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La meravigliosa retrocessione del Lecce
03 ago 2020
Una squadra divertente e autolesionista, che non dimenticheremo.
(articolo)
17 min
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Sembra quasi che per contratto, o per una strana coincidenza, ogni anno in Serie A debba comparire una squadra feticcio. Una squadra a cui ci si affeziona per lo spirito incosciente, naif, con cui affronta la categoria. Lo scorso anno era l'Empoli, due anni fa era il Benevento, questa stagione è stato il Lecce, e la prossimo sarà forse di nuovo il Benevento, in un bizzarro avvicendamento di squadre straordinariamente simili. Due squadre del sud, verso cui è facile fare il tifo in un campionato molto sbilanciato nella rappresentanza della penisola; due squadre dai colori sociali identici e dalle divise uguali. Entrambe con un atteggiamento spregiudicato e autolesionista, zeppe di giocatori di culto e guidate da tecnici che non hanno paura di bruciarsi volando troppo vicini al sole.

Sono tanti i punti di contatto tra le due squadre: il Benevento di due anni fa arrivato in Serie A con Baroni, passato poi a De Zerbi, con in mezzo un calciomercato immaginifico; il Lecce di Liverani, meno confusionario, più coerente e dalle possibilità più che concrete di salvezza. In mezzo a tante similitudini è questa la grande differenza che ha separato le recenti stagioni di Benevento e Lecce: se per i sanniti la salvezza è stata sempre un miraggio, inseguito con gli slanci impossibili di Brignoli e con quelli goffi di Diabaté, per il Lecce a un certo punto la salvezza sembrava a portata di mano, e poi si è lentamente dissolta senza che ce ne rendessimo davvero conto. Il Lecce non ha mai attraversato una vera e propria crisi, ma è riuscito a perdere alcune partite decisive, e infine ha avuto la peggio contro quella che da qualcuno è stata definita “il Real Madrid degli scontri salvezza”, ovvero il Genoa. Il Lecce però è retrocesso anche per una serie di episodi goffi, paranormali, ai limiti dell’autosabotaggio. Se non si vuole credere alla sfortuna, allora è stato un suicidio.

Ma prima diamo uno sguardo al cast di questa splendida avventura.

Fabio Liverani

Comandante buono e un po’ goffo, con l’andare della stagione è lievitato assumendo contorni sempre più sferici. La sua aria paciosa sembra la diretta conseguenza del suo stile di gioco ambizioso e squilibrato. Inserito fra i giochisti nella finta battaglia tra risultatisti e giochisti, per questo già bruciato sull’altare del moralismo difensivo italiano. La retrocessione del suo Lecce è per molti la dimostrazione che non prendere gol rimane la cosa più importante se vuoi salvarti.

Fabio Lucioni

Soprannominato “Lo zio”, sembra avere molti più anni di quelli che ha in realtà. Il suo idolo è Zampagna, con cui condivide la città di provenienza e una somiglianza fisica che cresce giorno dopo giorno. Essendo passato per il Benevento, Lucioni conosce tutti i segreti di una retrocessione spettacolare tutta cuore e gioco offensivo. Nel momento topico della lotta per non retrocedere ha fatto il suo, segnando pur da difensore alcuni gol piuttosto pesanti - purtroppo anche nella propria porta. Insieme a Rossettini compone la classica coppia Straight Man/Wise Guy, con Lucioni nei panni di quello che fa battute zozze e Rossettini a sgridarlo in modo scherzoso.

Jacopo Petriccione

Nato a Gorizia, dal colorito plumbeo e i capelli biondi stirati sui lati e ricci al loro fondo, Petriccione è il cosplayer ufficiale di Luka Modric. Del Pallone d’Oro croato cerca di ricopiare lo stile in tutto: protezioni palla, dribbling difensivi e cambi di gioco d’esterno. Per il classico contrasto comico, la sua somiglianza con Modric fa apparire il contesto attorno a sé più modesto e casareccio.

