La Juventus batte l’Inter per 3-2 e conquista l’intera posta grazie a un finale di partita che stavolta, contrariamente alle ultime volte, le sorride. È stata una partita frammentata, giocata sui nervi, di conseguenza non una bella partita sul piano dei contenuti tattici e tecnici, il cui sviluppo oltretutto è stato orientato dalle scelte dell’arbitro. Spalletti e Allegri hanno guidato i loro uomini attraverso la tempesta, mostrando però dei limiti nella loro capacità decisionale in una situazione di forte stress emotivo: Inter-Juve è una partita che va scomposta e riletta per riuscire a comprenderla fino in fondo.
Parte I: con le squadre in 11 contro 11
Spalletti e Allegri hanno sciolto le riserve sui rispettivi dubbi di formazione un’ora prima del calcio d’inizio. L’Inter è scesa in campo con Vecino al fianco di Brozovic, preferito a Borja Valero per contrastare la fisicità del centrocampo juventino e prediligere il controllo degli spazi davanti alla difesa. Nella Juventus Cuadrado ha trovato posto come terzino destro nella linea a quattro, completata da Rugani, Barzagli e Alex Sandro.
Per quanto riguarda la strategia difensiva delle due squadre, entrambe hanno cercato di ostacolare la prima impostazione dell’avversario, pur partendo da assetti differenti. L’Inter si muoveva dal 4-2-3-1 tenuto in fase di possesso al 4-4-2, con Rafinha che si alzava ad affiancare Icardi nella pressione ai due centrali bianconeri. Alle loro spalle, a seconda del movimento della palla, l’ala dal lato forte prendeva il terzino sulla sua fascia; quella sul lato debole, invece, stringeva verso la mezzala avversaria, con Pjanic marcato da Vecino.
In questa configurazione, la Juventus ha avuto qualche difficoltà nella costruzione del gioco e ha dovuto appoggiarsi spesso su Buffon, come già accadde contro il Napoli, costretto al lancio lungo nella zona di Mandzukic e Alex Sandro.
Sono bastati solo 5 minuti di gioco perché i nerazzurri venissero meno alle consegne. Rafinha più basso rispetto ad Icardi, e il resto della squadra ancora più lontano, consentivano alla Juventus di avvantaggiarsi di una situazione di tre contro due dal lato della palla, che le ha permesso di risalire il campo più facilmente.
Dal punto di vista offensivo, anche, gli intenti delle due squadre sono stati abbastanza chiari da subito. All’Inter il possesso palla orizzontale tra i quattro difensori era mirato a liberare uno tra Candreva e Perisic ai lati di Pjanic, approfittando di un eventuale scivolamento laterale lento delle linee bianconere.
Nei minuti che hanno preceduto il gol di Douglas Costa, l'Inter ha avuto una predominanza nel possesso palla, anche se questa non si è concretizzata in uno sviluppo offensivo (sono stati solo 6 i passaggi completati con successo negli ultimi 30 metri). La catena di sinistra si è rivelata particolarmente efficace e Perisic e D’Ambrosio sono stati, in questa fase della partita, gli uomini più coinvolti in campo (rispettivamente 15 e 16 passaggi ricevuti).
Da parte sua la Juventus pensava a scaglionare gli uomini nelle diverse zone di campo per creare una crisi decisionale nella difesa dell’Inter. Soprattutto dal lato di Cancelo, la posizione più interna di Mandzukic doveva favorire il sovraccarico da parte di uno tra Matuidi e Alex Sandro, ponendo dei dubbi al terzino interista, il centrale difensivo più vicino e il centrocampista da quel lato.
Questa è stata la condizione che ha permesso alla Juventus di avere la prima occasione della partita, quando Mandzukic, da solo oltre il secondo palo, ha messo pericolosamente in mezzo di testa il cross teso di Cuadrado. E ha anche permesso alla Juventus di passare in vantaggio, con Douglas Costa che si è trovato dalla parte di Mandzukic dopo gli sviluppi di un corner.
