Con un 2-0 alla Lazio ottenuto senza troppe sofferenze, la Juventus di Allegri si è rimessa in gioco per la corsa alla qualificazione in Champions. Lo sviluppo della gara però non è stato particolarmente lineare, e anzi aveva visto una Lazio iniziare con un atteggiamento convinto e un certo predominio del campo. Prima di studiare gli adattamenti che hanno portato, infine, la Juventus a trionfare, vale la pena di andare nel dettaglio della prima parte di gara.
I due piani gara iniziali
Nei primi minuti il 4-3-3 della Lazio si contrapponeva al 5-3-2 della Juventus. La squadra di Sarri, che era priva di Immobile, si è presentata con il tridente Zaccagni, Pedro e Felipe Anderson, e l’idea di sfruttare gli abbassamenti e allargamenti delle punte per tirare fuori la Juventus dal suo baricentro basso e attaccare l’area negli spazi creati. Alle loro spalle, Cataldi ha vinto nuovamente la sfida con Lucas Leiva per la posizione di vertice basso in mezzo a Milinkovic-Savic e Luis Alberto, mentre Lazzari ha ritrovato una maglia da titolare grazie al recupero all'ultimo, importante anche per l'infortunio di Marusic. La linea difensiva era completata da Luis Felipe, Acerbi e Hysaj.
Allegri dall’altro lato ha impostato la partita su una strategia di contenimento: i tre difensori centrali dovevano essere pronti a uscire aggressivi sul trio di attaccanti avversari, mentre Cuadrado e Pellegrini partivano sulla loro stessa linea, così da garantire un costante supporto contro i sovraccarichi laterali nelle zone più avanzate - oltre che una scalata più tranquilla per garantire la superiorità nel caso che uno dei difensori uscisse. Il trio di centrocampo McKennie-Locatelli-Rabiot aveva invece il compito di fare densità in mezzo e contendere tutte le seconde palle. E qual era il piano col pallone? Allegri voleva soprattutto giocare alle spalle del pressing della Lazio attraverso la ricerca del lancio per Morata, con Chiesa che doveva andargli sotto per sfruttare le sponde e attaccare la linea.
Nella prima parte la Lazio ha giocato meglio. Ha controllato la metà campo avversaria e riaggredito in avanti grazie al numero di uomini in zona palla. Il terzino sul lato forte doveva alzarsi con il pallone e l’altro stare basso, ma per il resto le dinamiche posizionali erano diverse per le due catene laterali. Luis Alberto tendeva a rimanere più sulla sinistra e a dare supporto a Cataldi, mentre Milinkovic-Savic, partendo da destra, si infilava spesso al centro, finendo anche a fare densità sulla fascia opposta. Zaccagni e Pedro cercavano spesso la ricezione in zone interne, mentre Felipe Anderson rimaneva largo a destra. Un atteggiamento che ha funzionato, oltre che per le riaggressioni corte, anche per un certo sacrificio collettivo nel ripiegamento su distanze più lunghe che permetteva alla Lazio di assorbire subito le transizioni offensive che la Juventus, data la sua struttura e il suo atteggiamento, si ritrovava spesso a portare con giocatori isolati in inferiorità numerica.
La Lazio, quindi, è riuscita a tenere il baricentro del possesso abbastanza alto nei primi quindici minuti, aggirando con facilità il pressing poco aggressivo della Juventus. Passava ai fianchi del suo centrocampo o passava dal centro, soprattutto da Milinkovic, un riferimento costante anche sulle palle lunghe da dietro.
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Questa qui sopra è una delle azioni migliori della Lazio nel primo tempo (e in generale della partita). Milinkovic-Savic riceve nello spazio tra McKennie e Locatelli, Bonucci esce su di lui e di conseguenza il resto della difesa juventina stringe per coprire. Il cambio gioco successivo su Anderson viene supportato da una bella corsa interna di Lazzari alle spalle di Pellegrini. La Lazio poteva dunque creare qualche pericolo su isolamenti a destra dopo densità a sinistra, situazioni che la Juve ha in qualche modo retto grazie a una partita precisa di tutti i difensori e a una grande partecipazione dei mediani anche nello scendere in area per coprire gli spazi, in particolar modo Locatelli e Rabiot. La sensazione però era che la Lazio avesse una marcia in più e che la Juve, se voleva raccogliere i tre punti, avrebbe dovuto ritoccare qualcosa. Provvidenziale, in questo senso, è stato l’infortunio di Danilo, arrivato proprio in un tentativo di ripartenza individuale sul lungo in inferiorità numerica.
