La sconfitta contro l’Olympique Lione nella gara d’andata degli ottavi di Champions League è la terza in un mese per la Juventus, dopo quelle in campionato contro il Napoli e il Verona. Se è vera la regola dei tre indizi di Agatha Christie, queste tre sconfitte sono la prova di un momento difficile in cui il gioco di Maurizio Sarri, invece di salire di livello per il periodo decisivo della stagione, sembra aver subito una regressione. A preoccupare della partita contro l’OL è soprattutto il dato dei tiri in porta: zero, come era capitato solo altre due volte in Champions dal 2004/05 - contro l’Atlético Madrid nel 2014 e contro l’Arsenal nel 2006.
La Juve ha tenuto la palla per gran parte del tempo (64% di possesso) ma ha creato poche situazioni promettenti e ancora meno occasioni. I meccanismi di circolazione sono sembrati arrugginiti e per far risalire la palla sono state spesso necessarie le iniziative individuali di Cristiano Ronaldo e Paulo Dybala. Creare le condizioni per far brillare i giocatori più forti è un obiettivo alla base di ogni strategia o scelta tattica, ma gli interventi di Ronaldo e Dybala sulla manovra sono stati più che altro le spie dei problemi nella circolazione della palla, e non qualcosa di studiato per far emergere le loro qualità.
Durante la stagione Sarri ha spesso cambiato la disposizione del tridente offensivo, oscillando tra il 4-3-3 e il 4-3-1-2, e di recente è tornato alla soluzione scelta a inizio stagione, un 4-3-3 che in fase difensiva si trasforma in 4-4-2 con la scalata a centrocampo di un esterno del tridente offensivo e lo scivolamento sulla fascia di una mezzala. Nelle prime partite stagionali il ruolo di esterno che equilibrava lo schieramento in fase difensiva era toccato a Douglas Costa, nell’ultimo periodo è stato invece Cuadrado a completare il tridente d’attacco, prevalentemente insieme a Dybala e Cristiano Ronaldo. Dopo aver giocato quasi tutta la stagione da terzino destro, ultimamente Cuadrado è tornato al ruolo originario di esterno offensivo, con una posizione fluida a seconda delle fasi. Avanzata a occupare l’ampiezza in quella offensiva, in linea con i centrocampisti per formare una linea da quattro sul possesso consolidato degli avversari, facendo scivolare sulla fascia la mezzala sinistra.
Il 4-4-2 della Juve in fase difensiva.
I problemi del centrocampo
Contro l’OL, Sarri ha confermato questa disposizione, schierando ancora una volta Cuadrado nel tridente con Dybala e Ronaldo e scegliendo Rabiot come mezzala sinistra. Alla vigilia della partita Sarri aveva dichiarato che gli avrebbe fatto comodo almeno un centrocampista dinamico. Poi però ha preferito Rabiot a Matuidi, quest’ultimo più abituato del compagno a scivolare tra i due ruoli di mezzala ed esterno sinistro a seconda delle fasi. Sarri ha quindi rinunciato al dinamismo di Matuidi per avere ancora più qualità nel palleggio con Rabiot, o almeno questo era probabilmente il suo obiettivo. In realtà Rabiot è rimasto ai margini della manovra, ha toccato poche volte la palla (28 passaggi completati, il peggiore della Juve dopo Szczesny tra i titolari) e in situazioni scomode, spesso con le spalle rivolte alla porta e confinato sulla fascia sinistra. Rabiot era infatti il giocatore a cui toccava dare profondità alla circolazione a sinistra, con tagli verso l’esterno e inserimenti che attiravano Denayer liberando spazio alle ricezioni di Ronaldo.
In questo caso Rabiot si inserisce tra Denayer e Marcelo e viene cercato con una palla lunga da Alex Sandro.
Sarri ha in pratica chiesto a Rabiot di allontanarsi dalla palla e di giocare come avrebbe fatto Matuidi, uno specialista dei movimenti profondi che creano spazi per gli scambi tra i giocatori più tecnici. Una scelta strana, in contrasto con le caratteristiche di Rabiot, che avrebbe potuto essere un riferimento in uscita dalla difesa e sostituirsi a Pjanic, in modo simile a quanto faceva quando giocava con il Paris Saint-Germain e da mezzala si abbassava per ricevere dai difensori se il regista era marcato. Come capita spesso, Pjanic è stato controllato con particolare attenzione e faticava a smarcarsi per partecipare alla prima circolazione. Rudi Garcia lo ha escluso mettendogli davanti le due punte (Dembélé e Toko Ekambi), che a turno lo seguivano anche nelle fasi successive, quando la Juve provava a costruire uscendo su una delle due fasce.