Marco Mancosu

Ex giovane promessa passata per tutto il purgatorio delle serie minori, è arrivato in Serie A ormai quasi anziano e con una condizione fisica discutibile. Durante l’anno ha fatto appello alle proprie doti tecniche e mentali superiori e di nobile lignaggio per sopravvivere e diventare, nel bene e nel male, uno dei protagonisti della pazza stagione del Lecce.

Filippo Falco

Basso, mancino e ultratecnico. Piedi svelti e baffo fino. Filippo Falco ama ricevere palla a destra, fare un paio di finte per proteggere palla, poi rientrare e tirare. Fenomeno nascosto nella cassapanca in soffitta del grande calcio; oppure talento fumoso e dal fisico inadeguato all’epoca contemporanea?

Gianluca Lapadula

Attaccante scarso ma tutto cuore, gli si può contestare qualche gol sbagliato ma non l’impegno e la maglia sudata. Ha dovuto compensare anche i gol non fatti da Babacar. Liverani dice di lui che deve chiedergli di risparmiarsi e lo definisce “uno che si esalta nelle battaglie”.

Un esempio di sfortuna: Lazio-Lecce 4-2

Il Lecce veniva da cinque pareggi consecutivi: un record assoluto del club. Ma muovere la classifica conta e lo si vede a fine stagione, quando la differenza tra la salvezza e la retrocessione passa da pochi punti. In questo periodo del campionato il Lecce vive addirittura il lusso del quintultimo posto. La striscia viene interrotta da questa sconfitta che nel libro della malinconia Lecce 2019/20 occupa una delle prime pagine. C’erano 2900 tifosi in trasferta all’Olimpico, Liverani giocava contro la sua ex squadra più importante. Il risultato è netto ma c’è stato un momento in cui è stato davvero in bilico, ha camminato su un filo sottile, prima che il Lecce perdesse in maniera clamorosa. È un topos di questa stagione: partite perse male ma da cui a un certo punto si potevano comunque prendere dei punti.

L’episodio è uno dei più bizzarri di quest’anno. Sul 2-1 per la Lazio al Lecce viene fischiato un calcio di rigore confuso, la prima delle varie visioni dell’arbitro in quel giorno. Mancosu prende il pallone in mano ma Babacar glielo sfila. Vuole forse riscattare l’errore a San Siro di un mese prima, forse vuole solo riscattare la stagione negativa. Dopo una rincorsa goffa Babacar tira sulle mani di Strakosha, sulla respinta - cadendo come tutti gli attaccanti di provincia - Lapadula ribadisce in rete. Sarebbe stata la sua doppietta. L’arbitro annulla e per alcuni secondi non se ne capisce il motivo. La testa di Lapadula sarebbe finita all’interno dell’area di rigore prima della battuta di Babacar. Nel frattempo c’erano altri due giocatori della Lazio con tutti i piedi in area, ma per l’arbitro non era una discriminante. Poco dopo il Lecce subisce un altro rigore cervellotico di quelli che abbiamo visto quest’anno, con Milinkovic che in pratica tira sulle mani di Calderoni che sta cadendo fuori dal campo dopo un corpo a corpo. Se Milinkovic lo avesse fatto apposta, dico tirare sulle mani dell’avversario, andrebbe valutato come un grande gesto tecnico.

Dopo la partita si dice che il Lecce possa fare ricorso per “errore tecnico”, addirittura, ma si limita a una nota ufficiale zeppa di amarezza.

Un altro esempio: i gol subiti negli ultimi 5 minuti

Se le partite durassero 85 minuti il Lecce probabilmente sarebbe salvo. Gli ultimi cinque minuti - quelli in cui si concentra il caos, la sfortuna e il disagio del calcio - sono quelli delle squadre pazze che devono salvarsi. Negli ultimi 5 minuti sono arrivati i sinistri da fuori di Calderoni, indirizzati dal divino, che hanno permesso i pareggi con Milan e Cagliari. E forse proprio a causa di questi gol estemporanei, per una compensazione del karma, il Lecce ha subito episodi strani poco prima del fischio finale.

