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Le domande fondamentali della Serie A di basket
05 ott 2018
Tutti contro Milano: cosa aspettarsi dalle 16 squadre del massimo campionato nazionale.
(articolo)
28 min
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Quella che inizierà nel prossimo weekend sarà una Serie A di basket ricca di significati e temi. Si tratta della prima stagione con le nuove regole per gli stranieri e l’ultima con 16 squadre. Ma è anche la stagione prima del Mondiale 2019, che potrebbe vedere al via anche l’Italia per la prima volta dopo 13 anni, la prima qualificazione sul campo dal 1998.

Esiste una grande favorita - la stessa degli ultimi anni, a caccia dello Scudetto numero 29 - ma questo non deve far pensare a un campionato privo di motivi d’interesse. È la stagione in cui ben 10 squadre su 16 (quasi record assoluto) disputano coppe europee - anche se Cantù è già stata eliminata dalla Basketball Champions League - a testimonianza di un livello che prova a crescere e a uscire dalla crisi degli ultimi anni.

Avvicinandoci al traguardo del 100° campionato di Serie A, quella che parte sabato può essere identificata come la stagione del punto di partenza - a patto che le belle premesse vengano effettivamente mantenute.

È Milano la squadra da battere?

Non ha senso girarci attorno: l’Olimpia Milano, da quest’anno AX Armani Exchange anche in Italia, è l’indubbia grandissima favorita per la conquista della 97° edizione della Serie A. Dopo la vittoria del 28° scudetto, che ha confermato la legge “Anno pari, vince Milano” in vigore nell’ultimo quinquennio, l’Olimpia si presenta con quello che potrebbe essere il roster più forte dell’era Armani, giunta al suo decimo anniversario.

Ci siamo lasciati così.

Nell’era Armani, Milano è tornata a rivincere in Italia e ad assaporare i livelli più alti in Europa, anche se fin sin qui arrivando ai playoff soltanto in una stagione. Ci sono due cose che mancano al conto, oltre ad avvicinare i livelli continentali toccati quattro anni fa: la prima è quel Triplete italiano, invocato nel precampionato dal presidente Proli, riuscito negli ultimi anni soltanto a Siena e Sassari.

La seconda, invece, è un termine molto in voga in America per definire quelle squadre o quegli atleti capaci di compiere l’unica impresa più difficile della vittoria: ripeterla. Ai tempi dell’ultimo back-to-back tricolore dell’Olimpia il muro di Berlino non era ancora caduto, Ronald Reagan era presidente degli Stati Uniti e il figlio di uno dei tanti giocatori yankee a giocare nel nostro Paese imparava a diventare uno dei più grandi di sempre con la maglia dei Los Angeles Lakers.

Sulla caccia di quel bis tricolore mancato ciclicamente dalle Scarpette Rosse si sono interrotti, negli ultimi anni, i cicli tecnici di Luca Banchi e Jasmin Repesa. Perché, allora, Simone Pianigiani ha la grande possibilità di riuscire dove non sono riusciti il suo ex vice-allenatore e uno dei principali rivali nei suoi primi anni da capo-allenatore? Perché la Milano 2018-19 è stata costruita su misura, come il miglior capo di sartoria, per permettere all’ex CT della Nazionale di potere esprimere quei “credo” tattici che l’hanno portato a fare incetta di scudetti in quel di Siena.

Il primo scudetto non si scorda mai.

L’Olimpia si presenta alla nuova stagione all’insegna di una sorta di “continuità migliorata”: se sono ben sette i giocatori confermati rispetto alla scorsa stagione, un dato quasi in controtendenza con gli anni post-debacle in cui Milano ha sempre avuto la tendenza a fare un reboot del roster. I sei nuovi arrivi - includendo il rientro dal prestito a Cremona di Simone Fontecchio - rappresentano profili “migliori” di quelli che vanno a sostituire e, sulla carta, dalla maggiore compatibilità con i presenti.

L’Armani Exchange arriverà fin dove la porteranno il talento del nuovo pacchetto di esterni, formato da Mike James - legatosi alla causa meneghina per le prossime due stagioni, con opzione su un terzo anno - e Nemanja Nedovic: una coppia che al suo attivo ha sia fame di successi e ribalta che grandi stagioni in Europa, tra Eurolega ed Eurocup.

Le altre tre novità biancorosse sono tutte legate a quella Nazionale che citavamo in precedenza, poiché si tratta di tre giocatori “azzurrabili”. Christian Burns, andato vicino nella scorsa stagione a unirsi alla Virtus Bologna, arriva da una Cantù in cui è stato uno dei migliori - se non il migliore - italiani del campionato, con una doppia-doppia di media che fa ben sperare in ottica anche di “conservamento” delle energie: logica necessaria in una Eurolega sempre più competitiva.

