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Le più assurde polemiche del 2016
03 gen 2017
Quanto ci piace litigare.
(articolo)
13 min
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Oscar Wilde diceva che la società contemporanea aveva sostituito gli strumenti di tortura con la stampa. Le cosiddette polemiche sono la piazza in cui la collettività si riunisce per insultare e sputare alle streghe destinate al rogo: il pubblico ne ha bisogno per escludere o difendere l’oggetto della polemica tanto quanto i giornali, che invece le cavalcano per vendere più copie o click possibile. Il 2016, con l’affermazione della società post-fattuale e la tirannia moralizzatrice dei social media, non ha ovviamente fatto eccezione e, anzi, ha forse prodotto più polemiche di quante ne avessimo mai viste. Ho provato ad estrarre il meglio dal peggio classificando le migliori dieci.

10. L’aereo del Milan che non arriva

La cosa molto utile delle polemiche è che chiunque le può utilizzare a proprio favore, anche quando le motivazioni sono di dubbia rilevanza scientifica. Quando il volo charter che doveva portare il Milan a Doha per la Supercoppa italiana è rimasto bloccato a Londra per problemi tecnici, facendo slittare il volo di 24 ore, il primo che ci ha provato è stato ovviamente Galliani, grande esperto di metereopatia: «Abbiamo subito un gravissimo danno sportivo. La Juventus è già tranquilla al caldo, domani si allenerà con venti gradi in più di quelli che ci sono a Milanello, mentre noi arriveremo di notte e là potremo fare solo la rifinitura della vigilia».

Le dichiarazioni di Galliani hanno riaperto un dibattito tabù a lungo taciuto: è meglio allenarsi col caldo o col freddo? È meglio arrivare con grande anticipo o a ridosso della partita? Marco Nosotti ha provato a fare il brillante ribaltando il punto di vista dell’amministratore delegato del Milan: «Galliani ha voluto mettere pressione agli organizzatori, denunciando un intoppo non causato dal Milan. Penso anzi che i rossoneri possano trarne vantaggio poiché si sono allenati un giorno in meno al caldo torrido asiatico e un giorno in più al fresco dell’Italia».

Visto che in ogni caso la questione climatica stava pendendo sempre più pericolosamente dalla parte del Milan, la Juventus ha deciso di ridimensionarla citando gli effetti benefici di arrivare a ridosso della partita. Secondo Allegri, ad esempio, il guasto tecnico all’aereo «li deresponsabilizza e li fa ancora più arrabbiati». Ma il più fine rimane comunque Marotta che, con la solita abilità nel dire cose assurde con la massima serietà, chiude la discussione tirando fuori non meglio precisati studi scientifici: «Noi abbiamo rispettato il programma indicatoci. Non penso che arrivare 24 ore prima o dopo cambi molto, anche perché la differenza climatica non è così enorme. Anzi, secondo alcune teorie moderne è meglio arrivare vicino al giorno della partita».

9. Il VAR che concede rigori

C’era un tempo in cui pensavamo che la tecnologia ci avrebbe liberato dalle polemiche arbitrali. Il 2016, invece, ci ha fatto capire che le discussioni sugli arbitri sono talmente intrecciate al nostro modo di vivere il calcio che persino l’apparente obiettività della tecnologia può essere oggetto di polemica.

Il Mondiale per Club è stato il primo palcoscenico del Processo di Biscardi 2.0 globale. Il tutto è iniziato nelle semifinali, durante Kashima Antlers-Atletico Nacional, quando l’arbitro ha interrotto l’azione dal nulla per assegnare un rigore alla squadra giapponese su un calcio di punizione tirato quasi un minuto prima. Dalle immagini è chiaro che il rigore sia netto, ma siamo sicuri che non ci sia comunque qualcosa da discutere?

Dopo la partita, il Nacional ha reso pubblica un fermo immagine in cui si vede Nishi, il giocatore che ha subito il fallo da rigore, in evidente posizione di fuorigioco poco prima di essere atterrato. A continuare lo sliding doors moviolistico ci hanno poi pensato i commentatori. Paolo Casarin, per esempio, ha dichiarato: «L’episodio del rigore è positivo: decisione finale giusta. Però teniamo conto che dal fallo in area al pallone sul dischetto sono passati oltre 2 minuti con il pallone in gioco, malgrado la rapida lettura di Kassai. E se durante il minuto e mezzo fosse nato un gol, si doveva annullare?».