Invece di aggirare le difficoltà a raggiungere Pjanic abbassando le due mezzali (Bentancur e Rabiot) ai suoi fianchi, Sarri ha preferito orientare il possesso su un lato, a destra, dove andavano ad accumularsi giocatori per facilitare una risalita palleggiata. A sinistra invece Rabiot, Alex Sandro e Ronaldo non creavano le tipiche triangolazioni sulla catena laterale e l’azione avanzava con verticalizzazioni lunghe o con le iniziative di Ronaldo. Due delle poche situazioni promettenti avute dalla Juve nel primo tempo sono state create da due cross col sinistro del portoghese (al 4’ e al 24’). Nel primo caso Ronaldo ha ricevuto vicino all’area e ha sfiorato il gol sul secondo palo con il cross. Nel secondo è invece partito dalla trequarti, largo a sinistra, ha portato la palla sul fondo e, dopo aver saltato Denayer, l’ha crossata ancora sul secondo palo, trovando però la deviazione di testa di Cornet, puntuale nel movimento a stringere la posizione e abile ad anticipare Bentancur.
Sul primo cross la Juve non aveva occupato l’area, sul secondo Bentancur è leggermente in ritardo e si lascia anticipare da Cornet.
A destra la disposizione della Juve era fluida e creava una rete di alta qualità in cui far circolare la palla, specie quando da quel lato si spostava anche Ronaldo. Eppure al Lione bastava scivolare e mantenere la sua struttura difensiva per rendere innocuo il palleggio bianconero. A prendersi la responsabilità di far risalire la palla è stato soprattutto Dybala, poco sollecitato nella finalizzazione, nonostante fosse in teoria il centravanti, e impegnato piuttosto a cercare scambi o iniziative personali per portare la palla negli ultimi metri. Dybala è stato il migliore in campo per passaggi nell’ultimo terzo di campo (24), dribbling riusciti (6 su 9) e occasioni create (4).
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Qualche esempio dei continui scambi di posizione tra Bentancur e Dybala, che si è abbassato spesso cercando di far avanzare l’azione.
Il modo in cui la Juve ha cercato e si è affidata ai suoi giocatori più forti (Dybala e Ronaldo) è un indizio delle difficoltà che ha trovato a far circolare la palla come avrebbe voluto Sarri. «Faccio fatica a far passare il concetto del muovere la palla velocemente alla squadra», si è lamentato l’allenatore bianconero dopo la partita. Invece di preparare le loro giocate in zone decisive, la manovra si è insomma appoggiata a Ronaldo e Dybala nella speranza che una loro giocata riuscisse ad aprire lo schieramento dell’OL. E se i movimenti delle mezzali hanno facilitato le loro ricezioni nei corridoi interni, la presenza avanzata di Rabiot e Bentancur si è rivelata inadatta a compensare quanto perso in termini di pericolosità allontanando Dybala e Ronaldo dalle zone in cui si decide l’azione.
La solita, efficace, semplicità di Rudi Garcia
Al contrario, Rudi Garcia ha creato le condizioni per far brillare i suoi giocatori più forti con poche e semplici istruzioni, come gli era riuscito nei momenti migliori quando allenava la Roma. Schierando la difesa a tre, Garcia non ha fatto solo una scelta difensiva, ma ha preparato una risalita del campo ordinata in grado di saltare l’aggressività delle linee bianconere. Con i lanci lunghi sulle punte, ovviamente, ma anche con i cambi di gioco, occupando sempre in contemporanea l’ampiezza con Cornet (a sinistra) e Dubois (a destra). L’OL ha cercato in particolare di cambiare gioco da sinistra a destra, puntando a risalire il campo da quel lato con i movimenti di Tousart e Toko Ekambi, che tagliavano davanti a Dubois dopo la sua ricezione a suggerire linee di passaggio per far risalire la palla lungo la fascia.
