Il fascino delle partite a eliminazione diretta della Champions League è in buona parte dovuto a quella sensazione di instabilità che aumenta col passare dei minuti, quando il risultato è in bilico. La posta in gioco è alta e il tempo è poco, soprattutto quando sei la squadra favorita. Sono la situazioni in cui le avversarie si convincono di potercela fare, anche solo con poche e mirate occasioni. Basta poco per passare da “non possiamo sbagliare nulla” a “non abbiamo nulla da perdere”. Da fuori, sembra esattamente quello che è successo nella gara di andata tra Lazio e Bayern Monaco, una partita iniziata con certe premesse e finita in maniera diametralmente opposta, animata da eventi determinanti e occasioni perse, ma anche intervallata da momenti di puro stallo.
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La partita del Bayern Monaco non era cominciata male, per la verità. Il 4-1-4-1 a blocco medio di Sarri, rinunciando quasi del tutto al pressing alto, sembrava in primo luogo concentrato a non concedere ricezioni tra le linee ai quattro-cinque “trequartisti” di Tuchel. L'allenatore tedesco, proprio per questo, aveva puntato sulle combinazioni laterali per trovare la profondità necessaria alle proprie manovre offensive.
La strategia ha funzionato, almeno durante il primo tempo. Le scelte difensive della Lazio erano schematiche, con i due interni in uscita avanzata sulla circolazione paziente della prima linea bavarese (soprattutto quando questa avveniva a ridosso della linea di centrocampo), mentre i due esterni stringevano la propria posizione per compensare e mantenere densità al centro. Il Bayern, alla luce di questi movimenti, poteva sfruttare due soluzioni. La prima erano i cambi gioco rapidi, ad alto coefficiente di difficoltà, per trovare il riferimento in ampiezza opposta aperto, dopo una circolazione interlocutoria. Proprio da una situazione di questo tipo è nata la bella azione al settimo minuto in cui Muller ha ricevuto sulla destra una palla lunga da Kimmich alle spalle della difesa, riuscendo a mettere dentro di prima un pallone a rimorchio che Harry Kane ha incredibilmente sprecato, senza centrare neanche la porta.
La seconda possibilità per il Bayern era quella di utilizzare a proprio favore i movimenti sul lato palla dei terzini di Sarri, spesso chiamati a uscire per coprire il portatore avversario sulla fascia, con il raddoppio del compagno sullo stesso lato che arrivava solo in un secondo momento. Gli esterni bassi della Lazio, per questa ragione, erano esposti a infilate alle spalle che difficilmente venivano assorbite dai loro compagni di centrocampo. Il Bayern Monaco è riuscito a sfruttare questa criticità creando dei due contro uno promettenti nei corridoi intermedi, soprattutto a destra con Sané e Muller. L'obiettivo era quello di trovare la sovrapposizione interna che permettesse di trovare la ricezione tra le linee e il successivo sfondamento in avanti per andare poi alla rifinitura.
Queste due azioni si sono entrambe concluse con un tiro del Bayern. Il primo, di Kimmich, arrivato a rimorchio a raccogliere la palla dietro di Sané; il secondo dello stesso Musiala, che aveva ricevuto la palla dentro da Guerreiro alle spalle di Marusic, riuscendo così a incunearsi in area e guadagnare un corner.
Sulla base di queste premesse il Bayern sembrava poter creare più di un problema alla Lazio, e di fatto la maggior parte del primo tempo si è sviluppata proprio sulla capacità di risalita esterna del Bayern - in particolare, nei primi dieci minuti, sui contromovimenti di Sané che a destra erano molto difficili da gestire per Hysaj, a volte attirato fuori su un altro riferimento (come nel caso della prima azione del Bayern, in cui era uscito improvvidamente su Goretzka).
Nonostante questo, però, la Lazio è riuscita a contenere i danni con una grande applicazione difensiva e ripiegamenti tempestivi una volta che la scarsa pressione sul pallone veniva superata. La densità degli uomini di Sarri a ridosso dell’area, infatti, è stata un fattore nella difficoltà del Bayern nel trovare la porta con i propri tiri.
In questo caso, per esempio, Mazraoui perde il tempo per premiare l’inserimento interno di Sané alle spalle di Hysaj (anche grazie al tempo di uscita in pressione del terzino) e ripiegando verso l'interno del campo palla al piede si trova ogni soluzione chiusa dai rientri tempestivi di Anderson, Cataldi e Luis Alberto.
Intorno al quarantesimo, con la migliore occasione della partita, il Bayern ha trovato un'altra grossa opportunità con Musiala dopo uno scambio tutto di prima a ridosso dell’area, ma non è riuscito a capitalizzare neanche questa. La Lazio continuava a resistere senza dare l'impressione di poter essere molto pericolosa. L’unico tentativo biancoceleste fino a quel momento era stato un tiro dalla distanza di Luis Alberto al termine dell’unica vera manovra di possesso consolidata nella metà campo della squadra di Tuchel. Insomma, il Bayern Monaco ha chiuso il primo tempo senza nemmeno un tiro nello specchio, è vero, ma aveva dato la sensazione di aver capito come sbloccare la partita prima dei padroni di casa.
