L’Olanda si è presentata ai Mondiali con l’aspettativa di fare bene. Non partiva con i favori del pronostico come USA, Francia e Inghilterra, ma diciamo subito sotto: alla fine parliamo della Nazionale che ha vinto l’ultimo Europeo e che può vantare alcune tra le migliori giocatrici al mondo. Le prime partite hanno però mostrato una squadra fragile, soprattutto nella manovra: ha superato al debutto la Nuova Zelanda solo nei minuti di recupero, avuto la meglio del Camerun grazie ad uno sforzo nel secondo tempo e sofferto nel 2-1 contro il Canada (che comunque rimane una delle Nazionali più competitive).
In tutte le partite a fare la differenza è stata la qualità individuale di alcune giocatrici e questo è stato ancora più evidente negli ottavi contro il Giappone. Le avversarie dell’Olanda sono state superiori nel gioco, creando diverse occasioni limpide, finendo però per soccombere al talento di Lieke Martens. Votata migliore in campo sia all’esordio che negli ottavi contro il Giappone, grazie alla doppietta con cui ha permesso alla sua squadra di accedere ai quarti, Martens è diventata la prima olandese a segnare in due diversi Mondiali (nonché l'autrice del gol olandese più veloce in un Mondiale).
Lieke Martens era una delle stelle annunciate di questo Mondiale: miglior giocatrice dello scorso Europeo, a 26 anni gioca nel Barcellona e viene da una finale di Champions League, dove, pur perdendo in maniera netta contro il Lione, un suo assist nel finale era valso il gol della bandiera.
Nonostante sia stata eletta migliore in campo all’esordio contro la Nuova Zelanda, Martens in patria non è stata risparmiata dalle critiche per essere stata troppo poco decisiva nelle altre due partite del girone. Lei stessa dopo la vittoria col Giappone ha detto: «Ho giocato alcune partite non alla grande e ho anche ricevuto alcune critiche. La critica fa parte del gioco. Sono contenta di aver mostrato contro il Giappone cosa posso fare».
Una partita che ha aperto con uno spettacolare gol, deviando di tacco un calcio d’angolo calciato sul primo palo, finito in porta dopo essere passato sotto le gambe di una avversaria e chiuso con il gol del 2-1 su rigore al 90’, forse il più pesante della storia della sua Nazionale: «Mi sentivo bene e volevo calciarlo. Mi è stato permesso da Sherida (Spitse, la rigorista, nda), mi sono avvicinata a lei e le ho chiesto se potevo». La tranquillità con cui si è presa una responsabilità così grande era già stata sottolineata in passato dall’allenatrice Sarina Wiegman: «Ha un carisma tranquillo, sa quello che possiamo fare e come guidarci. Porta tranquillità nella squadra, è il pilastro del nostro successo».
La prestazione contro il Giappone ha permesso a Martens di scrollarsi di dosso queste nuove critiche sul suo essere troppo fumosa e poco decisiva. Intervistata dopo la partita a riguardo dal TelegraafAnouk Hoogendijk (una delle leggende del calcio olandese degli anni 2000) ha detto: «È complicato per Lieke eccellere. Le avversarie al giorno d'oggi si concentrano completamente su di lei», aggiungendo poi della sua forza mentale: «Ognuno ha un'opinione su di lei al giorno d'oggi. Vedo che lei ha difficoltà con questo, ma lo accetta e lo gestisce nel miglior modo possibile. Ieri ha dimostrato di essere mentalmente molto forte. Ha dimostrato di essere una vincitrice di livello internazionale».
Chi è Lieke Martens
Lieke Martens è un personaggio fondamentale per capire il calcio femminile oggi, per il percorso tortuoso che ha dovuto affrontare solo pochi anni fa e per quanto la sua immagine è cambiata completamente nell’ultimo biennio. In un paio di anni Martens si ritrovata improvvisamente ad essere famosa a livello internazionale, dopo la vittoria dell’Europeo e il passaggio al Barcellona, con un contratto da 200mila euro a stagione. In quel momento è diventata la stella della squadra e l’immagine della sezione femminile.