Come è cambiata la Juve
Allegri, che non poteva contare né su De Sciglio né su Bernardeschi, ha deciso di inserire Kulusevski al posto di Danilo, arretrando Cuadrado e passando contestualmente a un 4-5-1 in fase difensiva con Kulusevski a destra e Chiesa a sinistra. Al di là della scelta forzata, è possibile che Allegri abbia scelto l’ex Parma e un sistema diverso proprio per reagire alle difficoltà dei bianconeri. Bisognava garantire una maggiore stabilità contro i sovraccarichi e i cambi gioco della Lazio sugli esterni e trovare delle soluzioni più efficaci per salire col pallone. Insomma, con l’ingresso di Kulusevski la Juventus si è praticamente disposta a specchio e ha potuto pressare meglio e qualche metro più in alto. Il beneficio più evidente è stato di poter utilizzare due esterni per fascia.
Le scalate laterali erano numericamente più comode, e la possibilità di avere un giocatore in più in mezzo nella seconda linea dava più sicurezze in copertura. Anche se Locatelli rimaneva spesso piatto quando la palla andava in fascia, in linea con gli altri due mediani, lo spazio tra le linee era presidiato da Bonucci e De Ligt, che sono stati aggressivi nel rompere la linea anche senza Danilo. La stabilità della Juve è arrivata anche grazie a una certa attenzione nelle letture da parte dei tre centrocampisti, chiamati a muoversi in maniera differente in base alle circostanze.
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Nella prima azione qui sopra possiamo vedere, con la palla che si muove dalla sinistra alla destra della Lazio, Chiesa e Pellegrini pronti a gestire l’eventuale sovrapposizione di Lazzari, mentre Rabiot non deve più preoccuparsi se uscire o meno in aiuto all’esterno, potendo quindi occuparsi del movimento di Milinkovic-Savic. De Ligt e Bonucci sono pronti a occuparsi di Pedro, mentre Locatelli e McKennie scappano per ricomporre la linea e fare densità in mezzo. Nella seconda azione, invece, vediamo i tre centrocampisti in una situazione di pressing sulla costruzione avversaria: con Morata solo davanti, erano i centrocampisti a dover uscire a turno ai suoi fianchi. In questo caso vediamo Locatelli andare su Cataldi, che si era spostato alla sua destra, mentre Rabiot lascia Milinkovic-Savic (che viene subito preso da McKennie) e si lancia all’intercetto sulla verticalizzazione verso Pedro.
Ma i benefici del cambio di assetto non sono stati solo difensivi. All'inizio la Lazio riusciva a impensierire la costruzione bianconera. L’intento della squadra di Sarri era quello di spingere verso l’esterno la circolazione dal basso dell’avversario, correndo spesso con tutti i tre attaccanti verso la zona palla e tagliando fuori Locatelli più con “l’ombra” che con una marcatura ravvicinata. Questo tipo di pressing stava funzionando, anche perché la Juve non si faceva pregare per andare subito da Morata - sperando in una sponda utile per Chiesa.
Allegri che chiama il lancio su Morata: la Juve non aveva la minima intenzione di giocare contropressione.
Dal momento del cambio di Danilo, la Juventus si è disposta con soli due centrali oltre al portiere in prima costruzione, cercando però di mantenere più alti i due terzini sin dalle prime battute. La Juventus ha quindi tolto un uomo dalla prima linea di costruzione aggiungendone uno più avanti e garantendosi più possibilità di trovare una superiorità alle spalle del pressing, a costo di isolare Morata contro la difesa avversaria. Una cosa che ha fatto sì che l’attaccante spagnolo avesse ancor meno possibilità di entrare nel vivo del gioco, ma che è riuscita a mettere un po’ in crisi le uscite in rottura della linea di Acerbi e Luiz Felipe. Si è così creato qualche spazio in più alle spalle dei centrocampisti della Lazio, aperti anche grazie a Chiesa e Kulusevski che fissavano al'ampiezza e impegnavano i due terzini di Sarri.
Pochi attimi dopo l’uscita di Danilo, subito un beneficio dal nuovo assetto: Kulusevski fissa Hysaj, Zaccagni esce su Cuadrado e McKennie si muove alle sue spalle seguito a fatica da Luis Alberto, triangolando con lo svedese.
