Alla fine è accaduto davvero. Dopo una trattativa dai tempi biblici, Manuel Locatelli ha firmato per la Juventus. Un acquisto necessario per il centrocampo di Allegri, coerente con la tradizione bianconera di puntare sui migliori talenti italiani e fortemente voluto dallo stesso giocatore. Non avrà un compito facile però: il nuovo centrocampista della Juventus dovrà risolvere i problemi di un reparto da troppi anni inadatto a una squadra così grande.
Locatelli cresce in maniera esponenziale da almeno due stagioni. Era stato la più grande sorpresa della Serie A 2019/20, ma lo scorso anno, se possibile, il suo rendimento è stato ancora più sbalorditivo. Di solito, a un giovane di una squadra medio-piccola basta un anno ad alti livelli per guadagnarsi la chiamata di una grande. Locatelli, però, la scorsa estate è rimasto a Sassuolo, convinto dalla società, dall’idea di De Zerbi di raccogliere il massimo dalla rosa al suo terzo anno in panchina e, probabilmente, dalla prospettiva di guadagnarsi la convocazione per l’Europeo.
Ci si poteva aspettare da lui una stagione di assestamento, naturale per un classe ’98, invece Locatelli non ha solo confermato le ottime impressioni dell’anno precedente, ma ha migliorato alcuni registri del suo gioco e dimostrato una personalità notevole: a Napoli, in assenza di Berardi, si è preso la fascia di capitano e ha segnato un rigore pesantissimo, ha offerto grandi prestazioni negli altri big match e ha accresciuto la sua influenza anche a ridosso della porta avversaria.
La Juventus, insomma, compra uno dei migliori centrocampisti della Serie A, non un semplice abbaglio da competizione estiva e neppure una futura promessa. Il rendimento di Locatelli negli ultimi due anni al Sassuolo e le necessità del centrocampo della Juventus lasciano presagire un rapido e propizio inserimento tra i titolari. Il passaggio da De Zerbi ad Allegri, insomma, non dovrebbe essere così traumatico.
Locatelli cammina sulle proprie gambe
I dubbi su Locatelli, dopo l’esplosione nella stagione 2019/2020, riguardavano soprattutto l’adattabilità del suo talento al di fuori di un sistema ben strutturato come quello del Sassuolo. Dopo gli anni di crisi al Milan, Locatelli con De Zerbi sembrava aver studiato alla perfezione il manuale sul gioco di posizione, di cui pian piano aveva imparato ad applicare principi e giocate, fino ad eseguirli in maniera del tutto naturale. Dal cervello le sue conoscenze si erano trasferite ai piedi. Con una base solida di conoscenze e di tecnica, Locatelli ha iniziato ad agire in maniera sempre più autonoma, fino a brillare senza dipendere dalle giocate del sistema. Il lancio di prima al volo, col piede debole, con cui innesca Berardi contro la Svizzera, oppure il sombrero su Wijnaldum all’esordio in nazionale, non li insegna nessun allenatore. Certo, le linee guida del Sassuolo gli hanno restituito la fiducia per eseguire certe giocate. Locatelli, però, è grande abbastanza da poter convincere un allenatore del tutto diverso come Allegri.
Nessuno dei centrocampisti della Juventus, al momento, sembra offrire la quantità di soluzioni che può offrire Locatelli. Non è solo una questione di qualità individuali, ma di adattamento alle diverse situazioni di gioco. Due stagioni fa Locatelli si era segnalato come uno degli specialisti della Serie A nella prima costruzione. Quest’estate, invece, ci chiedevamo se in Nazionale potessimo rinunciare alle sue giocate nell’ultimo terzo di campo, alla sua capacità di combinare posizione e palla con Insigne e Spinazzola, di verticalizzare verso il mezzo spazio sinistro e di tirare in porta. L’ex Sassuolo ormai è un centrocampista buono per tutte le altezze del campo. Chi ha caratteristiche simili alla Juve? Rabiot è bravo in conduzione e nelle corse in profondità, ma a ricevere dalla difesa crea più danni che vantaggi. McKennie è un ottimo incursore, instancabile nel pressing, ma più si alza il livello più emergono i suoi limiti tecnici. Arthur è il centrocampista più talentuoso della rosa, forse il migliore del campionato ad eludere il pressing, ma non ha il coraggio di Locatelli da centrocampo in su, con la palla e senza.