Sul calcio d’inizio successivo alla rete del brasiliano, una palla persa da Cancelo, riconquistata da Miranda, ma a sua volta appoggiata male verso Vecino, ha portato il centrocampista uruguaiano all’intervento giudicato prima da giallo e poi da rosso da Orsato. Va detto che sia nell’occasione della rete che in quella dell’espulsione l’arbitro è ricorso al VAR, cosa che ha probabilmente reso ancora più tesa l'aria: altre decisioni arbitrali contestate sono state un contatto in area tra Skriniar e Higuain, il primo giallo a Pjanic per alcuni esagerato, il secondo giallo mancato a Pjanic, per altri necessario: detto di questi "bivi" decisi da Orsato, la partita in campo ha continuato a cambiare per ragioni tattiche e tecniche.
Parte II: il potere alla Juve
Dopo l’espulsione l’Inter si è sistemata in campo con il 4-4-1, nel quale Rafinha si è abbassato per prendere lo slot che era di Vecino. Spalletti ha chiesto ai suoi di tenere le linee strette sia in orizzontale che in verticale, allo scopo di proteggere il centro del campo davanti all’area di rigore, e lasciare così alla Juventus solo lo sfogo sulle fasce laterali.
La squadra di Allegri, anziché uccidere la partita e le residue speranze dei nerazzurri cercando il raddoppio, è andata in modalità gestione: ha rallentato la circolazione del pallone, ha ridotto via via i cambi di gioco che avrebbero potuto scoprire l’Inter molto compatta in zona palla e annullato i movimenti senza palla a favorire la scelta del portatore. Dall’espulsione di Vecino alla fine del primo tempo, la Juventus ha tirato 5 volte verso la porta di Handanovic, tanti tentativi quanti ne ha fatti l’Inter nello stesso periodo, pur in inferiorità numerica. Delle 5 conclusioni, una sola è stata presa dall’interno dell’area di rigore (un colpo di testa di Matuidi fuori equilibrio, finito alto) e nessuna di queste ha centrato lo specchio della porta.
L’Inter, infatti, ha trovato un buono sviluppo offensivo grazie alla posizione accentrata di Perisic e Candreva, in una sorta di 4-2-2-1, nel quale l’italiano poteva abbassarsi per aiutare la squadra a superare il centrocampo avversario, ricevendo palla nei mezzi spazi, mentre il croato saliva per affiancare Icardi.
In qualche modo la Juventus ha agevolato l’Inter con la sua passività, mantenendo lo stesso atteggiamento tattico di inizio partita, con il 4-3-3 che in fase di non possesso mutava nel 4-5-1, grazie all’abbassamento di Mandzukic e Douglas Costa. Per esempio, se Allegri avesse considerato di difendersi col 4-4-2, chiedendo a Mandzukic di affiancare Higuain e a Matuidi di scivolare sull’out sinistro, avrebbe messo in ambasce Spalletti, che a sua volta avrebbe dovuto decidere se accettare il due contro due tra gli attaccanti della Juventus e i centrali dell’Inter, o se coprirsi di più.
Parte III: l’Inter in vantaggio
Con l’Inter in svantaggio, all’intervallo Spalletti si è assunto la responsabilità del primo cambio tattico della partita. I nerazzurri sono tornati in campo con un centrocampo a rombo, nel quale Brozovic ne era il riferimento basso, Rafinha il vertice alto, Candreva e Perisic le mezzali.
Questa mossa aveva due scopi: il primo era mantenere la compattezza al centro del campo in fase di non possesso; il secondo era riportare Perisic nella zona di Cuadrado, elemento debole della difesa bianconera anche perché già ammonito. Allegri non ha reagito al cambio di Spalletti e il centrocampo juventino, appiattito in una linea da cinque, ha perso i riferimenti su quello interista.
