Lo scorso fine settimana, contro il Cagliari, Lorenzo Insigne è tornato in campo con la maglia e la fascia di capitano del Napoli. Non lo si vedeva dalla sostituzione, condita con la contestazione del pubblico del San Paolo, nel match di ritorno di Europa League contro l’Arsenal. Successivamente, era rimasto in panchina contro l’Atalanta e per la partita di Frosinone non era stato nemmeno convocato (per via di un problema all’adduttore). Domenica scorsa la sua prestazione non è stata brillante - nonostante il gol - forse per via dei postumi dell’infortunio, o magari a causa di tutte le discussioni che si sono innescate dopo la contestazione, che hanno tirato in ballo anche il suo ruolo e la sua permanenza in questa squadra.
Va detto che l’atteggiamento di Insigne in campo, verso compagni e tifosi, è apparso finalmente positivo, dopo che in stagione era sembrato sempre più nervoso, fino al climax dell’ultimo giovedì di coppa: quel rigore sbagliato contro la Juventus - per il Napoli più che un avversario qualunque - ha forse funzionato da innesco per tutto quello che c’è stato dopo. Eppure, l’annata del fantasista azzurro era partita sotto i migliori auspici: schierato di punta, nel contesto di un cambio tattico pensato da Ancelotti per il Napoli, Insigne sembrava ricevere nuova linfa. Poi qualcosa si è fermato.
Insigne compirà 28 anni a giugno e le discussioni intorno al suo rinnovo contrattuale, in scadenza nel 2022, forse l’ultimo rilevante della sua carriera, sono già iniziate. Ci si chiede se il giocatore sia ancora nel suo prime o abbia iniziato la curva calante della sua parabola sportiva. Oppure se le difficoltà di questa stagione siano dovute ai cambiamenti tattici, e quindi si tratta di un calciatore in grado di dare il suo meglio solo in determinati contesti.
Insigne ha giocato in questa stagione molto meno rispetto alla stagione scorsa: 2003 minuti contro 3104, con ancora 3 giornate da disputare. Ancelotti ha applicato un turnover scientifico, da un lato per preservare il suo undici base, dall’altro per mettere alla prova il resto della rosa. È stata una novità in casa Napoli: a Sarri, ancora amatissimo, i tifosi rimproveravano di non aver concesso a Christian Maggio la passerella finale, dopo 10 stagioni in azzurro - forse perché c'era da inseguire il record di punti con la formazione dei titolarissimi.
Il minor impiego, però, non ha avuto un impatto sulle capacità realizzative di Insigne. Il napoletano ha segnato 10 gol, già 2 in più rispetto allo scorso anno, e fatta la tara con i minuti giocati e con i rigori segnati, la sua produttività da un anno all’altro è raddoppiata (da 0,20 a 0,40 gol ogni 90 minuti). Ma i gol, sono forse l’unica area di miglioramento della stagione di Insigne, almeno dal punto di vista statistico.
I gol (in verde) e gli Expected Goals (in nero) di Insigne nella prima stagione con Ancelotti in panchina (colonna più a sinistra), a confronto con quelli delle tre stagioni con Sarri. Le linee tratteggiate rappresentano le prestazioni dei trequartisti europei, coetanei di Insigne.
A segnare la differenza non sono stati tanto i meriti di Insigne in questa stagione, quanto i demeriti in quella scorsa. Insigne non ha mai superato il livello dei gol attesi nelle ultime stagioni, ma non era mai stato tanto al di sotto delle attese nelle realizzazioni quanto in quella 2017-18. È interessante anche come il livello degli xG prodotti da Insigne sia in calo dal 2016, ma questo coincide con il calo della pericolosità offensiva di tutto il Napoli nello stesso periodo.
Dal grafico qui sopra si evince anche che le prestazioni di Insigne sono di livello assoluto, molto superiori alla media dei coetanei europei impiegati nello stesso ruolo. Un esempio su tutti: Insigne nelle ultime quattro stagioni ha sempre superato, anche se di poco, Eden Hazard negli Expected Goals. Il belga è però un realizzatore migliore, perché con minori occasioni di qualità, ha segnato più gol del napoletano.
Il 4-4-2 di Ancelotti ha avuto il pregio di redistribuire sui due lati del campo le possibilità offensive del Napoli. Con Sarri, il lato creativo era la parte sinistra dello schieramento, dove agiva Insigne, anche se spesso l’azione si concludeva sul lato opposto a dove si sviluppava (Insigne infatti l’anno scorso ha confezionato 11 assist in campionato, finora solo 6). Questo cambio di paradigma ha portato però Insigne ad essere molto meno coinvolto nel gioco della sua squadra: sono crollati sia i passaggi che ha ricevuto sia quelli che ha effettuato in ogni zona del campo (rispettivamente del 21% e del 24%).
