Tottenham e Real Madrid arrivavano allo scontro diretto al vertice del girone H in condizioni difficili. L'ultima settimana di ottobre ha rischiato di compromettere parte della stagione del Tottenham, con l'eliminazione in Coppa di Lega per mano del West Ham a cui è seguito il KO in campionato contro il Manchester United. Anche per il Real Madrid le cose non si stanno mettendo bene in Liga: la squadra di Zidane è stata sconfitta a sorpresa dal Girona nell’ultima giornata e attualmente si trova a -8 dalla capolista, il Barcellona. Un dato che riflette la condizione mentale del Real Madrid: in sei partite di campionato Cristiano Ronaldo ha segnato appena un gol, nonostante le 40 conclusioni provate.
In questa cornice difficile la sfida di mercoledì sera ha assunto una grossa importanza psicologica per entrambe le squadre, al di là della posta in gioco che comunque non era da trascurare: in palio c’era il primo posto nel girone e l’accesso sicuro agli ottavi di finale, che avrebbe permesso a una delle due di concentrarsi al meglio sui propri impegni nazionali. A parte un paio di nuovi interpreti (Dele Alli e Davies da una parte, Kiko Casilla dall’altra), entrambi gli allenatori si sono affidati alla continuità, confermando le formazioni e i moduli schierate nella gara d’andata, ovvero il 3-5-1-1 ed il 4-3-1-2.
I piani gara sono fatti per essere guastati
Il Tottenham ha imposto da subito la sua strategia aggressiva. La squadra di Pochettino ha alzato la difesa fin quasi al centrocampo in attesa che scattassero i “trigger”: il retropassaggio dal centrale difensivo al portiere, il giro palla orizzontale verso l’esterno basso, le ricezioni dei centrocampisti. A quel punto scattava il pressing dei centrocampisti degli “Spurs”. L’idea principale del Tottenham era comunque mantenere due linee molto strette, con solo Kane oltre la linea della palla, per negare al Real Madrid il gioco negli spazi di mezzo. Per questo il Tottenham si è disposto con 5-3-1-1 compatto in fase difensiva, che lo esponeva però - per via della difesa alta - alla possibile ricerca della profondità. In ogni caso il Real Madrid non è più una squadra molto verticale e, in ogni caso, il Tottenham aveva in campo centrali difensivi che difendono in avanti senza paura e abili nel coprire la profondità, come Alderweireld e Sanchez.
Il 5-3-2 del Tottenham e la linea difensiva molto alta: Sissoko esce su Kroos.
Soltanto Kane rimaneva sopra la linea del pallone, fungendo da terminale offensivo per far salire la squadra o attaccando subito la profondità in transizione, cercando così di sfruttare la distanza tra i due centrali, Sergio Ramos e Nacho.
Dall’altra parte, il Real Madrid ha cercato di costruire sulle fasce, soprattutto a sinistra, per poi spostare la palla sul lato debole dove agiva il giovane terzino Achraf Hakimi. Con Marcelo regista occulto sul lato forte, Benzema e/o Isco gli venivano incontro per consolidare il possesso e creare superiorità numerica e posizionale ai fianchi del centrocampo del Tottenham. Il piano di Zidane però non ha funzionato per diverse ragioni:
-le uscite aggressive del Tottenham in fascia, che toglievano tempo e spazio di giocata a chi era in possesso della sfera, verosimilmente Modric e Kroos;
-un giro palla troppo lento che garantiva comode scalate in blocco dei padroni di casa;
-errori tecnici banali, soprattutto nel calcio lungo da parte di Sergio Ramos.
Il Real Madrid non è riuscito mai ad attaccare bene in ampiezza, un problema che si è poi riproposto anche in fase difensiva.
Difendere l’ampiezza
Uno dei problemi strutturali dell’uso del rombo di centrocampo è la difesa dell’ampiezza. Il Real si è concentrato nel difendere il centro, ma spesso in modo troppo passivo, concedendo ad Alli e ad Eriksen delle comode ricezioni fra le linee. La squadra di Zidane era troppo schiacciata in orizzontale, e ha lasciato quasi sempre scoperto il lato sinistro, dove Marcelo è stato spesso in difficoltà a difendere lo spazio alle sue spalle, attaccato con diligenza da Trippier in occasione del primo gol. L’apertura di Winks ha pescato il terzino inglese proprio alle spalle di Marcelo (in leggero fuorigioco, a dire il vero), e un cross teso e velenoso ha premiato l’inserimento perfetto in area di Alli.
