Poco più di tre anni fa Bryan Cristante lasciava il Milan per 6 milioni di euro dopo aver giocato appena cinque partite, dividendo in maniera netta i tifosi, tra chi riteneva la cessione un’opportunità troppo vantaggiosa per non essere colta e chi invece gli avrebbe dato fiducia, vista la giovane età (19 anni) e le prospettive lasciate intravedere nelle poche apparizioni concesse.
Cristante ha quindi vissuto esperienze deludenti, per motivi diversi, al Benfica, al Palermo e al Pescara, con presenze in campo sporadiche che non hanno aiutato a scoprire i margini del suo talento e a chiarire che tipo di giocatore fosse. Il centrocampista le ricorda così: «Al Benfica il primo anno con Jorge Jesus è andato abbastanza bene, poi con Rui Vitória ho avuto poco spazio e ho chiesto di andarmene. (…) Ricordo il primo giorno a Palermo, ero atterrato ed era appena stato cambiato l’allenatore: Iachini per Ballardini. Poi Zamparini ha richiamato Ballardini e mandato via Iachini. Un delirio, non si capiva niente, ho perso il conto degli allenatori saltati. A Pescara c’erano gravi problemi, a gennaio la situazione era quasi compromessa».
Cresciuto nel Milan come centrocampista tecnico con un senso spiccato per la verticalizzazione, preciso sia sul corto che sul lungo, Cristante ha già dovuto riadattare molte volte le proprie qualità nel corso della carriera, in squadre piuttosto lontane tra loro per ambizioni e stili di gioco.
Al Milan, Massimiliano Allegri lo ha utilizzato prevalentemente come mezzala in un centrocampo a tre, mettendone in evidenza le doti di inserimento. Jorge Jesus ha quindi provato a trasformarlo nel regista del suo Benfica, schierandolo interno di un centrocampo a due col compito di iniziare l’azione, anche abbassandosi in mezzo ai difensori centrali. A Palermo, nell’unica partita giocata da titolare, è stato schierato da regista in un centrocampo a tre, mentre nel Pescara di Massimo Oddo è tornato a ricoprire il ruolo di mezzala, in una squadra che ambiva a giocare un calcio manovrato palla a terra.
Lo scorso gennaio, dopo la cessione di Roberto Gagliardini all’Inter e con Franck Kessié impegnato in Coppa d’Africa, l’Atalanta ha deciso di puntare su di lui, nonostante le poche presenze accumulate nei due anni e mezzo precedenti e l’incertezza su che tipo di centrocampista fosse: regista o incursore? In un’intervista alla Gazzetta dello Sport poco tempo dopo aver firmato per il Palermo, Cristante mostrava in realtà di avere le idee chiare: «So lanciare i compagni a rete e mi trovo bene davanti alla difesa, così come da mezzala. Ma se devo scegliere io, dico mezzala. Mi piace molto inserirmi, provarci, farmi vedere in zona gol».
Nel calcio di Gian Piero Gasperini, che Cristante trova all’Atalanta, le differenze tra i ruoli sono sfumate. Non sono previsti registi puri («Non c’è bisogno di avere un illuminato che gioca tutti i palloni. Se deve passare la palla a cinque metri, posso darla anche io», citando lo stesso Gasperini), ma chi imposta l’azione deve superare le linee avversarie avendo come riferimenti i rombi che si creano sulle catene laterali (i cui vertici sono disegnati dal difensore centrale, dall’esterno, dal centrocampista e dal trequartista), dove si sviluppa tradizionalmente la manovra delle squadre di Gasperini. I centrocampisti, poi, sono invitati a inserirsi occupando gli spazi aperti dal centravanti.
Lo schieramento tipico delle squadre di Gasperini in fase di possesso: Cristante in questo caso gioca da centrocampista centrale.
All’Atalanta le qualità di Cristante hanno trovato così il terreno adatto per maturare: la pulizia dei suoi passaggi, sia corti che lunghi, è al servizio di un calcio verticale che fornisce diverse opzioni oltre le linee avversarie e fa ampio ricorso a lanci e cambi di gioco, mentre l’attitudine agli inserimenti è incanalata in un sistema che crea spazi da attaccare grazie soprattutto ai movimenti spalle alla porta di Petagna.
Cristante è entrato con naturalezza nei meccanismi di una delle squadre più organizzate del campionato, e alla seconda partita giocata ha trovato il primo gol, nella trasferta a Palermo della scorsa stagione. Un gol bello e strano, perché Gómez e Cristante hanno appena iniziato a conoscersi, ma mostrano quel tipo di intesa che lega ad esempio Insigne e Callejón e si consolida appunto dopo molte partite giocate insieme.
