Con il 9-0 da record in casa del Southampton, il Leicester ha coronato un avvio di stagione sorprendente per risultati e prestazioni. Ora si può dire che il processo di apprendimento dei principi di gioco di Brendan Rodgers, tornato in Inghilterra lo scorso febbraio dopo una parentesi vincente di due anni e mezzo al Celtic, sia definitivamente concluso. A due mesi dall’inizio della stagione, il Leicester è una squadra con un’identità tattica chiara ed efficace, dal cui collettivo iniziano a emergere anche le individualità più interessanti dal punto di vista tecnico.
Una nuova identità
Rodgers ha subito impostato la stagione su una struttura di gioco definita, al di là delle specifiche situazioni studiate per la singola partita. Il Leicester gioca prevalentemente con un 4-1-4-1 che può tramutarsi al massimo in 4-3-3 o 4-5-1. La priorità è la gestione del possesso in modo agevole, prendendo campo e forzando l’avversario all’errore difensivo, anche attraverso un giro palla paziente, occupando con tanti uomini gli spazi tra le linee ma sfruttando parecchio le catene laterali e la spinta dei terzini.
Queste esigenze tattiche hanno portato l’allenatore nordirlandese a puntare su un nucleo consolidato di titolari. In porta c’è l'indiscusso Schmeichel; la linea difensiva è composta da Ricardo Pereira, Evans, Söyüncü e Chilwell; Ndidi presidia lo spazio centrale, Tielemans e Maddison agiscono prevalentemente tra le linee, mentre l’ampiezza offensiva è garantita da Barnes a sinistra e Ayoze Perez a destra. A completare la squadra c’è ovviamente Jamie Vardy, unico terminale offensivo. Le alternative più utilizzate, soprattutto a gara in corso, sono l’ex Sampdoria Praet, sostituto ideale di Maddison o Tielemans; Albrighton e Gray sulle fasce e Choudhury come interno dalle caratteristiche più fisiche.
I terzini hanno un ruolo chiave nello sviluppo delle azioni. Solitamente la squadra di Rodgers alza il suo baricentro pazientemente, puntando su una circolazione bassa orizzontale, per muovere il blocco difensivo avversario. Non appena si apre un varco, Chilwell a sinistra e Pereira a destra sono sempre molto propositivi nell’attacco della profondità e nel mantenimento dell’ampiezza, tant’è che anche nelle situazioni di maggior supremazia territoriale, con l’azione prolungata sulla trequarti avversaria, è frequente vederli molto alti entrambi, anche contemporaneamente.
Non a caso, nelle partite più dominate della stagione, si notano immediatamente l’altezza e la partecipazione media dei terzini.
È difficile stabilire se a portare il Leicester su questa strada sia stata più la grande propositività dei suoi terzini o la tendenza delle ali e degli interni a stringersi molto dentro il campo, ma il risultato è evidente. Maddison e Tielemans sono due vere e proprie powerhouse del possesso tra le linee e si associano spesso con i difensori, terzini compresi, e l’esterno di parte. I movimenti a venire incontro delle due ali, finora, hanno spesso messo in crisi le difese di Premier e generato uno spazio in ampiezza che viene attaccato attraverso fraseggi veloci, sfruttando appunto le sovrapposizioni frequenti dei terzini.
Classica situazione di sovrapposizione contemporanea di entrambi i terzini, più smarcamenti combinati nella zona centrale e coperture preventive (qui Ndidi protegge lo spazio lasciato libero dal terzino, aprendosi verso destra).
Tutta la squadra, comunque, sembra pensare all’unisono, in maniera propositiva. È molto frequente vedere triangolazioni a uno o due tocchi, e il cosiddetto “dai e vai”.