I tagli di Tousart, in particolare, liberavano spazi al centro del campo al giocatore attorno a cui ruotava la manovra del Lione nella metà campo avversaria: Houssem Aouar. Uno dei tratti più evidenti dello stile di Garcia è la libertà che concede ai migliori talenti e anche ad Aouar ha ritagliato un ruolo senza una posizione fissa, ibrido anche in fase difensiva. Sul primo possesso della Juve, Aouar restava infatti avanzato sul centro-sinistra sulla stessa linea delle punte, impedendo a de Ligt di giocare corto in verticale e uscendo su Danilo quando la palla veniva girata su di lui. Sullo sviluppo dell’azione, invece, Aouar rientrava a centrocampo, non solo per dare solidità alla struttura difensiva dell’OL sul lato in cui la Juve faceva circolare preferibilmente la palla, ma anche per essere vicino al punto di recupero e gestire la ripartenza.
Le punte schermano Pjanic, Aouar è avanzato sul centro-sinistra, oscura la linea di passaggio verso Bentancur ma è pronto a uscire su Danilo.
In fase di possesso, poi, Aouar si muoveva liberamente ovunque ci fosse la palla, per intervenire e occuparsi di far continuare l’azione secondo la sua sensibilità, cercando scambi corti, portando avanti la palla da solo o cercando giocate più complesse in grado di alzare la pericolosità di una manovra altrimenti piuttosto prevedibile.
Aouar è in mezzo ai due centrocampisti, Bruno e Tousart. Riceve la palla dal primo e poi la gira su Tousart, rendendosi disponibile per ricevere anche il passaggio successivo da Dubois.
Aouar ha inciso sulla partita con la giocata decisiva al 31’, dando modo alla sua squadra di approfittare della temporanea assenza di de Ligt (ferito alla testa) al centro della difesa. Ha scambiato con Cornet sulla sinistra dopo una rimessa laterale, ha protetto la palla dall’intervento di Bentancur, lasciandoselo dietro con un piccolo scatto, poi, una volta entrato in area, ha atteso il momento giusto per servire l’inserimento di Tousart, mettendogli la palla con precisione nello spazio tra Bonucci e Alex Sandro. Il passaggio è stato così veloce che a Tousart è bastato solo trovare la coordinazione giusta per colpire la palla col piede sinistro, in modo un po’ sporco, per girarla alle spalle di Szczesny.
Aouar dosa il cross tra Bonucci e Alex Sandro, incrociando la corsa di Tousart.
Dopo Dybala, Aouar è stato il migliore della partita per dribbling riusciti (3 su 5) e occasioni create (3), e nel Lione solo Marçal (43) e Bruno Guimarães (44) hanno completato più passaggi di lui (35). Arrivato a fine gennaio dall’Athletico Paranaense e all’esordio in Champions League, Bruno è stato il giocatore più sorprendente della partita. Ha coperto alla grande gli spazi davanti alla difesa (4 intercetti, il migliore dell’OL) e ha distribuito il pallone in modo pulito, mostrando di saper gestire il possesso anche sotto pressione (96,4% di precisione nei passaggi nella metà campo avversaria).
Con i cambi nel secondo tempo, Sarri ha innalzato il potenziale offensivo. Ramsey, la mezzala più brava a inserirsi e a compensare i movimenti in appoggio di Dybala, ha preso il posto di Pjanic, facendo spostare Bentancur al centro del campo, Higuaín è andato a completare il tridente in attacco al posto di Cuadrado e Bernardeschi ha infine sostituito come mezzala Rabiot negli ultimi minuti. La Juve ha creato di più ma non è comunque riuscita a trovare il pareggio.
L’anno scorso, sempre agli ottavi, la Juve era riuscita a ribaltare una situazione ancora più difficile (una sconfitta per 2-0), contro un avversario più forte del Lione (l’Atlético Madrid). Anche questa sconfitta è rimediabile nella gara di ritorno a Torino ma, per essere all’altezza delle ambizioni della società, a Sarri tocca intervenire per alzare il livello del gioco e creare un contesto più adatto a mettere i suoi migliori talenti nelle condizioni di fare la differenza, come ha invece saputo fare Rudi Garcia ieri sera.