Dall’inizio del secondo tempo fino all’autorete di Barzagli, che è valsa il momentaneo vantaggio interista, i nerazzurri hanno dominato il controllo del pallone, con la percentuale di possesso che è stata del 60%, in dieci contro undici. Completamente in balia degli avversari, gli juventini hanno commesso tanti errori tecnici (la percentuale di passaggi riusciti è crollata dal 92% del primo tempo al 82%) e soprattutto sono stati incapaci di recuperare il pallone per imbastire una loro azione offensiva (2 recuperi palla per i bianconeri, tanti quanti l’Inter in inferiorità numerica).
Nel mezzo c’è stato il gol del pareggio firmato da Icardi, ed è curioso notare che l’argentino, uno specialista dei colpi di testa, non è stato preso in consegna da un difensore sul calcio di punizione, ma è stato lasciato tra Mandzukic e Higuain. Dettagli che possono costare gli sforzi di un’intera stagione.
In possesso palla, la Juventus ha diviso male gli spazi. Nell’azione raffigurata nell’immagine, si vede Higuain scattare verso la profondità, anche se è già al limite dell’area di rigore e lo spazio tra sé e Handanovic è davvero poco per poter controllare un eventuale spiovente. Alle spalle dell’argentino, nessuno detta il passaggio a Pjanic andando ad occupare lo spazio che si è liberato tra le linee sul giro palla.
Allegri non solo ha temporeggiato su un eventuale cambio d’assetto, ma non è nemmeno intervenuto sui singoli. Mandzukic, chiaramente debilitato dall’intervento di Vecino del primo tempo, ha commesso il fallo che ha portato all’azione del pareggio siglato da Icardi. Cuadrado, caricato dall’ammonizione, era impossibilitato dal limitare l’azione di Perisic, che nel secondo tempo è diventato un fattore determinante (l’autogol di Barzagli è conseguenza di un suo cross). L’ingresso di Dybala, e il conseguente passaggio al 4-2-3-1, avvenuto quattro minuti prima del 2-1, è stato deciso nella logica di aumentare il tasso tecnico in campo e le opportunità offensive, quasi in maniera esogena rispetto a quello che era lo sviluppo tattico della gara in quel momento.
L’Inter ha compiuto uno sforzo enorme ma è riuscita a ribaltare il banco. Avrebbe potuto essere premiata ulteriormente, quando a Icardi, solo davanti a Buffon, è mancato un passo di corsa per mettere dentro il pallone del 3-1. L’Inter avrebbe anche potuto giocare l’ultima fase della partita di nuovo in parità numerica, se l’arbitro avesse deciso di comminare la seconda ammonizione a Pjanic.
Parte IV: la rimonta della Juventus
Subito dopo il gol del 2-1, Allegri ha piazzato il suo secondo cambio, sostituendo Mandzukic con Bernardeschi e allargando Douglas Costa sulla fascia sinistra, con compiti da ala pura. Il pallino del gioco è passato di nuovo dai nerazzurri ai bianconeri: da un lato, la Juventus ha iniziato a trovare qualche ricezione tra le linee in più, grazie a Dybala e a Bernardeschi; dall’altro, l’Inter ha iniziato a pagare lo sforzo fisico (la prima sostituzione di Spalletti è arrivata solo al 81').
Proprio da una ricezione di Dybala davanti alla difesa nerazzurra è nato il gol del 2-2 della Juventus. L’argentino scambia il pallone con Cuadrado, che si butta nella cuore della difesa dell’Inter, Santon ne perde le tracce, e il cross di Cuadrado dalla linea di fondo intercetta il piede di Skriniar e finisce alle spalle di Handanovic.