Nello sviluppo dell’azione Gómez e Cristante sono ai lati opposti del campo: l’ex centrocampista del Milan è sulla destra dopo aver servito in verticale Petagna, il “Papu” è sull’amata fascia sinistra pronto a ricevere il cambio di gioco di Freuler. In area c’è solo Petagna, ma girato spalle alla porta, Cristante vede lo spazio per inserirsi e inizia a scattare quando Gómez si sposta il pallone accentrandosi. È chiaro che si aspetti il cross, ma non può conoscere le intenzioni del “Papu”, che ha diverse alternative tra cui scegliere. Gómez nel frattempo ha alzato la testa, analizzato la situazione e scelto una soluzione originale: un passaggio filtrante a mezza altezza che taglia la difesa del Palermo e bacia la testa di Cristante dopo un rimbalzo.
Un gol decisamente creativo, costruito su un’intesa difficile da spiegare. Cristante è appena dentro l’area di rigore quando Gómez carica la gamba per il passaggio e prosegue la corsa fidandosi dell’argentino, il “Papu” riesce invece in qualche modo a intuire la profondità dell’inserimento del compagno, servendolo con un passaggio davvero originale.
I gol segnati, 8 in 26 partite finora con l’Atalanta, sono la parte più visibile della crescita di Cristante in questi mesi. Ne ha segnati ben 6 di testa, anche se non è riconosciuto come uno specialista e non viene utilizzato come un riferimento per il gioco à la Milinkovic-Savic o Fellaini, ad esempio. La dinamica è ricorrente: Cristante entra in area da dietro e gira in porta i cross da sinistra dei compagni. Contano di più il tempismo e il senso innato per gli inserimenti, insomma, che la sua altezza (186 cm). È comunque una minaccia sulle palle inattive: ha segnato 4 gol sugli sviluppi di un corner o di un calcio di punizione, situazioni nelle quali solitamente attacca il primo palo.
Il sistema dell’Atalanta ha favorito la connessione molto forte con Gómez, da cui ha ricevuto 5 assist sugli 8 gol segnati. Oltre a battere i calci piazzati, il “Papu” è ovviamente il riferimento creativo della catena sinistra e con la sua qualità è l’incastro ideale del gioco senza palla di Cristante. La recente partita contro la Juventus ha dato un’altra dimostrazione del tipo di impatto che può avere la loro intesa. Gómez e Cristante hanno costruito un gol meno originale rispetto a quello col Palermo, ma forse più spettacolare: l’ex Milan colpisce infatti di testa in corsa arrivando da dietro con una forza e una precisione che non dà nessuna possibilità di intervento a Buffon.
Gasperini ha utilizzato Cristante in diverse posizioni: da interno di centrocampo, ma anche da trequartista su entrambi i lati, senza particolari responsabilità creative, ma col compito di inserirsi negli spazi aperti da Petagna e di chiudere le catene di fascia da vertice alto, dando un’opzione ai compagni oltre le linee di pressione avversarie per facilitare lo sviluppo della manovra.
Qui passa in mezzo alla difesa dell’Everton su assist proprio di Petagna.
I princìpi di gioco di Gasperini hanno messo Cristante nelle condizioni di fare la differenza anche in un ruolo in teoria poco adatto alle sue caratteristiche tecniche e fisiche. Negli spazi stretti l’ex Milan deve fare i conti con la rigidità imposta dal suo fisico, non è abbastanza agile e rapido né ha la sensibilità tecnica del numero 10 per condizionare la manovra giocando tra le linee. Pressato spalle alla porta va in difficoltà se non ha un compagno vicino a cui scaricare immediatamente il pallone.
Nel gioco di Gasperini deve però limitarsi ai tipici movimenti della catena laterale, tagliando dall’interno all’esterno per dare continuità al possesso o abbassandosi per occupare lo spazio lasciato libero da un compagno, ad esempio dall’esterno che si accentra. Cristante resta un facilitatore della manovra piuttosto che un rifinitore (assiste il tiro di un compagno appena 0,7 volte per 90 minuti, in media) e lo spostamento in una posizione più avanzata gli ha semplicemente permesso di inserirsi con maggiore frequenza. La sua pericolosità si è così impennata: ha eliminato o quasi i tiri dalla distanza per concludere esclusivamente da dentro l’area di rigore (il 92% delle sue conclusioni arriva da lì).