Nelle immagini qui sotto c’è una delle azioni più descrittive del Leicester di Rodgers. Inizialmente la costruzione si sviluppa a sinistra, dove però Chilwell non ha soluzioni rapide per verticalizzare. Il terzino allora decide di non forzare e ricomincia da dietro. Il consueto giro palla sulla linea dei difensori sfocia su Pereira, che può avanzare. Non appena il terzino vede Ayoze Perez libero davanti a sé, gli suggerisce una triangolazione smarcandosi verso l’interno, e raccogliendo il passaggio (di prima) di ritorno, ne cerca un’altra, immediata, con l’accorrente Vardy. A questo punto il Leicester può ribaltare di nuovo il lato dell’attacco: Pereira trova Barnes in isolamento sulla sinistra, al quale si aggiungeranno rapidamente Chilwell in sovrapposizione e Maddison verso il centro dell’area.
Insomma, si possono vedere le due facce dell’attacco al lato debole del Leicester: in un primo momento molto paziente e poi più veloce, con un’accelerazione improvvisa che taglia il campo in diagonale, grazie alle triangolazioni, e mette in crisi lo scivolamento laterale del Burnley.
Le azioni vengono rifinite in maniera abbastanza varia, sia attraverso cross e traversoni, sia con palle filtranti dalla zona centrale, sfruttando appunto la qualità degli interni e delle ali che tendono a stringersi. Vardy, come ormai noto, è una punta molto più propensa a dare soluzioni di passaggio in profondità, anche muovendosi molto verso l’esterno del campo, e grazie all’autonomia dei compagni alle sue spalle può dedicarsi a giocare sulla linea difensiva e andare verso la porta, senza essere troppo costretto a legare il gioco.
Come molte altre squadre contemporanee improntate al possesso, il Leicester predilige un atteggiamento senza palla abbastanza aggressivo, volto al recupero immediato del pallone, attraverso lo sfruttamento della densità centrale per orientare la circolazione avversaria verso l’esterno e attivare dunque le pressioni individuali. Anche in queste fasi, la mobilità di Vardy è fondamentale.
Una situazione di pressing alto del Leicester.
Si tratta comunque di una squadra abbastanza versatile, capace di accettare tranquillamente anche partite in cui è portata a difendere con un blocco basso ordinato, mantenendo sostanzialmente la stessa struttura tattica, così come visto contro il Liverpool, la partita in cui il Leicester ha prodotto meno occasioni e patito di più le iniziative avversarie. In questo caso Rodgers ha optato per uno schieramento che somigliava quasi a un 4-2-3-1, arretrando leggermente il raggio di azione di Tielemans e inserendo Praet dal primo minuto alle spalle di Vardy, con Maddison a partire leggermente defilato da sinistra e Barnes spostato sulla destra. Si è trattato di una partita sofferta, in cui lo stesso Vardy è stato costretto a scappare spesso all’indietro per sfuggire alla morsa dei centrali di Klopp e ricevere venendo incontro.
Il Leicester non è riuscito a creare la solita mole di pericoli soprattutto a causa della fase difensiva perfetta e dell’apprensione verso il tridente del Liverpool. Il pensiero di dover controllare preventivamente gli smarcamenti in transizione di Salah, Firmino e Mané è costato al Leicester qualche uomo in meno nell’accompagnamento delle azioni, perdendo così una delle proprie armi principali, ossia la creazione di situazioni di superiorità numerica sulle catene laterali. In generale, tolte le comprensibilissime difficoltà contro una squadra forte e rodata come il Liverpool, finora il Leicester è stato difficile da leggere per gran parte dei suoi avversari.
I talenti da seguire
I centrali difensivi contribuiscono in maniera piuttosto lineare all’impostazione della manovra, facendo un lavoro più di ordine che di inventiva. Tra i due, il 23enne Söyüncü sembra essere quello più a suo agio con il pallone tra i piedi, districandosi egregiamente anche sotto pressione.
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Un esempio.
Il turco, pur essendo abbastanza corpulento, non sembra amare molto il contatto fisico preventivo con l’avversario. È un difensore particolarmente preciso nelle letture delle traiettorie e dei tempi di intervento, e finora si è mostrato a suo agio anche ad agire lontano dalla propria porta, con tanto campo alle spalle da coprire. Dato l’atteggiamento propositivo del Leicester, poter contare su profili del genere diventa sostanziale per l’equilibrio complessivo.
