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Nessuno gioca come Lorenzo Musetti
12 nov 2020
Un tennista di culto che sembra avere la concretezza necessaria per fare risultati.
(articolo)
12 min
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La sfida a Roma contro Jannik Sinner è stata l’occasione perfetta per Grigor Dimitrov per una riflessione su molti temi transgenerazionali del tennis, una sorta di malinconico bilancio esistenziale: «Uno dei più grandi errori commessi quando stavo emergendo nel circuito è stato quello di ascoltare chi mi diceva che un giorno sarei sicuramente diventato numero 1 del mondo», ha detto il bulgaro. «Sinner non deve dare ascolto a tutto questo. Sei un campione solo quando lo sei già diventato».

Dimitrov ha poi concluso la sua introspezione con uno degli aspetti più sottovalutati e male interpretati del tennis: «So cosa significa avere 19 anni, avere tutto da guadagnare e nulla da perdere: sei molto sciolto e riesci a fare delle giocate incredibili nei momenti complicati. Non è facile per i tennisti più anziani competere contro questo tipo di giocatori, perché noi abbiamo più pressione. Anche se a volte possiamo girarla a nostro vantaggio usando la nostra esperienza».

È stato facile riconoscere questi due volti opposti dell’approccio psicologico al tennis nel torneo di Roma di Lorenzo Musetti. Spavaldo e dominante nelle prime due partite, quelle deresponsabilizzanti contro Stan Wawrinka e Kei Nishikori, da conquistarsi perfino lo status di favorito nei quarti di finale contro Dominic Koepfer, conclusi malamente per una serie di ragioni. La principale, senza dubbio, è proprio quella del maggior peso di responsabilità contro un avversario fino a quel momento teoricamente dello stesso livello – livello alto Challenger, basso ATP.

Lo stesso tipo di pressione Musetti deve averlo avvertito nella semifinale del Challenger di Forlì, da lui vinto. Dopo una cavalcata autorevole, grazie alle vittorie su Tiafoe e Seppi, Musetti ha sfidato il sudafricano Lloyd Harris, di classifica leggermente più alta ma meno adattabile alla terra battuta. «Oggi la partita la meritava Lloyd, io ero troppo nervoso», ha detto Musetti, uscito vincitore per ritiro dell’avversario. Un’unica breve frase che condensa tre delle principali caratteristiche del temperamento di Musetti: l’onestà, l’umiltà e l’emotività che spesso però riesce a trasformare in carica agonistica.

In questo momento Musetti sembra finalmente sul punto di far sbocciare a pieno un talento che lo ha portato a livelli elevatissimi nel tennis junior, ma che lasciava forse qualche dubbio sulla sua concretizzazione nel circuito degli adulti. Proprio in virtù della straordinaria completezza del suo repertorio tecnico, Sinner ha recentemente detto che «Musetti forse ha più potenziale di me». Un sillogismo, quello tra ampiezza del bagaglio tecnico e possibilità di successo, che in molti casi è stato smentito dal rischio di perdere una via maestra in virtù delle troppe armi a disposizione. Un pericolo che al momento Musetti pare abbia scongiurato.

Musetti è un giocatore che – soprattutto se assistito da buoni risultati in futuro – si candida a diventare un vero feticcio per gli appassionati di un tennis più classico.

La completezza

L’unicità del percorso di Musetti sta nel fatto che è arrivato ormai alle porte della top 100 a 18 anni ma rispettando immediatamente le promesse da junior, ben superiori a quelle di Sinner. E soprattutto sta riuscendo a ordinare immediatamente il suo talento multiforme in una prospettiva di grande concretezza. Riesce a usare la migliore arma possibile per la situazione specifica, senza andare in confusione. Così Musetti riesce ad allinearsi ad alcuni profili della sua generazione, a Tsitsipas per alcuni versi e a Shapovalov per altri, provando anche lui a dimostrare ancora una volta come le previsioni apocalittiche sulla biodiversità dei tennisti del futuro siano state attese solo molto parzialmente.

