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Perché Lindstrom non gioca mai?
25 mar 2024
L'unica certezza della stagione del Napoli è che Lindstrom resta in panchina.
(articolo)
9 min
(copertina)
Foto di IMAGO / nogueirafoto
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Il Napoli sta vivendo una stagione che ne vale cinque. Sembra passata un’era storica da quando, in estate, Aurelio De Laurentiis annunciava l’ingaggio di Rudi Garcia. In questi mesi più o meno tutti hanno litigato con tutti, la valutazione su ogni giocatore è cambiata di partita in partita; si sono alternati tre allenatori, con ambizioni, visioni del calcio e della vita profondamente diverse. Una sola cosa non è cambiata: Jesper Lindstrom non gioca mai.

Nelle ultime tre partite di campionato ha collezionato in totale 7 minuti. Contro Juventus, Torino e Inter Calzona lo ha fatto lungamente scaldare, per poi usare il suo prezioso contributo per qualche pallone strusciato per sbaglio.

A San Siro ha toccato palla due volte. Al 94’, un minuto oltre la fine teorica del tempo, scatta oltre la metà campo con la fiducia cieca che Raspadori avrebbe vinto il duello aereo con Bisseck. Quello, in effetti, lo vince. Allora Lindstrom riceve palla: è il momento in cui ha l’occasione per dimostrare qualcosa. La velocità, il dribbling, sono le sue armi migliori. Può diventare il giocatore decisivo del Napoli, per una volta. Chissà che nella prossima partita Calzona non faccia l’azzardo di farlo giocare titolare. Lindstrom porta palla e attira tre giocatori. È chiuso ma dall’altro lato del campo Cyril Ngonge chiama palla, solo davanti a Sommer. La finestra per dare l’assist, però, si richiude, e Lindstrom viene fermato da Calhanoglu. Una di quelle chiusure umilianti in cui il giocatore che prova il dribbling si accartoccia su sé stesso mentre la squadra avversaria riparte a testa alta.

Lindstrom ha perso un’altra possibilità per dimostrare qualcosa.

Ma come si fa a giudicare l’errore di un giocatore che ha potuto toccare solamente due palloni in quella partita? Che tipo di intensità zen bisognerebbe avere? E perché Calzona lo fa entrare? Pensa davvero che in quel minuto Lindstrom possa fare qualcosa di importante? Oppure sono sostituzioni simboliche, o fatte per perdere tempo?

Contro il Torino Lindstrom ha potuto toccare la palla 3 volte con i piedi e 1 con le mani, se consideriamo la rimessa laterale. Contro la Juventus ha avuto il privilegio di sfiorare il pallone una volta, in un contrasto, cadendo subito dopo. Nelle ultime tre partite ha toccato il pallone cinque volte.

Certo è una situazione estrema. Nel mezzo c’è stata la partita di Champions contro il Barcellona in cui ha avuto la bellezza di mezz’ora per dimostrare qualcosa. È entrato con la squadra in svantaggio e la partita che sembrava ormai avviata verso uno stanco garbage time. Si è limitato a qualche passaggio all’indietro, finché non ha avuto quella gigantesca occasione di testa. La palla che gli arriva sul secondo palo, mentre non è marcato da nessuno. La palla giusta per il giocatore sbagliato, visto che Lindstrom non ha mai segnato di testa in carriera. Ovviamente sbaglia, e quel suo colpo di testa diventa il simbolo dei rimpianti del Napoli. C'è una foto di lui che abbraccia il palo della porta con lo sguardo perso nel vuoto. Tutto intorno i compagni si mettono le mani nei capelli. Come sarebbe cambiata la sua stagione se avesse segnato quel gol? Non ha ancora segnato con la nuova maglia.

Entrare negli ultimi due minuti è il tipo di trattamento che in genere non si riserva a nessuno, se non a qualche giovane della primavera, figuriamoci al più costoso acquisto del Napoli, arrivato in estate per 30 milioni. Non c’è forse un mistero più grande oggi in Serie A. Che fine ha fatto quel giocatore leggero e delizioso arrivato in un'estate piena di promesse? Come ci si è ridotti a farlo entrare ogni volta a un minuto dalla fine delle partite, come per punizione? Se si scrive “Lindstrom” su Google uno dei primi suggerimenti è “perché non gioca”.

