Finalmente ci siamo. Dopo quasi quattro mesi di attesa, tra i tanti dubbi sull’effettiva tenuta della bolla e sulla correttezza etica di giocare a basket in uno dei luoghi più colpiti dalla pandemia di COVID-19, con la partita tra i New Orleans Pelicans e gli Utah Jazz di questa notte ricomincerà l’infinita stagione 2019-20. Quali sono le premesse e le aspettative per queste ultime otto partite di regular season e cosa cambierà in vista dei playoff? Ne rispondono qui Dario Vismara, Lorenzo Bottini e Marco D’Ottavi.
Quanto influiranno i valori visti in campo prima della pausa? Le squadre che erano favorite prima rimangono tali anche dopo la ripartenza?
Lorenzo Bottini: Se parliamo di playoff o di quello che accadrà quando le partite conteranno davvero, non credo che si saranno inattesi sconvolgimenti nelle gerarchie e che le due losangeline e i Milwaukee Bucks rimangano saldamente tra le favorite. Nel periodo di avvicinamento ai playoff invece potremo vedere partite dai risultati sorprendenti, dovuti però più dalle diverse motivazioni in campo piuttosto che dal nuovo campo di gioco. In sintesi non credo che giocare ad Orlando modificherà eccessivamente i valori in campo.
Dario Vismara: L’esempio del calcio ci ha però mostrato squadre che hanno avuto rendimenti anche molto diversi rispetto a quelli pre-pandemia, sia in senso negativo (mi viene in mente la Lazio in Italia o il Getafe in Spagna) che in senso positivo (Milan, Milan, sempre con te). È pur vero che il calcio è uno sport molto diverso rispetto alla pallacanestro principalmente per il suo essere determinato dai bassi punteggi, però non mi stupirebbe se nella bolla di Orlando una squadra andasse improvvisamente “on fire” da tre punti, specie all’inizio in cui è lecito attendersi ritmi più alti (come sempre accade quando si ricomincia a giocare) e risultati più imprevedibili. Mantenere quel livello di forma fino a settembre e poi alle Finals di ottobre potrebbe rivelarsi complicato, ma la bellezza di questo “Whole New Game” è che, in una stagione già di per sé incerta, nulla può davvero essere dato per scontato.
Cosa ne pensate della bolla di Disney World? Era giusto ripartire o si poteva fare a meno di giocare durante una pandemia?
LB: Questa è davvero una delle questioni più complesse da affrontare e ci sono motivazioni estremamente valide per sostenere entrambe le posizioni. Credo che la NBA e Adam Silver non si sarebbero mai aspettati una gestione così scriteriata dell’emergenza in Florida quando hanno ratificato il progetto bolla a Disney World e che si sarebbero trovati a fine luglio circondati da una situazione fuori controllo. La Florida in questo momento è una delle zone più colpite al mondo dalla pandemia, con ripercussioni che rendono sempre più surreale e distopica la distanza tra la perfetta organizzazione della NBA e il caos appena fuori.
MDO: Per me non è tanto una questione di giusto o sbagliato, ma di possibile e impossibile. Nel momento in cui la decisione è stata presa sembrava strano immaginare una NBA in una bolla, ma era certamente possibile. Il numero di casi era sceso in Cina e Europa, e anche negli Stati Uniti pensavano di arrivare ad agosto con una situazione per quanto possibile sotto controllo. Oggi sappiamo che non è andata così e mi sembra che il problema non sia solo organizzativo - era chiaro che la NBA avesse le risorse e la capacità di gestire una bolla e salvaguardare la stagione - quanto piuttosto politico. Cosa penserebbe l’opinione pubblica se la Florida dovesse andare in lockdown totale mentre a Disney World si disputa uno degli eventi sportivi più importanti al mondo? Per non parlare del numero di morti, che nei prossimi giorni potrebbe iniziare a salire. (S)fortunatamente la Florida è un posto strano e a meno di gravi questioni sanitarie credo che tutto continuerà a essere così, tra tragedia e normalità.
