«Mentre tu stai provando a urlare, non sai perché / Niente cambia mentre ti butti dalla finestra», canta Francesco Bianconi ne L’ultimo animale, uno dei due pezzi partoriti dalla collaborazione tra i Baustelle e I Cani. È un verso che sembra tratto dal continuo, interminabile giorno della marmotta vissuto dalla Lazio dell’epoca lotitiana, che si accinge, in estate, a toccare il traguardo dei vent’anni.
La cronaca di un disastro annunciato ha vissuto i suoi momenti più tragici negli ultimi giorni. Maurizio Sarri ha avuto il merito di salvare la propria immagine con un gesto d’altri tempi, rassegnando le dimissioni e lasciando così sul tavolo un anno e qualche mese di contratto. Ma da questo tracollo che vede la Lazio a distanza siderale dal quarto posto occupato dal Bologna (undici punti e quattro squadre nel mezzo), con un progetto tecnico che sarebbe stato comunque da reinventare quasi del tutto in estate, a dirla tutta non si salva praticamente nessuno. Non c’è componente in grado di mettersi al riparo dalle critiche: la società, che non ha visto arrivare la slavina e, se l’ha fatto, non se ne è curata; il tecnico, approdato tre anni fa tra gli squilli di tromba di una fantomatica bellezza che solo in rari sprazzi si è vista; i giocatori, che stando agli insider – sempre pronti a spuntare fuori dal nulla in una città come Roma, capitale di nome e paesone di fatto – non avrebbero avuto nemmeno il coraggio di sfiduciare l’allenatore in quello che sarebbe stato il secondo confronto aperto con il tecnico nel giro di pochi mesi, rimanendo in silenzio davanti alla fatidica domanda posta da Sarri dopo la sconfitta con l’Udinese sull’opportunità o meno della sua permanenza.
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