Il secondo tempo, però, ha detto tutt'altro. Alcuni segnali incoraggianti per la Lazio sono arrivati, in sequenza, tra il 47esimo e il 48esimo minuto, ancora una volta passando per la caparbietà e la qualità del suo giocatore più creativo, Luis Alberto.
Nella prima azione, Luis Alberto va in pressione forte su Upamecano, forzandolo all’errore e riconquistando palla, per poi resistere al suo ritorno, girarsi e lanciare perfettamente per l’inserimento di Isaksen, fermato da una sicura uscita di Neuer. Nella seconda, dopo una circolazione paziente poco pressata dal Bayern, Luis Alberto riceve da dietro e scavalca Muller con un pallonetto, trovando la sovrapposizione di Hysaj da cui scaturirà una bella triangolazione tra Immobile e Felipe Anderson che porterà poi a un corner. Infine, un’altra azione nata sempre sulla sinistra con un inserimento in profondità di Felipe Anderson, questa volta passando da un anticipo di punta di Luis Alberto su Kimmich in occasione di un passaggio leggermente lungo di Cataldi, che troverà poi Hysaj e successivamente Felipe Anderson.
Anche se da nessuna di queste tre azioni è arrivato il gol, e anche se dopo questi due minuti il Bayern – che nel frattempo aveva cambiato le posizioni dei giocatori avanzati, portando Muller a destra, Musiala centrale e Sané aperto a sinistra – aveva comunque riguadagnato campo per un buon quarto d’ora, si è trattato comunque di un segnale forte per la Lazio, che forse ha fiutato per la prima volta la possibilità concreta di creare dei pericoli seri.
Mentalmente potrebbe aver fatto la differenze nelle ripartenze successive, nate dalla compassata frenesia offensiva del Bayern. L’azione da cui nasce il rigore su Isaksen per certi versi può essere anch’essa una buona fotografia della differenza di convinzione e opportunismo in quel momento della partita: l’azione è nata su una palla persa da Musiala sulla trequarti della Lazio, che poi è stata persa a sua volta da Cataldi pressato alle spalle da Sané. Mentre il centrocampista laziale si lamentava coi compagni, presumibilmente per non essere stato avvisato dall’uomo alle spalle, il pallone ha però continuato a rotolare inesorabile verso Immobile, che insieme ad Anderson a sinistra e Isaksen a destra ha iniziato a correre verso la metà campo avversaria in tre contro tre. Di solito in queste situazioni il Bayern è piuttosto bravo a gestire la difesa in ripiegamento, e invece Immobile ha scartato ben tre tentativi di contrasto riuscendo ad allargare il pallone a destra per Isaksen, che ha provocato l’intervento avventato di Upamecano che è costato rigore ed espulsione ai danni della squadra di Tuchel.
Al di là dell’errore di Upamecano, il nervosismo e l’irruenza con cui il Bayern ha affrontato una situazione difensiva potenzialmente gestibile è sintomatico di una squadra che non è tranquilla, consegnandosi con inspiegabile facilità all’avversario. È bastato un primo tempo improduttivo di tiri in porta per spazientire i giocatori di Tuchel, che pure avevano controllato in maniera quasi totale la partita.
I 30 minuti finali giocati in superiorità numerica non sono stati una grande svolta per la Lazio in termini di atteggiamento, rimasto prevalentemente orientato al contenimento. In transizione, però, aiutata dall'uomo in più, la squadra di Sarri è riuscita comunque a creare due occasioni che avrebbero potuto inclinare ancora di più il confronto con la squadra tedesca - prima con Felipe Anderson e poi con Pedro.
Adesso per Tuchel la sfida di ritorno sarà quanto mai delicata, e dovrà affrontarla parallelamente a una Bundesliga più difficile che mai, contro un Bayer che non sembra incline a perdere molti punti. Dopo lo scontro diretto con la squadra di Xabi Alonso, Thomas Muller si è lasciato andare a uno sfogo che, più che indirizzato all’allenatore, sembrava rivolto all’atteggiamento dei suoi compagni, incapaci a suo dire di portare in partita la tranquillità e la libertà creativa che invece mostrano in allenamento. Contro la Lazio le parole di Müller sono sembrate echeggiare di nuovo. Non si è vista in effetti una grande creatività, e anche gli stessi vantaggi tattici e tecnici di cui poteva disporre il Bayern sono andati sprecati.
In vista del ritorno, però, la Lazio più che sul risultato dovrà concentrarsi sulla prestazione, che ha lasciato al Bayern sensazioni meno sconfortanti di quanto l'1-0 finale non dica. La squadra di Sarri è attesa da altri 90 minuti di difesa del risultato, tenendosi pronta a sfruttare ogni minima esitazione degli avversari. L'accesso ai quarti di finale di Champions League non è mai stato così vicino.