È sempre difficile stilare classifiche di merito, tanto più quando si tratta di farlo alla fine dell’anno solare, quando la stagione corrente non è nemmeno a metà e quella passata si è conclusa solo da sei mesi. Molte squadre sono profondamente cambiate durante l’estate, oppure non sono riuscite a mantenere lo stesso livello di prestazione per tutto il corso dell’anno.
È ancora più difficile fare delle scelte che risultino oggettive, visto che dato un numero limitato di trofei in palio, non sempre i risultati e le vittorie possono essere l’unico e insindacabile metro di giudizio applicabile.
Quella che segue è la mia personale classifica, in ordine rigorosamente alfabetico, delle dieci squadre migliori del 2016, tenendo conto dei titoli, ma anche del gioco espresso e dell’influenza che esse hanno esercitato sul calcio a livello nazionale ed internazionale.
Chapecoense
L’avventura della Chapecoense, qualificatasi per la finale della Copa Sudamericana dopo aver eliminato nell’ordine l’Independiente, il Club Deportivo Junior de Barranquilla e il San Lorenzo si è conclusa quando l’aereo che portava la squadra a giocarsi l’andata dell’ultimo atto contro l’Atlético Nacional, si è schiantato a 50 chilometri da Medellin, spazzando via il sogno e le vite di un’intera squadra.
Grazie al nobile gesto dell’Atlético Nacional, che dopo la tragedia ha chiesto che la coppa fosse assegnata ai rivali, la “Chape” sarà nell’albo d’oro, ma la sua impresa sarebbe stata degna di elogio anche se non fosse stata portata alla ribalta da questo drammatico episodio.
I brasiliani erano la rivelazione della stagione in Sud America: solo tre anni fa militavano ancora in seconda divisione, ma erano già alla seconda partecipazione alla Sudamericana dove l’anno scorso si erano fermati ai quarti. Insomma c’erano tutti i presupposti per una vera e propria favola calcistica, come quella che a luglio aveva visto proprio l’Atlético Nacional alzare la Libertadores, finché non ci si è messo in mezzo il più tragico destino.
Cile
È sempre difficile ripetersi, soprattutto se hai perso il tuo allenatore e per il secondo anno consecutivo parti da sfavorita dietro all’Argentina, ma il Cile di Pizzi è riuscito nuovamente nell’impresa di portarsi a casa la Copa América più importante di sempre, quella del Centenario.
Dopo Bielsa e Sampaoli, Pizzi è il terzo argentino a condurre alla vittoria la “Roja", che pure era arrivata seconda nel suo girone, proprio alle spalle dell’Argentina. Nella fase ad eliminazione diretta poi, ha eliminato due delle squadre più brillanti della competizione, il Messico, annichilito per 7-0, e la Colombia battuta 2-0. In finale si è riproposta sfida dello scorso anno contro l’“Albiceleste" che per la seconda volta si è conclusa per 0-0, prima che il dejavù fosse completato da un’altra vittoria ai rigori del Cile.
Claudio Bravo ha dunque potuto alzare la seconda Copa América in due anni che ha consacrato definitivamente l’attuale generazione di calciatori della “Roja", laboratorio tattico che ha regalato al calcio mondiale talenti assoluti quali Vidal e Sanchéz, ma in cui tutti gli elementi riescono ad offrire il massimo delle proprie prestazioni.
Foggia
Per come è finita la sua stagione e per il livello in cui gioca, quella del Foggia potrebbe sembrare una scelta controversa. Ma l’esperienza del Foggia di De Zerbi nella passata stagione è qualcosa che va oltre i risultati e le categorie.
Come scriveva Alex Belinger, l’ex allenatore del Palermo ha dimostrato che anche in Lega Pro si può giocare un calcio diverso, basato sui principi del gioco di posizione, una filosofia che sta emettendo anche i suoi primi vagiti anche in Serie A. Non serve avere giocatori della qualità del Bayern o del Barcellona di Guardiola per attuare un possesso scientifico e il gegenpressing: possono bastare le idee di un allenatore brillante e l’applicazione di buoni giocatori, ma pur sempre di terza divisione.
Quando le speranze del Foggia si sono infrante contro il Pisa nella finale dei play-off dello scorso anno, è praticamente finito anche l'idillio tra De Zerbi ed il club, ma questa sua prima eredità potrebbe essere ancora più grande di quella del Foggia di Zeman, soprattutto per le nuove generazioni di allenatori italiani.
Juventus
Cinque scudetti vinti consecutivamente, come il Grande Torino più di 70 anni fa e l’Inter del post-Calciopoli: un’impresa che sembrava impossibile per i bianconeri che dopo 10 giornate avevano raccolto solo 12 punti. Altrettanti la separavano dalla capolista Roma e la squadra di Allegri sembrava destinata ad abdicare dal trono di campione d’Italia. Ma dopo la sconfitta con il Sassuolo e la sfuriata di Buffon, la Juventus è riuscita a inanellare un’incredibile striscia da 25 vittorie in 26 partite, annientando ogni rivale al titolo grazie a 73 punti su 75 e conquistando in anticipo uno Scudetto che sembrava un miraggio.
