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L’Euro Step come la mossa Kansas City
24 apr 2020
La sottile arte di spiazzare l'avversario in terzo tempo.
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8 min
(copertina)
Foto di Hannah Foslien/Getty Images
(copertina) Foto di Hannah Foslien/Getty Images
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Ci sono vari modi per raggiungere un obiettivo. Molte volte la via più semplice è quella che viaggia in linea retta, ma altrettanto spesso ci è impossibile da percorrere. In questo caso siamo siamo costretti ad inventarci uno zig-zag fatto di inganni e bugie - perchè se dichiarassimo da subito le nostre intenzioni, qualcuno o qualcosa ci impedirebbe di ottenere ciò che vogliamo.

Prendiamo ad esempio Slevin Kelevra, il protagonista di Slevin - Patto Criminale, che vuole vendicarsi degli uomini che gli hanno ucciso la famiglia quando era un bambino. Per farlo dovrà costruire un elaborato piano basato su un inganno chiamato “La Mossa Kansas City”. Se non lo conoscete, è molto semplice: non dovete fare altro che disorientare i vostri avversari, rendendo le vostre reali intenzioni nascoste fino all’ultimo momento, nel quale potrete finalmente rivelare il diabolico piano. Con un colpo di teatro cade la maschera e si svela l’inganno. Ma è troppo tardi, è stato così ben congegnato e così ben realizzato in ogni suo più sottile particolare che ormai è impossibile da fermare.

L’Euro Step è forse il movimento che meglio esemplifica tutto questo. È letteralmente la traduzione cestistica della mossa Kansas City, ma con una palla in mano. Il difensore guarda a destra e tu vai a sinistra.

Alle origini dell'Euro Step

Non è semplice individuare con chiarezza l’inventore dell’Euro Step. Non ci sono fonti attendibili né testimonianze che confermino la presenza di un unico padre fondatore, come ci insegnano Bell e Meucci. Anzi proprio per la sua natura in continua evoluzione, è molto probabile che l’Euro Step abbia avuto un’origine, diciamo, darwiniana.

Le prime testimonianze risalgono quindi agli anni ‘60 e ‘70, quelli della American Basketball Association, una lega poi assorbita dall’NBA nel 1976. Erano anni in cui il basket americano era solamente all’inizio del percorso che l’ha poi portato a diventare l’entità sportiva, economica e culturale che è oggi. E gli atleti in campo non sono da meno: portano divise attillate, si muovono goffamente e molti tirano a due mani. I video dell’epoca rivisti fanno quasi ridere, se non fosse per giocatori con Elgin Baylor e Julius Erving che svettano per tecnica e fisicità sulla mediocrità che li circonda. O forse fanno ridere proprio per quello.

Qui comunque si può perfettamente vedere come l’Euro Step già esistesse, anche se era probabilmente qualcosa di raro.

In realtà l’Euro Step però diventa l’Euro Step solamente dopo, negli anni ‘90, quando Sarunas Marciulionis arrivò dalla Lituania ai Golden State Warriors di Don Nelson. Marciulionis era il contrario dello stereotipo dei giocatori europei, tiratori magri incapaci di adattarsi alla durezza del basket americano. Era infatti un mancino atletico e ben piazzato che non aveva affatto paura di quella maggior fisicità, ma che sapeva anche che non sempre la via più breve è quella giusta quando si tratta di arrivare al ferro attraverso una selva di avversari.

Per questo motivo, quando Marciulonis puntava il canestro preferiva evitare il corpo a corpo usando un terzo tempo atipico che, dopo un primo passo forte in una direzione, ne prevedeva un altro dalla parte opposta per disorientare il proprio difensore prima di concludere al ferro. Facile a dirsi, meno a farsi.

Nonostante l’apporto innovativo, l’Euro Step era e rimane tuttora un movimento fondamentalmente semplice che necessita soprattutto di una buona coordinazione e di un’ottima capacità di lettura. La sua efficacia non è infatti basata su un dominio tecnico o fisico di un giocatore su un altro, ma sul fatto che l’attacco riesca ad ingannare la difesa sfruttandone i limiti strutturali.

Non potendo pensare di fermare gli avversari ad ogni azione, i difensori sono costretti a prendersi dei rischi calcolati nelle situazioni che ritengono meno pericolose. Nel momento in cui un giocatore avversario va in penetrazione, il suo difensore sa che questo può fare al massimo due passi dopo aver raccolto la palla e, nella maggior parte dei casi, dà per scontato che quei due passi siano nella stessa direzione, la più veloce per arrivare al canestro.

Se il difensore vede quindi che il primo passo è a destra, automaticamente, quasi per abitudine, si sposterà conseguentemente. È quello che gli hanno insegnato. Ma se l’attaccante fa invece un secondo passo a sinistra, esattamente dove il difensore sperava non andasse, taglia fuori completamente il suo uomo, rimanendo così più o meno solo a canestro per un facile lay-up.

Un movimento già di per sé lento alla slow motion acquisisce un'ulteriore dimensione.