Molti tifosi del Napoli stanno diventando pazzi a vederlo marcire in panchina. Quando entra non è mai scazzato, sembra davvero convinto di poter cogliere la sua opportunità. Qualcun altro però ha iniziato ad appiccicargli l’etichetta del bidone, come si fa con i giovani che provengono da campionati esotici che non hanno dimostrato nulla in carriera. Cresciuto nel Brondby, il club in cui hanno forgiato il proprio talenti i due Laudrup, Lindstrom ha giocato già due stagioni di alto livello all’Eintracht Francoforte, in Bundesliga. Una squadra che ha vinto l’Europa League ma che ha mostrato una preoccupante tendenza a produrre giocatori che funzionano solo lì a certi livelli (Kamada...). Di quella squadra Lindstrom era uno dei giocatori più interessanti. Al primo anno all’Eintracht ha vinto il premio di Rookie dell’anno davanti a Dominik Szoboszlai.

Il suo arrivo sembrava avere molto senso quest’estate, visto che il Napoli aveva bisogno di aumentare la qualità sugli esterni. Il tema dell’esterno destro è storico per il club. Lindstrom sembrava perfetto per diverse ragioni, ma soprattutto perché era diverso da tutti gli esterni avuti in rosa dal Napoli: per essere incisivo non aveva bisogno di toccare molti palloni. È un giocatore che sta comodo alla periferia del gioco, per accendersi quando necessario per andare in verticale rapidamente, con o senza palla. Insomma, quello che avrebbe dovuto essere e non è mai stato Hirving Lozano, a parte che Lindstrom tecnicamente sembrava più promettente e tecnico. Un’ala da far giocare sul lato debole, che possa produrre situazioni anche se è Kvara dall’altra parte a monopolizzare il gioco. In più un giocatore che lavora molto senza palla in pressing, quindi ideale per l’idea di Rudi Garcia di plasmare un Napoli più aggressivo. Si pensava che col tempo si sarebbe potuto pure adattare al ruolo di mezzala, magari con fin troppo ottimismo.

E allora, cosa è andato storto?

Impossibile da dire, considerando che Lindstrom non ha mai giocato. Su cosa dovremmo basare il nostro giudizio? Ha giocato titolare una sola partita, contro il Lecce a settembre, non arrivando nemmeno all’ora di gioco totale. Dopodiché altre 22 presenze, tutte dalla panchina, quasi mai come primo cambio. A Lindstrom sono davvero concesse poche briciole di gioco, in contesti di partita spesso sfavorevoli o chiusi. Gli si chiede “fai qualcosa” o “fai come ti pare” a seconda del risultato. Avere un impatto entrando dalla panchina è una qualità molto specifica di un giocatore, e non tutti la possiedono. Lindstrom ha un numero esorbitante di palle perse: 4.4 ogni 90 minuti, che possono essere la spia di quanto gli si chiede di incidere, e di quanto lui ci riesca poco.

Forse Lindstrom si è macchiato di qualche colpa in quell’unica presenza da titolare contro il Lecce? Il Napoli ha vinto 4-0 una partita comoda in cui Lindstrom ha giocato un’ora senza brillare particolarmente. Lì è finita: unica partita da titolare con la maglia del Napoli.

Il tema torna a galla ciclicamente. Rudi Garcia, interrogato in conferenza, è stato molto duro: «Un esterno deve produrre qualcosa, gol e assist». Ma Lindstrom ha giocato così poco, come faceva a “produrre”: «Anche con poco tempo di gioco deve dimostrare di essere decisivo» ha detto il tecnico. Mazzarri è stato più morbido, ma ha dato una spiegazione diversa. Secondo il tecnico, di fatto, il campionato italiano è troppo tattico per lui. Calcolando che molti italiani usano la parola “tattica” come sinonimo di “difensivo” il sottile rimprovero a Lindstrom è che deve imparare ancora a difendere. Qualcosa a cui aveva accennato anche Garcia. Tutti dicono che Lindstrom è serio, dedicato, positivo, ma poi evidentemente quando c’è da difendere…

Ci sono poi le leggende. Secondo il giornalista Liberato Ferrara Lindstrom gioca male per un problema di postura, facilmente risolvibile con una suoletta ortopedica. «La suoletta è stata realizzata, ma De Laurentiis non vuole firmare l'accordo con questa azienda ortopedica per la fornitura del materiale alla squadra» ha detto il giornalista.

