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Le sliding doors di Lazio-Fiorentina
09 ott 2018
La sfida tra la squadra di Inzaghi e quella di Pioli si è decisa nei dieci minuti tra l'occasione sprecata da Benassi e quella realizzata da Immobile.
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6 min
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La sfida tra Lazio e Fiorentina si è decisa nei dieci minuti scarsi passati dall’occasione sprecata da Benassi al gol decisivo di Immobile, e non solo per il motivo più scontato, e cioè che la partita è finita 1-0. Convertire in gol le occasioni create è ovviamente l’essenza del calcio, ma quei minuti hanno indirizzato la partita a un livello più profondo, che riguarda il modo di giocare delle di entrambe le squadre e l'importanza in generale di saper cogliere le occasioni giuste (dato che non è possibile cogliere proprio tutte le occasioni).

Quelle di Simone Inzaghi e Stefano Pioli sono squadre verticali che brillano quando riescono ad allungare lo schieramento avversario, creando ampi spazi da attaccare. Era facile prevedere che la prima delle due che avrebbe costretto l’altra a giocare nel contesto che meno preferisce, cioè con l’obbligo di alzare il possesso nella metà campo avversaria senza spazi da attaccare in transizione alle spalle delle linee avversarie, e con il rischio di lasciarne molto dietro la propria difesa, avrebbe avuto più possibilità di vincere.

La Fiorentina ha perso l’occasione

Nella pratica questo è effettivamente successo alla Fiorentina dopo il gol di Immobile. La Lazio ha lasciato ancora di più il possesso alla squadra di Pioli, si è abbassata e ha puntato ad attaccare solo in contropiede, contando sugli ampi spazi che si aprivano dopo aver recuperato la palla.

Il gol di Immobile ha cioè complicato la partita dei viola e reso più semplice quella dei biancocelesti, ma le parti avrebbero potuto invertirsi se Benassi avesse scartato il regalo offertogli da Wallace al 27’, nel tentativo di costruire dal basso su una semplice rimessa di Strakosha.

Nei minuti passati tra i due momenti chiave, la partita è stata davvero in bilico. Poco dopo il gol sbagliato da Benassi, la Fiorentina ha infatti costruito un’altra grande occasione, stavolta manovrando da dietro con la linea a 3 che è solita predisporre a inizio azione, formata però non dai tre difensori che la compongono di solito - Milenkovic, Pezzella e Vitor Hugo - ma dall’abbassamento di Veretout in mezzo ai due centrali. A confermare la particolarità dell’azione c’era la posizione di Biraghi, che solitamente si alza facendo entrare dentro il campo l’esterno sinistro, mentre nell’occasione era vicino a Hugo, che infatti ha aperto il gioco a sinistra.

Con Biraghi rimasto basso a facilitare l’uscita della palla dalla difesa, è quindi toccato a Pjaca fornire ampiezza in zone avanzate ed è proprio a lui che il terzino sinistro viola ha indirizzato il passaggio in verticale. Nel frattempo, il passaggio laterale su Biraghi aveva fatto scattare il pressing della Lazio: Marusic si era alzato sul terzino viola e Wallace era così scalato in marcatura su Pjaca. La protezione della palla del croato contro Wallace e Parolo, che si era abbassato ad aiutare il compagno lasciando libero Gerson, è stata decisiva per allungare la Lazio e trovarla scoperta alle spalle del centrocampo.

Dopo aver ricevuto la palla da Pjaca, Gerson infatti ha potuto dosare il passaggio per Benassi dietro Leiva e la Fiorentina si è ritrovata con una metà campo intera da attaccare, contro i soli Acerbi e Radu, rimasti staccati rispetto ai compagni. Benassi è avanzato fino al limite dell’area, ha servito Simeone alla sua sinistra, ma il tiro del “Cholito” è stato parato facilmente da Strakosha.