Questo ha portato qualche insicurezza alla Lazio, che usciva in maniera meno convinta: c’era un riferimento in più da controllare sopra la linea del pallone, che spesso si trovava alle spalle del centrocampo o aperto in ampiezza. I due esterni per fascia uniti alle rotazioni dei tre centrocampisti portavano fuori posizione le scalate dei corrispettivi avversari e liberavano spazi, dentro o fuori.
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Gli istanti precedenti all’azione del primo rigore. La Juventus prende campo grazie a una conduzione verso destra di Rabiot, che dopo aver attirato l’attenzione allarga il gioco verso Cuadrado, che può attaccare lo spazio liberato da Kulusevski, in posizione stretta. Successivamente, dall’altro lato, anche Pellegrini è in posizione avanzata, con Chiesa che attacca l’interno. I due guadagneranno la rimessa da cui nasce il fallo di Cataldi su Morata.
Certo, la struttura della Juventus non era molto fluida, e anzi si può dire che l’unica zona in cui i bianconeri hanno avuto una certa elasticità è stata proprio il centrocampo. È stato però sufficiente per mettere in difficoltà una Lazio che ha subìto mentalmente lo svantaggio e patito tatticamente l’assenza di Ciro Immobile. Il maggior peso offensivo nella zona centrale del campo è ricaduto sulle spalle di Milinkovic-Savic, e non è un caso che la miglior occasione della partita della Lazio sia passata da una sua torre in area (su cui però il solito Muriqi non è riuscito neanche a trovare il pallone). In altre circostanze però, la Lazio ha dato uno scarso supporto ai movimenti di Milinkovic, che era abbastanza reattivo a riempire gli spazi, ma raramente è riuscito a fungere da terzo uomo, anche per il forte orientamento sull’uomo della Juventus nella zona centrale del campo.
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Due azioni in cui le verticalizzazioni su Milinkovic-Savic non hanno avuto l’adeguato supporto.
La Juventus ha portato a casa tre punti meritati; la Lazio aveva davvero troppe poche soluzioni per attaccare l’area, e non ha saputo adeguarsi al cambio di struttura avversario. Questa vittoria, oltre a dare ottimi segnali sulla difesa posizionale della Juventus, fornisce anche qualche spunto sulle diverse armi a disposizione di Allegri. La partita di Kulusevski, per esempio, entrato per dare una mano a Cuadrado sulla fascia destra, è stata una buona sintesi sia del momento incerto che delle potenzialità del talento svedese.
Nonostante una grossa occasione divorata in area dopo una cavalcata di Chiesa, Kulusevski alla lunga ha trovato qualche giocata efficace, come lo sprint in isolamento con conclusione di destro contro Acerbi al 47', una bella azione personale al 67' iniziata con un controllo orientato sulla trequarti e finita con una palla velenosa sul secondo palo, e soprattutto il break con lancio per Chiesa nell’azione che ha portato al secondo rigore. Queste azioni, alternate a poche altre in cui invece Kulusevski non è riuscito a creare nulla, ci danno l’immagine di un giocatore che al momento sembra aver bisogno di giocare il più possibile, di entrare nel vivo del gioco quanto possibile, per avere la possibilità di creare qualcosa di utile e riconoscibile. Il Kulusevski della Juventus, al momento, non è un giocatore che può vivere di un singolo guizzo nell’arco di una partita in cui, magari, la palla la vede poco: non è insomma fulminante e improvviso come Federico Chiesa, che dal suo canto sta acquisendo una centralità sempre più evidente in questa squadra.
Se davvero una delle priorità di questo nuovo ciclo bianconero è quella di sviluppare in casa un buon numero di giovani, il nuovo corso di Allegri non può che passare anche dalla capacità di dare il giusto spazio e le giuste pressioni anche e soprattutto a talenti più grezzi, come lo svedese, tenendo sempre presente che il percorso di crescita non è mai lineare e anzi si basa sugli errori e sulla possibilità di sbagliare.
Intanto, è arrivata una vittoria che stringe parzialmente il gap con le prime quattro e soprattutto inferisce un discreto colpo alla Lazio di Sarri, che ora dovrà essere brava a non crollare. La lotta per un posto in Champions è più viva che mai.