Genoa e Torino hanno finora rappresentato, con sfumature diverse, due delle delusioni di questo campionato. Entrambe molto cambiate dalle sessioni di mercato, sono state incapaci di ripetersi ai livelli della scorsa stagione: il Genoa qualificato in Europa League (ma non ammesso per la mancata concessione della licenza UEFA) e il Toro nono in classifica dopo aver onorato fino all’ultimo l’Europa, in un percorso illuminato dall’impresa di Bilbao.
Con due rose molto diverse rispetto allo scorso campionato, nemmeno due degli allenatori più esperti e preparati della Serie A, Gian Piero Gasperini e Giampiero Ventura, sono riusciti a dominare le difficoltà ed entrambi hanno finito per essere contestati da una parte dei propri tifosi. Dopo il 3-3 dell’andata, il loro incrocio ha di nuovo dato vita a una delle partite più avvincenti del campionato.
Debolezze e aggiustamenti
Parte della bravura di un allenatore sta nella riconoscibilità dello stile di gioco della propria squadra. Ventura e Gasperini sono due maestri da questo punto di vista: le loro squadre hanno un’identità tattica molto chiara e il gol con cui il Toro sblocca la partita è un esempio preso direttamente dal manuale dei principi di gioco di Ventura.
Il centrale difensivo di fascia (Maksimovic) sostiene l’azione, il primo attaccante (Immobile) va incontro, ma lascia scorrere il pallone e scatta in profondità, il secondo attaccante (Belotti) lo serve chiudendo il triangolo.
Uno dei tratti distintivi di Gasperini è invece la flessibilità del proprio schieramento a seconda delle varie fasi di gioco. Contro il Toro il ruolo più delicato spettava a Laxalt, chiamato a coprire la falla più evidente nella contrapposizione con il 3-5-2 granata. Il 3-4-3 del Genoa era infatti in inferiorità numerica in mezzo al campo, resa ancora più evidente dalle classiche marcature a uomo previste da Gasperini. Con Dzemaili che doveva alzarsi su Vives, il vertice basso del triangolo di centrocampo granata, e Rincón a marcare Benassi, la mezzala sinistra del Toro, Acquah, la mezzala destra, restava libera, costringendo Laxalt a un doppio compito: alzarsi su Maksimovic sull’inizio azione del Torino, pareggiando con Pandev e Cerci i numeri contro i 3 difensori granata, abbassarsi su Acquah nello sviluppo dell’azione per cancellare l’inferiorità numerica in mezzo al campo.
Il Toro ha puntato su questa debolezza dello schieramento rossoblù. Acquah ha giocato più palloni di tutti (67), ma ha sbagliato molto: 23 palle perse (record della partita) e poco più del 70% di precisione nei passaggi, il che spiega il rischio calcolato di Gasperini di lasciargli maggiore libertà rispetto ai compagni. L’azzardo è stato però punito dall’azione del 2-0, impreziosita dalla splendida finalizzazione di Immobile.
Laxalt esce su Maksimovic e nello sviluppo dell’azione è troppo lontano per recuperare Acquah, libero alle sue spalle. Il ghanese ha il tempo e lo spazio per calibrare il passaggio verso Immobile.
Con due azioni tipiche del proprio repertorio, il Torino si è così trovato in vantaggio di due gol dopo un quarto d’ora. Gasperini, a quel punto, ha risistemato la sua squadra e ha posto le basi per la rimonta.
Tutto è partito da una situazione classica per le squadre del “Gasp”, che raramente costruiscono l’azione in mezzo al campo, ma sfruttano le fasce e la superiorità numerica garantita dal tipico quadrilatero del 3-4-3 (centrale di fascia, centrocampista centrale, laterale ed esterno d’attacco). Per pareggiare i numeri il Toro sacrificava un attaccante, che si abbassava a marcare il centrocampista centrale, mentre la mezzala dal lato della palla si alzava a prendere il centrale di fascia, con il laterale e il centrale di fascia a formare le coppie con i rispettivi avversari.