1. Il gol di Berardi all’85’

Nella partita contro il Sassuolo Lapadula ha segnato dopo uno stop-dribbling su un lancio di 60 metri. Poi Falco ha segnato su punizione da un punto in cui sarebbe stato più facile segnare con il destro. Come si fa a non vincere una partita così? Subendo un gol stupido da Berardi a cinque minuti dalla fine. Defrel scappa alle spalle di Calderoni, tira centrale, Gabriel vuole parare in due tempi ma Lucioni gli si butta ai piedi e prova un rinvio ansioso. La palla finisce proprio sui piedi di Berardi, che in pratica segna a porta vuota. All’ultimo minuto una di quelle occasioni a cui i tifosi del Lecce ancora pensano: un cross basso per Lapadula. Pare il più facile dei gol. Guardate lo screenshot sotto e provate a immaginare come ha fatto la palla a non entrare.

Marlon ha avuto un’intuizione alla Baresi e lo ha anticipato.

Liverani inizia a parlare con un’amarezza iperbolica: «Abbiamo preso gol su una situazione impensabile». A fine partita Lapadula è sdraiato con le mani sulla testa come alla fine di una battaglia napoleonica.

2. Il gol di Ramirez al 92’, per pochi centimetri

Dopo otto minuti il Lecce ha segnato un gol da Real Madrid: Marcelo-Calderoni in verticale sul petto di Karim Lapadula, sponda di petto per Toni Mancosu che gliela restituisce e gol dell’attaccante di prima. Il Lecce resiste in vantaggio per ottanta minuti. Quando nel secondo tempo Falco prende la traversa con un tiro di destro arrangiato c’è una strana vibrazione da cetriolo globale nell’aria. Alla Samp viene revocata un’espulsione (giustamente) mentre al Lecce viene espulso Tachtsidis, l’episodio che Liverani definirà decisivo nel post-partita. Però manca un quarto d’ora, si può resistere.

Il problema non è tanto che Ramirez segna al secondo minuto di recupero; in fondo neanche che segna di testa, visto che pur essendo un numero 10 di testa qualche gol in carriera lo ha fatto. Il fatto è che la palla entra di pochi centimetri. All’inizio non sembra neanche entrata, salvata da Petriccione sulla linea, finché non arriva il segnale sull’orologio dell’arbitro. E cosa c’è di più metaforico di un gol subito per pochi centimetri che condanna a una retrocessione per pochi punti?

Liverani, con la zeppola e il pizzetto bianco, elogia «la personalità, il palleggio, la tecnica» della sua squadra. Tutte cose che non bastano a vincere le partite.

Quella cosa, che intende Liverani, è il diavolo.

3. Il gol mondiale di de Paul al 91’

Quella con l'Udinese è la partita in cui Musso diventa Gordon Banks e Babacar coglie una traversa da 35 metri. Per dire il tipo di partita di cui stiamo parlando. Va detto che dopo quella occasione il Lecce non ha brillato. L’Udinese è praticamente una squadra di football americano. Almeno quattro giocatori fra i titolari potrebbero qualificarsi in una disciplina olimpica. Il contrasto fisico col Lecce, la squadra di Petriccione, Falco e Lapadula, è impietoso. Un punto però lo stava portando a casa, finché de Paul ha segnato uno dei gol più belli della sua carriera: controllo di tacco, dribbling in palleggio e tiro d’esterno di controbalzo. Mancavano due minuti alla fine.

Secondo alcuni è stata deviata dal classico vento dello stadio Via del Mare.