Una delle migliori prestazioni di Burns nella scorsa stagione.

Jeff Brooks è fresco di azzurro, avendo fatto il suo debutto in Nazionale contro Polonia e Ungheria tre settimane fa, e rappresenta una tipologia di giocatore che mancava nella Milano dello scorso anno: un’ala atletica e dotata di tiro da fuori, capace di giocare anche da “5” in quintetti piccoli e dall’esperienza internazionale vincente. Con il valore aggiunto dato dal suo passaporto italiano, potrebbe essere uno dei giocatori più preziosi della stagione.

Una chiave del rendimento di Milano, infatti, passerà dal rendimento di Brooks nei quintetti che lo vedranno impiegato con uno (o due) tra Vladimir Micov (vero leader silenzioso dei biancorossi e il giocatore barometro del roster di Pianigiani) e Mindaugas Kuzminskas, che grazie all’arrivo dell’ex Sassari e Cantù potrebbe giocare molti più minuti da “3”, posizione particolarmente prediletta dal lituano.

La quinta vera novità del roster biancorosso è invece rappresentata dall’italiano in assoluto più migliorato della scorsa stagione: nel 2017-18 Amedeo Della Valle è stato protagonista assoluto in Eurocup, trascinando Reggio Emilia a una storica semifinale, coronando tutto con l’inserimento nel primo quintetto del torneo. Dopo una stagione in cui ha dimostrato di saper assumersi grandi responsabilità anche in Nazionale, la prova di maturità per il figlio di Carlo, sotto l’ala di quel coach che da sempre è uno dei suoi principali ammiratori, oltre ad essere colui che lo fece debuttare in Nazionale portandolo pure all’Europeo 2015.

Se il buongiorno si vede dal mattino...

Non è sbagliato dire che il primo avversario italiano di Milano… è Milano. Anche nel 2015 e nel 2017, infatti, i biancorossi si presentavano al via del campionato da favoriti principali per ripetersi con una rosa sulla carta superiore alle avversarie dirette. Quelle stagioni finirono poi con delusioni cocenti, con l’Olimpia fermata sulla strada della finale da Sassari prima e Trento poi. Ma, come si dice, third time’s a charm: sembra davvero difficile immaginare un finale diverso dal 29° Scudetto meneghino a metà giugno, e qualche avvisaglia la si è già avuta nell’ultimo weekend, con la vittoria in scioltezza della terza Supercoppa consecutiva.

E chi è l’anti-Milano?

Qualsiasi discorso sulla principale contender dello Scudetto - ammesso sia una sola - deve partire dalle tre squadre andate più vicine, nella scorsa stagione, a vincere lo stesso. L’estate di Trento, Venezia e Brescia, però, è stata diametralmente opposta, e per tutte e tre il 2018-19 sarà un anno tanto diverso quanto importante.

I vice-campioni d’Italia della Dolomiti Energia Trentino in estate hanno cambiato molto “a modo loro”, non rinunciando al ritorno di due ex giocatori, proseguendo su un topos ormai classico della storia bianconera in Serie A. Ma se l’ex Orlando Magic Devyn Marble vuole ripartire da quelle 10 partite disputate in Trentino prima di una lesione al legamento crociato del ginocchio destro, Davide Pascolo a Trento cerca il rilancio dopo due anni agrodolci a Milano.

Sono quattro gli altri nuovi arrivi della squadra di coach Maurizio Buscaglia, rinforzi che vanno a testimoniare un accenno di cambio nella filosofia di squadra: confermati Beto Gomes e Dustin Hogue (insieme a due punti fermi, negli esterni, come capitan Forray e Diego Flaccadori), il reparto lunghi è stato integrato dall’arrivo del serbo Nikola Jovanovic, in prestito dalla Stella Rossa e apparso già ben integrato nel roster bianconero nel corso del precampionato.

Il nuovo fil-rouge di Trento con la Serbia si ravvisa anche nella scelta del nuovo playmaker: l’ex Gran Canaria - e scelta numero 57 dei Denver Nuggets nel Draft 2015 - Nikola Radicevic, già compagno di Jovanovic alla Stella Rossa, firmato con un importante e impegnativo accordo triennale. Gli altri due nuovi arrivi sono due italiani in cerca di consacrazione: Fabio Mian cerca il salto di qualità dopo aver mostrato buone cose a Pistoia nella scorsa stagione, mentre farà il suo debutto in Serie A il classe 1998 Andrea Mezzanotte, promettente lungo nel giro della Nazionale e reduce dalla A2 con Treviglio.

Mezzanotte in estate ha ben impressionato all’Europeo Under 20, dopo l’argento al mondiale Under 19 del 2017.