Sono calati anche i passaggi ricevuti ed effettuati nella trequarti offensiva, ma con una percentuale minore (rispettivamente del 16% e del 19%). Segno che il coinvolgimento di Insigne in generale è stato minore, ma si è comunque spostato in avanti: meno presente in fase di costruzione e sviluppo dell’azione, più coinvolto in fase di finalizzazione.
Ma è nell’ultima zona del campo che il gioco di Insigne e la sua efficacia sono cambiate: il napoletano completa meno passaggi in area dello scorso anno (2,9 passaggi riusciti ogni 90 minuti quest’anno, 3,2 lo scorso anno), ed è egli stesso meno presente negli ultimi sedici metri (i palloni toccati da Insigne in area sono crollati del 37%).
Il cambio di posizione ha avuto la sua influenza decisiva. Lo scorso anno Insigne riusciva a penetrare in area sfruttando gli uno-due o le combinazioni con il terzo uomo, partendo largo da sinistra ma con il corpo già orientato verso la porta avversaria. Quest’anno, in una posizione più centrale, Insigne ha ricevuto spesso spalle alla porta, e lo spazio davanti a sé era occupato da una vera prima punta, come lo sono Milik e Mertens.
Altri due dati danno conto dell’impatto che il cambio di posizione, verso una zona di campo più congestionata, ha avuto sul gioco di Insigne. Il numero di possessi persi da Insigne è diminuito del 25% rispetto allo scorso anno; e la sua efficacia nel dribbling si è leggermente alzata, dal 53% di dribbling riusciti della scorsa stagione al 55% di quella attuale - nonostante il numero di dribbling sia crollato, sia nei tentativi (dai 3,4/p90 dello scorso anno agli attuali 2) che nei successi (da 1,8/p90 a 1,1/p90).
Cioè: Insigne ha le qualità tecniche, nel primo controllo e nella gestione del proprio corpo, per lavorare da trequartista/falso nove. E non c’è stata un’involuzione tecnica da parte del calciatore, ma a cambiare sono state le condizioni tattiche intorno a lui.
Il dato sui tocchi di palla deve farci riconsiderare ancora sui gol segnati: perché in condizioni meno favorevoli Insigne ha segnato di più?
Il volume di tiro di Insigne non è cambiato (5,1 tiri ogni 90' tenuto costante da una stagione all’altra), ma il minor numero di ingressi in area lo ha portato a tirare da più lontano: la distanza media di tiro è salita da 22,9 a 24,1 metri.
Anche la pericolosità dei tiri che si è costruito è calata del 10% (gli Expected Goals per 90 minuti sono passati da 0,48 a 0,43), e della stessa percentuale sono diminuiti i tiri nello specchio.
Insigne ha realizzato le migliori occasioni che ha avuto: gli xG dei soli tiri trasformati in gol ammontano quest’anno a 2,2, mentre lo scorso anno erano di 1,5. È stato più concreto sotto porta, insomma. Rapportate le cifre ai minuti giocati, l’incremento è addirittura del 127%.
Un’ulteriore conferma dello stesso segno arriva da quelle che Opta classifica come Big Chances, ovvero le grosse occasioni da gol: Insigne quest’anno ne ha avute 13 (contro le 20 dello scorso anno) e ne ha trasformate 4 (esattamente come un anno fa).
Assist, Expected Assists e Big Chances creati da Insigne nelle ultime due stagioni.
Ma il dato sulle Big Chances mostra l’altra faccia della medaglia: le grosse occasioni da gol che Insigne ha confezionato per i compagni sono solo 6, contro le 23 dello scorso anno. Anche gli Expected Assists di Insigne sono calati, passando da 0,30 xA/p90 a 0,20 xA/p90.
In definitiva, nella prima stagione con Ancelotti, in un ruolo più centrale ma che lo porta meno in area, Insigne è tornato a segnare secondo i suoi livelli, dopo che invece l'ultima stagione con Sarri era stata piuttosto brutta sotto il profilo realizzativo. La qualità delle occasioni che si procura Insigne sta calando, in un contesto sfavorevole, perché è tutto il Napoli che produce meno offensivamente, e nella nuova posizione Insigne sta facendo fatica ad associarsi col resto dei compagni.
Insigne può essere ancora una risorsa di primissimo livello per gli azzurri, a patto che Ancelotti riesca a creargli intorno un contesto favorevole alle sue caratteristiche.