E’ un gioco di sguardi come lo è di piedi e di tempismo: il primo che si muove è un uomo morto. Uno dei giocatori che ha spiegato l’Euro Step sui parquet NBA è stato per anni Manu Ginobili, argentino ma di scuola cestistica europea. L’elusività del suo lavoro di piedi e il suo essere mancino lo rendevano l’incubo dei lunghi inchiodati nel pitturato. Qui ad esempio gli Spurs giocano un pick and roll centrale. Ginobili taglia fuori Iguodala sfruttando il blocco di Gasol e si ritrova così in uno contro uno con David West, ovvero il difensore del bloccante. West, dovendo difendere tutta l’area da solo, temporeggia e aspetta che sia l’argentino a muoversi per primo: Manu lo sa e finge un terzo tempo a sinistra con un lungo passo in quella direzione. West ci crede e si sposta da quella parte, ma è fuori equilibrio e troppo lento: Ginobili fa un passo laterale a destra e conclude infine al ferro con la mano teoricamente più debole. Due punti.

Un movimento in rinnovamento continuo

Una delle cose più affascinanti del basket è ammirarne da vicino sua continua evoluzione. Infatti, non solo la pallacanestro oggi è uno sport globale praticato in ogni continente, ma ha anche raggiunto dei livelli tecnici ed atletici tali da renderlo molto differente da come era stato concepito. Cento anni fa nessuno si sarebbe aspettato che atleti così fisicamente imponenti potessero muoversi con la velocità e la rapidità a cui ora siamo abituati.

Parte di questo processo trova la sua spiegazione nello stile di gioco dinamico che la NBA ha spinto negli anni attraverso alcune nuove regole, favorendo così soprattutto i giocatori più atletici e agili. Ma è stata soprattutto la stessa natura competitiva di questa lega a spingere gli atleti a migliorarsi continuamente: chi non si evolve in tempo trova sempre meno spazio in campo fino a non trovarne più.

L’Euro Step è un chiaro esempio di tutto questo. Da una parte, come movimento ha smesso di essere una rarità tecnica, testimoniando così il maggior livello generale della lega. Giocatori come Manu Ginobili e Dwyane Wade hanno infatti normalizzato l’Euro Step, al punto che nel 2020 è diventato ormai una di quelle go-to moves imprescindibili che ogni professionista deve avere all’interno del suo bagaglio tecnico per riuscire a emergere in uno sport sempre più complesso.

Dall’altra continua a esistere sul limite della curva dell’innovazione tecnica e fisica di questo sport, mostrando come il basket si stia evolvendo. Non è quindi un caso se gli MVP delle due ultimi stagioni NBA sono due giocatori famosi anche e soprattutto per le loro due interpretazioni dell’Euro Step.

Il World-step di Giannis.

In particolare, Giannis Antetokounmpo rappresenta una nuova tipologia di giocatore fisicamente dominante e sta ridefinendo cosa ci si possa aspettare da un atleta alto più di 2 metri e dieci. Nel video qui sotto il numero 34 dei Bucks copre tutto il campo con tre palleggi, finta lo scarico mentre fa un Euro Step e poi schiaccia su Serge Ibaka. È una cosa irreale e fino a qualche anno fa impensabile perché molto semplicemente non esistevano giocatori in grado di fare cose simili, o almeno non tutte insieme. Giannis fa qualcosa di simile ogni partita ed più probabile che la NBA di domani assomigli più a lui che a Bob Cousy: questo dovrebbe darvi idea di quale sia la sua importanza nel cammino evolutivo di questo sport.

Ciò che rende invece James Harden unico è la sua capacità di spingere costantemente più in là i limiti del gioco. Nello specifico, Harden è il giocatore che forse ha sfruttato più di tutti a suo vantaggio la nuova regola sullo “gather step”, ovvero il passo zero, diventando praticamente immarcabile. Questo non si vede solo negli step back ma anche nei suoi Euro Step dove, legalmente, fa tre passi invece che due, mandando in confusione le difese e i puristi del gioco. Così facendo Harden, grazie soprattutto al suo status di superstar e quindi all’impatto che può avere sulle nuove generazioni, continua a spingere una visione futuristica di questo sport che lo porterà a lasciare un basket profondamente diverso da come l'aveva trovato quando si ritirerà.

L’evoluzione dell’Euro Step non solo ci insegna come un movimento possa variare nel tempo, ma dimostra anche come il basket rimanga uno sport vivo e in espansione nonostante sia stato inventato più di 100 anni fa. Le regole cambiano e così il modo di giocare, nonché il livello richiesto per eccellere: non basta più saper fare bene una o due cose, per avere un impatto duraturo bisogna essere bravi in tante cose e inarrestabili in più di una. E non basta essere solamente potenti o solamente tecnici, ma bisogna saper abbinare più caratteristiche - e sfruttare un aspetto spesso sottovalutato per mandare in crisi le difese, cioè l'equilibrio e il controllo del proprio corpo.

Fino a quando questa evoluzione continuerà ad accadere, i confini conosciuti del gioco continueranno ad allagarsi - e così si troveranno modi sempre nuovi per farvi guardare a destra e poi andare a sinistra.

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