Durante l’incredibile rimonta Buffon ha battuto il record d’imbattibilità di Sebastiano Rossi, portando il muro a 973 minuti senza subire gol, facendo registrare una striscia da 10 “clean-sheets” consecutivi, altro primato.
Ma la Juventus non si è fermata dopo il quinto Scudetto consecutivo. A maggio ha conquistato il secondo “double” consecutivo, portando a casa l’undicesima Coppa Italia della sua storia e dopo una campagna acquisti che ha portato in dote persino Gonzalo Higuaín, sembra essere indirizzata verso il sesto Scudetto consecutivo. Mettiamoci poi che quella di Allegri è la squadra che ha raccolto più punti nell’anno solare (100) e che con 25 vittorie consecutive in casa, una striscia tuttora aperta, ha eguagliato il proprio precedente record e sembra destinata a fare grandi cose anche nel 2017.
Leicester
Il 2016 è stato anche l’anno di una delle più grandi vittorie da underdog che la storia ricordi. L’impronosticabile vittoria della Premier League da parte del Leicester, che ha fatto segnare il record per la più alta quota vincente nella storia dei bookmaker (5000 a 1), è il capolavoro di Claudio Ranieri che ha trasformato quella che sembrava un’accozzaglia di giocatori semi-sconosciuti pescati nei campionati minori, nella squadra campione d’Inghilterra.
Il 4-4-2 della scorsa stagione seguiva principi di gioco non particolarmente elaborati, ma era cucito sulle qualità delle “Foxes", in grado di passare in pochi istanti da una difesa compatta ad un contropiede velocissimo che sfruttava due frecce come Mahrez e Vardy e il loro innesco, nonché motore della squadra, Kanté.
In questa prima parte di stagione il Leicester non è riuscito a ripetersi e galleggia pericolosamente a tre punti dalla zona retrocessione. In compenso ha vinto il proprio girone di Champions, qualificandosi con un turno di anticipo ed ora dovrà vedersela con il Siviglia agli ottavi.
Comunque vada quest’anno, l’esempio delle “Foxes" ha cambiato per sempre la Premier. Il trionfo della squadra di Ranieri ha inevitabilmente accelerato il processo di rinnovamento tecnico di tutte le grandi di Inghilterra, certificando l’arretratezza di alcuni tecnici e squadre dal punto di vista tattico e influenzato l’approccio dei club al calciomercato. È stato chiaro a tutti che non sempre vince chi spende di più.
Napoli
Il Napoli è stata la più accreditata rivale della Juventus nella corsa al titolo e se Zaza non avesse sbloccato allo scadere lo scontro diretto dello Stadium, chissà come sarebbe andata a finire. In ogni caso la squadra di Maurizio Sarri merita indiscutibilmente un posto nelle migliori squadre dell’anno.
Il tecnico toscano ha costruito una formazione che gestisce la palla come nessuno in Europa e che è indubbiamente tra le più belle da vedere. L’arrivo di Sarri ha valorizzato giocatori già eccezionali come l’Higuaín da 36 gol dello scorso campionato o Hamsik, che riportato nel suo vecchio ruolo da mezzala sta vivendo forse il migliore momento della carriera, ma anche migliorato esponenzialmente elementi che nella gestione Benítez erano stati spesso oggetti di critiche, come Jorginho e Koulibaly, ora uno dei migliori difensori di Europa.
In questa prima metà di stagione, perso anche Milik per infortunio, gli “azzurri” hanno dovuto reinventarsi senza un attaccante di ruolo. Questo non gli ha comunque impedito di chiudere il 2016 con il miglior attacco del campionato (40 reti). Dall’ottavo di Champions con il Real Madrid potrebbe arrivare anche una consacrazione a livello europeo, per una squadra che in questo momento non ha probabilmente pari per qualità di gioco espresso.
Portogallo
La squadra lusitana non partiva certo tra le favorite della competizione, ma dopo aver stentato nel girone, strappando la qualificazione agli ottavi con solo tre punti, ha approfittato di un tabellone relativamente agevole e dimostrando una grande solidità, soprattutto mentale, ha eliminato in successione Croazia (ai supplementari), Polonia (ai rigori) e Galles (2-0), prima di trionfare in finale sui padroni di casa della Francia, grazie all’eroe Eder, autore ai supplementari del gol decisivo.
La vittoria del Portogallo è stata un po’ il manifesto di un torneo non particolarmente spettacolare, in cui l’utilitarismo ha spesso prevalso sullo spettacolo, sia per il discutibile formato in cui anche le quattro migliori terze si qualificavano agli ottavi, sia per il poco tempo a disposizione degli allenatori di Nazionali che non hanno la possibilità di sviluppare concetti di gioco particolarmente complicati o innovativi. Fernando Santos si è calato nel migliore di modi in questa mentalità, proponendo spesso un approccio reattivo, ed ha portato a casa quel titolo che il Portogallo aveva potuto solo sfiorare ad Euro 2004.
