Nel campionato del duello Juventus-Roma, della rinascita di Genova, della crisi del Napoli e del momento negativo della città di Milano, in pochi si sono accorti delle prestazioni della Lazio di Stefano Pioli. Probabilmente è colpa del pessimo inizio: dopo quattro partite i biancocelesti avevano già perso tre volte, vincendo solamente contro il Cesena alla seconda giornata. Eppure dalla sconfitta per 1-0 contro l’Udinese, la Lazio viaggia al ritmo di Juve e Roma: nelle 11 partite successive ha messo insieme 23 punti, gli stessi dei giallorossi e uno in meno dei campioni d’Italia. Impossibile non inserirla nei discorsi che riguardano il terzo posto e, anzi, finora è quella che lo merita più di tutte.
A dispetto dell’opinione comune, per Claudio Lotito quella scorsa è stata un’estate di spese importanti: tenendo conto delle entrate e delle uscite relative ai soli cartellini, la Lazio è stata infatti la squadra col saldo peggiore. Lasciando da parte il riscatto del giocatore più decisivo della squadra, Antonio Candreva, i colpi di mercato sono stati due: Stefan de Vrij, classe ’92, uno dei migliori difensori degli ultimi Mondiali (cosa che spiega l’accoglienza ricevuta a Fiumicino) e Marco Parolo, tra i centrocampisti col rendimento più alto nello scorso campionato. In più sono arrivati Dušan Basta, Edson Braafheid e Santiago Gentiletti a potenziare la difesa e Filip Djordjevic per alternarsi con Miro Klose. Alla guida della squadra è stato invece messo Stefano Pioli, con alle spalle due stagioni eccellenti al Bologna e una terza conclusa con un esonero dopo la diciottesima giornata.
Le grandi aspettative della vigilia sono state tradite da un inizio deludente. Eppure, nonostante il cambio in panchina e i tanti giocatori nuovi, la squadra aveva già mostrato un’identità precisa, raccogliendo troppo poco. La partita simbolo di quel periodo è stata quella contro il Genoa: la Lazio ha dominato, creato tantissime occasioni da gol, ma alla fine è stata sconfitta per 1-0 dopo essere rimasta in dieci per l’espulsione di de Vrij.
La trasferta di Marassi ha rappresentato la prima svolta stagionale per un'altra ragione, perché in quella gara si è infortunato (rottura del crociato) di uno dei giocatori-chiave della squadra, Gentiletti. El Chueco ci ha messo pochissimo a imporsi e a diventare un insostituibile: oltre alle ottime qualità difensive mostrate, la sua bravura palla al piede lo aveva di fatto trasformato nel regista della squadra. Era lui a cominciare l’azione e a prendersi spesso la responsabilità di verticalizzare, con una qualità decisamente fuori dal comune per un difensore centrale.
La foto qui sopra mostra l’interessante fase d’uscita costruita da Pioli finché ha avuto Gentiletti a disposizione (tre partite, ma nell’esordio contro il Milan è rimasto in panchina). Il mancino ex San Lorenzo stava molto largo, vicino alla linea del fallo laterale in una linea a 3 o a 4 a seconda della posizione di Basta dall’altra parte, con Biglia che scalava al suo posto nel mezzo. Il tutto era studiato per liberare El Chueco, dargli la possibilità di ricevere senza grosse pressioni e permettergli quindi di verticalizzare con maggiore precisione. L’altra conseguenza era quella di sganciare e far tenere da subito una posizione molto alta a Braafheid, terzino 31enne con un passato al Bayern Monaco e una spiccata propensione offensiva.
Le combinazioni sulle fasce sono d’altronde uno dei tratti caratteristici della squadra di Pioli: a maggior ragione senza Gentiletti la fase d’uscita della Lazio passa dalla catena terzino-interno-attaccante esterno e dai loro scambi palla a terra.
L’efficacia di queste combinazioni si è vista ad esempio nella gara contro l’Atalanta, alla quale si riferisce l’immagine qui sopra. Basta allarga per Felipe Anderson, che attira il terzino nerazzurro e crea lo spazio per la sovrapposizione di González. El Tata triangola con il brasiliano che arriverà sul fondo e il suo cross diventerà l’assist per l’1-0 di Mauri.
L’alternativa è la verticalizzazione diretta verso Djordjevic, che si muove sempre in appoggio e fa da riferimento costante per le sponde. Questa sua qualità ne fa l’attaccante ideale nel sistema di Pioli, più di Klose, che preferisce attaccare la profondità e giocare in area di rigore. Pur muovendosi su tutto il fronte e trovandosi spesso spalle alla porta, Djordjevic ha segnato 6 gol, uno score discreto per un debuttante in Serie A.