Il mercato di gennaio

Riccardo Saponara

Il suo acquisto si è elevato subito a simbolo di una squadra che a una salvezza concreta ha preferito l’arte per l’arte. Liverani ha ammesso di aver ricevuto «circa 25 telefonate di chi mi sconsigliava di comprarlo». Calciatore sul cui talento circolano leggende inverosimili, Sarri lo ha eletto tra i più forti che abbia mai allenato. Sparito dai radar per qualche mese, si è ripresentato senza capelli e una barba folta ma curatissima, il look del proprietario di un frantoio in Salento.

Antonin Barak

Con i capelli color paglia tenuti da una fascetta e il fisico scultoreo, Barak è Rutger Hauer che suona nei Beach Boys. Autore di una stagione memorabile due anni fa, non è chiaro cosa gli sia successo nel frattempo. Il Lecce e i fantallenatori più hipster sono gli unici che credevano ancora in lui.

Il momento in cui le cose, in fondo, vanno bene

C’è stato un momento del campionato in cui sembravano esserci chiaramente almeno tre squadre peggiori del Lecce. Saponara vola, Barak aggiunge dinamismo e fisicità a un centrocampo un po’ volatile e a febbraio i giallorossi vincono tre partite consecutive. Non succedeva dai tempi di Delio Rossi. Dopo aver fermato l’Inter sul pareggio, contro il Torino arriva una vittoria incredibile per 4-0 che sarebbe potuto anche essere 7-0. Falco segna di destro sotto l’incrocio da fuori area; Saponara serve un assist dietro l’altro.

«È una serata perfetta», dice Liverani, che annuncia che ora comincia un altro campionato. La sconfitta porta all’esonero di Walter Mazzarri. La settimana dopo il Lecce batte il Napoli, con un gol di Mancosu su punizione 40 metri.

È il momento in cui Liverani comincia a spargere complimenti e sassolini tolti dalla scarpa. A chi chiedeva tutto e subito, per esempio: «Qualcuno si è scordato che 18 mesi fa eravamo in Serie C», dice dopo la vittoria contro la SPAL.

La sveglia contro l’Atalanta

L’Atalanta è stato il bagno di realismo che ha svelato tutte le fragilità del Lecce, una delle squadre che quest’anno ha preso sette gol dai bergamaschi. Una cosa che di per sé non significa molto: pure il Torino ne ha presi sette dall’Atalanta. Però uno di questi gol è un autorete di Giulio Donati fra le più comiche e imbranate della storia del calcio.

Il Lecce aveva persino pareggiato (passando da 2-0 a 2-2 con un gol meraviglioso di Saponara) prima che Ilicic si trasformasse in un misto tra Zidane e van Basten. Dopo la partita Liverani è sembrato rassegnato; «Contro squadre con questa qualità non possiamo giocarcela. Tra noi e l’Atalanta c’è un abisso». Subito dopo arriveranno 4 gol dalla Roma.

Ma la sfortuna non li ha abbandonati: Lecce-Milan 1-4

Prima dell’interruzione il Lecce era tornato in zona retrocessione, ma in una striscia di risultati incoraggiante. Escluse due avversarie fuori portata - Atalanta e Roma - sembrava poter imporre il suo gioco contro avversarie del suo livello o poco più alto. In ogni caso, col suo 4-2-3-1, o col 4-3-1-2 col rombo, la squadra di Liverani gioca sempre allo stesso modo, senza mai rinunciare a una certa sfrontatezza. Prova sempre a costruire dal basso, nonostante le qualità tecniche non certo eccelse di Rossettini, Gabriel e Lucioni; avanza il campo formando rombi e triangoli e negli ultimi metri possiede anche una certa verticalità.

Il problema, semmai, è la fase difensiva. Con 85 gol subiti, record dalla Pro Patria del 1956, il Lecce è praticamente l’Atalanta della difesa. Subisce 2,2 gol a partita, in pratica ogni 40 minuti un tifoso del Lecce sa che subirà gol. Salvarsi così è un’impresa, capirete, quanto meno complessa. Certi gol subiti dal Lecce sono un capolavoro difensivo al contrario. Non è solo disorganizzazione. Se l’arte difensiva si basa anche sulla resistenza umana e istintiva a subire una rete, frapponendo se possibile il corpo alla propria porta, quello del Lecce somiglia a una tendenza autodistruttiva. Come quei nostri amici che scelgono partner problematici che sanno che li faranno soffrire.