È forse da questo tipo di elucubrazioni da Ritorno al Futuro che è nata l’indecisione di Enrique Caceres, arbitro dell’altra semifinale tra Real Madrid e Club América, che, come in un bug di PES, ha prima convalidato, poi annullato ed infine convalidato di nuovo un gol a Cristiano Ronaldo. Un’interruzione del trionfo inaccettabile per gli standard dei “galacticos" che ha portato Modric a dire: “Questo non è calcio”.

8. Le avversarie della Juve che si scansano

Una delle tante brutte abitudini dei giornali italiani è quella di inventare i virgolettati non citando le fonti. Celebre, quest’anno, quello di Buffon riportato dalla Gazzetta dopo il brutto pareggio in casa con il Lione, “parola più, parola meno”, come si legge: «Ragazzi, così non si va da nessuna parte. In Italia vinciamo perché gli altri si scansano, ma in Europa non succede e non succederà. In Italia le uniche due squadre che non si sono scansate ci hanno battuto. Serve più personalità, più grinta, più voglia di aiutarsi, altrimenti ci complicheremo la vita in campionato e soffriremo in Champions».

Al di là della retorica discutibile da libro cuore, è notevole l’utilizzo del verbo “scansare”, esattamente quello che utilizzano i complottisti per indicare il presunto atteggiamento remissivo degli avversari della Juve in campionato. Un utilizzo, infatti, poi successivamente approfondito dal quotidiano per indicare la «scarsa convinzione di vittoria da parte di altre squadre quando queste affrontano la Juve, a causa di una superiorità dei bianconeri che spesso viene inconsciamente riconosciuta dagli avversari».

Ma quindi è vero che gli avversari della Juve si scansano, o no? Non lo sapremo mai, ma grazie alla successiva “inchiesta” di Dagospia adesso abbiamo anche il dubbio che forse è stato Lichtsteiner la fonte del virgolettato probabilmente inventato da Gazzetta.

7. Harry the Hornet che è fuori luogo

Harry the Hornet è un calabrone ed è anche la mascotte del Watford. È una delle più conosciute mascotte della Premier League, a dire la verità, perché rimane a bordo campo non solo prima ma anche durante le partite e a volte la si vede esultare insieme ai giocatori del Watford dopo un gol.

Ma persino Harry the Hornet può fare qualcosa di sconveniente. Dopo l’ultima partita di campionato contro il Crystal Palace, appena presa in gestione dal redivivo Sam Allardyce, Harry ha infatti preso in giro Wilfried Zaha per aver simulato in partita. Così Harry, con il sarcasmo che per la verità lo contraddistingue da sempre, al passaggio del giocatore ivoriano ha fatto finta di inciampare e cadere a terra.

Non vi sembra fuori luogo? Beh, forse a voi no, ma a Sam Allardyce, che di cose fuori luogo è un esperto, sicuramente sì. «Deve essere il Watford a sistemare la cosa», ha detto Allardyce dopo la partita «La Premier League e la FA possono guardare quello che è successo e fare quello che vogliono». Speriamo che il 2017 ci porti una giustizia sportiva più attenta e mascotte più sobrie.

6. Higuain che non doveva essere squalificato per tre giornate

Anche la scorsa Serie A è stata ovviamente segnata, se non addirittura decisa, da una polemica, quella relativa all’espulsione e successiva squalifica di Higuain per tre giornate per aver messo le mani sull’arbitro durante Udinese-Napoli.

Le polemiche sul funzionamento della giustizia sportiva sono un vero topos letterario in Italia, cicliche e ripetitive come le stagioni. Alla pubblicazione della squalifica, di solito sproporzionatamente severa (inizialmente la squalifica di Higuain era di quattro giornate, poi ridotte a tre), c’è un primo moto di indignazione da parte dei tifosi del giocatore preso in esame. All’indignazione segue la reazione: cioè la rassegna di tutti gli episodi simili non sanzionati del passato (nel caso particolare il faccia a faccia tra Bonucci e Rizzoli di poche settimane prima). Questa rassegna, poi, viene a sua volta contestata dai tifosi delle squadre avversarie (soprattutto di quelle che sono in concorrenza diretta con la squadra in questione per un qualche obiettivo), che citano letteralmente parti del regolamento per affermare che in realtà la squalifica è giusta. Il tutto, infine, si chiude con la rissa.

