagno.

Per Hojlund andrà fatto un discorso più lungo. A inizio secondo tempo ha tagliato tutto il campo in corsa in appena nove secondi, toccando il pallone una volta oltre l’intera difesa della Lazio per poi calciare addosso a Provedel. Gasperini ha detto che corre i 100 metri in meno di 11 secondi senza fatica.

È un tipo di atletismo che in Serie A non si è quasi mai visto e chissà per quanto resterà in Italia. Anche ieri Hojlund ha dimostrato di avere un’intensità fisica non comune che ha messo in imbarazzo i difensori della Lazio, ma di avere anche già una buona sensibilità per tutte le altre cose che un centravanti può fare: allargarsi sull’esterno, giocare spalle alla porta, lavorare per i compagni. Deve sicuramente diventare più orientato verso la porta e meno dispersivo nel suo gioco, ma ad appena vent’anni non può che migliorare nella gestione delle sue energie.

L’Atalanta, quindi, può uscire rinfrancata dall’Olimpico. Per i tre punti, certo, ma anche per la certezza che la sua identità esiste ancora, anche se in maniera differente. La scorsa stagione sembrava aver messo fine a un certo tipo di Atalanta, ma quella che l'ha sostituita senza toccarne i picchi è ancora una squadra che può giocare per uno dei primi quattro posti, contro rose di livello più alto. Il merito è ancora una volta della capacità della società di lavorare sul mercato e la lucidità di Gasperini di capire il miglior modo di usare le risorse a disposizione, anche se l'infortunio al crociato di Hateboer potrebbe diventare un problema per il proseguimento della stagione.

La Lazio può recriminare per le due occasioni capitate a Immobile, che in un altro momento non avrebbe sbagliato. La squadra di Sarri in Serie A è seconda solo al Napoli per conversione dei propri tiri e nella singola partita può capitare di vedere anche uno degli attaccanti più cinici del campionato sbagliare. Sui 90 minuti, però, la Lazio è stata in balia del piano dell'Atalanta, senza dare l'impressione di sapere come rispondere. Certo, non in tutte le partite si troverà sulla sedia del dentista, ma per rimanere con le migliori squadre del campionato dovrà fare meglio di così, a partire dalle prossime giornate.

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