Allo stesso modo Wilfred Ndidi, pur non essendo tra i principali costruttori di gioco della squadra, è una delle risorse più importanti per la fase difensiva ed è fondamentale per poter permettere ai due interni di concentrarsi maggiormente al supporto delle azioni di attacco. Oggi Ndidi è il giocatore ad aver collezionato più tackle e intercetti della Premier League (77) e ha raggiunto una maturità tattica che gli consente di leggere in anticipo i posizionamenti da tenere, potendo così coprire sia le avanzate dei compagni di reparto sia quelle dei terzini, posizionandosi in mezzo ai centrali o ai loro lati.
L’importanza di Ndidi nella gestione delle transizioni difensive. Dopo aver accompagnato in avanti l’azione offensiva, a palla persa non è mai pigro nel recupero della posizione ed è abile a riconoscere quando temporeggiare per consentire ai compagni di ripiegare, e quando affondare il tackle (vincendolo, spesso).
I terzini sono molto coinvolti sia nella costruzione dal basso sia nell’ampiezza avanzata. Sia Chilwell che Pereira, però, non sono solo degli alfieri da posizionare per prendere campo, ma anche vere e proprie risorse tecniche, capaci di creare superiorità numeriche attraverso dribbling, puliti nella trasmissione del pallone e incisivi nella conduzione in velocità, oltre che abbastanza grintosi negli uno contro uno difensivi.
Infine, i due interni sono forse il miglior esempio del lavoro di valorizzazione che Rodgers sta mettendo a punto. Dopo l’esperienza deludente al Monaco, Tielemans si è letteralmente rivitalizzato, grazie a un tipo di gioco che gli consente di mostrare tutta la sua associatività, la qualità nel controllo del pallone, la pulizia di calcio e la consapevolezza spazio-temporale, diventando assoluto padrone delle zone interne del campo.
La più grande sorpresa è però il rendimento di James Maddison, passato definitivamente dall’essere un trequartista abbastanza circoscritto alla propria zona di competenza a vero e proprio fulcro creativo della squadra. Già nella scorsa stagione Maddison aveva dimostrato di poter essere un’arma offensiva pericolosa grazie soprattutto al suo ultimo passaggio (con 8.67 xA a partita è stato il terzo giocatore più produttivo della Premier 2018/19), dando un contributo notevole sia per quantità che per qualità di rifinitura.
Tre esempi della velocità di pensiero ed esecuzione di Maddison, che riesce sempre a ridurre al minimo i tempi di gioco grazie a dei perfetti controlli orientati e ai passaggi millimetrici. Alla base di tutto ciò c’è anche tutta la sua predisposizione al riconoscimento rapido della posizione di compagni e avversari e della giocata più vantaggiosa.
Quest’anno, Maddison sembra aver integrato il suo pacchetto con una serie di letture e giocate utili anche per lo sviluppo della manovra, a partire dalla capacità di fornire soluzioni di passaggio ai compagni anche arretrando di qualche metro il raggio di azione, in entrambe le fasi. Oltre a farne un riferimento costante per la verticalizzazione in diverse zone del campo, questa mobilità consente a Maddison di essere un’arma anche nelle situazioni di transizione offensiva nella propria metà campo, quando può innescare immediatamente i compagni in avanti, con grande precisione.
Maddison rimane comunque un giocatore che dà il proprio meglio quando può ricevere palla tra le linee, allargandosi in fascia il meno possibile. L’atteggiamento di copertura dell’ampiezza offensiva scelto da Rodgers lo aiuta molto, in quanto sono i terzini a occupare spesso le fasce negli ultimi trenta metri, combinandosi con gli esterni e consentendo ai due interni di sfoggiare la loro creatività immediatamente a ridosso della trequarti centrale.
La stagione è ancora molto lunga ed è presto per poter trarre delle conclusioni definitive sul rendimento a lungo termine della squadra di Rodgers, però possiamo dire che al momento il Leicester è una delle squadre più interessanti del panorama europeo e che il terzo posto in classifica, a soli due punti dal Manchester City, è la logica conseguenza di prestazioni più che convincenti e di un percorso chiaro, valorizzato da diversi giocatori con un talento speciale e coerente con le idee del loro allenatore.