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Lorenzo Pellegrini contro i romanisti
01 ott 2024
Da bandiera a traditore.
(articolo)
11 min
(copertina)
IMAGO / Antonio Balasco
(copertina) IMAGO / Antonio Balasco
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Il boato dell’Olimpico conteneva una grana particolare. Un urlo profondo di sollievo, felicità e disperazione che solo certi stadi dopo un gol sanno restituire. Dentro quella baraonda, Nicolò Pisilli ha iniziato a correre, esprimendo una gioia scomposta che ha bucato lo schermo, in un mondo di esultanze distaccate e codificate.

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Il gol ha avuto il gusto particolare di una tradizione che si rinnova, della storia che si ripete. Per un tifoso romanista, cresciuto rivendicando la diversità simbolica di “capitani e bandiere”, quello di Nicolò Pisilli non poteva essere un gol qualsiasi. Non era possibile non emozionarsi, non immedesimarsi, nel vedere la sua felicità, la voce tremante e infantile mentre dice: «Sono tanto felice per il mio primo gol in Serie A, per la vittoria e per il premio di migliore in campo». Sotto si sentono ragazzi e ragazze gridare “Pisilliiii”, “grande Pisilliiiii”. «È un sogno che si avvera. Segnare in questo stadio con questa maglia per un romano e romanista è stato il massimo». Nelle ore successive è circolato un video di José Mourinho che commenta il suo primo gol con la Roma, lo scorso anno in Europa League: «Pisilli segna sotto la curva e piange, arriva nello spogliatoio e piange. Sono dovuto scappare sennò piangevo anche io».

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Mourinho descrive la diversità della Roma, che i romanisti rivendicano come un tratto fondamentale della loro identità. L’idea che nella Roma ci sia sempre qualche romano e romanista, cresciuto con questi colori, cresciuto nei quartieri che i romanisti abitano. Ragazzi col loro stesso accento, il loro senso dell’umorismo, i loro tic. Giocatori che diventano la protesi in campo dei tifosi romanisti. Vedere oggi le foto di Niccolò Pisilli bambino con la maglia della Roma e la fascia da capitano al braccio, beh, è un tipo di emozione che il tempo non può corrompere. Un’isola di purezza nel calcio contemporaneo.

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Nella stessa partita Lorenzo Pellegrini è stato fischiato in ogni occasione: alla lettura delle formazioni, al tocco della palla, all’uscita dal campo. Mettere vicini i due fatti fa impressione. È difficile non vedere la contraddizione, tra l’emozione verso il gol di Pisilli, l’ostentazione del “romanismo”, e poi il trattamento riservato a Lorenzo Pellegrini, romano e romanista. Alla fine Pellegrini è diventato ciò che Pisilli sogna di diventare: capitano e leader della Roma.

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