Anche la Germani Brescia, per la stagione segnata dallo storico debutto in Eurocup, ha deciso di cambiare molto, pur ripartendo da pietre angolari come Luca Vitali, Brian Sacchetti e capitan David Moss. Anche Brescia, come Trento, ha optato per la formula da 5 stranieri a referto: si tratta delle uniche due a optare per tale scelta tra le dieci partecipanti alle coppe europee.

Le similitudini tra la squadra di Diana e quella di Buscaglia non si limitano però alla continuità nelle pietre angolari o alle scelte di regolamento. Anche la Leonessa ha deciso di puntare su un azzurro in cerca di rilancio dopo un’esperienza a Milano: Awudu Abass vuole restare nel giro della Nazionale di Sacchetti, e nel nuovissimo PalaLeonessa (inaugurato in occasione della Supercoppa dello scorso fine settimana) potrà trovare minuti importanti anche in Europa.

A dire la verità, Brescia appare come una squadra abbastanza atipica, con tanti giocatori intercambiabili su più ruoli e un solo “vero” lungo come Eric Mika, protagonista lo scorso anno dell’agonica salvezza di Pesaro, anche se il neo-arrivato Gerald Beverly in Supercoppa ha lasciato intravedere alcune giocate interessanti in un fisico che ricorda molto quello di un ex Trento come Dominique Sutton.

Se il nucleo italiano è completato da tre presenze abituali della Serie A come Marco Ceron, Andrea Zerini e Tommaso Laquintana, è certo che le fortune di Brescia dipenderanno dall’impatto di Bryon Allen (già visto in Italia a Roseto in A2 nel 2015-16) e soprattutto di Jordan Hamilton, uno dei nuovi giocatori della Serie A dal pedigree più importante: l’ex Nuggets sarà il go-to-guy della Leonessa, chiamato a non far rimpiangere il talento di Marcus Landry.

Un’eredità pesante.

A differenza di Trento e Brescia, l’Umana Reyer Venezia del confermatissimo (contratto esteso fino al 2021) coach Walter De Raffaele ha cambiato decisamente meno. I lagunari, infatti, sono la squadra che ha cambiato meno di tutte tra le principali contender al titolo, decidendo di ripartire dal roster che l’anno scorso ha mancato il repeat tricolore - proprio contro quella Trento contro cui conquistò lo Scudetto 2017 - e lenito le deludenti eliminazioni in Coppa Italia e Champions League con la vittoria della FIBA Europe Cup.

Riscattato da Milano Bruno Cerella e tornati in Laguna il ceco Kyzlink (che però giocherà soltanto in Champions League) e un protagonista dello scudetto come Julyan Stone, le tre novità di Venezia sono i due ex Torino Valerio Mazzola - che sostituisce il ritirato Tomas Ress - e Deron Washington, più l’ex Brindisi Marco Giuri, mentre è stato definito da poche ore l’accordo col lungo sloveno e campione d’Europa in carica Gaspar Vidmar, principalmente per sopperire all’infortunio di Mitchell Watt.

Le chiavi della stagione di Venezia passano per due direzioni, quindi: la crescita costante degli azzurri Stefano Tonut e Paul Biligha, osservati speciali nell’anno del mondiale, ma soprattutto l’affinità e sinergia tra il neo-capitano Marquez Haynes e il talento - ma a rischio deraglio, come visto negli ultimi playoff - di Austin Daye, rinnovato con uno degli accordi più onerosi dell’intera Serie A.

Se Brescia e Trento potrebbero vivere una stagione diesel, con una partenza lenta per poi crescere di condizione con il passare della stagione - e l’Eurocup potrebbe essere un acceleratore di crescita per entrambe -, la profondità del roster di Venezia può, oltre a permetterle di competere con autorità anche sul fronte europeo, renderla la principale antagonista a Milano. Sarà però fondamentale per la Reyer evitare un po’ di quei passaggi a vuoto visti più volte nella scorsa stagione, comunque chiusa al primo posto in regular season.

Venezia ha chiuso 2-0 nella scorsa stagione con Milano, unica in Serie A.

Chi vuole sorprendere?

Se Milano è l’indubbia candidata principale alla vittoria dello Scudetto, è altrettanto indubbio che Torino sia stata “LA” storia dell’estate cestistica italiana. Tutto merito dello sbarco sotto la Mole di un personaggio superato in città per eco mediatica soltanto da Cristiano Ronaldo.

La Fiat Auxilium Torino sarà la prima esperienza europea da head coach di un club di Lawrence Harvey Brown, più facilmente conosciuto come Larry Brown, che torna ad allenare dopo i quattro anni in NCAA a Southern Methodist University. L’unico allenatore della storia ad aver vinto il titolo in NBA e al college sbarca al di qua dell’Oceano con tanta curiosità e voglia di rimettersi in gioco a 78 anni, in una squadra che dopo aver vinto la Coppa Italia nella scorsa stagione ha chiuso il 2017-18 con 9 sconfitte nelle ultime 10 gare, mancando una qualificazione ai playoff che sembrava pressoché garantita.