Jannik Sinner, a differenza di Musetti, è un fenomeno paranormale nell’eseguire un numero limitato di cose in campo. Forse è anche questo il motivo per cui, al di là del fatto che è di un anno più giovane – classe 2001 e 2002 rispettivamente – Sinner è riuscito a emergere prima e con più facilità nel circuito ATP, quasi all’improvviso visti i suoi risultati per nulla sbalorditivi da junior. Ed è anche per questo che il percorso di Musetti appare al momento, per certi versi, ancora più sorprendente. Musetti sta provando a realizzare ad alti livelli una combinazione, quella tra l’improvvisazione e la consistenza, tra l’espressione leggera e la determinazione, che sembrava sempre più impossibile da mettere a punto nel tennis contemporaneo.

Sinner e Musetti stanno già in parte rompendo la scorza dell’immaginario dei tifosi italiani. Un dualismo mediatico che nei prossimi anni potrebbe essere alimentato dalla loro diversità di stili e che, come nei casi di Coppi e Bartali o di Rossi e Biaggi, sarebbe soprattutto la certificazione del loro successo.

Se Sinner è più competitivo sul veloce, Musetti pare più a suo agio sulla terra. Oggi la superficie di riferimento per i cultori di un tennis eterogeneo e raffinato dal punto di vista strategico. Spesso, guardando Musetti, si possono riscoprire vari stili di gioco ed epoche diverse espresse in un unico tennista. Un misto di sensazioni che può appagare qualsiasi tipo di spettatore, qualunque siano le esigenze di un certo pubblico e le emozioni che esso voglia ricercare da uno spettacolo tennistico

Nel video sotto, per esempio, Musetti vince un punto – nella recente sfida contro Nishikori a Roma – giocando praticamente in tutti i modi. Carica i primi tre colpi da terraiolo anni Novanta; poi esegue un back lungolinea perfetto che cambia il ritmo; poi ancora accelera in avanzamento con entrambi i fondamentali, come un bombardiere puro; infine, copre il posizionamento a rete e gestisce i colpi al volo come un australiano vecchio stile. Chiaramente è difficile condensare tutto in un unico scambio, ma spesso Musetti riesce a cambiare improvvisamente spartito da un punto all’altro, senza risultare a disagio in alcun contesto tattico.

Nishikori mandato direttamente in psicanalisi.

La nuova polivalenza dei tennisti italiani

Se è vero che la terra battuta è la superficie dove si esprime con più naturalezza, Musetti – così come Sinner e Berrettini – si inserisce in quel filone di tennisti italiani ormai pronti e abituati a giocare fin dalle età giovanili sulle superfici veloci, anche grazie al “Progetto campi veloci” intrapreso dalla FIT ormai più di un decennio fa. Se Sinner ha potuto crescere sui campi duri dell’accademia di Riccardo Piatti a Bordighera in modo più autonomo e svincolato dalla Federazione, Musetti rappresenta un successo ancora più grande per il sistema della formazione dei giovani della FIT.

La sua adattabilità al veloce è testimoniata dal fatto che tutti i suoi risultati più importanti a livello junior siano arrivati su erba e cemento. Musetti ha raggiunto prima i quarti a Wimbledon 2018, poi la finale dello US Open dopo qualche settimana e infine il successo all’Australian Open 2019. Eppure quasi tutta la programmazione di Musetti nel circuito Challenger degli adulti nel 2019 è stata incentrata sulla terra battuta, così come anche il tentativo di qualificazione a Roma sfuggito per pochi punti in un match indimenticabile contro Jannik Sinner sul Pietrangeli.

Match che purtroppo non vale per le statistiche ufficiali, facendo parte delle prequalificazioni, cioè una sorta di mini-torneo organizzato dalla FIT con in palio una wild card per il tabellone principale. Un incontro, tuttavia, dove Sinner e Musetti hanno sciorinato tutto il rispettivo repertorio, spingendosi al limite e rivelando punti di forza e di debolezza che stanno costituendo questa prima fase embrionale delle loro carriere ad alti livelli. Da una parte il tennis più lineare e di pressione costante di Sinner, dall’altra la maggiore varietà di angoli, tagli e traiettorie di Musetti che ha messo in difficoltà il suo più quotato avversario per tutta la partita.