I viola hanno quindi sprecato un’altra grande occasione, un po’ per la scarsa sensibilità nell’ultimo passaggio di Benassi, un po’ per l’assenza di movimenti di Simeone e Chiesa, che muovendosi alle spalle di Acerbi e Radu avrebbero potuto ritrovarsi da soli davanti a Strakosha. Non sono state molte le occasioni in cui la Fiorentina è riuscita a trovare spazi all’interno dello schieramento biancoceleste manovrando in verticale, e aver sporcato con quelle imprecisioni finali un’azione potenzialmente molto pericolosa ha fatto sì che la partita scivolasse nelle mani degli avversari.

Il cinismo della Lazio

In maniera simile, la Lazio ha provato a muovere i viola manovrando da dietro per attirarne la pressione e creare spazi in cui avanzare all’interno del loro schieramento. La scelta di preferire la fisicità di Caicedo alla tecnica di Luis Alberto ha però reso meno fluida la manovra. Le difficoltà ad attaccare la Fiorentina costruendo dal basso sono emerse poco dopo l’occasione avuta da Simeone, con Acerbi che si è ritrovato libero di avanzare fino al cerchio di centrocampo ma, non avendo linee di passaggio libere nelle vicinanze, ha scavalcato il centrocampo della Fiorentina allargando a sinistra a Immobile. Controllata la palla, il centravanti biancoceleste ha fatto ciò che solitamente spetta a Luis Alberto: si è girato e ha servito un filtrante per l’inserimento di Milinkovic-Savic. La sensibilità di Immobile per l’ultimo passaggio è però molto diversa da quella dello spagnolo e l’assist si è rivelato troppo lungo.

Anche prima del gol di Immobile, che le ha dato la possibilità di abbassarsi e di avere ancora più spazi per attaccare in contropiede, la Lazio si era resa pericolosa soprattutto in transizione, andando subito in verticale dopo aver recuperato la palla. La Fiorentina, d’altra parte, attaccando con posizioni molto fluide accetta qualche squilibrio a palla persa e, già prima di quei dieci minuti scarsi che hanno racchiuso i due momenti chiave della partita, i biancocelesti erano stati più pericolosi pur lasciando il possesso ai viola.

È indicativo in questo senso il modo in cui la Lazio ha conquistato la punizione che ha poi portato al calcio d’angolo decisivo per il gol di Immobile: con una corsa in campo aperto dello stesso centravanti biancoceleste che aveva trovato la Fiorentina scoperta a destra dopo una punizione a centrocampo battuta da Veretout.

La Lazio è stata più pericolosa fino all’occasione avuta da Benassi, il gol le ha permesso di giocare la partita che preferisce e di controllare la reazione della Fiorentina nel secondo tempo.

Quei dieci minuti, insomma, non hanno soltanto deciso la partita ma hanno anche fatto emergere le strategie pensate dai due allenatori e le difficoltà incontrate dalle loro squadre. Senza tradire la loro identità verticale, tutte e due hanno avuto i loro momenti migliori quando sono riuscite ad allungare l’altra e ad avere ampi spazi da attaccare, la Fiorentina controllando di più la palla, la Lazio giocando soprattutto le transizioni.

I biancocelesti arrivavano da due brutte sconfitte, nel derby e in Europa League contro l’Eintracht Francoforte, e aver vinto anche senza brillare serve innanzitutto a ritrovare la fiducia necessaria a ritornare ai livelli della scorsa stagione. Contro i viola, Inzaghi ha rinunciato a Luis Alberto ma per tornare a esprimere il potenziale offensivo messo in mostra nel campionato passato il recupero dello spagnolo e di Milinkovic-Savic resta una priorità.

La Fiorentina ha confermato una tendenza preoccupante che l’ha vista finora raccogliere un solo punto in trasferta, a Genova contro la Sampdoria. Il calendario non ha dato una mano - in trasferta i viola hanno affrontato il Napoli, l’Inter e la Lazio, oltre alla Samp - ma non è ovviamente la sola spiegazione. La capacità di piegare a proprio favore i momenti decisivi è l’essenza del calcio, e fa la differenza tra una squadra ambiziosa e una vincente.

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