La Torino vista nel weekend di Brescia ha impressionato gli addetti ai lavori per il suo stile di gioco “atipico” e lontano dai dettami della pallacanestro moderna: il roster, quasi totalmente rinnovato rispetto alla scorsa stagione, si è mostrato subito pronto a recepire i punti cardine del basket di Brown, mettendo in scena una difesa molto aggressiva su ogni linea di passaggio, così da essere pronti a partire subito in contropiede con un roster mediamente giovane e molto atletico, e un gioco offensivo con pochi tiri da tre e una circolazione continua del pallone alla ricerca del miglior tiro, anche dalla media distanza.

Per quanto riguarda il parco italiani Brown - e il suo staff, dove spicca la presenza di quel Paolo Galbiati che, promosso a interim, guidò i piemontesi alla vittoria della Coppa e ora tornato al ruolo di vice allenatore sulla stessa panchina dove siede Dante Calabria - ha puntato su tre veterani come capitan Peppe Poeta (l’unico confermato già arruolabile, visti i problemi cardiaci di David Okeke), Carlos Delfino - già agli ordini del coach americano ai Detroit Pistons - e il campione d’Italia uscente Marco Cusin, a far da chioccia a due giovani italiani come Simon Anumba, possibile rivelazione della stagione piemontese, e il siciliano Vincenzo Guaiana.

Lato stranieri, invece, c’è stata un po’ di confusione riguardante l’ex Capo d’Orlando Voja Stojanovic, prima liberato dai siciliani con un buyout e firmato con un contratto triennale e poi già destinato alla partenza vista l’incompatibilità con lo stesso Brown. La squadra è fatta quindi da due giocatori già esperti d’Europa come il cavallo di ritorno Jamil Wilson (in Piemonte nel 2016-17) e l’ex CSKA Victor Rudd, un due volte campione NBA come James Michael McAdoo, due outsider interessanti come Tyshawn Taylor (una carriera da journeyman tra Venezuela, Portorico, Russia e Turchia dopo un biennio in NBA con i Brooklyn Nets) e Tekele Cotton (inattivo dopo due anni a Ludwigsburg in Germania) e il rookie da Penn State Tony Carr, scelto alla numero 51 dell’ultimo Draft NBA dai New Orleans Pelicans. A stagione in corso si aggregherà un altro rookie, Tra Holder da Arizona State, ancora fuori per infortunio.

Un mix di esperienza e gioventù per una squadra sembrata, in Supercoppa, molto affiatata e “sul pezzo” nonostante i pochi allenamenti sostenuti dal gruppo al completo: anche nel caso di Torino l’esperienza in Eurocup potrebbe fungere da acceleratore di crescita, e rendere l’Auxilium come la vera outsider della stagione italiana.

I segnali incoraggianti nella vittoria di Supercoppa contro Trento.

In ricerca di rilancio è anche la Dinamo Banco di Sardegna Sassari, reduce dalla sua peggiore stagione negli ultimi anni: per la prima volta da quando sono in A (cioè dal 2010) i sardi hanno mancato sia la qualificazione alla Final Eight di Coppa Italia che l’accesso ai playoff. In Europa non è andata tanto meglio, con l’eliminazione ai gironi di Champions League e l’immediata uscita di scena anche in Europe Cup.

A invertire la rotta è stato chiamato Vincenzo Esposito, alla grande occasione della carriera da allenatore dopo tre stagioni a Pistoia: El Diablo potrà contare su conferme importanti come Bamforth, Pierre, Spissu e Achille Polonara (oltre, ovviamente, a capitan Devecchi), e il mercato condotto in estate è allo stesso tempo interessante e intrigante. Oltre agli arrivi di due buoni italiani come Daniele Magro e Stefano Gentile (e al talento del classe 2000 Diop), Esposito riavrà Terran Petteway, già avuto alle sue dipendenze a Pistoia nel 2016-17 (e reduce da una stagione altalenante tra Nanterre e PAOK). Da tenere d’occhio anche Rashawn Thomas, protagonista di una buona stagione in G-League con gli Oklahoma City Blue, l’ex Cantù Jamie Smith (attualmente infortunato e sostituito dal nazionale uruguayo, di passaporto italiano, Luciano Parodi) e soprattutto l’ex Sacramento Kings e Utah Jazz Jack Cooley, personaggio di culto della Summer League NBA.

