La storia dell’ultimo campionato europeo di scherma appena concluso ad Antalya è il sequel perfetto di quel film della scorsa estate che tutti ricorderanno come Tokyo 2020. Neanche un anno fa la tensione drammatica intorno alla scherma italiana aveva raggiunto il picco su tutti i media. Nei salotti televisivi della rai la fiorettista Elisa Di Francisca invocava l’avvento del vecchio CT Stefano Cerioni, mentre i titoli disfattisti delle testate giornalistiche venivano integrati con immagini ancora più eloquenti, una su tutte quella dello spadista Andrea Santarelli che siede a bordo pedana da solo, lo sguardo basso a contemplare il podio mancato della gara individuale. Quell’immagine è diventata il simbolo di una scherma italiana costretta a passare il testimone ad altri. Si parlava di geopolitica, di un tempo d’oro al tramonto, di nuove e vecchie leadership.
È ironico, quindi, che a conclusione di Antalya 2022 tra gli ultimi a ridere ci sia stato proprio Santarelli, ritratto con una medaglia d’oro al collo insieme ai compagni di squadra (Gabriele Cimini, Davide Di Veroli, Federico Vismara). Un titolo europeo che l’Italia non riusciva a vincere dal 1999.
La conta dell’oro (e non solo)
Prima classificata sul medagliere, la scherma azzurra ha raggiunto ad Antalya un totale di 14 medaglie, di cui quattro ori, sette argenti e tre bronzi. A seguire, con 11 medaglie (di cui tre ori), la Francia guarda questa nuova Italia che proprio non si rassegna a starsene buona.
In assenza della Russia, in effetti, l’antica rivalità tutta europea tra Team Italia ed Equipe de France è stata lo spettacolo più avvincente e infuocato sulle pedane turche. Le due nazioni sono vicine sul medagliere generale lasciandosi dietro l’Ucraina con un enorme distacco: terza classificata nel campionato, certo, ma con solo quattro medaglie totali.
La storia di questo successo italiano inaugura il nuovo corso delle tre armi, quello che nel post-Tokyo ha visto entrare nuovi commissari tecnici in tutte e tre le discipline. Il passaggio non ha sconvolto del tutto la formazione delle squadre, ma si è rivelato decisivo nella selezione di alcuni schermidori più giovani non ancora pronti a fare il proprio debutto nella scorsa olimpiade. Questa gara è stata per molti l’ingresso nella nazionale assoluta.
Le conferme più attese sono arrivate dai fiorettisti, già protagonisti di una brillante stagione di coppa del mondo. A tal proposito, Daniele Garozzo non si è fatto sfuggire l’occasione di ripostare una story dell’account @laltrolatodellamedicina che ricordava come fino a poco tempo fa il campione di Rio2016 si dividesse ancora tra pedane ed esami universitari. Le medaglie di Antalya (oro individuale e a squadre) sono le prime che l’atleta siciliano ha messo in tasca da medico laureato. Soddisfazioni.
L’immagine del podio individuale occupato da tre azzurri (dopo Garozzo, Tommaso Marini e Giorgio Avola) racconta un fioretto che in pochissimi mesi è riuscito a riprendere in mano le redini della propria storia. Lo conferma anche la finale della gara a squadre contro la Francia finita 45-38 per l’Italia, un match in cui non sono mancati momenti di tensione, come per i due dubbi cartellini rossi che l’arbitro ha dato a Garozzo contro Loisel nell’ultimo round. L’italiano avrebbe inavvertitamente coperto col braccio posteriore il bersaglio laminato nel tentativo di portare a segno uno dei suoi famosi colpi a distanza ravvicinata.
Portare l’ultima stoccata non è stato semplice: Garozzo è un atleta di cuore, certi imprevisti gli danno alla testa facilmente. Per fortuna l’ampio vantaggio che i compagni di squadra gli avevano consegnato ha minimizzato i danni e ha fatto in modo che l’incontro si chiudesse comunque in favore dell’Italia.
