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L'onore delle armi
04 mag 2016
Il Bayern interpreta bene la gara, ma non gli basta per venire a capo dell'Atletico in una partita spettacolare.
(articolo)
11 min
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Al Bayern Monaco non è bastato giocare una partita intensa e di gran lunga migliore di quella dell’andata per tirarsi fuori dalla brutta situazione in cui si era cacciato al Vicente Calderon. L’incapacità di violare la porta di Jan Oblak a Madrid è stato il macigno che non ha consentito a Pep Guardiola di giungere alla finale di Champions League, rimasta così il sogno irrealizzato dell’avventura bavarese del tecnico catalano.

Guardiola studia e cambia

Dopo la partita di andata Guardiola aveva detto che avrebbe studiato a fondo il match appena giocato, mostrando immediata consapevolezza della necessità di trovare soluzioni alternative al suo piano originale per penetrare la difesa della squadra di Simeone. Sull’altra panchina le preoccupazioni erano incentrate sulla possibilità di recuperare l’infortunato Diego Godin, per rendere ancora più solido un piano gara ampiamente prevedibile e che aveva poche necessità e possibilità di essere cambiato.

Rispetto alla partita di andata Guardiola cambia tre giocatori nell’undici iniziale. Il recuperato Boateng mette in panchina Juan Bernat e le scelte di Thomas Müller e Frank Ribery escludono Thiago Alcantara e Kingsley Coman dai titolari. Simeone conferma interamente la formazione dell’andata, con l’unica eccezione di Godin al posto di Savic al centro della difesa.

All’andata Guardiola aveva optato per un calcio basato sul controllo del pallone e delle posizioni. Thiago Alcantara garantiva (o avrebbe dovuto farlo) piedi educati e spostamento intelligente del pallone, mentre la scelta di mettere Douglas Costa a sinistra e l’ala pura Coman a destra rivelava che il progetto del Bayern era quello di trovare con i propri esterni offensivi la massima ampiezza possibile. L’idea era di spostare le linee dell’Atletico da destra a sinistra fino a trovare lo spazio sul lato debole per penetrare esternamente. Il piano era sostanzialmente fallito. Il gioco interno dei tre centrocampisti, Xabi Alonso, Vidal e Thiago Alcantara non era riuscito a “far girare” il centrocampo dell’Atletico, limitandosi a una circolazione perimetrale senza ricezioni alle spalle delle linea mediana di Simeone, che poteva così scorrere orizzontalmente con la consueta intensità e precisione. Lewandowski era rimasto troppo solo a battagliare contro la difesa dei Colchoneros, vanificando di fatto il lavoro degli esterni, che avevano il compito di far giungere palloni verso il centro dell’area madrilena.

Nei sei giorni passati tra la partita di Madrid e quella di Monaco, Guardiola cambia radicalmente la sua strategia per trovare varchi nel muro eretto da Simeone. Il principio di base è di muovere maggiormente i suoi giocatori in campo per creare spazi e generare dubbi nei difensori dell’Atletico Madrid.

Contro i due attaccanti di Simeone, in fase di inizio azione il Bayern abbassa costantemente Xabi Alonso tra Javi Martinez e Boateng; Lahm e Alaba si aprono fornendo soluzione esterna e Vidal si abbassa a formare il vertice avanzato di un rombo assieme ai due centrali e Xabi Alonso.

Salida Lavolpiana e terzini che si alzano rimanendo aperti. È questa l’idea di Guardiola per iniziare le azioni e superare il primo muro di Simeone costituito dalla coppia di attaccanti Torres-Griezmann

La squadra si dispone in maniera completamente diversa da come fatto a Madrid. Vidal rimane solo al centro del campo e gli esterni offensivi vanno ad occupare una posizione interna alle spalle della linea di centrocampo avversaria.

Ribery, Müller e Douglas Costa si dispongono dietro Lewandoski, alle spalle della linea mediana dell’Atletico Madrid.

Lo schieramento base dell’attacco posizionale di Guardiola risponde a diverse esigenze. I tre giocatori piazzati alle spalle di Lewandowski , tra la difesa e il centrocampo dell’Atletico, forniscono le ricezioni tra le linee che erano quasi del tutto mancate all’andata e che sono necessarie per disordinare un minimo la difesa di Simeone. Il posizionamento iniziale negli half-spaces degli esterni offensivi ha la funzione di insinuare dubbi nei terzini madrileni, regalando attimi preziosi alle ricezioni sull’esterno. Infine, la presenza di un appoggio in meno in mezzo al campo (Thiago Alcantara) e di uno in più in posizione più avanzata (Müller) regala la presenza fisica necessaria a contendere con più efficacia i palloni che giungono in area di rigore avversaria.

La risalita del pallone per il Bayern è molto più scorrevole che all’andata: i tre dietro riescono a sfruttare la superiorità numerica, Xabi Alonso e Vidal giocano in due distinte zone di campo con funzioni differenti e non si pestano i piedi e i terzini costituiscono sempre un'ottima via sicura per un passaggio.

