Le immagini più iconiche dell’ultima settimana calcistica sono tutte dominate da uomini con la barba: la foto dalla prospettiva géricaultiana di Messi in versione “Lionel Tonante” dopo la remuntada di Champions League, il dagherrotipo nostalgico - scarpini alla mano e sguardo malinconico - con il quale Xabi Alonso ci dà l’addio, Donnarumma che bacia la maglia del Milan dopo la partita contro la Juventus (sì, anche quella sotto al mento tecnicamente è una barba).
Dopo decenni di baby-face scintillanti, la barba negli ultimi tempi ha subìto una ridefinizione concettuale, fuori e dentro i campi: da sintomo di incuria e scapigliatura anarchica è passata a essere vessillo di responsabilità fascinosa, fino a esplodere in questa nostra “Post-Millenial He-Man Beard Epoch”. Dopotutto, ora che ci penso, anche mia figlia non mi ha mai visto senza barba.
La barba che indossiamo dice molto di chi siamo, per questo ho classificato le 10 barbe più significative della Serie A, cercando di conferire ad ognuna dei punti Notable Beard (che verranno assegnati con la sigla NB, che se volete può stare anche per Nat Borchers): dei punti al valore estetico di ogni barba; e un punteggio di Expected Awesomeness (che troverete con la sigla xA, che sta anche Xabi Alonso): che ne indica la potenziale iconicità.
Per aiutarvi ho trovato questa mappa di orientamento, e vi suggerisco di ascoltare questo album in sottofondo.
La barbetta del Papu Gómez
Punti NB: ✔✔
Punti xA: ✔✔✔
Classica barba hollywoodiana, da attore di teen-movies in cerca di ruoli “da uomo”. Quella del “Papu” è l’esatta epitome della barba da riscatto, o da nuova era: suscita la stessa reazione che ci ha strappato Messi la prima volta che lo abbiamo visto per la prima volta con la barba. Improbabile al punto che le avremmo dato qualche settimana al massimo di durata, e invece è ancora lì. Nella coppia barbuda della “Dea”, comunque, ne esce meglio il “Papu” di Petagna. Per i prossimi sviluppi, non è da escludere una virata al baffo handlebar.
La barba elegante di Miralem Pjanić
Punti NB: ✔
Punti xA: ✔✔✔✔✔
Per una strana ragione alla quale non so dare una spiegazione razionale, la barba di Miralem - o forse è solo la mia percezione della barba di Miralem - ha subito un mutamento radicale di pari passo con il passaggio del regista dalla Roma alla Juventus, è passata dal’essere crepuscolare a classy. Nonostante già nella capitale le dedicasse molta cura (affidandosi al rasoio di Biljo, il Bernini della chin curtain di Bruno Peres nonché parrucchiere di Alvaro Vitali), mi sembra che a Torino abbia iniziato un percorso di pirlizzazione che lo porterà, nel giro di una decina d’anni, a dominare Torino, l’Europa, New York, il Mondo.
La barba rap di Gianluca Lapadula
Un post condiviso da Gianluca Lapadula (@gianluca_lapadula_official) in data: 23 Dic 2016 alle ore 12:26 PST
Punti NB: -
Punti xA: ✔✔✔
Lapadula è un fascio di incognite: grande prospetto scoperto tardi o imbucato? Ma anche: baby face millenial o guappo dal fascino vagamente sudamericano? La foto che ho scelto mi sa che racchiude in sé tutte le contraddizioni di Lapadula: i trofei tra le mani gli donano, ma la barba “rap industry standard”? Non ne sono troppo convinto. In ogni caso, una barba più personale della maggior parte delle barbe che si vedono in giro.
La barba rossa di Davide Biondini
Punti NB: ✔✔
Punti xA: ✔✔✔✔✔✔
È fin troppo evidente che ogni scelta di carriera di Biondini sia stata in qualche modo influenzata da colore e conformazione del suo facial hair. Voglio dire: ho come l’impressione che non lo condannerei se mi confidasse, magari dal barbiere, che non sceglie le squadre sulla base di progetti o ambizione ma solo prefigurando come il suo rosso possa sposarsi con le divise di gioco. Anche per questo credo che il Sassuolo, e il neroverde del Sassuolo, siano il contesto ideale per la valorizzazione di Biondini, ma soprattutto del suo colore di barba.