Partita a fari spenti, Sassari ha destato grande impressione in preseason, cogliendo successi importanti in amichevole (Venezia, Milano e Fenerbahce su tutti) e mostrando una condizione già molto buona anche per affrontare al meglio il preliminare di Europe Cup contro i portoghesi del Benfica. Dato un calendario non impossibile nelle prime giornate, conviene tenere un occhio sui sardi se alla ricerca di una buona squadra che potrebbe vivere una partenza particolarmente positiva, sulla scia di quanto avvenuto nella scorsa stagione a Brescia, capace di costruire la sua annata sulle nove vittorie consecutive colte per aprire la stagione. Ironia della sorte, la striscia bresciana si interruppe proprio contro Sassari, allora allenata da Federico Pasquini.

La larga vittoria contro il Benfica in Europe Cup ha confermato le buone sensazioni sul precampionato dei sardi.

Altra squadra molto “calda” in pre-stagione, e desiderosa di riscatto dopo una brutta annata, è la Happy Casa Brindisi. I pugliesi sono ripartiti da un unico confermato, coach Frank Vitucci (arrivato nel corso della scorsa stagione e decisivo per la salvezza), e hanno beneficiato al meglio di un roster con un solo assente causa nazionali: il polacco ex Capo d’Orlando Jakub Wojciechowski. Brindisi ha costruito un roster che potrebbe potenzialmente sorprendere pescando dalla Serie A2 (John Brown e Erik Rush tra gli stranieri, Zanelli, Moraschini e Cazzolato tra gli italiani), Israele (gli ex Hapoel Tel Aviv Tony Gaffney e Adrian Banks, che in Puglia è di ritorno dopo la stagione 2015-16), e puntando sull’interessante rookie da Buffalo Wes Clark per il ruolo di play titolare.

Passato lo scoglio di Milano alla prima giornata, i pugliesi possono contare su tre partite in casa nelle successive quattro giornate, tutte alla portata, rivelandosi potenzialmente un’altra candidata per una partenza sprint in grado di sparigliare le carte nel ranking di partenza.

Chi ha cambiato tanto?

Tre protagoniste blasonate del campionato hanno cambiato particolarmente tanto, e non sono facili da inquadrare al via della nuova stagione, anche perché Sidigas Avellino, Virtus Segafredo Bologna e Grissin Bon Reggio Emilia sono reduci da un 2017-18 abbastanza diverso.

Gli irpini si presentavano al via della scorsa stagione con grandi ambizioni e un roster profondo e di livello: tali sensazioni sembravano ben riposte alla fine dello scorso girone d’andata, che vedeva Avellino in vetta al campionato davanti a Milano, Venezia e Brescia. Nel ritorno, però, gli irpini sono prima naufragati in Coppa Italia, uscendo ai quarti contro Cremona; poi in Champions League, uscendo ai gironi (delusione parzialmente annacquata dalla finale in Europe Cup); infine in campionato, con l’upset subito al primo turno da Trento.

Confermati i soli Ariel Filloy, Hamady Ndiaye e Lorenzo D’Ercole, gli irpini sono ripartiti da una sorpresa in panchina: il serbo Nenad Vucinic, uomo di fiducia del GM Nicola Alberani che già lo ebbe in A2 a Forlì a inizio decennio, alla prima esperienza europea ad alto livello dopo tanti anni anche da CT della Nuova Zelanda.

Avellino ha condotto un mercato “diesel”, con i colpi più importanti arrivati a estate inoltrata ma comunque in tempo per partire al meglio in preseason. La punta di diamante è indubbiamente Norris Cole, due titoli NBA con i Miami Heat dei Big Three e reduce dal suo primo anno europeo con il Maccabi Tel Aviv; non di poco conto sono certamente le firme dell’ex CSKA Demetris Nichols e di Caleb Green, già vincitore della Coppa Italia con Sassari nel 2013-14.

Se Cole dovesse essere quello di Tel Aviv, le quotazioni di Avellino salirebbero vertiginosamente.

Interessanti gli arrivi di Keifer Sykes da Ankara - nei piani di Vucinic play titolare interscambiabile con Cole - e del fresco campione G-League con gli Austin Spurs Matt Costello, che non dovrà far rimpiangere l’ucraino Fesenko. Per la panchina, spazio a Luca Campani, riaffacciatosi in maniera importante in A nell’ultimo anno con Capo d’Orlando, e due novità dalla A2 come Spizzichini da Scafati e Campogrande da Montegranaro.

Come Avellino, anche la Virtus Bologna sarà impegnata nella prossima Champions League: per i felsinei sarà il ritorno in quell’Europa che manca dal 2008-09 (anno della vittoria in Eurochallenge), come parziale consolazione dopo un 2017-18 più amaro che dolce. I punti in comune tra Avellino e Bologna non si esauriscono con l’Europa, ma riguardano soprattutto un nome: quello di Stefano Sacripanti. L’ex coach di Cantù ha infatti lasciato la Campania dopo tre stagioni e tre qualificazioni ai playoff sempre con il vantaggio del fattore campo al primo turno, in cui però è mancato un trofeo (non le occasioni, con tre finali giocate), che Sacripanti non alza con un club dalla Supercoppa 2003 vinta con Cantù.