La Francia è stata dominata anche nella finale del fioretto femminile a squadre in un match finito 45-25 per le azzurre. Questo oro celebra un nuovo equilibrio nella squadra delle fiorettiste, una combinazione vincente che mette insieme l’esperienza di Arianna Errigo e Alice Volpi e l’energia fresca delle nuove leve come Martina Favaretto e Francesca Palumbo. Il fatto che Elisa Di Francisca abbia annunciato il suo ritiro proprio a pochi giorni dal successo delle colleghe è indicativo: è ammettere, senza dirlo, che questa squadra ha un potenziale contro cui non se la sente di competere.
Italia vs Francia: spadisti reloaded
Il quarto oro europeo per casa Italia è arrivato l’ultimo giorno di campionati con la spada maschile a squadre. Se la finale contro Israele è sembrata a tutti una passeggiata – con gli azzurri sempre in vantaggio e in controllo della pedana – questo è perché il vero scontro, manco a dirsi, è stato ancora quello con la Francia in semifinale. Probabilmente l’assalto più bello di tutto l’europeo.
A ricordare la vecchia umiliazione (45-31) che costò l’oro all’Italia nelle olimpiadi di Rio 2016 sono rimasti Andrea Santarelli e Yannic Borel, che in queste gare si sono trovati a diretto confronto con il ricambio generazionale. Ad Antalya la Francia ha schierato l’uscente campione olimpico Roman Cannone, che l’estate scorsa aveva raggiunto la squadra come riserva e aveva poi sorpreso tutti nella gara individuale; l’Italia invece ha puntato su Federico Vismara, ma soprattutto su Davide Di Veroli, un atleta unico nel suo genere a cui è stato affidato il match di chiusura della semifinale (un totale di nove incontri di cinque stoccate ciascuno).
Non si può dire che l’ultimo match sia quello più importante in una gara a squadre: se un team è ben calibrato e la tattica viene applicata in modo che ciascun atleta abbia un compito ben preciso (attaccare, difendere, mantenere la posizione con dei colpi doppi) ogni match ha lo stesso peso nel risultato finale. Tuttavia, gli ultimi tre minuti del nono round si giocano soprattutto in freddezza. In questo senso allora, l’ultimo assalto è quello di maggiore difficoltà. Qui c’è la necessità di sopportare pressione e responsabilità, e quando si tratta di un avversario solido e imponente come Yannic Borel, il ruolo di chiusura può essere sfiancante.
Nella gara individuale il giovane Di Veroli aveva combinato poco e niente. Sconfitto 15-13 per entrare nella top 32 del tabellone principale, si era ritirato con una faccia livida e ben poca soddisfazione in tasca. Rispetto agli altri membri del team, lui occupa attualmente la posizione più bassa nel ranking italiano (è nono) e la necessità di provare se stesso deve aver giocato sul risultato in modo negativo. Considerati questi elementi, lasciare a lui la posizione di chiusura nella gara a squadre sarebbe potuto sembrare un rischio troppo alto da correre. Oppure no.
Soprattutto contro la Francia, questa mossa si è rivelata una decisione tattica fondamentale.
La danza e la spada
Davide Di Veroli è uno spadista anomalo. Lo vediamo salire in pedana smilzo e sottile, che se non ci fossero le lame a intermediare nella lotta, probabilmente contro Yannic Borel non avrebbe alcuna chance di farla franca. Quasi ventunenne alla prima convocazione europea tra gli assoluti, l’italiano si trova davanti uno spadista dodici anni più esperto, 1.88 metri di altezza e 94 kg di peso contro i suoi 1.85 per 75 kg.
Di Veroli è uno spadista anomalo anche perché è, nel profondo del cuore, un ballerino di danza classica e un fiorettista. Fioretto e danza si uniscono in un solo atleta mettendo insieme alcune caratteristiche fondamentali che si muovono intorno all’uso del tempo e della fluidità. Dal fioretto, arma praticata ufficialmente fino all’età di quindici anni, Davide ha preso la capacità di eseguire controtempi e parate inattese; dalla danza ha rubato l’elasticità dei salti e dei cambi direzione e quel levarsi in volo contro il bersaglio, più ancora che in affondo. Tra i suoi passi preferiti nel balletto c’è l’entrelacé, un passo che prevede un salto in corsa, seguito da una sforbiciata e da una rotazione in aria.
