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LPDC: qual è la cosa più importante per vincere?
26 ago 2017
Giorgio ci ha posto una domanda difficilissima: cos'è che per una squadra di calcio funziona a prescindere da tutte le situazioni.
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Questa domanda è uscita in anteprima nella rubrica della Posta del cuore che è sulla nostra newsletter. La potete ricevere direttamente sulla vostra mail ogni domenica mattina, insieme ai migliori articoli della settimana. Per iscrivervi dovete cliccare qui e inserire il vostro indirizzo: facile facile.

Ok, siamo tutti d'accordo che nel calcio la vittoria è quasi sempre il sigillo della verità e che non vi sono verità tattiche assolute.

Tant'è che io non ho un modulo preferito e addirittura non riesco a votarmi a dei principi tattici fissi: per esempio, so di certo che avere la palla per più tempo possibile è bene, ma sono anche d'accordo con la frase di uno che non ricordo come si chiami che diceva "l'importante non è attaccare, ma contrattaccare"; altro esempio: si sa che si segna al centro del lato largo del campo e dunque sarebbe un bene avere il predominio centrale, ma è anche vero che spesso gli spazi liberi sono solo quelli laterali (e anche quelli MOLTO laterali) quindi forse è in quelle zone che si decide il gioco.

Ecco, non voglio avere una risposta a queste domande esistenziali (che hanno dietro anche tutta una loro filosofia di vita riflessa), ma chiedervi questo: secondo voi, c'è qualcosa che È ASSOLUTAMENTE MEGLIO che una squadra di calcio faccia, tatticamente? Qualcosa che a prescindere da avversari e componenti di una squadra sia BENE? Ossia, c'è nel calcio qualche elemento che possa scalfire (o anche solo addolcire) il suo caratteristico relativismo pragmatico?

Da relativista calcistico mi auguro di cuore che voi abbiate anche una piccola risposta.

Giorgio

Risponde il mister Fabio Barcellona

Ciao, caro Giorgio,

la tua domanda è sul serio filosofica: apre dubbi enormi su tutto il pensare, parlare e scrivere di tattica.

Iniziamo provando a limitare l’angolo visuale al solo modulo di gioco. Ricordo che nel materiale didattico fornito dal Settore Tecnico della F.I.G.C., nel corso per ottenere la Licenza Uefa per allenare, c’era un modello di costruzione teorica di un modulo di gioco ideale.

Per garantire protezione centrale è utile schierare una difesa a 3; per l’ampiezza è necessario schierare due esterni mentre, per avere uno scaglionamento ottimale in mezzo al campo è preferibile schierare tre centrocampisti con il vertice basso. In avanti, per dare ampiezza e imprevedibilità, la migliore soluzione è avere due attaccanti esterni e un trequartista, mentre 2 punte garantiscono la possibilità di verticalizzare più facilmente. Così facendo si arriva a uno schieramento con 13 giocatori di movimento: la dimostrazione chiarissima, anche nelle intenzioni di chi ha redatto la dispensa, che il modulo di gioco ideale non esiste.

Come ogni sport di situazione, nel calcio l’esecuzione dei gesti tecnici è fortemente influenzata dal contesto sempre mutevole e dalle tantissime variabili in gioco. Per dirne due: il fatto che si giochi con i piedi - non proprio fatti per manipolare oggetti -; e l'opposizione degli avversari. È per questo che nel calcio la tattica ha un’importanza fondamentale, per creare il giusto contesto, quello che agevoli la propria prestazione e renda difficoltosa quella degli avversari. Creare, insomma, le migliori condizioni possibili per vincere.

La tattica, caro Giorgio, è importante e bisogna diffidare da chi dice che non conta nulla, ma la domanda che poni non ha una risposta semplice. Proviamo a riprendere in mano i manuali di gioco. Questi ci dicono che esistono dei princìpi che devono essere rispettati in ogni fase di gioco.

Quando si attacca bisogna avere un buon scaglionamento, essere imprevedibili, sfruttare l’ampiezza, attaccare la profondità e prepararsi alla transizione difensiva. In fase di non possesso è necessario essere ben scaglionati per togliere spazio e tempo all’avversario, essere capaci di ritardare l’azione avversaria, mantenere l’equilibrio di squadra, agire con cautela e, se possibile, preparare la transizione offensiva. Il piano concreto seguito dalle squadre per mettere in pratica questi principi generali è molto variabile ma, nel mare del relativismo da cui ciascuno di noi si sente attirato, i princìpi profondi rappresentano piccola àncora a cui legarsi.

Torniamo ai manuali. Il comportamento tattico complessivo di una squadra deve essere coerente. L’intero modello di gioco, fatto di princìpi ordinati in maniera gerarchica e legati gli uni agli altri non deve presentare contraddizioni. Mi spiego meglio facendo un piccolo esempio. Se si vuole che una squadra rimanga sempre equilibrata e attacchi in maniera ordinata rispettando le posizioni, anche per preparare bene un’eventuale riconquista del pallone, non deve ripartire di continuo in verticale ricercando subito la profondità. Di nuovo, se si sceglie di pressare alto, non si può tenere la linea difensiva bassa, perché la squadra si allunga e le distanza tra i reparti si dilata, regalando tempo e spazio agli avversari: c’è incoerenza tra le due scelte.

Ecco, la coerenza interna di un modello di gioco è un’altra àncora nel mare del relativismo.

Per me però c’è ancora un’altra cosa che viene forse troppo spesso trascurata. Quando si parla di tattica si intende quasi sempre la tattica collettiva, cioè il movimento coordinato di un insieme di giocatori. In realtà si discute poco di tattica individuale e di tecnica. Nel calcio il gesto tecnico va inserito in un contesto di gioco; la scelta del gesto tecnico in una determinata situazione (passaggio lungo o corto, temporeggiamento o ricerca dell’anticipo, per fare un paio di esempi) è quella che viene definita “tattica individuale”. Le abilità richieste al calciatore sono di tipo “open skill”, in cui il gesto tecnico è condizionato dall’imprevedibilità del contesto ed è fondamentale la capacità di adattarlo e di variarlo con estrema rapidità. La capacità di un calciatore di scegliere efficacemente e di adeguare il gesto tecnico al contesto, possiamo dirlo, è il cuore di ogni tattica collettiva.

Di solito si si è naturalmente portati a pensare al gesto tecnico e alla scelta tattica di un calciatore in maniera disgiunta: un calciatore sceglie di lanciare lungo e quindi esegue il lancio. Invece dovremmo pensare alle due cose come più intimamente connesse. Le capacità tecniche di un calciatore ampliano a dismisura le sue possibilità tattiche. Limitandoci alla fase di possesso palla, più intuitiva delle altre, un calciatore che maneggi con disinvoltura il calcio lungo e corto, magari con entrambi i piedi, il dribbling o la conduzione palla in progressione, ha un bagaglio di scelte a disposizione maggiori e quindi, nelle frazioni di secondo il cui il suo sistema cerebrale processa le informazioni sull’ambiente circostante ed elabora una decisione, ha maggiori possibilità di effettuare la scelta più efficace.

Si giunge quindi all’uovo di colombo e all’ultima àncora che ti posso offrire. Un elemento stabile, che dà buone garanzie di vittoria, è quello di avere giocatori forti, ovvero calciatori che abbiano doti tecniche e capacità decisionali sviluppate, sottolineando anche che la tecnica concorre in maniera importante alla scelta del “cosa fare” e non si limita a influenzare solo l’ambito del “come fare”. Insomma, una costante nel mare del relativismo pragmatico del calcio, è che con i giocatori forti, di solito, si vince.

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