L’allenatore brianzolo potrà contare su un roster molto interessante, costruito in maniera probabilmente più funzionale rispetto all’amara stagione appena trascorsa. Si riparte da punti fermi come Aradori, l’azzurro Baldi Rossi e i giovani Pajola e Berti, a cui si vanno ad aggiungere il campione d’Italia uscente - ma a caccia di riscatto dopo una stagione con più ombre che luci - Amath M’Baye, il possente lungo ex Lokomotiv Kuban Brian Qvale (scelto come capitano) e un backcourt già esperto di Champions League, con l’ex Banvit Tony Taylor e Kevin Putner, che con l’AEK Atene ha vinto l’ultima edizione della competizione organizzata dalla FIBA.

E Punter in finale è stato grande protagonista.

Per le Vu Nere molta qualità e profondità anche in panchina, a lenire un difetto della scorsa stagione, con l’ex Cremona Kelvin Martin (atteso alla stagione della consacrazione), il lungo serbo-canadese Dejan Kravic e l’ex Cantù David Cournooh. Sono tante le aspettative sulla nuova Virtus, attesa da tempo a quei livelli di alta classifica “imposti” dal blasone e raggiungibili qualora la squadra dovesse realmente confermarsi come funzionale e ben amalgamata.

È stata, nel 2017-18, più protagonista in Europa che in campionato la Grissin Bon Reggio Emilia, che in estate ha separato le sue strade da quelle di Max Menetti, che ha lasciato la Reggiana dopo otto stagioni, due storiche finali Scudetto, l’Eurochallenge 2014 e la semifinale di Eurocup nella scorsa stagione.

Reggio non potrà ripetersi in Europa poiché non disputerà coppe europee, e ha deciso di ripartire da un assistente di lungo corso di Menetti come Devis Cagnardi, alla prima esperienza da head coach in carriera. Quattro i punti fermi rispetto alla scorsa stagione: l’esperto play spagnolo Pedro Llompart, originariamente arrivato per ampliare le rotazioni in Eurocup e convertitosi in un leader della squadra, e gli azzurri Cervi, Candi e De Vico. Tornato Federico Mussini dal prestito a Trieste, l’unico arrivo tricolore è quello di un altro giocatore da tempo nel giro della nazionale come l’ex Pistoia Raphael Gaspardo, mentre sono molto interessanti i nuovi arrivi tra gli stranieri, con Reggio che è stata tra le poche squadre a optare per la formula del 5+5.

L’ultimo arrivato è il lungo nigeriano, di passaporto americano, Chinemelu Elonu, scelto al secondo giro nel Draft 2009 dai Lakers e reduce da una stagione trascorsa tra AEK Atene e il campionato di Portorico; Spencer Butterfield è un tiratore di livello, andato ad un passo dal titolo tedesco con l’Alba Berlino; Eric Griffin, dopo la prima stagione da pro ha vissuto una carriera da journeyman tra Repubblica Dominicana, Portorico, Venezuela, Israele e le leghe di sviluppo della NBA.

Ma il nome più intrigante della nuova Reggio Emilia è senza dubbio quella di Ricky Ledo, che in preseason ha dimostrato di avere un identikit da possibile capocannoniere - e anche MVP, qualora la stagione reggiana dovesse avere rosee prospettive - del campionato. L’ex scelta al secondo giro (2013) dei Milwaukee Bucks ha già vinto un titolo di miglior marcatore in Turchia e vanta esperienze NBA con i Dallas Mavericks e i New York Knicks, così come europee di buon livello con Baskonia ed Efes. In una Reggio Emilia attesa a una stagione di transizione, potrebbe avere carta bianca per dare spettacolo, e affermarsi come uno dei giocatori più elettrizzanti del campionato.

Un giocatore da tenere sicuramente d’occhio.

Come sta l’altra Lombardia?

La 2017-18 è stata la stagione della Lombardia, con la presenza ai playoff di tutte e cinque le squadre della regione presenti nel massimo campionato. Di Milano e Brescia abbiamo parlato in precedenza, mentre un altro discorso va fatto per quanto riguarda le altre tre squadre lombarde, tutte reduci da una eliminazione per 3-0 nella scorsa postseason.

La Openjobmetis Varese di Attilio Caja, dopo il clamoroso girone di ritorno della scorsa stagione in grado di portarla dall’ultimo al 6° posto in classifica, è ripartita da alcuni punti fermi come il lungo Tyler Cain e una delle rivelazioni della scorsa stagione, Aleksa Avramovic, che grazie alle sue prestazioni in maglia biancorossa è entrato nel giro della nazionale serba di Sasha Djordjevic, risultando anche decisivo nel cammino verso il Mondiale 2019.