In realtà il centravanti della squadra è spesso Stefano Mauri, che parte dalla fascia, ma è il più bravo a sfruttare gli spazi lasciati dall’attaccante serbo.
Mauri ha segnato lo stesso numero di reti di Djordjevic ed è il giocatore della rosa con la migliore media minuti/gol (escludendo Ederson, che però ha messo insieme due presenze e 59 minuti totali, andando a segno contro il Cagliari): 1 gol ogni 103 minuti.
Il modulo di base della Lazio è il 4-3-3, ma Pioli ha giocato anche col 4-2-3-1, nel quale Mauri ha agito da trequartista/seconda punta dietro Djordjevic. In questo caso la manovra biancoceleste si è dimostrata meno fluida: le distanze in campo sono maggiori, non si formano le catene sulle fasce che permettono di evitare il pressing avversario e i tre trequartisti devono abbassarsi a turno per dare una mano ai due mediani nell’impostazione (va detto che quando ha giocato col 4-2-3-1 Pioli ha schierato Parolo e Onazi davanti alla difesa e nessuno dei due è un regista).
Il risultato è che la Lazio, con il 4-2-3-1, gioca maggiormente sui lanci lunghi e sulle seconde palle, cercando di sfruttare le doti aeree di Mauri e Djordjevic.
Nella trasferta di Palermo, cui si riferisce la foto mostrata sopra, la Lazio, schierata col 4-2-3-1, va in vantaggio sfruttando proprio una seconda palla. Lulić è bravo a intercettare una respinta della difesa rosanero e ad allargare per Candreva: cross e gol di Djordevic.
Col 4-3-3 la manovra si sviluppa in maniera più fluida e pericolosa. Ma sopratutto tutti i giocatori sembrano più a loro agio, in posizioni più “loro”. Uno dei punti cardine del gioco di Pioli è la flessibilità, ovvero lo scambio frequente di posizioni durante la partita, e il trio titolare a centrocampo, Biglia-Lulić-Parolo, è probabilmente il migliore in Serie A in quanto a dinamismo. I tre giocano a tutto campo: Parolo più di Lulić è portato ad abbassarsi per impostare, ma anche il bosniaco viene coinvolto nella costruzione della manovra quando c’è uno sbocco dalla sua parte. Tutti e due poi accompagnano l’azione, rifinendo la manovra, inserendosi da dietro o allargandosi per consentire agli esterni d’attacco di accentrarsi. Lulić ha segnato più di Parolo (3 gol contro 2), ma l’inserimento dell’ex del Parma è stato rapidissimo e il centrocampista sta disputando un ottimo campionato.
Biglia è l’equilibratore e il giocatore più importante nell’organizzazione di squadra. È lui a tenerla alta, a guidare il pressing per recuperare immediatamente la palla, a coprire i buchi e a raddoppiare allargandosi. In fase di possesso, più del suo contributo nella costruzione dal basso è rilevante come sia costantemente a supporto della manovra, fornendo non solo uno scarico facile ai compagni, ma risultando decisivo con le sue verticalizzazioni (come a Firenze in occasione del gol di Djordjevic).
Quando è mancato per infortunio e al suo posto ha giocato Ledesma, la differenza si è notata subito. Oltre a un apporto completamente diverso in fase difensiva, la staticità e la scarsa attitudine ad allargarsi per smarcarsi ed evitare il pressing avversario dell’italo-argentino costringeva Parolo a prendere il pallone molto basso, rallentando la fase d’uscita.
L’immagine sopra (con Candreva vicino a Ledesma) mostra come gli esterni del tridente siano più dei centrocampisti aggiunti che degli attaccanti: oltre a stare larghi per giocare l’uno contro uno coi terzini avversari devono muoversi tra le linee, abbassarsi per ricevere il primo passaggio dalla difesa e aiutare nella circolazione. È per questo che Keita, il più attaccante di tutti gli esterni a disposizione di Pioli, è di fatto una riserva, infortuni a parte. Negli schemi del tecnico i suoi tagli da sinistra sono poco contemplati: gli esterni devono piuttosto giocare in appoggio al portatore di palla e combinare con i compagni della catena laterale.
Con Candreva che si è confermato su standard molto alti ed è il miglior assist-man del campionato (7 passaggi vincenti), la sorpresa è Felipe Anderson, esploso dopo un anno di ambientamento. L’ex compagno di Neymar ha trovato il primo gol in Serie A nella trasferta di Parma ed è stato impressionante contro l’Atalanta, due gare in cui Candreva, calamita di quasi tutti i palloni che arrivano nella metà campo offensiva, è mancato per infortunio.