Il Genoa costruiva preferibilmente la propria azione sulla destra, il lato di Rincón, il centrocampista che di solito ha i maggiori compiti d’impostazione, e di Cerci, certamente più pericoloso per il Toro rispetto a Laxalt dall’altra parte. Toccava quindi a Immobile abbassarsi per marcare Rincón, mentre Benassi si alzava su De Maio, inizialmente a sinistra, ma portato dopo pochi minuti da Gasperini nel ruolo di centrale destro. Immobile si è applicato bene all’inizio, ma alla prima occasione in cui ha dimenticato i propri compiti difensivi il Genoa ha sfondato da quel lato, costruendo l’azione che ha portato al rigore del 2-1.
Anche la fase difensiva del Toro ha come principale riferimento l’uomo: se viene a mancare una marcatura il sistema diventa vulnerabile. Immobile non si abbassa su Rincón, che viene così preso da Benassi, Molinaro viene portato fuori posizione da Ansaldi, che crea lo spazio per la discesa palla al piede di De Maio. È l’inizio dell’azione che porterà al primo rigore trasformato da Cerci.
Gasperini ha poi invertito la posizione di Gabriel Silva e Laxalt, portando il primo in marcatura su Acquah e allargando il secondo a sinistra in uno schieramento a specchio rispetto a quello del Torino. Senza più “buchi” nelle marcature e alzando il livello di intensità, il Genoa ha preso così controllo della partita, impedendo al Toro di costruire l’azione in maniera pulita e forzandolo spesso a lanci impossibili da controllare per Immobile e Belotti.
La nuova disposizione del Genoa, ben visibile nell’azione del rigore reclamato da Pandev. Laxalt è largo e Gabriel Silva è in mezzo al campo, Pandev e Cerci sono le due punte. Il Toro nell’occasione è completamente scoperto, Glik e Bruno Peres sono fuori posizione e Pandev è tutto solo alle spalle di Maksimovic.
Il cambio di modulo non ha solo avuto il merito di coprire la falla dovuta all’inferiorità numerica in mezzo al campo, rendendo più semplici le marcature a uomo e di conseguenza il recupero del pallone, ma ha anche reso più fluida la manovra del Genoa (il possesso palla a fine primo tempo è del 57,1%), specie dal lato di Acquah, preso in mezzo tra Izzo e Gabriel Silva e costretto a scegliere se uscire sul primo o restare in copertura per non far ricevere il secondo alle sue spalle. A fine partita Izzo ha toccato più palloni di tutti, 88, ed è secondo nella statistica dei passaggi riusciti, 50, due in meno di Burdisso, il migliore da questo punto di vista. La libertà concessa ai centrali di fascia rossoblù è stata una delle chiavi della partita: sia Izzo che De Maio sono coinvolti nell’azione con la quale i rossoblù guadagnano l’angolo che porta al rigore del 2-2, in cui sono fondamentali due recuperi immediati sui tentativi di rinvio del Toro.
All’inizio del secondo tempo, poi, Gasperini ha “normalizzato” il suo 3-5-2, togliendo un esterno, Laxalt, e inserendo un centrocampista di ruolo, Rigoni. Un’altra mossa azzeccata, visto che è stato proprio l’ex Palermo a segnare il gol che ha completato la rimonta. È comunque da sottolineare come in fase di possesso i movimenti siano rimasti quelli tipici del 3-4-3: Rigoni compensava l’assenza di un esterno d’attacco a sinistra allargandosi e alzandosi molto, mentre dall’altra parte erano Cerci e poi Suso, subentrato all’ex granata, ad allargarsi per non compromettere la formazione del quadrilatero sulla destra.
I quadrilateri formati dal Genoa sulle fasce anche dopo l’ingresso di Rigoni.
La partita si è decisa proprio su uno sviluppo tipico della manovra genoana sulla fascia destra. Moretti ha fermato fallosamente Suso, che si era abbassato per formare il quadrilatero con Rincón, De Maio e Ansaldi, e sulla punizione successiva Rigoni ha segnato il 3-2. Grave l’errore della difesa granata, non coordinata nel movimento a scappare verso la propria porta e pigra nell’attaccare la palla: Rigoni colpisce in assoluta libertà al limite dell’area piccola.