In fase di possesso Allegri assegna parecchie responsabilità ai singoli, a partire dalle letture. Crescere in un sistema di gioco costruito per risalire il campo in maniera razionale dovrebbe aiutare Locatelli a riconoscere le situazioni più vantaggiose anche nel gioco del nuovo allenatore. Il suo estro, poi, dovrà fare il resto. Nella costruzione dal basso, ad esempio, dovrà far valere il suo gioco spalle alla porta e la sua capacità di anticipare le intenzioni dell’avversario per garantire un’uscita pulita del pallone. Locatelli, nonostante l’altezza, sa fare perno sulle gambe come un regista di dieci centimetri più basso. L’abitudine a osservare sempre chi ha intorno prima di ricevere, condivisa con il solo Arthur alla Juve, è la chiave per sopravvivere contro il pressing. Rispetto al brasiliano, peraltro, Locatelli è più abituato a trovare la posizione giusta rispetto ai difensori, senza abbassarsi troppo. Per quanto possa suonare blasfemo, forse la Juve non aveva un centrocampista così abituato a far uscire la palla dalla difesa dai tempi di Pirlo. In Serie A, dove non c’è troppo coraggio nel pressing, le responsabilità in uscita palla saranno ancora maggiori.
Contro difese più basse invece, Locatelli è abile nel cercare con freddezza cerca i corridoi in cui portare palla per attrarre un avversario fuori posizione e far avanzare il possesso. Le sue conduzioni sono diventate sempre più sicure e precise. Nei momenti migliori, peraltro, trova il coraggio di scaricare sul compagno e farsela restituire in avanti correndo verso il fondo. Alla Juventus, in questo senso, troverà interlocutori di livello più alto e magari in alcune fasi vedremo un Locatelli più simile a quello visto con la maglia azzurra – ovvero una mezzala da rotazioni – che a quello del Sassuolo. La questione della posizione - mezzala o regista in un centrocampo a tre, mediano in un centrocampo a due – è già da ora la più dibattuta nell’opinione pubblica.
La posizione di Locatelli
La posizione di regista basso di un eventuale centrocampo a tre resta la più enigmatica per la Juventus. Neanche Allegri, di solito abbastanza sincero sulle consegne anche davanti ai giornalisti, ci ha tenuto a fare chiarezza, parlando di un possibile uso di Ramsey in quel ruolo. Locatelli ha giocato di rado da metodista. Lo ha fatto soprattutto nelle prime partite con il Sassuolo, ormai tre stagioni fa. Eppure, tra i centrocampisti attualmente in rosa sembra quello più disposto ad agire da vertice basso. McKennie perderebbe la sua propensione all’inserimento, Rabiot è l’esatto opposto di un regista, Arthur dà il massimo da mezzala.
Su Bentancur, invece, lo scorso anno il tecnico livornese era stato lapidario, con parole che di riflesso spiegano come mai Locatelli potrebbe rivestire quella posizione: «Bentancur non può giocare davanti alla difesa, può fare una partita o due lì, non di più. Con me ha giocato tante partite davanti alla difesa, ma ne faceva una lì e dieci da mezzala perché è uno che stoppa e poi si gira». Detto che Locatelli sa prendersi, se serve, il tocco in più che fa saltare la pressione, si tratta comunque di un centrocampista che, come detto, sa dove girarsi già prima di ricevere: i controlli orientati in questo senso non sono un problema. Da vertice basso, però, perderebbe molte ricezioni fronte alla porta, da cui può tirare fuori il meglio del proprio repertorio – forse anche per questo secondo i giornali Allegri rivorrebbe il suo Pjanic. Al Sassuolo, peraltro, nella mediana a due si spostava spesso per raccogliere la sponda dell’altro mediano, Obiang, che si incaricava di ricevere di spalle proprio per farlo giocare frontalmente.
Locatelli è intelligente abbastanza da andare in aiuto ai compagni con ogni suo movimento. La posizione più indicata per il suo gioco, allora, sembra ancora quella di secondo mediano. Accanto a un altro centrocampista riuscirebbe a bilanciare meglio le ricezioni di spalle e quelle frontali. Far vedere la metà campo opposta a Locatelli significa garantirsi non solo il rendimento di un organizzatore di gioco paziente e preciso, ma anche quello di un regista capace di giocare rasoterra a lunga gittata. Il primo sguardo di Locatelli si volge sempre verso il compagno che si posiziona tra le linee nel mezzo spazio sinistro. Gli bastano anche corridoi stretti per far filtrare il pallone e generare una ricezione pulita alle spalle del centrocampo avversario. Il primo gol di Chiesa contro l’Austria nasce da un traversone a rientrare di Spinazzola. Il terzino della Roma era stato innescato proprio da un rasoterra taglialinee di trenta metri di Locatelli.