Ne ha parlato lei stessa in un articolo a The Players’s Tribune: «La mia vita è cambiata dalla vittoria all’Europeo. Credo che la cosa più incredibile è che quando cammino per strada le persone mi riconoscono. Anche a Barcellona i turisti olandesi mi fermano per chiedermi una foto. Quello che mi riempie veramente il cuore è che sono sempre positivi riguardo la nazionale femminile».
Negli ultimi due anni Martens ha scritto un’autobiografia e ha partecipato a diversi spot insieme a calciatori maschi (recentemente ad uno della Nissan) oltre ad aver firmato un contratto anche con la Nike, che l’ha resa la sua calciatrice di punta nel mercato europeo per l’azienda americana: è lei la prima calciatrice inquadrata e quella con più screentime nell’ormai famoso spot premondiale con la mascotte che viene trascinata in campo. Inoltre è lei l’unica che ha anche una pagina dedicata sul sito europeo di Nike.com (gli altri calciatori sono: Cristiano Ronaldo, Neymar, Mbappé e Asensio).
Questo spot della Nike mostra come Martens sia la calciatrice di punta della marca, mentre in quest’altro quanto per lei sia importante essere un modello per le giovani ragazze che amano il calcio.
Il pezzo su The Players’s Tribune raccoglie sia i suoi primi ricordi che alcune osservazioni interessanti su cos’era il calcio femminile solo pochi anni fa: «All’epoca il calcio femminile in Olanda non era sviluppato come ora. Oggi le bambine possono vedere una strada verso il successo, hanno idoli femminili, possono sognare di giocare in grandi squadre come l’Ajax, il Barcellona, il Manchester City. Io non potevo. Sapevo soltanto che volevo giocare a calcio, tutto il tempo. Non avevo idoli tra le calciatrici, non avevo nessuna che faceva quello che volevo fare. Non sapevo neanche che esistesse la nazionale olandese femminile». Martens racconta anche che è cresciuta ripetendo in giardino le finte di Ronaldinho, il suo idolo di sempre: «Amavo il suo stile. Ricordo che c’era uno spot in tv chiamato Joga Bonito in cui lui e altri giocatori provavano a fare giocate con la palla. Quindi passavo il tempo su YouTube a studiare le sue mosse, provare a copiare quello che faceva».
Racconta inoltre di aver voluto fare la calciatrice da sempre, nonostante nel piccolo paese in cui è nata non fossero presenti squadre femminili. Come per molte altre calciatrici, Martens ha iniziato a giocare a pallone in una scuola calcio maschile della sua città, dove i genitori l'avevano segnano a 5 anni. Da lì inizia un lungo percorso che l'ha vista spostarsi per tutta l’Olanda per migliorare il proprio talento, anche se è stata costretta a giocare ancora in partite miste: a 8 anni viene notata da un’allenatrice nazionale e convinta a trasferirsi nella vicina provincia del Brabante Settentrionale per giocare in strutture migliori. Per tutta l'adolescenza si trova a vivere la questione di essere l’unica ragazza in mezzo ai ragazzi.
In quel periodo alcuni genitori si stupivano della sua presenza in squadra: «Una ragazza in campo? Non può giocare a calcio», anche per gli avversari non era semplice: «I ragazzi e le ragazzi sono differenti, a quell’età loro erano molto più veloci e forti fisicamente di me. Per questo non erano abituati a vedere questa piccola ragazza che li dribblava. Per alcuni era un problema, non gli piaceva». Una situazione non facile, nonostante i compagni di squadra fossero inclusivi: «Certo la nostra squadra festeggiava tutta insieme in campo dopo una vittoria, ma poi i ragazzi andavano nello spogliatoio a festeggiare, mentre io dovevo ovviamente fare la doccia in uno spogliatoio diverso. A volte potevo sentirli cantare e fare cori insieme attraverso il muro. Mentre io ero sola a togliermi gli scarpini».