Rasenball-Sport Lipsia
Grazie al secondo posto in Zweite Liga, la squadra tedesca acquistata dalla Red Bull nel 2009 è riuscita ad arrivare fino in Bundesliga. Se ci si poteva immaginare che difficilmente avrebbe frequentato i bassifondi della classifica, visti i grandi investimenti della proprietà, era altrettanto difficile pensarli lì dove hanno chiuso l’anno, cioè al secondo posto, con un ritardo di soli tre punti, accumulato nello scontro diretto, a separarli dal Bayern.
La diretta squadra di Hasenhuttl ha preso di petto la prima divisione e grazie alla freschezza e all’intensità dei propri giovani e giovanissimi talenti ha inanellato una vittoria dopo l’altra, guidando la classifica fino al 3-0 subito all’Allianz Arena, che non li ha di certo tagliati definitivamente fuori da una corsa al titolo che sembra destinata ad essere una questione a due tra il Lipsia e i bavaresi di Ancelotti.
Certo, i soldi hanno avuto un ruolo importante nel proiettare così velocemente la squadra della Red Bull ai vertici del calcio tedesco, ma un risultato di questo tipo si ottiene soprattutto grazie alla programmazione e all’organizzazione di cui non difettano nemmeno le altre squadre della galassia RB. Seguendo i piani di Ralf Ragnick, la mente dietro a tutto il progetto, il Lipsia sta andando anche oltre le aspettative della proprietà ed è molto probabile che ricorderemo il 2016 come l’anno in cui una nuova grande si è affacciata nel calcio europeo.
Real Madrid
Il 2016 è stato anche l’anno del Real Madrid e soprattutto l’anno di Zinedine Zidane che, da quando si è seduto sulla panchina dei “merengues”, non ha praticamente sbagliato un colpo, portando a casa in successione Champions League, Supercoppa Europea e Mondiale per club.
Più che dal punto di vista del gioco, Zizou ha operato dal punto di vista psicologico ricompattando uno spogliatoio in cui le fratture e le incomprensioni erano all’ordine del giorno, considerando il livello medio di egocentrismo. Con tutti a remare dalla stessa parte, i blancos sono tornati ad essere il club più titolato del mondo a livello internazionale e Zidane ha praticamente vinto già quanto Ancelotti: adesso gli manca solo una Copa del Rey per eguagliare il suo mentore.
In più il Real, che è primo nella Liga davanti a Barcellona e Siviglia, non perde dal 9 aprile. Da quel 4-0 con l’Eibar i “merengues” sono in striscia da ben 37 partite, in cui hanno vinto 28 volte e pareggiato 9, segnando 105 gol e subendone 34. Zidane non avrà ancora dimostrato di essere un fine stratega dal punto di vista tattico, ma ha battuto il record di Leo Beenhakker che resisteva dal 1988/89.
Siviglia
Come succede ormai da tre anni a questa parte, il Siviglia si è portato a casa l’Europa league, un torneo che ultimamente è diventato fin troppo prevedibile: nessuno era mai riuscito a vincere tre Coppe Uefa/Europa League consecutive prima della squadra di Emery. Non solo: la rimonta in finale sul Liverpool, grazie alla rete di Gameiro e alla doppietta del capitano Coke, è valsa il quinto trionfo andaluso su cinque in una finale europea, altro invidiabile primato.
Ma dopo l’incredibile tris, valso anche la qualificazione alla Champions League, il Siviglia ha attraversato un periodo di profondo rinnovamento: se ne è andato Emery, che ha firmato per il PSG e se ne sono andati diversi degli uomini simbolo dei recenti trionfi, da Banega a Gameiro, da Krychowiak a Coke.
Insomma la squadra è stata letteralmente smembrata come spesso succede alla fine di un ciclo vincente, ma non sono mancati nemmeno gli investimenti in uscita, a cominciare da quello sull’allenatore, Jorge Sampaoli. L’ex CT del Cile e il direttore sportivo Monchi hanno ricostruito la squadra acquistando giocatori magari un po’ fuori dai radar del calcio che conta (solo per citarne tre Nasri, Ganso e Vazquez), ma tutti estremamente tecnici e funzionali ad un progetto ambizioso come quello del tecnico argentino, il cui hype cresceva dopo ogni colpo di mercato.
La rivoluzione sampaolista ha richiesto un’estate di applicazione ma sta già dando i suoi frutti: se per quest’anno il Siviglia non competerà per la vittoria finale in Europa League, i tifosi andalusi saranno comunque contenti di potersi giocare l’ottavo di Champions con il Leicester e di essere finalmente competitivi in Liga, dove la squadra è terza a 4 punti dalla capolista Real Madrid.