Nei minuti precedenti al gol, l’Inter si era schiacciata fino a difendere il limite dell’area di rigore con una linea da sei. Le poche speranze di risalire il campo e di impensierire la Juventus sono state eliminate dalla sostituzione di Icardi con Santon, avvenuta al 85'. L’idea iniziale di Spalletti, almeno da quello che si è capito dalle riprese televisive, era di sostituire Perisic, che ormai era di fatto il terzino sinistro della squadra, spinto in basso da Cuadrado. Spalletti ha concesso ulteriore tempo-partita al croato che, pare, avesse rifiutato il cambio. Con Perisic in posizione di centravanti, l’Inter ha perso ogni riferimento offensivo e ha concesso un’intera metà campo alla Juventus.
Il gol della vittoria è arrivato sugli sviluppi di un calcio di punizione, un’azione molto simile a quella concretizzata da Icardi nel primo tempo. La punizione è stata guadagnata da Bernardeschi su Cancelo, ma in precedenza Dybala aveva aperto il gioco sulla sinistra dopo aver saltato in dribbling Borja Valero e Brozovic, nonostante fosse spalle alla porta.
Sulla punizione, Higuain parte staccato dalla linea interista, appostata sul limite dei sedici metri. Nella ricorsa verso la porta, Miranda perde il contatto con l’attaccante argentino, che gli scivola alle spalle; Santon, che può vederlo davanti a sé, non è abbastanza veloce da frapporsi tra l’attaccante e la porta.
L’Inter ha visto svanire una vittoria dieci contro undici che sarebbe stata leggendaria e il rammarico più grande per i nerazzurri è quello di non essere più artefici del proprio destino nella corsa per la Chiampions League, neanche vincendo eventualmente lo scontro diretto con la Lazio all’ultima giornata. I biancocelesti, vittoriosi a Torino, hanno portato a 4 i punti di vantaggio e faranno di tutto per non sprecarli contro Atalanta e Crotone nelle prossime due settimane.
La Juventus torna da San Siro con i tre punti, ma è l’unica buona notizia della serata. Sembra che dal momento in cui l’arbitro Oliver ha fischiato il rigore a Madrid nella Juventus le certezze abbiano iniziato a crollare. I bianconeri sembrano aver perso la loro più grande qualità: quella forza mentale, granitica e costante sull’intero arco dei 95 minuti di gioco, che li portava ad avere grande controllo della partita e degli avversari, addirittura scegliendo di avere maggior presa sulla palla o sugli spazi, o di aggredire alti o sedere bassi, a seconda dei momenti.
In una partita tesa, confusa e grandemente dilatata (102 minuti in tutto), sabato a San Siro, per la prima volta da quando è alla Juventus, Massimiliano Allegri è sembrato incerto di fronte alle difficoltà della sua squadra. Nel dopo-partita, Allegri ha ribadito il concetto che gli è più caro, che nel calcio i giocatori contano più degli schemi e che nelle fasi decisive di un campionato, per i giocatori la tecnica individuale conta più della testa, che a sua volta conta più delle gambe.
Forse Allegri ci sta dicendo che nei momenti di massimo stress, fisico, mentale e emotivo, i giocatori si affidano a ciò che hanno di più istintivo, si affidano al gesto tecnico che hanno interiorizzato in anni di addestramento. Ma non è forse vero che attraverso l’allenamento è possibile introiettare anche un’organizzazione di gioco che funzioni da salvagente nelle situazioni di crisi?
È un argomento che può aprire un dibattito culturale, persino filosofico, sul quale si potrebbe discutere per anni senza giungere ad alcuna conclusione definitiva. Allegri ha comunque dimostrato in questi anni di essere maestro delle letture a gara in corso, e i risultati sono dalla sua parte, indipendentemente se vincerà o no questo titolo.
Molti ricorderanno il monologo iniziale di Match Point, film di Woody Allen del 2005: «Chi disse: "Preferisco avere fortuna che talento", percepì l'essenza della vita. La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita. Terrorizza pensare che sia così fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no e allora si perde».
Sabato sera, la pallina è saltata sul nastro e, dopo aver fluttuato in aria per un po’, è ricaduta nel campo del Napoli. La Juventus adesso ha il match point, ma deve essere in grado di trasformarlo.