Musetti che prima conquista piano piano il campo con il back che anestetizza Sinner, poi piazza due accelerazioni appena ha la possibilità. In seguito tutti gli highlights della meravigliosa partita.

In quel match si è visto come Musetti abbia un tennis più naturalmente adatto alla terra battuta rispetto a Sinner, con aperture più ampie e preparazioni qualche volta lente, compensate però dalla facilità e dalla velocità di braccio in tutti i fondamentali. Questo aspetto lo mette tuttavia in difficoltà in quello che forse è il suo unico punto debole più evidente: la risposta al servizio, la fase di gioco che dovrà maggiormente curare nell’allenamento per un tennis ancora più al passo con i tempi, in linea con le tendenze mondiali sempre più spinte verso gli scambi brevi.

Un esempio lampante che chiarisce quanto Musetti abbia poca naturalezza nella risposta si è verificato al Challenger di Recanati, nel luglio 2019. Un torneo sul veloce che ha inframmezzato una serie interminabile di 21 tornei su terra battuta e giocato dopo 8 tornei di fila sul rosso e una settimana precedente intensa con la semifinale al Challenger di Milano. A Recanati, al primo turno, Musetti per un set e mezzo è sembrato totalmente a disagio alla risposta e nel gestire le accelerazioni del giapponese Watanuki, rimediando un secco 6-0 6-2. Anche alcune occasioni nel primo set contro Koepfer a Roma, quest’anno, Musetti le ha sprecate con errori banali in risposta.

È evidente come le aperture abbastanza ampie impediscano a Musetti di rispondere aggressivo in anticipo e lo costringano spesso a rispondere da troppo lontano, da una posizione dove al momento non ha la struttura fisica adatta per poterci giocare con continuità. Nel video sotto lo vediamo, ad esempio, nel tie-break decisivo della finale degli Australian Open junior 2019 contro Emilio Nava: sulla prima dell’avversario risponde praticamente sempre in back, mentre nel punto successivo a questo prova a rispondere di dritto in top in anticipo, ma stecca. Quello di non disporre di una risposta aggressiva è l’unico vero handicap di Musetti, una lacuna che può condizionarlo e dare certezze ai suoi avversari nei punti importanti, specialmente sul veloce.

el tennis junior è meno importante avere una risposta aggressiva di spessore.

Questo aspetto non deve mettere in ombra tutto il resto del suo arsenale, perfetto per un tennis sia offensivo che di manovra, sia attraverso palle arrotate e pesanti che attraverso la sensibilità. Con il servizio Musetti ha ormai raggiunto una completezza importante che lo fa spaziare dalle soluzioni piatte, in slice e in kick, e il dritto è stato ulteriormente pulito negli ultimi mesi. La sua perfetta combinazione tra classicità e avanguardismo è chiaramente visibile da come da un lato sia già un maestro di sensibilità nelle palle corte e nelle volée, dall’altro la sua apertura di dritto con il gomito destro molto piegato indietro – allo stesso modo di Kyrgios, Edmund, Khachanov o Tiafoe – si allinea al manifesto della modernità biomeccanica del tennis.

Non solo, ma cosa più sbalorditiva di Musetti è che dal lato del rovescio riesce già a essere particolarmente efficace in molte situazioni – che sia un lungolinea, una palla carica o un rovescio tagliato – nonostante dal punto di vista tecnico, in quel fondamentale, abbia ancora ampi margini di miglioramento. Sta progredendo sensibilmente il suo timing in anticipo sulla palla colpita in avanti, e per il momento – grazie alla straordinaria qualità del suo braccio – sta anche compensando qualche difetto nell’uso del corpo.

Non sempre, infatti, riesce a puntare bene il piede destro avanti in fase di preparazione del rovescio e questo gli fa perdere stabilità, soprattutto negli spostamenti laterali quando arriva a colpire in corsa e in difesa. Anche per questo motivo è spesso costretto a partire da qualche metro indietro e a dover riconquistare campo: forse è proprio questo l’aspetto che in particolare gli rende la vita più difficile sul rapido, quello che – insieme alla risposta al servizio – costituisce uno dei principali margini di miglioramento di un tennis già completo e consapevole.