LB: Sì, sono d’accordo. Però la NBA ha trattato l’emergenza con la massima serietà stabilendo un protocollo che si sta per ora rivelando efficace e che dovrebbe essere preso da modello non soltanto dalle altre leghe professionistiche - basti vedere quello che sta succedendo in MLB - ma dallo stesso Governo americano, che invece ha deciso di trattare il COVID-19 come una questione politica. Al netto della serietà di Adam Silver & Co., dobbiamo però chiederci quanto la NBA stessa possa mettere in pericolo non tanto i propri tesserati, ma tutti i lavoratori essenziali che ogni giorno garantiscono la funzionalità della bolla.
Sappiamo tutti quanto chiudere questa stagione sia fondamentale dal punto di vista economico e si è cercato di farlo nella massima sicurezza possibile; sfortunatamente in questo periodo storico il massimo della sicurezza non è abbastanza. Almeno non per tutti.
Vi convince il formato scelto dalla lega o avreste iniziato direttamente dai playoff?
LB: Come detto sopra era essenziale arrivare a 70 partite di regular season per ottemperare ai contratti televisivi locali e incassare quei soldi per tenere in piedi la baracca. Allo stesso tempo era giusto consentire ai giocatori di tornare gradualmente all’attività agonistica, dopo mesi di divano e videogames. Qualche partita per riprendere il ritmo ed evitare infortuni muscolari serve anche a noi per entrare in clima playoff - e garantirci qualche partita divertente, specie per chi vuole accaparrarsi quell’ultimo spot disponibile ad Ovest.
DV: Sinceramente ricominciare subito direttamente dai playoff mi sarebbe sembrata una forzatura prima di tutto nei confronti dei giocatori, con otto squadre che avrebbero dovuto affrontare tutto il training camp per due settimane di partite al massimo, probabilmente anche meno. E poi mi piace che ci sia una certa attesa per la post-season, che comunque a ben pensarci è dietro l’angolo: non so se lo avete realizzato ma appena dopo Ferragosto già si fa sul serio.
MDO: Onestamente a me non piace molto perché sembra che la NBA abbia subito un ricatto da parte delle televisioni per raggiungere questa fantomatica quota 70, come se non fosse possibile trovare un compromesso che non mettesse in mezzo più gente di quanta necessaria. Con questo formato la bolla deve durare di più e deve contenere più persone, quindi con più rischi sanitari, che vuol dire rischi di non finire la stagione. Anche fidandoci della capacità della NBA di gestire la bolla, rimane che così si è ulteriormente allungata la stagione, andando per forza di cose ad interferire con la prossima che dovrà essere accorciata ancora di più (o almeno così immagino: non so se la lega ha un coniglio nel cilindro, tipo spostarsi su un pianeta dove il tempo passa meno rapidamente). Ovviamente sono contento di vedere altre otto partite di Zion Williamson, però insomma, per una volta si poteva pensare che “less is more”.
Zion vs Morant è l’unica sfida interessante in queste prime otto partite o ci sono altri duelli che vi affascinano?
LB: La caccia all’ottavo posto ad Ovest vale il prezzo del biglietto per la prima settimana, con Memphis che deve difendere il proprio risicato vantaggio non solo su New Orleans ma anche su Portland, che con i rientranti Jusuf Nurkic e Zach Collins assume una nuova dimensione. L’eventuale sfida per i play-in ci garantirebbe l’inizio di una rivalità subito accesissima tra Zion e Ja, qualcosa che l’NBA sta pianificando da tempo. Ricordiamo che la nona squadra deve essere a meno di 4 partite di distacco dall’ottavo posto per forzare il play-in, ovvero un possibile doppio scontro diretto per decidere l’ultimo posto disponibile. L’ottava deve vincere solo una partita su due, mentre la nona è costretta a vincerle entrambe per sopravanzare.