Confermato anche un nucleo italiano formato da Tambone, Natali e capitan Ferrero, Varese ha deciso di puntare su una rotazione allargata anche in vista della FIBA Europe Cup, che rivedrà in corsa la squadra lombarda dopo la finale persa nel 2016. A far ben deporre verso le prospettive in campionato dei varesini è l’abitudine alla Serie A dei rinforzi: l’ex Pistoia Moore, l’ex Avellino Scrubb - uno dei migliori tiratori da 3 dell’ultimo campionato - e l’ex Capo d’Orlando (nell’ultimo anno in Israele) Archie andranno a completare il quintetto, mentre la panchina viene rafforzata dall’ex Pesaro Bertone e da un Antonio Iannuzzi in cerca di rilancio. Le prospettive in chiave playoff, comunque, dipenderanno dalla lunghezza del cammino europeo.

Varese comunque andrà dove la porterà Avramovic.

Anche la Red October Cantù ha stupito tutti nella scorsa stagione dopo un inizio burrascoso. A differenza degli storici rivali regionali, però, i brianzoli hanno rivoluzionato quasi totalmente il roster, confermando il solo Salvatore Parrillo, unico punto in comune con il 2017-18 e riferimento principale, insieme all’ex Sassari Tavernari, di un nucleo italiano sotto il livello medio del campionato. Con la panchina affidata all’esperienza, al carisma e al grande curriculum di Evgeny Pashutin, i canturini puntano praticamente tutto su sei nuovi giocatori americani, tutti - ad eccezione dell’ex MVP del campionato Tony Mitchell - debuttanti a livello di Serie A.

Se nei preliminari di Champions League hanno ben impressionato Frank Gaines e Gerry Blakes (dal Parma Perm in Russia e dal Norkkoping in Svezia, rispettivamente), diverse risposte si attendono da Omar Calhoun e Shaheed Davis, le cui qualità si sono intraviste soltanto a tratti nei preliminari di Champions, che hanno visto Cantù terminare anzitempo la sua stagione europea. Il lungo Ike Udanoh, scelto come nuovo capitano, ha già all’attivo esperienze in Italia (in A2 con Ferrara e Mantova) e parte come principale riferimento soprattutto difensivo, mentre potrebbe essere un gamechanger l’arrivo dell’ultima ora di Davon Jefferson, che però costringerà i brianzoli al turnover di stranieri in campionato: per ripetere i risultati eccellenti della scorsa stagione, però, occorrerà che tutto - ma proprio tutto - fili per il verso giusto. Difficile, certo, ma la grande passione del pubblico canturino può essere un fattore determinante, anche in caso di una stagione di sofferenze.

Tra la continuità di Varese e la rivoluzione di Cantù, in mezzo sta la Vanoli Cremona, l’unica squadra lombarda a non disputare coppe europee. La Vanoli, reduce da una stagione positiva con all’attivo una sorprendente semifinale di Coppa Italia e l’accesso ai playoff dopo il ripescaggio in A, ha deciso di ripartire in blocco dal suo nucleo italiano, con Travis Diener che ha deciso di allungare di un anno la sua encomiabile carriera, nonostante il ritiro del cugino Drake.

Tutti nuovi, invece, i giocatori stranieri, e tutti - unicum in A - privi di precedenti esperienze nel basket italiano. Spiccano i nomi di Tre Demps - figlio di Dell, GM dei New Orleans Pelicans - e soprattutto dell’ex Hornets Mangok Mathiang e del rookie da Davidson Peyton Aldridge, reduce da una buona stagione a Davidson che l’ha visto vincere il premio di giocatore dell’anno nell’Adriatic 10. Complice l’assenza di impegni europei, è abbastanza verosimile intravedere per Cremona la prospettiva di un campionato tranquillo, ma la squadra del CT Sacchetti potrebbe divertirsi a rivestire i panni da outsider.

Chi spera di non soffrire?

In un livello medio che si è alzato, sulla carta, rispetto alla scorsa stagione è difficile individuare quelle squadre che partono più indietro rispetto alle altre. Nelle ultime stagioni, tra l’altro, abbiamo assistito alle retrocessioni sul campo di squadre che, come Cremona nel 2016-17 o Capo d’Orlando nell’ultima stagione, non erano certamente le principali accreditate per l’unico posto in palio per il purgatorio della Serie A2.

Detto che per una retrocessione potrebbe essere determinante una partenza lenta - come fu il caso della Vanoli - o una clamorosa e imprevedibile crisi di risultati a stagione in corso - il caso dei siciliani lo scorso anno - sono due le squadre che appaiono più indietro delle altre negli ipotetici ranking di inizio stagione.