L’eccessiva distanza tra i terzini (sempre molto alti) ed i centrali blancos non ha favorito le transizioni negative. Al tempo stesso il Real è stato poco efficace in fase offensiva, dove gli unici pericoli subiti dal Tottenham nel primo tempo sono arrivati da estemporanee azioni individuali di CR7, autore come al solito di una grossa mole di tentativi solitari e tiri, 7.
L’effettoboomerang delle correzioni di Zidane
Zidane ha provato a risolvere i problemi strutturali e nel secondo tempo è passato ad un 3-4-1-2, aggiungendo Casemiro fra i centrali in pianta stabile: sulla carta il brasiliano avrebbe dovuto garantire maggiore protezione alle spalle di Marcelo, ma anche superiorità numerica in transizione. Tuttavia questa soluzione ha finito per aggiungere nuovi problemi invece che risolvere i vecchi.
Il nuovo schieramento del Real Madrid ha di fatto esaltato il talento tecnico di Dele Alli, che poteva a quel punto ricevere tra le linee senza nessuno che uscisse tempestivamente in marcatura. Alli è stato autore del primo e del secondo gol, oltre che protagonista nel terzo, generato dalla sua abilità in conduzione palla, che gli ha permesso di sfruttare le distanze eccessive tra i giocatori del Real Madrid. Un esempio su tutti il 3-0 di Eriksen, dove Casemiro e Nacho hanno protetto malamente il centro con la palla scoperta. Per una volta, Zidane non ha letto bene la gara in corsa.
La libertà di Alli e le indecisioni di Casemiro sullo staccarsi dalla linea o rimanere per coprire la profondità si sono rivelate decisive.
Pur avendo generato un valore di xG superiore, molti dei tiri del Real sono stati bloccati o respinti in area da un'ottima difesa guidata da Dier, abbassato nella linea a 5 dopo l’infortunio di Alderweireld nel primo tempo, autore di 8 disimpegni. Il gol del 3-1 è arrivato quando Zidane ha deciso di passare a un 4-4-2 ultraoffensivo nell'ultimo quarto d’ora (dentro Theo Hérnandez, Asensio e Boria Mayoral) che ha in parte sfruttato il calo fisico dei padroni di casa, ormai con un baricentro molto basso. In generale, però, il Tottenham ha ampiamente meritato la vittoria grazie a un piano gara estremamente efficiente, che ha saputo sfruttare in modo intelligente i difetti attuali e strutturali del Real Madrid.
All’interno di un girone di ferro, il Tottenham ha stupito per l’autorità con cui ha affrontato Real Madrid e Borussia Dortmund. In particolare la fase difensiva, già molto migliorata lo scorso anno, sta superando a pieni voti l’impatto con il livello tecnico altissimo della Champions League. La doppia sfida contro il Real Madrid ha, inoltre, confermato la duttilità tattica della squadra di Pochettino, che ha dimostrato di poter fare risultato anche senza controllare il gioco, sfruttando bene gli spazi in transizione e massimizzando i frutti del proprio grande talento individuale.
Ora gli “Spurs” sono in testa al gruppo e niente vieta di inserirli fra le “outsider” più credibili di questa edizione di Champions League. Per quanto riguarda il Real, ovviamente, è presto per parlare di crisi: manca un punto per la qualificazione agli ottavi, hanno a disposizione ancora il più alto tasso tecnico nella competizione e sono bicampioni in carica. A preoccupare è stato soprattutto il grande nervosismo mostrato ieri sera, che si scontra con l’idea del Real Madrid come squadra zen, in grado di far valere la propria calma ed autorità tecnica in qualsiasi contesto. Al momento la squadra di Zidane sembra lontana da quella specie di onnipotenza mentale sul campo con cui ha vinto i trofei degli ultimi due anni. Legittimo in fase di “regular season”, quando magari la condizione fisica non è al massimo, ma le partite in cui non è più lecito sbagliare arriveranno presto.