Contro la squadra di Colantuono il brasiliano ha mostrato non solo la qualità (su quella c’erano pochi dubbi), ma anche la personalità per condizionare la manovra: la Lazio costruiva l’azione quasi sempre dal suo lato (anche perché Mauri, l’altro esterno, finiva spesso a giocare dietro Djordjevic o al suo posto in attacco), lui alla fine è stato quello che ha toccato più palloni di tutti, è stato determinante in due dei tre gol segnati. Ha mostrato anche spirito di sacrificio, ripiegando in zone profonde in fase difensiva.
Il contributo del tridente in fase di non possesso è fondamentale e se ne è avuta una dimostrazione a Parma proprio nell’azione del gol di Felipe Anderson.
La Lazio è una squadra molto aggressiva e i primi a uscire in pressione sono gli attaccanti. Nell’occasione mostrata sopra il Parma aveva appena battuto una punizione vicino all’area biancoceleste; la squadra di Pioli è stata veloce a salire e in pochi secondi ha portato due giocatori a pressare Gobbi, ultimo uomo dei crociati. Djordjevic ha intercettato il lancio del difensore, poi ha servito a Felipe Anderson un pallone molto facile da finalizzare, a porta spalancata.
L’aggressività in fase difensiva è un punto di forza, ma anche il limite più grande di questa Lazio. Da un lato è il segnale di una squadra che vuole comandare la partita, che vuole conquistare subito la palla e non ha paura a portare anche 7 uomini nella metà campo avversaria. La squadra di Pioli ha segnato diverse reti in ripartenza: alle transizioni partecipano in tanti e quando riesce a recuperare il pallone, specie in zone alte, è molto pericolosa, perché ha giocatori in grado di cambiare fronte palla al piede con velocità e qualità (Candreva, Felipe Anderson, Keita, per dirne tre).
Dall’altro è un modo di difendersi dispendioso, che richiede energie e concentrazione: le coperture devono essere puntuali, altrimenti la squadra è scoperta e la difesa diventa facilmente attaccabile.
Una fase difensiva di questo tipo punta molto sulle qualità individuali dei giocatori, sulla precisione in marcatura e sull’abilità nel gestire gli uno contro uno; spesso i difensori sono lasciati soli. La Lazio è una squadra che rischia pur non avendo in rosa centrali in grado di recuperare eventuali ripartenze avversarie.
In una situazione come quella sopra, con i centrali di difesa in difficoltà nel gestire in velocità uno come Muriel, diventa fondamentale il ruolo di Marchetti, che in pratica deve giocare da libero e scegliere sempre i tempi giusti per uscire. Nel caso in questione il portiere si scontrerà con il colombiano dell’Udinese, l’arbitro farà proseguire l’azione e il tiro di Muriel sarà intercettato sulla riga di porta.
Solitamente è de Vrij, che pure non si è dimostrato a suo agio nel difendere con molti metri alle spalle, a restare più dietro in copertura, mentre il compagno di reparto accorcia sull’attaccante avversario. La coppia con Gentiletti sembrava la più affiatata e affidabile, poi, dopo l’infortunio dell’argentino, Pioli ha alternato Cana, Ciani e Radu, tenendo de Vrij come punto fermo, tanto che l’ex Feyenoord è il giocatore col minutaggio più alto della rosa. A spuntarla è al momento Cana, aiutato però dagli infortuni dei compagni di reparto.
Conclusioni
Non è mai facile arrivare in una squadra e darle un’identità precisa in poco tempo. Pioli l’ha fatto, pur pagando con qualche sconfitta di troppo all’inizio. Nonostante ciò il tecnico non ha mai rinnegato le sue idee e l’atteggiamento propositivo: la Lazio è più portata ad attaccare (con 26 gol ha il terzo miglior attacco del campionato, insieme al Napoli) che a difendere (17 gol subiti, come il Torino) e proprio in difesa si concentrano i limiti che impediscono per ora di fare il definitivo salto di qualità.
A centrocampo e in attacco invece il livello è molto alto, Pioli ha tante soluzioni e ha tra le mani un potenziale crack, Felipe Anderson, che potrebbe davvero diventare l’uomo in più di questa squadra se riuscirà a trovare continuità di rendimento. È l’aspetto chiave sul quale si giocherà la lotta per il terzo posto: se la Lazio non butterà via altri punti è la favorita per inserirsi nel vuoto di potere lasciato dal Napoli alle spalle di Juventus e Roma.