L’unico a non aver capito questo meccanismo allora fu Tacchinardi, che prima difese Higuain e poi fu costretto a ritrattare. Ma la cosa che fa veramente ridere, oggi, è che i tifosi del Napoli organizzarono un flash-mob per l’attaccante argentino in cui comparse anche una bandiera del Regno delle due Sicilie.

5. Müller che dovrebbe rispettare San Marino

Nell’anno in cui l’era Blatter si è definitivamente chiusa, un dibattito sulla sua eredità, cioè una FIFA che ha incluso più stati dell’ONU e in cui piccole e grandi federazioni sono messe sullo stesso piano, sarebbe forse necessario. Ma perché entrare nel merito di questioni noiose e complesse quando si può accendere una polemica basata sul radicato sentimento antitedesco?

È quello che deve aver pensato Alan Gasperoni, responsabile dell’ufficio stampa del Comitato Olimpico di San Marino e uomo dalla pagina Wikipedia incredibilmente dettagliata, quando ha letto le dichiarazioni di Thomas Müller, che aveva dichiarato che «partite come quella contro il San Marino non hanno nulla a che fare con il calcio professionistico».

La risposta di Gasperoni a Müller è divisa in dieci punti ragionati e sobri, come questo: «[San Marino-Germania] È servita a farmi capire che anche se vestite il modello più bello di divise dell’Adidas sotto sotto siete sempre quelli che mettono i calzini bianchi sotto i sandali». Questo post su Facebook, come si legge nella pagina Wikipedia del responsabile stampa sammarinese, è finito su tutti i media internazionali ed è stato tradotto in giapponese, arabo e russo. Il commento con più like è un meme con scritto: “92 minuti d’applausi”.

4. Spalletti che è un piccolo uomo

In quella lunga e complessa serie televisiva che è la Roma, il 2016 è stato più che altro la stagione del rapporto tra Totti e Spalletti. Quando tutti pensavano che si fosse conclusa con il rinnovo del numero dieci giallorosso, però, la casa di produzione ha deciso di stupire tutti con uno spin-off su un personaggio secondario degno di Better Call Saul: Ilary Blasi.

Il 26 settembre, il giorno prima del 40esimo compleanno di Totti, la Gazzetta dello Sport usciva con la famosa intervista in cui Blasi definiva Spalletti un piccolo uomo. Un’idea geniale soprattutto perché uscita fuori totalmente dal nulla: «Ancora non so che cosa comperargli [come regalo di compleanno]. Ogni anno è una tragedia. Magari je faccio la busta coi soldi... Innanzitutto si ritroverà questa intervista sulla Gazzetta. Lui non sa niente e io non glielo dico. Mi raccomando, scrivete che è tutta farina del mio sacco».

Ancor più geniale, però, la risposta dell’allenatore della Roma, machiavellicamente ricamata sugli auguri di compleanno a Totti, che poi si è ritrovato costretto ad intervenire per far rientrare la situazione. Chissà, forse, in privato, Ilary Blasi avrà utilizzato proprio le parole di Mia Martini per scusarsi con suo marito: «Aria di pioggia su di noi; E tu non mi parli più cos’hai; Certo se fossi al posto tuo; Io so già che cosa mi direi; Da sola mi farei un rimprovero; E dopo mi perdonerei».

3. Icardi che scrive libri a 23 anni

«Sono pronto ad affrontarli uno a uno. Forse non sanno che sono cresciuto in uno dei quartieri sudamericani con il più alto tasso di criminalità e di morti ammazzati per strada. Quanti sono? Cinquanta, cento, duecento? Va bene, registra il mio messaggio, e faglielo sentire: porto cento criminali dall’Argentina che li ammazzano lì sul posto, poi vediamo».

