«Quando Aitana segna non è mai banale» è un pensiero che mi capita spesso di fare. E per quanto sia errato nel principio – ci sarà stata una volta, anche solo una, in cui ha fatto un gol facile, magari all’età di 6 anni – rimanda a un fatto semplice, tutto sommato: vedere Aitana giocare è uno spettacolo tra i migliori possibili nel calcio femminile di oggi.
Aitana Bonmatí Conca, catalana da sempre e nelle fila del Barcellona femminile fin dalle giovanili, è la calciatrice che l’anno scorso ha tenuto a galla la Spagna dopo l’infortunio di Alexia Putellas, arrivato giusto alla vigilia degli Europei. Quella di Putellas, non è stata una privazione solo tecnica ma anche un dolore sentimentale: la capitana che non poteva giocare, nella prima e importantissima occasione in cui la Spagna vedeva un riscatto veloce, dopo che il Barcellona (che è quasi tutto della Nazionale) aveva malamente perso la finale di Champions League contro il Lione. In quell’occasione Alexia Putellas, Aitana Bonmatí e Jennifer Hermoso, su tutte, giocarono una pessima gara: si trattò di uno dei punti più bassi della stagione come collettivo, in cui le poche idee, la scarsa convinzione, la quasi totale assenza di determinazione, consegnarono alle avversarie il trofeo, e al pubblico sugli spalti, per la maggior parte accanto alla squadra catalana, un vero e proprio dolore: una delle migliori idee platoniche del calcio femminile che non riesce a esprimersi, e anzi si spezza.
Due mesi dopo, il 5 luglio 2022, un giorno prima dell’inizio dell’Europeo, si aggiunge all’infortunio al ginocchio di Jennifer Hermoso quello del legamento crociato di Alexia Putellas, e di nuovo quel dolore si fa vivo: due legamenti fanno una croce e se uno dei due si rompe si ferma il gioco, si ferma lo scambio, si ferma il movimento. All’esordio della competizione, la Spagna vince 4-1 contro la Finlandia rimontando l’1-0 iniziale; ci accorgiamo che Alexia guarda la partita seduta, esulta, applaude con il pass tecnico attaccato al collo, i capelli non sudati e lunghi sulle spalle e una gamba stesa a occupare più posti del dovuto. Dopo i gol, le sue compagne la cercano, mimandole cuori dal campo, dedicandole i momenti di riscatto. Non sono esultanze normali: sono più grintose, hanno più potenza, sono cariche di una miccia impalpabile.
In ogni scatto di di quella partita, non soltanto per l’esultanza del suo gol, Aitana è presente, come lo è per ogni minuto giocato a partire dal gol della Finlandia: a fine gara, la statistica dice 32 tiri di cui 13 in porta per la Nazionale spagnola e quasi l’80% di possesso palla. Aitana si aggirava ora sulla tre quarti, ora più avanzata ai limiti dell’area piccola, sulla linea di attacco, occupava lo spazio, gestiva la rimonta, scioglieva le caviglie palla al piede, una costante sempre presente. Con Putellas fuori dal campo, era lei la sola certezza a cui aggrapparsi, fin dalla partita di esordio con la Finlandia.
Tutte le qualità di Aitana
Dal 21 maggio 2022 al 3 giugno 2023, da una finale all’altra di Champions League femminile, quindi, il Barcellona ha cambiato ogni cosa possibile sul campo. Ha ritrovato giocatrici preziose (una su tutte: l’attaccante nigeriana Asisat Oshoala) e non ha dato niente per scontato. Ogni partita, ogni momento è stato gestito con la massima cautela sul campo, quasi come se andasse preservato l’antidoto contro il dolore a cui si erano abituate. La finale del 2023 è stata combattuta, giocata da entrambe le parti al massimo e il Wolfsburg è riuscito a tenere vivo il gioco, non ha concesso al Barcellona una partita a senso unico. Ma il Barcellona ha vinto lo stesso.
Quel dolore vissuto dal Barça nel 2022 si è come dissolto tra i piedi di Aitana durante tutto il corso della stagione e ha trovato compimento in quel trofeo vinto: la sua Champions League è stata forse la migliore competizione giocata da Aitana fino a oggi e l’ha incoronata a pilastro della squadra – e per estensione della Nazionale – in modo definitivo. Un passo di danza dopo l’altro, Aitana ha consegnato il Barcellona alla vittoria, ogni volta più grande. Dalle partite dei gironi, sino alle fasi finali, la percezione è stata che la numero 14 catalana fosse riuscita a maneggiare il gioco con precisione e autorevolezza, non rinunciando mai al tocco, alla velocità, e anzi cercando di utilizzare o meno le accelerazioni a seconda del momento.
Aitana si muove con il tempo giusto e pensa allo stesso modo: trova il tiro di destro e di sinistro, il tacco e lo spazio per gli assist. Alla fine della stagione in Champions League è nominata Player of the season.
Tra le perle realizzate in Champions League, la più interessante è forse quella per il gol di Asisat Oshoala contro la Roma (al minuto 7:15 del video qui sopra): Aitana riceve in velocità sulla destra anticipando l’avversaria e capendo di avere il tempo e la corsa dalla sua accelera ancora, ma senza esagerare, i secondi che occorrono per gestire con precisione il tocco di palla per la compagna.