Simeone rischia di affondare

Gli improvvisi blitz dell’Atletico Madrid per sabotare la costruzione bassa del Bayern falliscono, tanto che Simeone, dopo il primo quarto d’ora, rinuncia per tutto il primo tempo a pressare l’ultima linea dei bavaresi. Alla fine del match saranno solo 5 le palle recuperate dall’Atletico Madrid nella metà campo avversaria.

Rispetto alla gara d’andata il Bayern muove il pallone più in verticale e meno in orizzontale, riuscendo con maggiore efficacia a schiacciare l’Atletico Madrid e a muovere la difesa avversaria.

Sul lato sinistro dell’attacco Alaba e Ribery si scambiano continuamente la posizione. Se ad inizio azione è l’austriaco a prendere l’ampiezza, una volta consolidato il possesso nella metà campo ospite, Ribery si allarga e Alaba taglia verso l’interno, supportando Vidal e costruendo la catena di gioco più efficace per il Bayern assieme all’esterno francese.

Il Bayern si è riversato nella metà campo dell’Atletico Madrid. Ribery ha preso l’esterno e Alaba, partendo da posizione interna, attacca lo spazio lasciato libero da Juanfran che è uscito ad affrontare il numero 7 del Bayern. In mezzo all’area sono pronti Lewandowski e Müller. Douglas Costa occupa una posizione interna

Proprio Ribery è il giocatore del Bayern che genera maggiori pericoli per la difesa dell’Atletico, mettendo a referto 7 cross, 6 dribbling positivi e ben 5 occasioni da gol create.

Nel primo tempo Simeone mette mano un paio di volte alla disposizione tattica della sua squadra, evidentemente bisognosa di aggiustamenti in corsa per resistere alla pressione del Bayern. Dopo circa 10 minuti di partita rinuncia al 4-4-2 per schierare una linea di 5 centrocampisti con Griezmann abbassato sulla fascia destra, per poi tornare al 4-4-2 invertendo fascia agli esterni, con Saul Ñiguez a sinistra e Koke a destra.

Dopo i primi 10 minuti Simeone passa al 4-5-1 con Gabi e Saul mezzali, Griezmann e Koke sugli esterni e Augusto Fernandez a protezione della difesa. Presto però l’Atletico tornerà al 4-4-2.

I cambiamenti introdotti da Guardiola portano grossi benefici alla squadra. L’Atletico viene schiacciato ancora più indietro (il baricentro della squadra di Simeone sarà posizionato a 36.2 m, quasi 5 metri più indietro che all’andata) e la transizione difensiva del Bayern funziona alla meraviglia, grazie alla posizione arretrata in cui l’Atletico riesce a recuperare palla e al contributo di Alaba (5 intercetti e 5 palle recuperate) e Vidal (8 palloni recuperati). L’austriaco, giocando in posizione più avanzata, riesce a sfruttare le sue doti difensive correndo in avanti senza essere costretto a controllare la profondità, fondamentale in cui mostra qualche difetto. Vidal invece , centro di gravità della squadra, trova sempre la soluzione giusta tra la pressione del portatore di palla e la chiusura della linea di passaggio.

La transizione difensiva del Bayern Monaco.

Il miglioramento della transizione difensiva è evidente e decisivo: il Bayern recupera palla mediamente 11 metri più avanti che a Madrid, aumentando considerevolmente il numero di palloni riconquistati nella metà campo avversaria (21, contro i 12 dell’andata).

Lentamente ma inesorabilmente, gli argini dell’Atletico Madrid sembrano cedere. La difesa bassa dei Colchoneros richiede dosi di attenzione e concentrazione elevatissime e un senso del sacrificio fuori dal comune. La pressione continua del Bayern allenta i meccanismi perfetti dell’Atletico Madrid.

Prima è Felipe Luis a muoversi in maniera asincrona col resto della linea difensiva, regalando a Müller una grandissima occasione da gol.

Il lancio di Boateng trova l’inserimento profondo di Müller grazie all’errore di lettura di Felipe Luis. Müller invece di concludere a rete serve Lewandoski, piazzato peggio di lui.

Il fallo da cui nasce la punizione di Xabi Alonso che porta in vantaggio il Bayern è un’ingenuità di Augusto Fernandez che entra fuori tempo su Alaba al limite dell’area.

Infine, in occasione del rigore, la disattenzione è di Giménez che lascia scappare il suo diretto avversario Javi Martinez.

Il rigore sbagliato da Müller regala coraggio e tempo alla squadra di Simeone, che riesce a concludere senza ulteriori danni un primo tempo da 17 tiri subiti a 2 e una percentuale di passaggi riusciti inferiore al 50%.

Simeone cambia. L’Atletico non perdona

I quindici minuti dell’intervallo servono a Simeone per ridisegnare la sua squadra. Esce Augusto Fernandez, 9 palle perse in 45 minuti, ed entra Ferreira Carrasco. L’Atletico viene ridisegnato in un 4-5-1 con Griezmann e il nuovo entrato rispettivamente sull’esterno destro e sinistro, Koke e Gabi intermedi e la fisicità di Saul Ñiguez a proteggere l’area di rigore e intercettare le tracce interne di Müller e Douglas Costa.