In pedana, di contro, sono ormai iconici i suoi salti all’indietro per evitare i colpi dell’avversario o per chiamarlo a sé, per poi stringere di nuovo la misura in arresto secco.
Di Veroli non lavora di potenza ma di ritmo, altro dono esercitato negli anni passati a studiare danza classica al liceo coreutico di Roma. In un’intervista per il sito della Luiss lo schermidore racconta di aver iniziato la danza insieme ai suoi fratelli e poi di essersi avvicinato alla scherma di fioretto al club Giulio Verne. Nel 2018 è stato campione italiano U17 in entrambe le discipline, poi una serie di fattori lo hanno portato a scegliere la spada. In quello stesso anno ha vinto gli europei e i mondiali nella categoria cadetti, con risultati altrettanto eccezionali nella categoria Giovani, per poi completare la stagione con un oro alle olimpiadi giovanili di Buenos Aires. Frequentare il liceo coreutico è stato un modo per mantenere entrambe le attività – la danza e la scherma – cosa che inizialmente aveva preoccupato i maestri Massimo Ferrarese (spada) e Maria Pia Bulgherini (fioretto), ma che poi ha dato frutti inaspettati. «A me piace la complicità tra compagni nello sport, una predilezione che ho scoperto anche grazie alla danza» ha raccontato lo spadista, «quando avevo 13 anni abbiamo preparato il saggio annuale e lì è scattata la scintilla. Il dietro le quinte e l’esperienza di preparare lo spettacolo hanno acceso qualcosa in me. Ci aiutavamo a vicenda ed era bellissimo».
La predilezione per il lavoro di squadra e un allenamento specificamente mirato a misurarsi contro lo stile della spada francese fatto di arresti e svincoli sono stati elementi importanti nella semifinale giocata ad Antalya. Senza contare che nella recente prova di coppa del mondo a Doha Di Veroli aveva incontrato proprio Borel in semifinale, perdendo. Il lavoro in sala di scherma da allora aveva avuto in mente un avversario specifico. È stata forse questa specificità a penalizzare l’italiano nell’incontro con l’uscente campione olimpico, il giovane Cannone.
Un attacco tipico di Di Veroli.
Il round 5, che ha visto scontrarsi la nuova generazione della spada, è stato anche quello che per un momento ha rovesciato le sorti della semifinale. Come Di Veroli, anche Cannone è aerobico e veloce, mobile ed elastico come nessun altro nel suo team. Questo ha disorientato l’italiano e ha fatto sì che il francese si imponesse con un parziale di 7-1. Lo svantaggio è stato recuperato molto bene da Santarelli e Cimini, che negli assalti successivi sono riusciti a raggiungere la Francia lasciando a Di Veroli un punteggio di 39-40 prima dell’ultimo match (round 9).
I colpi che hanno portato il giovane spadista a inseguire il vantaggio iniziale di Borel sono stati un perfetto equilibrio tra la spada e il fioretto: agli arresti e ai contrattacchi eseguiti sull’avanzamento avversario si sono alternate parate e risposte veloci ed esatte, fino a stabilire una situazione di parità sul 43-43. Il quarantacinquesimo punto firmato da Davide Di Veroli al minuto di priorità è un’azione di fioretto contro uno degli spadisti più forti del mondo. Una parata di terza e risposta al fianco, col suo tiro mancino.
Oltre a segnare un risultato storico per gli spadisti italiani, tornati sul podio europeo dopo ventitré anni, la finale contro la Francia ha registrato un confronto importante nell’evoluzione dello stile di vecchie e nuove generazioni. Per continuare a mantenere le sue promesse, Davide Di Veroli dovrà tornare in sala e prepararsi ad affrontare un nuovo tipo di avversario, uno che punti molto più sull’agilità che sulla potenza fisica, uno che sappia sia sottrarsi che lanciarsi verso il bersaglio con leggerezza. In poche parole, dovrà provare a confrontarsi con un avversario che gli somigli, e farlo presto. I mondiali del Cairo sono a meno di un mese di distanza.