Uno è un nome ormai ricorrente in questi discorsi: la Victoria Libertas Pesaro, infatti, ha concluso al 15° posto cinque degli ultimi sei campionati di Serie A, abituando i suoi tifosi a continue rincorse salvezza e campionati composti da “30 finali”. Non mancano i motivi d’interesse, però, nel roster affidato a coach “Cedro” Galli, confermato dopo le vittorie ai danni di Milano e Venezia nel finale della scorsa stagione, decisive per il mantenimento della categoria.

Pesaro, infatti, è la squadra che più di tutte ha attinto al bacino della G-League: sono ben tre, infatti, i giocatori provenienti dalla lega di sviluppo NBA. Lamond Murray Jr -figlio dell’ex giocatore di Clippers e Cavaliers e James Blackmon Jr. integreranno il reparto esterni, mentre Erik McCree (qualche apparizione con gli Utah Jazz nell’ultima stagione) dovrebbe essere il giocatore di riferimento dell’intero roster. Il play sarà Dominic Artis, visto tra Polonia e Bosnia nell’ultima stagione, mentre il ruolo di “5” titolare sarà ricoperto dal lituano Mockevicius, a caccia di riscatto dopo una stagione difficile - anche a causa di alcuni problemi fisici - con il Lietuvos Rytas. La speranza di un campionato “meno agonico” rispetto al recente passato passa dal quintetto base, visto un nucleo italiano sotto la media (anche se c’è interesse attorno al giovane classe 2000 Luca Conti, in prestito da Trento).

A Pesaro si riparte dalla vittoria che è valsa la salvezza.

Tra le squadre più rivoluzionate del campionato c’è invece la Oriora Pistoia, con Alessandro Ramagli a caccia di rivincite dopo l’annata difficile con la Virtus Bologna, con il difficile compito di non far rimpiangere Vincenzo Esposito. Nel roster, invece, l’unico confermato è l’enfant du pays Della Rosa, e anche qui siamo in presenza di un nucleo italiano composto da giocatori visti nello scorso anno nelle categorie inferiori o in fondo alle rotazioni di A.

Il destino di Pistoia è quindi affidato al nucleo straniero, e in primis a due giocatori con esperienze italiane pregresse come l’ex Legnano Ousman Krubally (nella scorsa stagione in Grecia al PAOK) e soprattutto l’ex Varese e Venezia Dominique Johnson. Ispira solidità la scelta alla voce playmaker dell’ex Ludwigsburg Kerron Johnson, mentre il ceco Patrik Auda cerca maggior spazio dopo qualche minuto negli ultimi playoff con Avellino. Un buon barometro di una squadra indicata da molti come la favorita numero uno alla retrocessione potrebbe invece essere il prodotto di Georgetown L.J. Peak, visto nell’ultima stagione tra G-League e Nuova Zelanda, ma dal curriculum che recita di una interessante carriera giovanile, con anche un oro mondiale con la nazionale americana Under 19.

Qualcosa d’interessante si è visto anche in G-League.

Last but not least, la neopromossa Alma Trieste, che torna in Serie A per la prima volta dopo la retrocessione e il fallimento del 2004. I giuliani sono giunti nella massima serie al termine di una stagione abbastanza trionfale nel campionato cadetto, e potranno contare su un pubblico numeroso: è stata raggiunta, nei giorni scorsi, la quota di 4.000 abbonamenti.

Per il ritorno in Serie A, Trieste ha deciso di puntare in primo luogo su uno zoccolo duro della squadra capace di conquistare l’agognata promozione: su tutti, coach Dalmasson (nel capoluogo giuliano dall’estate 2010), il 39enne Alessandro Cittadini e Daniele Cavaliero, unico reduce della squadra che disputò la A 14 anni fa.

Sono i sei stranieri - tutti nuovi - che però dovrebbero consentire all’Alma un campionato abbastanza tranquillo, con pure qualche velleità di playoff: Chris Wright e Justin Knox hanno disputato l’ultima stagione di A con le maglie di Reggio Emilia e Capo d’Orlando; Jamarr Sanders è stato battuto, proprio da Trieste, con Casale Monferrato nell’ultima finale promozione in A2; A2 di cui può vantare una lunga esperienza William Mosley, il “5” titolare sulla carta, alla grande occasione nella categoria superiore; l’ex G-League Devondrick Walker, reduce da un anno di inattività, dovrebbe essere la prima opzione offensiva.

L’uomo di maggiore esperienza della matricola giuliana, e anche il giocatore che potrebbe essere determinante per il salto di qualità dalla zona salvezza a quella playoff, potrebbe invece essere il croato Hrvoje Peric, approdato a Trieste dopo cinque anni a Venezia e giunto in squadra per essere quel leader necessario in un campionato che si annuncia equilibrato e intrigante.

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