Finché c’era Zerbin, persino lui - poi mandato in prestito - gli finiva davanti. Oppure Gaetano. L’impressione è che se ci fosse il “Pocho” Lavezzi del 2024 giocherebbe pure più di Lindstrom. Figuriamoci se può contestare il posto a Kvaratskhelia. E a Politano?

Di sicuro oggi Politano, che di per sé soffre di una sua sottovalutazione, ricopre un’importanza molto grande nel gioco offensivo del Napoli. Nel modo in cui interpreta il ruolo di esterno offensivo, non ci può essere un giocatore più diverso. Politano porta palla con grande sicurezza, ricoprendo una funzione chiave per una squadra che ha asciugato la propria fase di possesso come il Napoli. Lindstrom ha un gioco invece troppo rischioso ed estemporaneo, è “leggero” nell’accezione più metaforica del termine: perde tanti palloni, si associa poco e male con i compagni, è inconsistente. All’Eintracht giocava in un ruolo che, per quanto sembri simile, era in realtà molto diverso: trequartista di un 3-4-2-1 molto diretto e di transizioni. Giocava, insomma, in una zona diversa, più centrale, e in situazioni di gioco molto diverse, in cui poteva abbassare la testa e correre negli spazi. O comunque giocare un calcio rapido e istintivo. Il Napoli, al contrario, è una squadra di dominio territoriale. La squadra della Serie A che gioca di più nella metà campo avversaria, e che quindi offre meno spazi ai propri giocatori. Dentro questi spazi stretti, Lindstrom non riesce a esprimersi più di tanto. Il Napoli è abituato a giocare con ali offensive pure, con certi movimenti codificati, e il danese di certo non lo è.

Insomma, a trovare delle ragioni logiche per il mancata utilizzo di Lindstrom, non si fa fatica a trovarle. Eppure andrebbero tutte comunque pesate sul fatto che non è mai stato messo nelle condizioni di dimostrare qualcosa di diverso, finora.

Si può anche tornare all’essenza: se tre allenatori si sono alternati senza farlo giocare, allora il problema sarà Lindstrom, non gli allenatori che non lo fanno giocare per capriccio. È un argomento sensato. Per noi osservatori, però, Lindstrom resta un piccolo mistero, possiamo limitarci a definirlo in assenza? È difficile pensare che questi allenatori non lo facciano giocare auto-sabotandosi, ma è anche impossibile esprimere un giudizio su un giocatore che ha giocato così poco. Calcolando quanto è diverso il contesto di partita rispetto a quello dell’allenamento, anche per loro non dovrebbe essere semplice, in teoria, giudicare Lindstrom.

L’aspetto della costruzione della rosa è uno di quelli di cui si parla meno nel Napoli. I problemi del resto sono così grandi che le recenti scelte di mercato sembrano trascurabili. Anche perché se guardiamo l’undici titolare la squadra è sostanzialmente identica a quella campione d’Italia. Eppure se il Napoli gioca sempre con gli stessi giocatori è anche perché non sta riuscendo a trarre nulla dai nuovi arrivati. Juan Jesus è ancora titolare con Natan in panchina, Cajuste non sembra al livello tecnico della squadra e tutto il mercato invernale è sembrato affrettato e senza una direzione chiara. Solo Hamed Traoré sta trovando un po’ di minutaggio da titolare, anche grazie alla particolare situazione di Piotr Zielinski. In questo panorama Lindstrom è forse la nota più amara: il giocatore da cui si aspettava di più, e che sta dando meno; ed è quello che può rappresentare un problema da risolvere anche il prossimo anno, con quel costo a bilancio.

Chissà se da qui a fine campionato avremo di nuovo l’occasione, rara come un’eclissi solare, di veder giocare Jesper Lindstrom titolare.

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