Solo a 15 anni Martens riesce finalmente a giocare con solo ragazze, quando si trasferisce ad Amsterdam per entrare nel progetto di un'accademia federale. Possiamo dire che in quel momento inizia la sua carriera vera e propria, perché l’anno successivo firma un contratto professionistico con l’Heerenveen, trasferendosi nel nord del paese. Il suo percorso fa pensare a quante ragazze, anche in un paese avanzato come l’Olanda, non hanno avuto la fortuna di avere genitori comprensivi e disponibili a permettere ad una ragazza di lasciare casa così presto per continuare a giocare fino a farne una professione, in un campo, quello del calcio femminile, tutt’altro che sicuro.
Il debutto comunque è arrivato subito, e Martens si è fermata pochissimo in Olanda: dopo due anni passa in Belgio, poi due anni in Germania e tre in Svezia. Infine, a 24 anni, il passaggio al Barcellona dove vince il premio alla migliore giocatrice UEFA 2017 e il BEST FIFA 2017. Per sua sfortuna il Pallone d’Oro femminile è stato istituito solo l’anno successivo. Anche senza premi individuali, comunque, Martens rimane una migliori calciatrici al mondo, sicuramente tra le più carismatiche e spettacolari da veder giocare.
Creatività al Mondiale
Come faceva il suo idolo e come fa anche nel Barcellona, Martens in questo Mondiale parte inizialmente larga a sinistra in un tridente, schierata a piede invertito in modo sia da puntare la diretta avversaria, che accentrarsi e creare gioco o concludere. I suoi compiti sono quelli del rifinitore “all’olandese”, ovvero generare costante superiorità numerica per vie esterne associandosi con la propria catena di fascia, formata dal terzino Van Dongen e dalla mezzala sinistra Van de Donk, così da attrarre l’attenzione della difesa e servire una compagna che intanto si è liberata in area (idealmente la punta Miedema sul primo palo o l’esterno di fascia opposta Van de Sanden sul secondo).
Martens ha un ottimo ultimo passaggio, anche se finora in questo Mondiale è stata impiegata principalmente per la sua capacità di ricevere sulla linea laterale ed arrivare sul fondo. Pur essendo di piede destro ha mostrato di saper crossare con precisione anche con il sinistro se necessario (come contro il Giappone nelle prime due occasioni da gol create). Tuttavia il meglio lo dà quando, una volta saltata la diretta avversaria, può entrare in area con la doppia minaccia di trovare una compagna o tirare in porta.
Martens scandaglia continuamente il campo, anche quando è in possesso del pallone e questo le permette di avere sempre più di un’opzione a disposizione. Quello che però sembra divertirla di più è il dribbling secco, fondamentale in cui si vede che è cresciuta con i video di Ronaldinho. Il punto forte di Martens è la capacità di proteggere il pallone sotto pressione e allo stesso tempo di riuscire spesso a superare l’avversaria nell’uno contro uno per arrivare all’assist o alla conclusione. Se punta l’avversaria sembra sempre in grado di mandarla a terra.
Martens è prima di tutto una giocatrice tecnica e creativa. Ama ricevere sui piedi, alzare la testa e decidere cosa fare in una frazione di secondo. Pur essendo rapida in conduzione, più che sull’atletismo punta sulla tecnica per determinare le proprie scelte. La velocità di esecuzione è impressionante, ma è la capacità di creare a fare la differenza. Questo la rende una giocatrice imprevedibile: crea tantissimo, sbaglia altrettanto, è capace di inventare dal nulla la giocata per liberarsi di un avversaria, anche prendendo ispirazione dai giocatori che ha visto crescendo. Per dire: si è presentata al Mondiale con una sua versione della Cruyff turn al primo pallone toccato.
Non c’è stata partita in questo Mondiale in cui non ha provato qualcosa di nuovo, con l’entusiasmo di chi riesce ad inventare sul momento. Difendere su di lei è complicatissimo perché è totalmente imprevedibile. Ed è proprio questa unione di tecnica individuale e creatività la rende una giocatrice tanto entusiasmante.