Nelle settimane in cui John Textor mette le mani sulla prima Libertadores nella storia del Botafogo, in Europa il suo impero inizia a mostrare le prime crepe. E non con un club di seconda fascia, ma con il Lione, chiamato a fronteggiare la richiesta (con la condizionale) di retrocessione in Ligue 2 al termine della stagione, se non dovesse rientrare nei parametri previsti dalla Direction Nationale du Contrôle de Gestion - da qui in poi DNCG - l'organo di controllo delle società professionistiche di calcio in Francia. Un tracollo che parte da lontano, per quella che prima dell'avvento della gestione qatariota del PSG era la squadra egemone della Ligue 1, capace di vincere sette campionati di fila agli inizi degli anni 2000 e di raggiungere la semifinale di Champions League per due volte - l'ultima nel 2020.
Sono bastati quattro anni per cambiare tutto, per il Lione. Le difficoltà dell'OL in realtà sono note da tempo, e per la verità riguardano una buona fetta dei club francesi - tranne a Parigi, almeno finché ci saranno i fondi del Qatar. Abbiamo visto il Bordeaux, altro club storico finito in disgrazia: già nel luglio 2021 la DNCG aveva paventato la retrocessione per debiti, ma ci ha pensato il campo a far finire in seconda serie il club che lanciò Zinedine Zidane nel palcoscenico internazionale, fino al triste epilogo del 2024 e alla ripartenza dai campi dilettantistici. Il Lione non è - ad oggi - in quelle condizioni lì, ma la storia degli altri club finiti sotto la lente dell'organo di controllo ci insegna una cosa fondamentale: le richieste di retrocessione a stagione in corso non sono una condanna. Lo stesso Bordeaux, così come l'Angers, aveva ottenuto in appello il via libera all'iscrizione alla massima serie nel 2021. Idem per il Lille nel 2018: a maggio s'è salvato in campionato per un punto e a giugno ha avuto l'approvazione del budget da parte della DNCG (ora le cose sono cambiate: il club è in altre mani e partecipa alla Champions League).
Certo, bisogna rientrare in determinati parametri finanziari decisi dall'ente di controllo. Il problema, per la Ligue 1, è che a partire dal 2021 si è scatenata quella che in questi casi viene definita una tempesta perfetta. Da un lato, la necessità di riprendersi dalla pandemia di Covid-19 e da tutto ciò che ne è derivato. Dall'altro, un accordo televisivo che non è andato a buon fine e ha messo in ginocchio tutte le società della massima serie. Mediapro, detentrice di due pacchetti media del massimo campionato francese per il periodo 2020-2024 (dal valore di circa 830 milioni di euro), non paga più. Ne viene fuori un contenzioso legale concluso con la riassegnazione dei diritti e un risarcimento da parte dell'ormai ex partner. Nel frattempo, per i club francesi arriva la mazzata. Al termine della stagione 2020/21, quasi tutti i club chiudono il bilancio in negativo, salvo tre eccezioni come Dijon, Reims e Saint-Etienne, che in tre non accumulano nemmeno 3,4 milioni di euro di utile. Anche i ricchi piangono - forse - perché pure il Paris Saint-Germain deve affrontare un passivo enorme, da 224 milioni.
E il Lione? Il risultato netto al 30 giugno 2021 è negativo per 107,5 milioni di euro. Il secondo peggiore di tutto la Ligue 1, alle spalle proprio del PSG. Nel marzo 2021, il club (quotato su Euronext, il principale mercato finanziario dell'eurozona) aveva proposto ai propri tesserati - sia nel club maschile che in quello femminile - di convertire parte dei propri ingaggi in azioni di OL Groupe, ovvero la controllante del club. Le sottoscrizioni ammonteranno ad un totale di 827.085,57 euro e nel 2022, benché le perdite siano praticamente dimezzate, il Lione rimane comunque la terza peggior società della Ligue 1 da questo punto di vista (stavolta dietro a PSG e Nizza). Al 30 giugno 2023, un ulteriore passo indietro. Il rosso sfiora i cento milioni (98,972 milioni di euro il risultato netto negativo), ma il club ha già cambiato proprietà. Nel dicembre 2022 la Eagle Football dell'imprenditore americano John Textor completa l'acquisizione dell'OL, ponendo così fine al regno ultratrentennale di Jean-Michel Aulas, rimasto come presidente fino al 2023.