DV: Con la stagione interrotta così bruscamente proprio quando stavamo preparandoci a gustare i playoff, ci sono tante storyline che personalmente ho molta voglia di vedere - anche ora che i premi stagionali non sono più in palio, visto che verranno considerate solo le gare pre-coronavirus. Ho voglia di vedere LeBron James contro Kawhi Leonard per il trono della Western Conference; ho voglia di vedere Giannis Antetokounmpo e James Harden che ricominciano ad odiarsi; ho voglia di vedere come va a finire tra Jimmy Butler e i Philadelphia 76ers, specialmente se ci regaleranno una serie di playoff al primo turno; ho voglia di vedere se Luka Doncic sano con una batteria di tiratori attorno può davvero dare fastidio a tutti come suggeriscono le statistiche avanzate.
MDO: Se intendiamo duelli, secondo me l’unico che veramente avrà luogo all’arma bianca è Zion contro Morant per l’ottavo posto. Immagino che le altre squadre si “terranno” almeno a livello emotivo in attesa dei playoff, senza alzare inutilmente il livello dello scontro. Al contrario, però, queste otto partite possono essere interessanti per capire un po’ di tendenze, le scelte tattiche dei 76ers ad esempio, se davvero andranno con Simmons da 4, oppure come i Lakers gestiranno i cambiamenti nel roster a livello di rotazioni e compiti.
Intanto possono contare su J.R. Smith.
Ci saranno sconvolgimenti nella classifica o le squadre migliori punteranno a gestire i propri giocatori ed a farsi trovare pronte per i playoff?
MDO: Le ultime partite della stagione sono solitamente quelle in cui noi ci chiediamo come si regolano le squadre per cercare gli accoppiamenti migliori per i playoff, poi ci rendiamo conto che questi calcoli sono difficili e le squadre tendono a usare queste partite magari per dare spazio a qualche giocatore che torna da infortuni oppure per capire chi è più pronto per il playoff. Per me le posizioni rimarranno più o meno quelle e, anche se così non fosse, senza fattore campo cambia relativamente: forse gli unici che davvero non possono rischiare sono i Clippers che devono centrare il secondo posto per far slittare fino alle finali di Conference questa benedetta serie con i Lakers.
LB: È molto difficile che le prime delle rispettive Conference perdano il primato, anzi per i Milwaukee Bucks è matematicamente impossibile mentre i Lakers devono vincere una partita su otto per essere praticamente certi di rimanere sopra gli altri losangelini dei Clippers. Che invece non potranno rilassarsi del tutto sul rettilineo finale o si potrebbero far infilare da Nuggets e Jazz, ma dovrebbe essere improbabile seppur considerando il load management di Kawhi Leonard e Paul George. Poi sotto può succedere davvero di tutto, con le varie Houston, Oklahoma City, Dallas attente a evitare un primo turno contro le squadre californiane. Le prime partite decideranno subito l’indirizzo delle seguenti, con le varie squadre che decideranno se cercare a tutti i costi il match-up che preferiscono o far riposare i giocatori in vista dei playoff. Poi c’è la corsa all’ottavo posto, con Memphis favorita ma certo non tranquilla, specie dopo che Zion è tornato nella bolla.
Ad Est la situazione è più cristallizzata, con gli Washington Wizards, l’unica squadra invitata ad essere per ora fuori dai playoff della costa atlantica, ad avere 5 partite e mezza di ritardo dagli Orlando Magic e sei dai Brooklyn Nets. Ovviamente la corsa è da fare su quello che rimane dei Nets piuttosto che sui “padroni di casa”, ma anche gli Wizards sono senza Beal, senza Bertans e fondamentalmente senza motivazioni per andarsi a prendere i playoff. Nel gruppone dietro i Bucks invece non dovrebbe cambiare troppo: probabilmente solo i Sixers sopra i Pacers grazie a un calendario più agevole.
Quali saranno le squadre più avvantaggiate dal giocare a Disney World?