Il disastro organizzato da Gabriel contro la Lazio, che sbaglia il rinvio e sulla parata respinge il pallone sui piedi di Caicedo. Il fuorigioco sbagliato da Calderoni, di almeno 4 metri, contro il Sassuolo nel gol di Caputo. I tredici rigori subiti e spesso regalati, primato in campionato ovviamente. Le interpretazioni individuali fantasiose, la fatica fisica, gli errori in impostazione. Guardare uno dopo l'altro tutti i gol subiti dal Lecce quest’anno è come sentire delle unghie che graffiano una lavagna: è impossibile non digrignare la bocca in un’espressione di fastidio fisico.

Il mio gol preferito subito dal Lecce quest’anno è quello del momentaneo 3-1 contro il Milan. C’è tutto: la squadra totalmente sbilanciata in avanti, una partita fino a quel momento in bilico che sta per diventare disfatta, la rincorsa impossibile dell’ultimo uomo che fa tenerezza. Dopo il gol, per qualche ragione, Rebic dà il pugno a un raccattapalle del Lecce. Dopo qualche critica è stato addirittura il Lecce a precisare: «Rebic dopo aver segnato il gol lo vede affranto e, compiendo un bel gesto, lo abbraccia per rinfrancarlo».

È questo l’ultimo uomo del Lecce? Sì. È Saponara l’ultimo uomo del Lecce? Sì.

Il rigore mai visto di Ramirez

Quasi tutte le partite del Lecce contengono almeno un dettaglio crudele. Contro la Samp - in uno dei tanti scontri salvezza persi - Ramirez calcia il rigore dell’1-0, Gabriel para con la mano di richiamo, la palla colpisce la traversa e prende un giro diabolico, quando colpisce terra, oltre la linea, rimbalza dentro. Il telecronista inglese dice: «Il più sfortunato portiere che mi sia capitato di vedere da tanto tempo a questa parte».

Genoa-Lecce: showdown

Dopo una serie di risultati negativi il Lecce ha la possibilità di raddrizzare la corsa salvezza in quello che sembra uno spareggio per non retrocedere. Le squadre sono separate da un unico punto: 32 il Lecce, 33 i liguri. Il Genoa non si è fatto mancare niente della sua solita annata tormentata: cambi di allenatore, una formazione titolare senza troppi punti di riferimento. Era la sfida tra due squadre autodistruttive in modo diverso: se il Lecce si auto-sabota le partite, il Genoa le stagioni intere. Il Lecce ha espresso un gioco più coerente e interessante durante l’anno, forte della sua continuità; il Genoa però aveva alcuni calciatori esperti e di maggiore spessore tecnico, che hanno confezionato il gol del vantaggio dopo 6 minuti, con Pandev che serve Sanabria in area dopo un dribbling e un filtrante d’esterno delizioso. Dopo il gol parte un ansiogeno “The Final Countdown” dentro il Ferraris vuoto.

Alla fine del primo tempo Mancosu sbaglia il rigore del pareggio. È il secondo consecutivo dopo quello sbagliato contro la Lazio, e dopo aver fatto registrare una percentuale quasi perfetta dal dischetto: 19 su 21. Prima di quello contro Strakosha ne aveva sbagliati due in sette anni, poi due in dodici giorni. Il Lecce è la terza squadra che ha ottenuto più rigori, la seconda è il Genoa. In ogni singolo rigore Mancosu è stato in bilico tra l’essere un eroe o il capro espiatorio della corsa salvezza della squadra. Dopo l’errore è sul serio distrutto, è impossibile non empatizzare con lui.