Per quanto bellicosa e violenta possa sembrarvi questa dichiarazione, una delle cose che ha scandalizzato di più della polemica che ha coinvolto Icardi quest’autunno è stato che un ragazzo di soli 23 anni pubblicasse un’autobiografia. E non solo dai media, che pure sono rimasti scossi dalla questione. In questo pezzo, ad esempio, si legge: «Ma cosa ha combinato Icardi? Semplicemente all’età di 23 anni ha deciso di pubblicare un’autobiografia».

È anche una delle prime cose notate da Piero Ausilio, la prima volta che l’hanno interpellato sul problema: «Ci siamo confrontati prima della partita, lo faremo anche domani e prenderemo la decisione migliore. Io pensavo che a 23 anni non si potesse fare un'autobiografia, lo sto scoprendo adesso». Persino la Curva Nord, nel suo comunicato, sembra indignata: «È una situazione strana, grottesca, ridicola. Autobiografia di un ragazzo di 23 anni. Già questo dà da pensare».

Chissà che reazione si aspettava Icardi quando autorizzava la pubblicazione di quel passaggio della sua autobiografia sui capi ultras della squadra per cui gioca.

2. Pellè che non dovrebbe più giocare per la nazionale

Dall’Europeo francese ad oggi, Graziano Pellè ha fatto una serie di cose imperdonabili e non compatibili con i valori rappresentati dalla Nazionale italiana, come: mimare un cucchiaio e poi tirare un rigore normale, accettare una buona offerta di lavoro e non stringere la mano al proprio allenatore dopo una sostituzione. Peccati capitali che hanno autorizzato i giornali a rendere notiziabili anche gli insulti dei tifosi sotto i suoi selfie su Instagram.

Pellè è stato il nome su cui riversare i nostri due minuti d’odio estivi e questo ha molto a che fare anche con i soldi che guadagna. Persino Ventura, appena insediato, si chiedeva se l’attaccante salentino avesse ancora fame dopo essersi trasferito nel campionato cinese e anche dopo le sue scuse per la stretta di mano mancata insisteva: «Gli auguro di aver capito, ma lo dico più per lui che per me. Penso a storie di talenti per i quali i soldi hanno inciso negativamente. Come quando uno vince al Superenalotto e si rovina la vita».

Probabilmente non rivedremo più Pellè in nazionale, nonostante si sia sempre scusato anche quando non ce n’era davvero bisogno. E questo dice molto più su di noi come persone, che su di lui come calciatore.

1. Mancini che è gay

Utilizzare “frocio” o “finocchio” con intento offensivo nei confronti di qualcuno è omofobo solo se quel qualcuno è realmente gay. È questa la conclusione a cui arrivò la giustizia sportiva dopo aver attentamente analizzato il caso Sarri-Mancini, la prima grande polemica del 2016.

D’altra parte era una conclusione scontata per come erano andate le cose. Sarri, subito dopo la partita, aveva dichiarato di aver detto la prima offesa che gli era venuta in mente, «gli avrei potuto dire democristiano». Una frase presa sul serio solo dai veri democristiani, ovviamente, che presentarono un esposto al Procuratore capo di Palermo: «Non vi è dubbio che il comportamento di Sarri abbia di fatto leso l’appartenenza a colori i quali si riconoscono nella Democrazia Cristiana, oltre che a tutti i cittadini che comunque ne riconoscono la valenza sociale, politica e culturale».

E così, l’obiettivo della polemica è passato da dibattere se Sarri fosse omofobo o meno a scoprire se Mancini fosse veramente gay. In un articolo molto condiviso e apprezzato, ad esempio, si legge: «Se riuscirai a capire cioè che Mancini è insieme una persona offesa, che forse si è dovuta nascondere una vita, ma che in questa occasione sta facendo il paraculo perché vuole danneggiare e destabilizzare un concorrente diretto, io trovo che questa sia una comprensione migliore della realtà».

La certezza poi è arrivata con la notizia pochi giorni dopo dell’assegno da 40mila euro mensili di mantenimento che Mancini avrebbe dovuto alla ex moglie, spacciata dai giornali come “Mancini si separa”. Lo sapevamo, d’altra parte, che era tutta una copertura. Alla fine le polemiche a questo servono: a confermare quello che già sappiamo.

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