DV: Abbiamo già affrontato lo strano caso dei Philadelphia 76ers e del loro rendimento assurdo tra casa e trasferta: di sicuro loro sono attesi al varco per capire se giocare senza pubblico li possa avvantaggiare oppure no. Non è semplice prevedere come l’assenza del fattore campo possa influenzare le squadre: teoricamente quelle con maggiore talento tecnico e atletico a disposizione dovrebbero uscirne avvantaggiate, mentre l’esperienza nella gestione di certi momenti in certi ambienti, visto che ora nessuno gioca più in trasferta, dovrebbe contare meno. Mi piace pensare che le squadre che corrono di più possano avere maggiori chance di successo, perciò diamo fiducia ai Pelicans - specie se Zion Williamson è al 100%.
Quando Zion è al 100%.
LB: La condizione fisica sarà l’elemento chiave almeno per le prime partite, finché i valori non si equilibreranno. Sarà anche interessante vedere quanto tirare in un palazzetto vuoto, con le prospettive diverse rispetto a quelle cui sono abituati i giocatori, condizionerà la percentuali da fuori e di conseguenza le squadre che fanno un largo uso di questa opzione. Ma soprattutto a far la differenza sarà l’esperienza e l’affiatamento del gruppo, ancora più importante ora che i giocatori saranno costretti a passare ventiquattro ore al giorno insieme. Andare a pescare insieme può aiutare a vincere un titolo NBA? Io credo proprio di si.
MDO: Esiste certamente un vantaggio per le squadre con il record peggiore nei playoff, e che in alcuni casi potrebbe essere più evidente (mi viene da pensare a una eventuale serie tra Lakers e Clippers, con i gialloviola che avevano più tifo anche quando teoricamente erano in trasferta dai rivali). C’è poi la sensazione che possa esistere un vantaggio sportivo per le squadre che giocano a ritmi più alti, che vogliono giocare tanti possessi, che magari con i tempi morti che si allungano per esigenze varie potrebbero perdere ritmo o anche semplicemente squadre meno esperte che nella concitazione di un palazzetto assatanato durante i playoff potevano perdersi.
Ci saranno variazioni tattiche in queste prime partite o non vi aspettate grandi cambiamenti rispetto ai palazzetti pieni?
DV: Questa regular season era stata contrassegnata dall’ulteriore aumento delle conclusioni da tre punti da parte delle squadre in attacco e dall’uso sempre più sistematico della difesa a zona per sparigliare le carte durante le partite. Mi aspetto che entrambi i trend continuino a Disney World, anche se sarà sicuramente interessante osservare cosa hanno escogitato i coaching staff delle squadre durante la pausa per rimanere sempre un passo davanti agli avversari - e, soprattutto, se sono riusciti a farle assimilare ai giocatori in queste settimane di training camp.
LB: Concordo con Dario: le squadre che usano molto la zona, come i Miami Heat e i Toronto Raptors, possono avere qualche vantaggio contro avversari che ancora non sono in perfetto ritmo offensivo. E almeno all’inizio, mentre le squadre cercheranno di trovare la forma giusta per i playoff, le difese possono essere più affidabili degli attacchi. Poi come già detto credo che i valori si livelleranno similmente a quelli prima della sospensione.
Quale squadra ha più domande alle quali rispondere prima dei playoff?
DV: La risposta a questo tipo di domanda è sempre Philadelphia, che ora farà partire Ben Simmons da 4, ma ne abbiamo già parlato in lungo e in largo. Per questo secondo me qualche risposta deve arrivare dai Denver Nuggets, che avrebbero il record per potersi legittimamente considerare una contender, eppure sembra sempre che gli manchi qualcosa. Con due jolly pazzi come Michael Porter Jr. e Bol Bol da potersi giocare a Orlando, ci sono molti punti interrogativi da dover risolvere prima di trovare la rotazione definitiva in ottica playoff. Continuo a non essere convinto del supporting cast dei Lakers: quasi tutte le loro speranze di titolo passano da ciò che succede quando la palla non è nelle mani di LeBron e AD, e nessun giocatore mi sembra in grado di rendere al livello richiesto.
