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Come si inizia una carriera, intervista a Luca Nardi
08 mag 2024
Una chiacchierata col giovane tennista pesarese.
(articolo)
3 min
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Luca Nardi è una delle promesse del tennis italiano. Ha 20 anni, la faccia pulita e l’accento pesarese. Si parla di lui come di un potenziale campione da tanti anni e chi segue il circuito juniores lo aspetta da tempo. È negli ultimi mesi, però, che il talento di Nardi ha iniziato a esprimersi ai massimi livelli. A marzo ha battuto Novak Djokovic al torneo di Indian Wells e il suo nome ha iniziato a circolare sulla bocca degli appassionati, poi ha vinto il torneo di Napoli ed è entrato nella top-100. Una posizione di classifica che ora gli permette di giocare più stabilmente nel circuito ATP.

Nardi ha un tennis completo e fluido. Quando colpisce la pallina non sembra fare particolari sforzi, può accelerare sia di dritto che di rovescio, serve bene, ha una buona mano. Vederlo giocare è rilassante. L’ho incontrato mentre sta preparando il torneo di Roma. Abbiamo parlato di come sta vivendo questo delicato passaggio della sua carriera e di cosa si aspetta dal futuro. Abbiamo parlato della partita con Djokovic, dei recenti problemi fisici e della pizza Rossini. Quando chiacchieriamo Luca è come sul campo da tennis: sorridente e rilassato.

Come sta andando la stagione su terra, sei soddisfatto?

Ho vinto il Challenger a Napoli, che per per me è un torneo importante perché ho origini partenopee. È stato bello. A Montecarlo mi sono qualificato ma contro Aliassime ho avuto qualche problema fisico, quindi non è andata benissimo. Poi sono andato a Bucarest e ho avuto un infortunio più serio, dove mi sono storto la caviglia sinistra. Sono stato fuori tre settimane ma spero di arrivare a Roma al top.

Quell’infortunio è stato un po’ spaventoso da vedere, con Seyboth Wild che ti porta la sedia. Un infortunio arrivato in una partita rocambolesca, in cui hai avuto 5 matchpoint non sfruttati. Come ci si riprende da una simile sconfitta, con annesso infortunio?

Diciamo che alla sera non ero contento, il viaggio di ritorno l’ho fatto senza sorriso e su una gamba sola. In ogni sport professionistico però succedono queste cose. Per fortuna capitano raramente, ma bisogna essere pronti ad assorbire subito e a recuperare subito.

Ora sei al 100%?

Non al top, i tempi erano stretti ma spero comunque di essere al meglio per la prima partita.

Prima di Napoli in un’intervista avevi detto «Sono fiducioso ma non è che mi aspetto di fare finale e vincere il torneo». Invece hai fatto finale e hai vinto il torneo, come hai festeggiato?

Era pasqua, quindi sono stato con i miei parenti di Napoli, quindi tanta tanta pizza. Vincere un torneo davanti alla mia famiglia, che non vedo molto spesso, è stato speciale.

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Dopo Roma Luca Nardi esordirà in uno Slam al Roland Garros e indosserà la Paris Collection di adidas.

L’anno scorso a Roma hai perso con Goffin un match molto tirato, hai rimpianti su quel match?

Ero in vantaggio di un set e quasi di due break, avevo quasi vinto quindi un po’ di rimpianti ce li ho. Sarebbe stata la mia prima vittoria a Roma. È una cosa che volevo tanto e che spero possa arrivare quest’anno. Ho lavorato per gestire meglio queste situazioni di vantaggio e voglio essere pronto per questo torneo.

Da Goffin hai perso anche altre volte, hai pagato l’inesperienza?

È un giocatore che patisco parecchio. Abbiamo giocato tre volte e sono state partite dure e tirate. Quella volta poteva finire in modo più rapido con la mia vittoria, ma è un giocatore d’esperienza che è stato top-10, non il primo arrivato.

Nel 2024 sei entrato in top-100 e hai battuto il numero uno del mondo. Qual è il ricordo che ti porti dietro di quella partita?

Prima che entrassi in campo non riuscivo a stare fermo. Ero tesissimo. Quando abbiamo iniziato a giocare, però, ho avuto una sensazione stranissima. La tensione era sparita. Mi sentivo rilassato, perfettamente nel momento. Sul matchpoint quando ho visto la palla andare, che era ace, è stata una sensazione unica. Non è una cosa che capita spesso in una carriera, ma ne ero consapevole e sono riuscito a godermela. Lo ricorderò per sempre.

Guardando quella partita era sorprendente vederti sostenere lo scambio da fondo con Djokovic con quella tranquillità

A chi lo dici!

È stata la cosa più sorprendente o c’è stato qualcosa che ti ha sorpreso di più di te stesso in quel match?

Prima di entrare in campo parliamo coi miei allenatori e gli dicevo: “Spero di fare almeno un game. Spero di non prendere 6-0, 6-0”. Loro mi dicevano di star tranquillo, che me la sarei giocata, ma io non ci credevo, gli dicevo: “Oggi prendo una stesa”. Pian piano però facevo i game, tenevo il ritmo. Mi sono accorto che lui faceva fatica, soprattutto all’inizio. E mi sono accorto che reggevo il suo gioco.

Nel settimo game del secondo set hai subito break alla fine di un game da 13 minuti, e quello sembrava il momento in cui Djokovic girava la partita. Invece hai retto quell’urto

Quando ho vinto il primo set mi sono detto che la vittoria era possibile, e mi aspettavo una sua reazione forte. Ho provato a restare concentrato e a non andare troppo in là con le previsioni, a non perdere la lucidità quando ha tirato fuori un paio d’urli, e ha cercato di reagire emotivamente. È andata bene.

