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I molti colpi di scena di Lazio-Milan
02 set 2024
02 set 2024
Le squadre di Baroni e Fonseca hanno dato vita a una gara dai tanti volti.
(copertina)
IMAGO / Italy Photo Press
(copertina) IMAGO / Italy Photo Press
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È incredibile la quantità di volte in cui, durante una partita, possono ribaltarsi i giudizi su squadre, giocatori e allenatori. Lazio-Milan di sabato sera è stata una gara in cui qualsiasi spettatore si è ritrovato a cambiare idea sui protagonisti almeno in un paio d’occasioni. Dopo il primo tempo il Milan di Fonseca, senza Leão e Theo, poteva sembrare una squadra sulla via della guarigione, ancora in divenire ma più consistente rispetto alle prime uscite. La Lazio, invece, aveva dato l’impressione di essere povera di soluzioni, orfana dei talenti che l’avevano resa una delle migliori squadre italiane degli ultimi anni. È bastata qualche sostituzione e forse la stanchezza di agosto a sovvertire lo scenario.

Così i biancocelesti hanno scoperto di avere risorse all’altezza e che forse il livello non si è abbassato troppo: semplicemente, si tratta di una squadra diversa. Il Milan, invece, se possibile si è ritrovano con ancora meno certezze e col peso di quello che è sembrato un ammutinameto da parte dei suoi giocatori più rappresentativi, nonostante Theo ai microfoni si sia affrettato a smentire.


Alla fine Milan-Lazio non è stata una partita troppo brillante, ma proprio per questi continui ribaltoni si è rivelata godibile e ricca di spunti.


Il primo tempo: lo sviluppo del Milan, la prudenza della Lazio
Se il primo tempo, come detto, aveva dato l’illusione di un Milan in ripresa, parte del merito è dovuto al modo in cui Fonseca ha scelto di sviluppare il possesso: non sono arrivate grandissime occasioni, ma i rossoneri hanno tenuto i primi quarantacinque minuti sotto controllo e hanno evitato di subire transizioni.


La formazione, in teoria, era il solito 4-2-3-1, con Terracciano e Pulisic al posto di Theo e Leão. Il trequartista era Loftus-Cheek, l’ala destra Chukwueze e la punta Okafor. Il modo di impostare, però, era diverso.


Okafor, prima di arrivare al Milan, aveva quasi sempre giocato da attaccante, ma lo aveva fatto in un attacco a due, dove era libero di aprirsi e sfruttare la sua velocità e i suoi spunti palla al piede. Anche all’Olimpico Okafor, pur partendo punta, ha occupato stabilmente la fascia sinistra per ricevere largo: lo ha fatto partendo direttamente dalla fascia, non allargandosi ad azione in corso.


Il Milan impostava con tre dietro: i due centrali e il terzino destro Emerson Royal. Il terzino sinistro, Terracciano, entrava dentro al campo. L’uomo deputato a seguirlo nel 4-4-2 della Lazio, Tchaouna, doveva stringere insieme a lui: in questo modo, su quella corsia, si liberava la linea di passaggio verso il giocatore alto e aperto a sinistra, di solito Okafor, ma qualche volta anche Pulisic. In questo modo il Milan ha potuto avanzare grazie allo svizzero e all’americano, che spesso incrociavano la corsa e si scambiavano il pallone.



L’angolo che ha portato al gol di Pavlović era nato proprio da uno spunto di Okafor, seguito da Pulisic che gli aveva dato la sovrapposizione sull’esterno e si era così guadagnato il corner. Costruire sulla fascia ha impedito al Milan di perdere palloni al centro, come spesso aveva fatto a Parma, e di subire transizioni.


Se la strategia ha retto, però, non è stato per una circolazione di palla particolarmente veloce e precisa, e questo nonostante la Lazio, nel primo tempo, abbia deciso quasi sempre di rinunciare al pressing. La squadra di Baroni, schierata col 4-4-2, consapevole di essere in inferiorità numerica nella prima pressione contro i tre dietro del Milan, lasciava le due punte a schermare i mediani. In questo modo, anche se i due attaccanti biancocelesti provavano ad aggredire in avanti, per il Milan era facile muovere il possesso e trovare il terzo centrale libero.


Il secondo tempo: la passività del Milan e gli aggiustamenti di Baroni
Insomma, il Milan era stato migliore nel primo tempo, ma le fondamenta sulle quali la squadra di Fonseca aveva eretto il suo controllo erano molto deboli. È bastato che il Milan abbassasse il blocco per regalare il centro del ring alla Lazio. Il fatto è che i rossoneri a palla scoperta sono un disastro, basta un lancio per il movimento profondo della punta a mandarlo in crisi. E sui palloni lunghi, mentre la difesa scappa all’indietro, il centrocampo non rientra abbastanza velocemente. Così si crea una voragine e per la Lazio è facile mettere a terra il lancio o dominare le seconde palle.