Cambi e risposte
Ventura ha provato a raddrizzare la situazione mettendo dentro Maxi López e puntando in parità numerica i 3 difensori centrali del Genoa. La classica mossa della disperazione quando ormai non c’era più niente da perdere: la squadra si è divisa in due (i 38,2 metri di lunghezza media descrivono una squadra piuttosto lunga in campo) ed è riuscita a creare un solo pericolo grazie a un tiro da fuori di Acquah.
Merito anche della risposta immediata di Gasperini, che ha inserito Tachtsidis per andare a prendere il giocatore rimasto libero da marcature dopo il cambio di schieramento, Glik.
La nuova situazione tattica dopo i cambi: Tachtsidis si alza a marcare Glik, il Toro prova a cercare il pareggio puntando sull’1 vs 1 contro i tre difensori centrali del Genoa.
Si sono creati così una serie di duelli individuali a tutto campo, con il Toro che non è riuscito a sviluppare la sua solita manovra e a servire in maniera pulita le proprie punte, anche perché l’abbassamento di Tachtsidis lasciava il Genoa in superiorità numerica in mezzo al campo, un vantaggio fondamentale nella situazione tattica venutasi a formare dopo i cambi.
Classe media in paradiso
Nelle due sfide tra Genoa e Torino in questo campionato sono stati segnati 11 gol, conditi da una serie di duelli tattici: un buon argomento contro le tesi sulla mediocrità (anche tecnica) della classe media della Serie A. A Marassi c’è stata una sfida di alto livello tra le due panchine, ma anche gesti tecnici da applausi (su tutti il secondo gol di Immobile) e ritmi alti, circondati dall’epicità della rimonta e da una trama che sembrava scritta a tavolino e ha fatto diventare protagonisti i due giocatori più attesi, Cerci e Immobile, entrambi autori di una doppietta.
Il Genoa ha vinto perché ha prevalso nei duelli più importanti. Gasperini ha avuto la meglio su Ventura: con i suoi aggiustamenti e le sue sostituzioni ha inciso in maniera determinante sul risultato e la sua squadra ha dominato sulle fasce, la zona di campo dove era facile prevedere si sarebbe decisa la partita.
Da sottolineare le prove di Izzo e Pandev. Il primo ha intercettato più palloni di tutti, 7, ed effettuato ben 10 recuperi, oltre a non aver mai fatto mancare il proprio supporto alla manovra in fase offensiva. Si tratta di uno dei difensori più completi della Serie A, a suo agio specie in una linea a 3, ed è probabile che Conte ne stia valutando l’evoluzione. Pandev invece sembra aver finalmente raggiunto una condizione accettabile: i suoi movimenti tra le linee sono la dimostrazione che non bisogna essere grandi e grossi per giocare bene spalle alla porta. Il macedone ha dominato il duello con Glik con furbizia e tecnica ed è stato un riferimento importante al centro del campo, completando più passaggi di Dzemaili (25) e creando 3 occasioni (record condiviso con Suso). Sarà difficile tenerlo fuori anche dopo il rientro di Pavoletti, in un finale di campionato che per il Genoa non ha più grandi obiettivi se non quello di restare davanti ai cugini della Samp.
Il Toro, dopo un quarto d’ora praticamente impeccabile, non è riuscito a trovare la soluzione ai cambiamenti del Genoa. Ventura, che aveva vinto il confronto con Gasperini nella strategia iniziale, non ha saputo rispondere alle mosse del collega: la sua squadra è rimasta schiacciata (il baricentro medio è stato basso, 49,1 metri) e non è stata in grado di sviluppare il suo classico gioco ragionato, palla a terra da dietro. Un’altra partita incompiuta per i granata, che riflette bene il senso generale di questa stagione, iniziata con aspettative molto alte e conclusa in modo anonimo, tanto da rendere il derby con la Juve una sorta di ultima chance (per i tifosi) per addolcirla.