Il cambio sembra fornire maggiore capacità di risalire il campo grazie alle corse palle al piede di Ferreira Carrasco, eppure non garantisce vantaggi evidenti in fase di non possesso. Al primo errore in transizione difensiva della squadra di Guardiola, però l’Atletico Madrid giunge al pareggio, dimostrando ancora una volta quanto poco basti alla squadra di Simeone per segnare un gol e a quello di Guardiola per subirlo.

https://twitter.com/MC_of_A/status/727604545015193600

Prima Boateng sbaglia il lancio lungo recapitandolo sui piedi di Godin, poi lo stesso Boateng e Xabi Alonso vanno entrambi in aggressione palla su Gabi. Se uno dei due fosse rimasto in copertura dell’altro, lo spazio in cui ha ricevuto Griezmann da Koke sarebbe stato occupato

Segnare due gol in 35 minuti all’Atletico Madrid è davvero impresa titanica e il pareggio raggiunto fornisce energie supplementari ai Colchoneros.

La presenza di Saul Ñiguez davanti la linea difensiva toglie spazio di ricezione per Douglas Costa e Müller. Per questo motivo Guardiola reagisce alla mossa di Simeone e al mutato punteggio disponendo il suo sistema di attacco secondo una sorta di 3-3-3-1: i due terzini Lahm e Alaba stringono in posizione intermedia ai fianchi di Vidal, Ribery e Douglas Costa rimangono con i piedi sulla linea laterale e Müller si muove attorno al centravanti Lewandowski.

Il nuovo piano gara di Guardiola. Ribery e Douglas Costa larghi, Lewandowski e Müller in area di rigore, i terzini a fare le mezzali.

La sostituzione di Douglas Costa con Coman accentua la ricerca dell’ampiezza della squadra di Guardiola. La tattica paga perché proprio da un cross dall’esterno nasce il gol del 2-1 di Lewandowski.

Ancora una volta il lato sinistro dell’attacco del Bayern è quello più pericoloso. La sovrapposizione di Alaba porta a un ottimo cross. Vidal, coperto dalla nuova posizione in campo assunta da Lahm, può inserirsi e il Bayern può far valere la sua fisicità anche contro la difesa dell’Atletico Madrid.

L’ultimo quarto d’ora il Bayern prova e riprova ad ottenere il gol della qualificazione. Il rigore sbagliato da Torres regala ulteriore pathos a una sfida intensissima. L’avvicinarsi del traguardo amplifica le qualità di strenua difesa dei Colchoneros, che intercettano ogni tiro, sporcano ogni assist, saltano su ogni pallone alto, difendono fisicamente la porta di Oblak. Il muro di Simeone resiste e Guardiola si ferma ancora una volta a un passo dalla finale, ancora una volta contro una squadra spagnola (dopo il Real Madrid due anni fa e il Barcellona lo scorso anno).

Due grandi allenatori

Non si può dire che Guardiola non abbia progettato in maniera intelligente la maniera di arrivare al gol contro l’inattaccabile Atletico Madrid. Dopo la partita di andata il tecnico catalano ha cambiato piano gara, ottimizzando la risalita del pallone contro le ondate di pressing dell’Atletico Madrid e, togliendo un uomo dal centrocampo (Thiago Alcantara) e piazzandolo in attacco (Müller), ha ottenuto maggiore gioco verticale e tra le linee e presenza al centro dell’area. A tradirlo sono state le prestazioni individuali sotto le loro possibilità di giocatori fondamentali come Douglas Costa, Lewandowski e lo stesso Thomas Müller. Nel primo tempo il brasiliano è riuscito a ricevere più volte il pallone alle spalle del centrocampo avversario, ma ne ha fatto quasi sempre un cattivo uso: 20 palle perse e 6 dribbling sbagliati. Lewandowski e Müller non hanno giocato certo la loro migliore partita in fase di finalizzazione.

L’enorme mole di gioco e la buona qualità delle occasioni create testimoniano la bontà della partita del Bayern Monaco e le difficoltà incontrate dall’Atletico Madrid in questa occasione. La squadra di Simeone ha rischiato di affondare nel primo tempo e ha resistito nel secondo, massimizzando, come spesso gli capita, le occasioni per far male all’avversario. Sopravvivere al Bayern visto in questa semifinale è di certo un’impresa notevole, ma stavolta la fase difensiva dell’Atletico non è stata costantemente perfetta come altre volte. Quello che ancora una volta non è mancato alla squadra di Simeone è stata la capacità di resistere fisicamente agli attacchi avversari, di non perdere attenzione e determinazione, di sopportare il dominio altrui con un’organizzazione quasi militare, senza smettere di credere che la propria idea di gioco sia quella vincente.

Due idee completamente diverse di come arrivare alla vittoria, ma ugualmente valide, ed eseguite in modalità che rasentano quasi la perfezione: la parità nel risultato tra andata e ritorno (2-2) è una rappresentazione di questo grande dialogo-scontro tra diversi sistemi tattici.

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