Quando è schierato a centrocampo si occupa invece di iniziare l’azione, e la sua attitudine a giocare in verticale tagliando le linee o lanciando verso il centravanti è particolarmente preziosa per guadagnare metri velocemente. Cristante ama giocare su distanze lunghe, in tutte le fasi: quando ha la palla il primo pensiero è la giocata in verticale, e spesso lo si vede rallentare per dar tempo ai compagni di smarcarsi per servirli con un passaggio taglia-linee o un lancio in profondità, quando difende copre molto spazio, accorciando in avanti e seguendo l’uomo di riferimento anche in zone profonde, rispettando uno dei dogmi di Gasperini.
L’Atalanta si adatta all’avversario anche quando imposta, con frequenti scambi di ruolo che comunque non alterano la struttura posizionale. In questo caso Cristante si sottrae alla marcatura avversaria spostandosi nella posizione di Toloi e ha il tempo e lo spazio per calibrare il lancio lungo.
Non è raro che gli tocchi gestire situazioni d’inferiorità numerica: per avere un uomo in più in difesa, il tecnico dell’Atalanta è solito lasciare un avversario libero, su cui solitamente vuole indirizzare la costruzione della manovra. Una volta entrato in possesso, il centrocampista o il trequartista più vicino scalano su di lui lasciando il proprio uomo di riferimento. Cristante è a suo agio anche in questo caso e non ha problemi a portare una pressione prolungata, accorciando su più avversari nella stessa azione.
Quando entra in contatto con l’avversario è un difensore scomodo da affrontare: prova sempre a insinuarsi tra pallone e avversario allungando la gamba e ha una forza insospettabile, visto il fisico asciutto e longilineo, che non lo fa sfigurare nemmeno nei duelli con i giocatori più fisici del campionato (Nainggolan, Alex Sandro e Mandzukic, ad esempio, coi quali si è incrociato senza perdere il confronto). Ha maggiori difficoltà quando corre verso la propria porta («Vorrei crescere in rapidità, soprattutto nei primi passi», ha detto in un’intervista alla Gazzetta dello Sport), ma se ha abbastanza spazio per tornare a contatto con l’avversario compensa col fisico quanto perde in velocità nei primi metri.
Alla fine dello scorso campionato Gasperini lo aveva indicato come sorpresa più gradita: «Era un po’ sparito, ma ha fatto un finale di stagione notevole». Il gran periodo di forma sta continuando nei primi mesi di questa stagione, in cui si sta segnalando come il centrocampista più prolifico della Serie A. Cristante ha pure esordito in Nazionale, un traguardo impensabile fino a poco tempo fa, vista l’evoluzione della sua carriera da quando ha lasciato il Milan, nonostante stiamo comunque parlando di un giocatore di appena 22 anni.
All’Atalanta Cristante ha trovato la fiducia di cui ha bisogno ogni calciatore per mettere in mostra il proprio talento e un contesto che ne ha definito in maniera chiara le caratteristiche. «Quando ti senti sicuro provi giocate differenti e spesso ti riescono», ha spiegato alla Gazzetta dello Sport, «Io ero arrivato a Bergamo sperando di svoltare e subito ho avuto buone sensazioni. Sentire fiducia è importante, anche se devo ammettere di essere andato oltre le mie stesse aspettative».
Non ci sono molti centrocampisti in Serie A in grado di combinare la sua pulizia tecnica, la capacità di coprire ampie porzioni di campo e il suo senso per gli inserimenti. L’Atalanta lo ha preso in prestito dal Benfica e a quanto pare potrà riscattarlo pagando appena 4 milioni, una cifra irrisoria visto il rendimento avuto in questi mesi. È probabile che a breve Cristante tornerà a confrontarsi con contesti di livello più alto, con maggiori pressioni e meno tempo e possibilità per mettere in vetrina il proprio talento.
La traiettoria della carriera di ogni giocatore, specie se giovane e sul punto di affermarsi, è legata a infinite variabili, molte delle quali indipendenti dalla propria volontà. Nel caso di Cristante i tasselli hanno faticato a incastrarsi per due anni e mezzo, fino a quando non ha incontrato Gasperini. Ora che sembrano finalmente al posto giusto sarebbe un peccato sprecare uno dei talenti più unici tra i centrocampisti italiani per mancanza di tempo o fiducia, come fatto dal Milan tre anni fa.