Bisogna dire che è difficile anche capire quali sono i compagni che avrà intorno e con quali compiti. Sul lato sinistro dell’attacco juventino al momento dovrebbe agire Cristiano Ronaldo, poco incline a muoversi in maniera ordinata. Dybala dovrebbe partire come centravanti, ma spesso si abbassa per occupare il mezzo spazio destro, dove però potrebbe agire anche Chiesa. Occupare con costanza quel corridoio intermedio è il modo migliore di impiegare Locatelli. Allegri potrebbe anche chiedere al centrocampista di cercare i movimenti di Cristiano Ronaldo, che innescato con i giusti tempi può essere letale.
Un altro fondamentale in cui l’italiano eccelle rispetto ai nuovi compagni, poi, sono i cambi gioco. Al Sassuolo e in nazionale, una delle sue giocate preferite era spesso l’apertura liftata verso Berardi. Il posto sulla destra alla Juve è conteso tra Chiesa, Kulusevski e Cuadrado, tre giocatori, per motivi diversi, letali in isolamento. Kulusevski, in particolare, se trovasse qualcuno in grado di affrancare le sue partite da smarcamenti e giocate elaborate, potrebbe offrire nuove dimensioni alla rifinitura bianconera. La creatività dello svedese rappresenta uno dei margini di miglioramento più grandi per la Juventus: Locatelli potrebbe essere l’alleato migliore per liberarla, creando isolamenti costanti col terzino avversario.
Da mezzala sinistra di un centrocampo a tre, invece, seguirebbe tracce più simili a quelle della Nazionale. A differenza del sistema di Mancini, dove Insigne seguiva le rotazioni in maniera naturale, alla Juve dovrebbe interfacciarsi con la libertà di movimento di Cristiano Ronaldo. Non è facile compensare i movimenti del portoghese, e, per quanto intelligente, Locatelli non sembra il miglior scudiero possibile. Certo, da interno di centrocampo potrebbe migliorare il proprio rapporto con l’area. Allegri chiede alle sue mezzali di attaccare l’area e forse l’italiano dovrebbe assumersi qualche responsabilità in più in rifinitura e finalizzazione. Non è detto, comunque, che non possa crescere negli ultimi trenta metri anche da mediano in un doble pivote: la Juve dovrebbe dominare la maggior parte degli incontri in Italia. Locatelli si ritroverebbe con costanza sulla trequarti, a cercare il filtrante verso l’area o il tiro dalla media distanza. Ragionare in maniera astratta ad agosto, però, potrebbe essere fuorviante, specie con un allenatore come Allegri.
È lecito attendersi che la Juve cambi sistema più volte nel corso della stessa stagione, magari per stabilizzarsi da marzo in poi.
Fino a quel momento, Locatelli avrà tutto il tempo di assestarsi come titolare. Allegri nelle rotazioni coinvolge tutta la rosa ed è difficile non pensare all’ex Milan come ad uno dei possibili punti fermi, anche solo per valorizzare il lavoro sul mercato della società. Locatelli offre ampie garanzie, non solo in attacco ma anche in fase difensiva, aspetto non di poco conto nella Juventus di quest’anno. Si parla molto delle sue doti nei passaggi e nei lanci, nelle elusioni sotto pressione, ma si sottovaluta altrettanto il suo talento senza palla. Al Sassuolo, ad esempio, è diventato un ottimo difensore all’interno dell’area di rigore, dove si posiziona sempre bene per schermare i cross a rimorchio. Sa coprire la porta con il corpo sui tiri e, per la sua altezza, ha una notevole capacità di andare a terra per i tackle, anche a ridosso dei propri sedici metri.
Sul campo, insomma, i presupposti per un matrimonio felice ci sono tutti. Al solito, però, non tutto passa dalla palla. Esplorare l’emotività di un giocatore è sempre difficile da fuori. Toni Kroos, ad esempio – il calciatore a cui si ispira Locatelli - è il centrocampista più freddo e distaccato degli ultimi vent’anni, ma nel suo documentario su Amazon non si fa problemi a piangere davanti alle telecamere. Locatelli invece è trasparente come il mar Ionio quando spira vento di terra. Per quanto razionale, il suo rendimento è pervaso di emotività. Lo abbiamo capito con le lacrime dopo il gol con il Milan contro la Juve e negli anni difficili con Gattuso. Ma lo abbiamo capito anche nel volto trasognato dopo i gol alla Svizzera: lo ha ammesso lui stesso, sul primo gol, di aver corso verso l’area solo perché gasato dal bel lancio per Berardi. Soprattutto, lo ha capito il suo capitano, Giorgio Chiellini, avvinghiato a lui dopo l’errore dal dischetto con la Spagna, in un abbraccio che agli juventini più romantici avrà ricordato quello tra Cannavaro – capitano e centrale – e Pirlo – regista – a Germania 2006. Ritrovare la stessa gioia del Sassuolo e della Nazionale sarà importante più delle questioni tattiche per avere il meglio da Locatelli.