Se poi la Lazio invece di lanciare costruiva in modo più ragionato, i difensori centrali del Milan non sapevano assolutamente come comportarsi a palla scoperta. Nell’azione dell'1-1 della squadra biancoceleste sembra di vedere i peggiori difetti di una squadra di Zeman.


Il Milan è sistemato con un blocco medio. La palla ce l’ha Guendouzi, basso da terzo centrale di sinistra. Su di lui va Chukwueze e allora il francese allarga per Zaccagni, su cui scivola Emerson. Il brasiliano evidentemente non conosceva il suo avversario, perché Zaccagni è forse il migliore in Serie A a convergere dopo il primo controllo. Zaccagni entra dentro al campo e scopre la palla: a quel punto la situazione per il Milan è già critica. Tomori sta seguendo a uomo Nuno Tavares nel mezzo spazio. Dovrebbe ricevere copertura da Pavlović, che però non è scivolato verso il lato palla, è rimasto lontano e in più ha fatto un passo in avanti per alzarsi anche lui. Alle spalle di Nuno Tavares si lancia Dia e a quel punto a poter assorbire il taglio del senegalese c’è solo Reijnders. L’olandese, però, non ha il passo per seguire l’inserimento e Zaccagni ha gioco facile nell’innescare il senegalese in profondità.



Se Tomori avesse avuto un atteggiamento più accorto avrebbe potuto dare il tempo a Fofana di tamponare Zaccagni e avrebbe potuto assorbire lui il taglio di Dia. Una volta che però l’inglese aveva deciso di salire, perché Pavlović è così lontano e non è pronto a dargli copertura? Il serbo, col suo passo, avrebbe di certo potuto limitare meglio Dia rispetto a Reijnders. Fonseca ha detto di voler difendere a zona, ma i centrali in quest’occasione si sono mossi secondo il principio opposto. L’azione si conclude con Dia che serve la sovrapposizione di Nuno Tavares e il cross per il gol di Castellanos.


Al netto dei demeriti del Milan, comunque, ciò che ha permesso alla Lazio di ribaltare la partita sono stati gli aggiustamenti di Baroni: gli ingressi di Marušić e Isaksen sulla catena di destra e la scelta di pressare alto, in particolare.


La struttura con cui la Lazio aggrediva il Milan era particolare. Le due punte, Castellanos e Dia, si disponevano in verticale: il “Taty” pressava il centrale, mentre il senegalese schermava il mediano più vicino. Quando la palla veniva giocata dal portiere o dal centrale verso uno dei due braccetti, era Rovella da centrocampo a staccarsi in pressing. Era un meccanismo che di solito aveva luogo sul lato destro della Lazio, e a coprire l’uscita di Rovella doveva pensarci Patric staccandosi dalla linea difensiva.


Il gol del 2-1, in maniera indiretta, è nato dal nuovo modo di pressare. Rovella si è alzato su Pavlović che, sotto pressione, ha provato a verticalizzare. L’esterno da quel lato, Isaksen, ha letto le sue intenzioni ed è riuscito a intercettare il passaggio. Da lì la Lazio ha verticalizzato, la difesa del Milan è andata in affanno e Fofana ha liberato con una spazzata alla cieca.



La palla è finita tra i piedi di Nuno Tavares, che ha verticalizzato per Zaccagni e si è sovrapposto a velocità supersonica. Visto il passo dell’avversario, Emerson, che era salito su Zaccagni, avrebbe dovuto staccarsi un attimo prima per provare a indietreggiare e contenere Nuno Tavares. Invece il brasiliano non è riuscito né a prendere contatto con Zaccagni né a seguire Nuno Tavares. Il portoghese è arrivato sul fondo e ha messo in mezzo per Dia.


A quel punto solo gli ingressi di Theo, Leão e Abraham hanno salvato il Milan, con una bella combinazione tra i tre in cui Leão, dopo aver giocato di prima su Abraham, si è fiondato per ricevere il passaggio di ritorno nello spazio al centro, libero perché Rovella, come al solito, era alto in pressione.


Subito dopo il gol è arrivato il cooling-break della discordia. Arrivare alla sosta con una situazione ambientale e di campo del genere è un disastro. Chi deve tenere le fila nel Milan se davvero i giocatori più rappresentativi e l’allenatore sono in contrasto?


La Lazio invece può affrontare la pausa con più serenità, conscia di avere un allenatore bravo a leggere le partite e una rosa meno tecnica ma un atletismo e una verticalità che nel nostro campionato possono fare la differenza.

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