Il primo rovescio lo gioca non riuscendo a puntare bene avanti la gamba sinistra, in ritardo ed è costretto ad alzarlo. Sul secondo rovescio invece si vedono bene il talento e i miglioramenti nel timing, ed esce fuori un capolavoro.

Culto

Non è semplice capire fin da ora se il percorso di Musetti andrà sviluppandosi verso una maggiore specializzazione o in alternativa se, invece, riuscirà a mantenere questa sua incredibile polivalenza che lo fa essere così imprevedibile. Al momento Musetti, che ha di parecchio limitato la manifestazione esteriore delle sue frustrazioni in campo rispetto al passato, sta sempre più assomigliando a Sinner anche per la gestione dello stress. Un fattore determinante per il suo successo e che risulta ancora più fondamentale per preservare la sua espressione così poliedrica dal punto di vista tecnico-tattico.

Per trovare momentaneamente la sua via per il successo, nel 2017 Grigor Dimitrov aveva assunto come coach Dani Vallverdu, che come primo imperativo categorico gli aveva instillato il mantra della semplificazione tattica, in virtù delle troppe armi a disposizione. Questo perché il bulgaro in tutta la sua carriera non ha mai trovato un filo conduttore a livello mentale, finendo vittima dei precoci accostamenti a Federer e di un tennis delizioso ma disordinato tatticamente.

Musetti, rispetto al primo Dimitrov, sembra un tennista meno manieristico, più freddo a livello mentale, nella gestione del match – come quello vinto ma interrotto più volte contro Cuevas al Forte Village – e più intelligente in campo. Già a 18 anni ha un’ottima tenuta nel tennis di manovra e di costanza, una base che sarà per lui fondamentale per trovare certezze anche nelle partite e nei periodi più complicati. Se Dimitrov in carriera si è sempre mostrato un giocatore troppo emotivo nei punti importanti e al momento di prendere in mano la responsabilità di chiudere un set o una partita, Musetti deve forse migliorare nella gestione dello stress pre-partita che lo ha recentemente molto limitato a Roma contro Koepfer e a Forlì contro Harris.

Il grande vantaggio di cui può ora disporre è quello di trovare la strada “asfaltata”, di aver assistito alle esplosioni di due giovani azzurri prima di lui – Berrettini e Sinner – che contribuiscono a spartire il peso della pressione della rinascita del tennis italiano ad altissimi livelli, dopo ormai più di 40 anni. Anche nel nostro tennis femminile l’effetto traino è stato evidente: dopo la prima esplosione di Flavia Pennetta nel 2009 sono arrivate le tre finali consecutive al Roland Garros – 2010 e 2011 Schiavone, 2012 Errani – e gli indimenticabili successi in doppio della coppia Errani/Vinci, oltre alla successiva consacrazione di quest’ultima anche in singolare soprattutto con la finale tutta azzurra allo US Open 2015.

Musetti, Sinner e Zeppieri, ma anche Flavio Cobolli e Luca Nardi, fanno parte di una generazione – 2001/2002/2003 – che può beneficiare anche di una più o meno consapevole emulazione reciproca. E proprio l’Italia in questo momento sembra aver ormai assunto un nuovo ruolo di superpotenza del tennis agli occhi dell’opinione pubblica mondiale.

Ma se considerassimo già questi giovani come dei sicuri campioni correremmo lo stesso rischio di cui ci ha avvertiti Dimitrov a Roma. Per Musetti, ma anche per Sinner nonostante le strepitose prestazioni al Roland Garros, il successo arriverà non solo tramite il raggiungimento di certi traguardi, ma soprattutto dalla conferma e dal consolidamento di uno status di alto livello. A Musetti non basterà diventare uno dei tennisti feticcio del tour: solo la legittimazione attraverso il successo materiale potrà consacrare il suo rarissimo talento, rendendolo credibile.

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