All’inizio del secondo tempo il Lecce continua ad attaccare, Lapadula manca per pochi millimetri l’impatto col pallone a porta vuota, e si dispera. Si potrebbe fare un album di foto di giocatori disperati del Lecce con un suo valore artistico.

Poi al 68’ Mancosu ha una palla all’angolo sinistro dell’area di rigore; rientra sul destro e la mette in mezzo. È una di quelle palle lente e strane che prendono una vita tutta loro. Quando finisce all’angolino - in una rete in cui è impossibile non vedere la mano invisibile di Dio, del destino o di chissà quale entità superiore - Mancosu scoppia in lacrime.

Il Lecce a quel punto non sapeva a cosa stava andando incontro. A 10’ dalla fine Filip Jagiello - poche anonime presenze con la maglia del Grifone - riceve un passaggio di Pinamonti. È a 20 metri dalla porta e prova un tiro forte e rasoterra. Gabriel si allunga senza arrivarci, ma la palla batte sul palo, poi sulla schiena del portiere in un rimbalzo diabolico, e finisce in porta. Gli autogol di schiena dei portieri sono forse la cosa meno controllabile del calcio, perché non sembra esserci un modo per prevenirli: un incrocio di fattori - traiettoria di tiro, condizioni del terreno, tempismo del tuffo - possono farli verificare come un evento naturale. È questo il gol che ha condannato il Lecce alla retrocessione.

Morale della favola

Ci sarebbero ancora due partite da raccontare. La penultima giornata, quella in cui il Lecce rimonta l’Udinese e il Genoa prende cinque gol dal Sassuolo. Cinque. E poi l’ultima, quella in cui i salentini provavano un sorpasso disperato sperando che il Verona avrebbe fermato il Genoa all’ultima giornata. C’è stato spazio per un autogol sfortunatissimo di Lucioni all'ultima giornata contro il Parma, e altro piccolo gol-suicidio (quello dello 0-2 col Parma, in cui il Lecce subisce contropiede dopo aver provato uno schema che mandava Giulio Donati al cross dalla trequarti).

È interessante che il Lecce, con questa stagione, diventi la peggior difesa della Serie A per la sesta volta, record insieme al Pescara. C’è qualcosa di antropologico che rende il Lecce così disinteressato alla fase difensiva?

Bisogna poi per forza citare il clima complottista degli ultimi giorni. Il Genoa avrebbe ritrovato da avversari Ivan Juric - ex capitano e allenatore rossoblù - e Miguel Veloso, sposato con la figlia del presidente Preziosi. Per molti il biscotto finale tra le due squadre era dato per assodato, per la cultura del sospetto secondo cui se puoi imbrogliare qualcuno, semplicemente, non puoi non farlo.

In realtà sia i tifosi di Genoa e Lecce possono citare alcuni momenti che sarebbero rivelatori di un “biscotto”, di una partita “achittata”, cercando così di interpretare una delle cose più illeggibili dell’animo umano, l’intenzionalità. Il momento in cui Lasagna non tira in Udinese-Lecce, il secondo gol di Sanabria, quando Dimarco lascia la marcatura ma sembra stare attento a tenere l’attaccante avversario in gioco.

Ma la vittoria del Genoa è stata ininfluente, visto che il Lecce ha comunque perso la sua ultima partita. E in ogni caso, probabilmente, il Genoa ha meritato di salvarsi. Non c’è niente che renda più legittima una salvezza che vincere tutti quegli scontri diretti e quelle partite decisive. E sarebbe altrettanto sbagliato, o quanto meno riduttivo, dire che il Lecce ha dimostrato che un approccio troppo offensivo non permette di salvarsi. Ci si può limitare a dire che prendendo più di 80 reti, partendo quindi sempre sotto di due gol, è molto difficile vincere le partite. Eppure è anche per questo che il Lecce ha giocato una stagione memorabile e che ricorderemo con affetto e a lungo. La conferma che nello sport anche perdere, almeno in un certo modo, permette di entrare nel cuore delle persone.

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