La barba bicolore di Olivier Ntcham
Punti NB: ✔✔✔✔✔✔
Punti xA: ✔✔✔
Il vero valore aggiunto della barba di Ntcham è la coerenza. Non solo con il taglio di capelli, che riprende nelle tinte sfumate bionde, ma nel suo gioco: la barba di Ntcham è esattamente come Ntcham in campo, estroverso e un po’ pazzo, talentuoso al limite del macchiettistico, scintillante e al tempo stesso semplice, con il fascino che hanno le cose un po’ scontate anche se strane.
(Intermezzo Tautologico)
Tutti d’accordo che la cosa meno hipster di Federico Barba in questa foto sia, appunto, la sua barba? La barba di Barba? Possiamo proseguire, allora.
La barba sexy di Pepe Reina
Punti NB: ✔✔
Punti xA: ✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔
Con l’accoppiata full bold + barba è facile guadagnare punti al mercato dell’iconicità (per dire, anche la vis di Zaza, proprio in virtù di questo binomio, è ancora oggi una delle più suggestive). È una combinazione che incute timore ma anche fiducia, allo stesso tempo: è strano quanto poco pelo basti per farti cambiare idea o inclinazione a fidarti. Voi per esempio, se doveste scegliere, consegnereste le chiavi della vostra porta a questo Reina o a quest’altro? Io non ho dubbi.
La barba da patto col diavolo di Antonio Rüdiger
Punti NB: ✔✔
Punti xA: ✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔
Credo che il giorno in cui è stata scattata questa foto al social media manager della Gillette siano fischiate forte le orecchie: sembra che a Trigoria abbiano tolto di mezzo tutti i rasoi. La maniera in cui Antonio indossa la sua barba, però, ci dimostra come se ne possa fare un utilizzo sia mefistofelico, che incute timore alla stregua di una criniera leonina, che, come dire, più soul, à la Billy Paul. Che risalta anche e soprattutto per accostamento al rigore quacchero della barba di Vermaelen.
La barba da conquistador di Gabigol
Punti NB: ✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔
Punti xA: ✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔
Gabriel Barbosa (a qualcuno potrebbe già far ridere il gioco di parole) è l’unico tra i talenti sudamericani recentemente sbarcati in Europa ad essersi presentato con la strafottenza del conquistador barbudo. Vasco Núñez de Balboa, Francisco Pizarro, Hernán Cortés e Gabigol hanno in comune la rotta percorsa, poco importa in quale verso, ma soprattutto la voglia di espandere i loro domini personali senza starsi troppo a curare dell’ostracismo, della resistenza, dei sostrati culturali che in qualche modo, in quanto ignoti, rappresentano anche il massimamente possibile. La barba, insieme alla croce e alla spada, è stata lo strumento di assoggettamento principale per secoli: però nessun conquistador aveva la grazia millenial, ai limiti dell’effetto sfumino di Photoshop, della barba del Barbosa.
La barba zeitgeist di Lorenzo Tonelli
Punti NB: ✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔
Punti xA: ✔✔✔✔✔✔✔✔✔
Cose di cui questa foto di Tonelli profuma:
Quattro odori che definiscono la nostra epoca, oltre che l’interiorità di Tonelli.
La barba espressiva di Daniele De Rossi
Punti NB: ✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔
Punti xA: ✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔✔
DDR, barbudo since before it was cool, è il calciatore che rappresenta il centro gravitazionale di tutte le barbe che vediamo in Serie A da almeno un lustro. Antesignano, battistrada e portavessillo del movimento, la barba De Rossi ha ormai imparato a vivere di vita propria, alimentata da una mistica fatta di leggende metropolitane inquietanti, scaramanzie, epica: provate a cercare una foto di De Rossi in cui la sua barba non incornici un’espressione contorta e fomentata à la Leonida.
In un articolo del New Yorker del 1937 c’è un’intervista a un poliziotto che, controcorrente rispetto ai tempi, indossa una folta barba. Gli chiedono come mai: lui risponde che la barba serve a “nascondere le emozioni”.
Ecco: per DDR sembra valere il principio diametralmente opposto.