È un assist non rilevante da un punto di vista di punteggio, o per il momento della partita – il Barcellona gioca in casa ed è in vantaggio 3-0 – ma perché Aitana sfrutta ogni secondo dell’azione in modo perfetto. Da manuale. Come pure il gol che realizza contro il Benfica per il 3-0: una zona del campo diversa, una costruzione diversa. Stavolta si realizza una triangolazione in cui Aitana, quasi sulla linea di fondo vicina al calcio d’angolo destro, protegge la palla spalle alla porta e la appoggia ad Ana Maria Crnogorcevic, che a sua volta consegna la palla a Keira Walsh sulla trequarti. Nel frattempo Aitana si nasconde e le avversarie la dimenticano, pensando di aver chiuso bene lo spazio e di aver reso impossibile il passaggio a Aitana, che invece si prepara a ricevere fronte alla porta. Stoppa di petto e calcia di sinistro rasoterra.
Aitana Bonmatì è una calciatrice contemporanea, non solo perché ha 25 anni e ha iniziato a giocare a calcio quando in Spagna la rivoluzione tecnica e di preparazione atletica per il comparto femminile era già in corso, ma anche perché ha interesse nel capire come funzionano le cose sul campo. È una calciatrice preparata da un punto di vista atletico, che ha grande resistenza e che trova sempre il feeling con le compagne dalle doti più esplicitamente realizzative, che la lasciano rifinire le azioni, crearle, con la libertà di muoversi come preferisce.
Ma ciò che porta sul prato e mette a servizio delle compagne è anche la sua capacità di ragionare, di elaborare le informazioni. È divertimento il suo, ma oltre ai tocchi audaci e creativi comprende lo studio analitico: è una calciatrice che chiede di conoscere come funzionano i dati sulle performance di gara, perché si rende conto che non è solo una questione fisica. «Cerco di capire tutto, sono una persona curiosa», dice in una intervista rilasciata al New York Times dello scorso 6 giugno: «Più cose conosco, più posso applicare ciò che so».
Sembra tutto semplice: curiosità, conoscenza, divertimento e tecnica eccellente. E quando gioca con la Spagna, Aitana ci mette dentro qualcosa in più, visibile soprattutto nell’ultimo anno a partire dall’Europeo: un senso di costante responsabilità, di presa in carico della croce – metà della quale è rimasta ad Alexia Putellas, ancora fuori.
Leader di questa Spagna
Nell’ultimo anno di partite amichevoli e ufficiali con la Spagna, Aitana ha giocato spesso più avanzata. Quello che poteva mancare al Barcellona – Putellas e i suoi gol – nella Spagna è ancora più visibile: se il Barcellona può contare su Asisat Oshoala, Keira Walsh, Caroline Graham Hansen, Fridolina Rolfö, Geyse Ferreira, la Spagna non ha alternative di questo calibro e quando Alexia Putellas non c’è la squadra ne risente.
Al di là dell’esordio contro la Finlandia, all’Europeo scorso il cammino spagnolo è stato ricco di alti e bassi: la sconfitta con la Germania finalista (2-0: lo stesso giorno in cui Putellas si è operata al legamento crociato), la vittoria di misura contro la Danimarca e infine l’eliminazione ai quarti di finale contro le future campionesse dell’Inghilterra, alla vera resa dei conti. Momenti in cui la squadra si è sfilacciata, tornando a casa con la sensazione di essersi persa da qualche parte, tra l’infortunio di Alexia Putellas e gli atteggiamenti dello staff tecnico ritenuti abusivi da un punto di vista psicologico.
In estate quel dolore si è ingigantito ed è andato fuori controllo: le prime due partite di qualificazione al Mondiale 2023 sono state complicate, non tanto sulla carta (le avversarie erano Ungheria e Ucraina) quanto per il contesto: sono state le prime partite in cui le 15+3 giocatrici che hanno iniziato la contestazione contro lo staff non hanno giocato (ritorneranno solo a febbraio 2023). La squadra si è qualificata e si è presentata down under, non come favorita ma come una squadra in bilico, sulla soglia, in attesa di essere giudicata.
E nella prima partita di questo Mondiale ha affrontato il Costa Rica a Wellington. Aitana ha segnato il 2-0 e le avversarie sudamericane sembravano sforzarsi oltremodo per arginare la qualità di gioco delle spagnole (la partita poi è finita 3-0).
La numero 6 fa un gol dei suoi più classici: di sinistro, in pieno equilibrio sul piede d’appoggio, fino all’angolo dove Solera non può arrivare.
Il Costa Rica non era un avversario difficile, come lo Zambia battuto agevolmente nella seconda (5-0: Aitana ha giocato un’ora e poi è stata fatta riposare) ma quello che si dice di una qualsiasi competizione e che suona spesso come una giustificazione, e cioè che iniziare è sempre complicato perché entrano in gioco fattori imprevedibili, è comunque vero. La Spagna finalmente respira, si solleva dalle incombenze e lascia alle altre qualcosa da dimostrare: dopo l’anno appena trascorso – l’infortunio di Putellas, finalmente tornata in campo, ma non solo quello, c’è stata soprattutto la protesta dello scorso autunno di quindici giocatrici, che ritenevano l’allora allenatore Jorge Vilda inadeguato – sembra che il collettivo si sia ritrovato, ciascuna con la possibilità di fare al meglio ciò che il ruolo impone.
Ai Mondiali di Nuova Zelanda e Australia appena iniziati, la Spagna ha segnato 8 gol nelle prime due partite, senza subirne nessuno, ed è apparsa una squadra solida, brillante, tirata a lucido. Il dolore pare svanito e lascia spazio al divertimento più puro e creativo. La Spagna si ritrova nelle mani di Aitana, di nuovo, ma stavolta con consapevolezza, senza misure urgenti di salvataggio, solo per maturità e qualità. Solo perché così deve essere.
Quando Aitana segna o fornisce un assist a una compagna, persino quando lambisce la traversa con un tiro da fuori area, si ha la percezione di avere qualcosa che si è cercato a lungo e che, finalmente, è stato trovato. Ha forse a che vedere con la felicità, ciò che per definizione si cerca sempre e non si trova mai.