Il Lione entra in una galassia di club dove sono già presenti il Crystal Palace (Premier League) il Molenbeek (seconda divisione belga) e il Botafogo (Brasile), ma dopo un 7° posto in Ligue 1 nel primo anno sotto la nuova proprietà, inizia come peggio non potrebbe la stagione 2023/24. Dopo 14 giornate di campionato ha una sola vittoria in Ligue 1 e ha già affidato la panchina al terzo allenatore, Pierre Sage, dopo la separazione con Laurent Blanc e l'interregno sanguinoso - purtroppo per lui, in senso non solo figurato - di Fabio Grosso. La situazione sul campo si risolleverà nel girone di ritorno e dall'ultimo posto in classifica, l'OL riuscirà a chiudere a un sesto posto valido per la qualificazione alla fase a gironi dell'Europa League, grazie a 12 vittorie e un pareggio nelle ultimi 15 giornate. Fuori, invece, le difficoltà in ambito societario proseguono.
Dagli ultimi bilanci resi noti da Eagle Football Group, ovvero la controllante del Lione, i debiti sono aumentati nel 2024 da 458,5 a 505,1 milioni di euro e le passività correnti (dunque debiti a breve termine) aumentano da 61 a 161,7 milioni, per via dell'aumento dei debiti legati agli eventi (20 milioni) e del "debito fiscale sulla cessione di OL Reign". Di cosa si parla precisamente? Beh, bisogna tenere a mente che, se si parla di calcio e Lione, si parla anche di calcio femminile. Oltre alla superpotenza della Division 1 Féminin (che nella scorsa stagione ha vinto il suo 21° titolo), l'OL ha acquisito nel 2020 la franchigia statunitense Reign FC per piantare una bandierina nella National Women's Soccer League. La squadra cambia nome in OL Reign, appunto, e dal 2022 si trasferisce da Tacoma a Seattle, per poi diventare Seattle Reign nel 2024 con la cessione della franchigia al gruppo Carlyle e ai proprietari dei Seattle Sounders (militanti in MLS).
È un aspetto forse periferico di questa vicenda ma che di certo contribuisce alla crisi generale del Lione. Una crisi talmente profonda che ha portato i tifosi dell'OL a preoccuparsi non solo per le cessione dei propri i migliori giocatori (Rayan Cherki e Malick Fofana su tutti), ma anche di iniziare un percorso già visto in passato col Bordeaux o col Sochaux.
Nella conferenza stampa fiume durata due ore dopo il primo verdetto della DNCG, John Textor ha fatto presente che al club servono circa 100 milioni per coprire il disavanzo entro il termine della stagione, cifra che ragionevolmente non può arrivare dal mercato di gennaio. Textor, oltre a ribadire di voler mantenere la squadra competitiva, si è detto è certo che il Lione «non sarà retrocesso».
Il tempo non è molto ma secondo alcuni una via d'uscita da questa crisi sarebbe la cessioni della galassia di club che fa capo al presidente statunitense. E se quella del Botafogo, che ha staccato il biglietto per il Mondiale per club 2025 con la vittoria della Libertadores, sembra improbabile, diverso è il discorso per il Crystal Palace. Textor aveva già paventato ad agosto un'uscita di scena dal club inglese, quando si prospettava una possibile trattativa per l'Everton, ma le notizie non sono ancora chiare. È notizia di poche ore fa (BBC, New York Times) che Textor sarebbe "a un passo" dal vendere il suo 45% nel Crystal Palace alla banca d'investimento Sportsbank, anche se secondo alcune fonti non è escluso che possa comprarsi una quota di maggioranza del club "se si presentasse l'occasione".
Insomma, per i tifosi del Lione c'è ancora da trattenere il fiato.