Come hai vissuto i giorni successivi, come ci si riprende da una vittoria del genere? Ti ha dato la misura delle tue potenzialità o ti ha portato fuori fase?

È stata una cosa bellissima ma mi ha stravolto la vita, almeno nelle due settimane successive. Un giorno non ti conosce nessuno e quello dopo l’allenamento era affollato, non potevo camminare per le persone che avevo intorno. Non ero abituato. Poi ci sono state parecchie interviste, telefonate, cose difficili da gestire per me. Ci ho messo un po’ a metabolizzare quella vittoria, a Miami ero ancora frastornato. Poi sono tornato a casa e mi sono tranquillizzato.

Nel 2024 hai giocato grandi tornei oppure Challenger, senza vie di mezzo

Le vie di mezzo non mi piacciono.

Che idea c’è dietro questa programmazione?

Ora che ho il ranking per farlo proverò a giocare più partite ATP possibili. A inizio anno diciamo che l’obiettivo era fare punti.

Da Junior hai affrontato Rune e Alcaraz giocandotela più o meno alla pari. Vederli dove sono arrivati ora ti dà uno stimolo in più?

Ho giocato con entrambi. Con Rune ho giocato tre volte: vinto due volte e perso una; mentre con Alcaraz ho giocato quattro o cinque volte, ma le ho sempre prese forte. Ma proprio forte. Vedere dove sono ora e cosa stanno facendo è bello perché li reputo miei amici fin da quando sono piccolini, quindi sono contento per loro. Per me poi è una grossa motivazione a raggiungerli. Non penso di arrivare mai al numero uno del mondo ma sognare non costa nulla.

Da junior hai avuto un infortunio alla schiena nel 2018, come ha condizionato la tua crescita?

Io sono cresciuto tutto di botto. In pochi mesi ho preso non dico 20 centimetri ma quasi, e per cinque o sei mesi sono stato condizionato. Passavo il tempo dal fisioterapista o dall’osteopatia per farmi controllare. In quel periodo facevo fatica a girarmi su me stesso, o persino ad alzarmi dal letto. Faticavo proprio a fare cose basilari, figuriamoci col tennis. Non è stato facile, ma i problemi fisici per uno sportivo sono qualcosa di ordinario.

La differenza tra un top-10 e un top-50 è più tecnica, fisica o mentale?

La differenza non è tanto a livello di tennis o di fisico ma è la costanza. Un top-10 riesce a giocare al suo livello tutte le settimane. Io per esempio ho battuto Djokovic ma posso perdere, per dire, col numero 130 al mondo. Ancora devo raggiungere quel livello di costanza che hanno i migliori giocatori al mondo. Sinner ora riesce a vincere ogni partita perché riesce a tenere sempre un livello di tennis molto alto. È questa la grande differenza.

Galimberti diceva di volerti far giocare un tennis aggressivo, intenso, in cui comandavi lo scambio. Hai lavorato in quella direzione con lui?

Sì il suo punto di vista era di farmi giocare il più possibile aggressivo e di giocare in avanti. Io tendo a essere troppo remissivo in certe situazioni, per esempio quando sono teso o la situazione di punteggio è difficile. Abbiamo lavorato per rendere la mia indole più aggressiva.

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Poi sei tornato ad allenarti a Pesaro, da dove è nata la scelta?

Sono cose che capitano. Con Giorgio abbiamo fatto bellissime cose, vinto tornei, battuto Djokovic, ma tornato da Montecarlo ho sentito che mi mancava qualcosa e ho deciso di tornare col mio allenatore di prima.

Qual è il colpo che consideri il tuo migliore, e quale è quello che ti dà più gusto eseguire?

Col dritto faccio più punti ma è anche un colpo più instabile e “ballerino”. Il rovescio però è sicuramente quello che mi piace di più. Starei ore a tirarlo senza stancarmi, sin da quando ero piccolino.

Da ragazzino c’era un giocatore che guardavi provando a imitarne lo stile?

Io guardavo un po’ tutti, ma Djokovic era quello che guardavo di più. Il suo rovescio, in particolare, la facilità con cui faceva partire la palla. Guardavo i suoi video e pensavo di voler essere come lui. Poi andavo in campo e provavo a imitare i suoi colpi, e la palla usciva di sei metri.

Se dovessi immaginare di vincere un torneo importante, escluso Roma, quale sceglieresti?

Indian Wells. Dopo quest’anno devo tornare e vincere.

La vita del tennista è certamente privilegiata ma non è semplice. Bisogna viaggiare molto, si vive in hotel. Cosa ti piace di questa vita e cosa invece vorresti cambiare?

Non mi pesa viaggiare, sono curioso e quando posso passeggio per le città per conoscere luoghi e culture diverse. È una cosa che mi piace. L’aspetto che mi pesa di più forse è dover fare delle rinunce. Vedi i tuoi amici che mangiano quello che vogliono, si prendono la pizza, e tu devi mangiare il pollo col riso. Ma sono piccoli sacrifici necessari.

Dopo un torneo ti hanno regalato una pizza Rossini però

Non nominare la pizza Rossini invano.

Come prendono i tuoi parenti napoletani il fatto che a Pesaro mettete la maionese sulla pizza?

Mio padre non la mangia ma a Pesaro siamo fissati. Quando posso “sgarrare”, che sono a casa con gli amici, sempre pizza Rossini.

Sei soddisfatto del punto in cui sei arrivato nella tua carriera adesso?

Mesi fa ero contentissimo, ma ora che mi sono reso conto che posso stare a livelli alti sono soddisfatto ma non troppo. Sento di poter fare di più.

Hai un obiettivo per il 2024?

Non abbiamo un obiettivo di ranking. Devo giocare più partite ATP possibili e ottenere qualche risultato.

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