LB: A prescindere dalla domanda, Philadelphia è sempre la risposta giusta. I Sixers sono sempre un cantiere a cielo aperto che sta forse finalmente trovando le giuste risposte con Shake Milton in quintetto, ma ha sempre troppi punti interrogativi per non finire sotto il microscopio. I primi responsi durante gli scrimmage sono stati molto positivi, nonostante Joel Embiid abbia giocato solo una manciata di minuti per un problema alla caviglia e la panchina sia ancora piuttosto scricchiolante.
Concordo che Denver è una delle squadre più interessanti, con uno Jokic da Centro Sobrino e la possibilità di scendere in campo con il quintetto più alto della storia NBA recente. C’è da capire quanto MPJ sia pronto mentalmente a un basket di alto livello (dalle sue ultime dichiarazioni non sembra) e se Bol Bol riesce ad aggiungere una tridimensionalità al suo gioco.
Un nuovo dominatore in NBA?
Per ultima direi che bisognerà vedere se i Jazz riusciranno a non farsi travolgere dal drama e recuperare il rapporto tra Gobert e Mitchell. Ma soprattutto se sapranno sopperire all’assenza di Bogdan Bogdanovic, una pedina fondamentale per Quin Snyder.
MDO: Tutto giusto, secondo me i Lakers un occhio a cosa possono dargli nei prossimi mesi J.R. Smith e Dion Waiters in queste 8 partite glielo danno.
Quali giocatori aspettate con maggior interesse?
DV: I giovani innanzitutto, per vedere se quel “salto di qualità” che arriva di solito tra primo e secondo anno (o tra secondo e terzo in alcuni casi) è stato accelerato dalla pandemia oppure se una off-season reale e completa sia davvero necessaria per poter lavorare sul proprio gioco. E poi tutti quelli che hanno qualcosa in ballo per la propria legacy, specie in ottica mercato - sebbene la classe di free agent del 2020 non sia esattamente indimenticabile e le ripercussioni del salary cap siano del tutto imperscrutabili.
LB: Ammetto che questo clima da Summer League ha tirato fuori in me tutte i feticismi più esotici: quindi undrafted arrivati quasi per caso, rookie presi con le ultime chiamate e giovani di belle speranze lasciati in fondo alle rotazioni. In questi scrimmage mi ha impressionato positivamente Mikal Bridges, l’ala dei Phoenix Suns che ha chiuso le tre partite di esibizione con 25 punti e sei rimbalzi di media oltre a mettere il lucchetto al miglior attaccante avversario. Con molta probabilità i Suns rimarranno a Disney World giusto per le otto partite che mancano, ma forse torneranno in Arizona con un ulteriore tassello da aggiungere a Devin Booker e Deandre Ayton.
https://twitter.com/jackfrank_jjf/status/1288232696829710336
Una delle prestazioni più convincenti di Bridges ad Orlando. Finora.
Stesso discorso per Luguentz Dort, rookie undrafted da USC, che è ormai stabilmente entrato nel quintetto dei Thunder grazie a tutto quello che fa nella metà campo difensiva. È costruito come un linebacker, con una forza nella parte inferiore del corpo pari solo al suo equilibrio, e a Orlando sta trovando anche la mira dalla lunga distanza - tirando quasi il 50% da tre punti - in quello che sarebbe suo tallone d’Achille. Se le percentuali scendessero di non molto potrebbe diventare già da subito un giocatore molto interessante con cui Billy Donovan può bilanciare i suoi quintetti con tre guardie che tanto hanno funzionato in questa stagione.
Però ora basta nomi nerd: il giocatore che più voglio vedere ad Orlando, specialmente in queste prime partite è James Harden. Gli haters diranno che è uno dei giocatori più noiosi mai visti su un campo di basket, che non fa altro che fermare il pallone e cercare di lucrare dei tiri liberi, non godendosi uno dei più alti interpreti che questo sport abbia mai avuto. In una stagione nella quale non è nemmeno nella conversazione per l’MVP, Harden è primo per punti segnati, punti per partita, tiri tentati e tiri segnati, triple tentate e triple segnate, liberi tentati e liberi segnati, confermandosi una delle superstar più operose della lega. La mole di lavoro che deve sopportare a ogni partita non ha eguali in NBA e il periodo di riposo lo avrà aiutato ad arrivare ai playoff non totalmente macinato dalla stagione regolare come successo in passato. Per quanto con la trade di Capela Morey abbia fatto di tutto per creare un ecosistema funzionale per Russell Westbrook, i Rockets rimangono la squadra di Harden. E finalmente scopriremo quanto incidono gli strip bar sulle sue prestazioni.
MDO: Io terrei d’occhio i giocatori che nella prima parte di stagione, chiamiamola così, hanno in qualche modo deluso le aspettative. Il primo nome che mi viene in mente è Kristaps Porzingis: come avrà metabolizzato il fatto che a Dallas hanno gli occhi a cuoricino per Doncic? Avrà lavorato bene durante la sosta per essere più vicino alla versione Knicks pre-infortunio? Un altro che mi viene in mente è Mike Conley: se questo è un nuovo inizio, non potrebbe essere lui la svolta della stagione di Utah? Poi ovviamente Skinny Melo e in generale tutti quei giocatori che hanno avuto trasformazioni fisiche sorprendenti (ma questo principalmente per motivarmi a fare una dieta al più presto).
Chi è l’indiziato numero uno a fare la “mossa Lou Williams”?
DV: Per quale altro motivo abbiamo riportato J.R. Smith in NBA, se non quello di superare l’asticella già messa così in alto dalle ali di pollo di Lou Will?
LB: Ok avrei dovuto precisare prima che J.R. Smith e Dion Waiters erano fuori classifica per riconosciuti meriti sul campo.
MDO: Io volevo dire Dion Waiters… vabbè allora farò la predica moralista: Lou Williams ha davvero sbagliato? Al di là della sensibilità che potresti avere in questi momenti, se si è deciso di farlo uscire dalla bolla - e succederà ad altri perché la vita va avanti fuori da Orlando - non possiamo metterci a dire “funerale sì, ma poi ordinare ali di pollo allo strip club no”. Per l’opinione pubblica i 10 giorni di quarantena che la NBA gli ha dato sono una specie di punizione, ma Orlando non è Guantanamo: se davvero volevano punirlo, gli avrebbero dato delle partite di squalifica.
LB: Gliele hanno tecnicamente date con quei 10 giorni di quarantena, che lo costringeranno a saltare due gare e quindi 150.000 dollari di guadagni. Comunque anche a mio avviso non ha fatto nulla di sbagliato, anche perché se ti stai per rinchiudere per tre mesi in un posto nel quale puoi solo giocare a basket e pescare carpe, l’ultimo saluto ad uno strip club è d’obbligo.
DV: E poi diciamolo: quelle ali di pollo sembrano davvero divine.
https://twitter.com/ZSoskin/status/1287933108797321216
Cosa vorreste vedere durante i tempi morti al posto delle baby race e dei cannoni sparamagliette?
LB: La risposta corretta sarebbe avere qualche spot informativo sull’importanza del voto e sulle battaglie per l’equità sociale ma capisco che è una risposta noiosa quindi voto per avere le Instagram Stories di J.R. sul maxischermo.
MDO: NBA Desktop di Jason Conception!
DV: Solo se nella versione Disney Musical, perché ancora non sono riuscito a togliermi dalla testa Adam Silver in versione Lumiere.
In alternativa mi accontento di Matisse Thybulle, Kyle O’Quinn e Tobias Harris che fanno gli scemi sul campo da golf.