Il Quarterback moderno
“You got me, man”. Questa è la reazione di Andrew Luck quando si rialza da un sack subito. Gli avversari lo rispettano perché sanno di aver buttato giù un toro, mentre lui sorride perché ha un altro down da giocare e con il suo braccio può lanciare un touchdown in qualsiasi momento; i suoi compagni stravedono per lui, non fa pesare i colpi subiti alla propria linea e nessun ricevitore esce mai dal suo radar.
Il Football Americano offre giocate al limite delle possibilità umane, che spesso diventano highlights virali che invadono la timeline dei social network e, di tanto in tanto, arrivano perfino ai nostri media nazionali. È il caso della presa di Odell Beckham Junior, uno dei migliori rookie dell'anno e unica gioia dei New York Giants in questa stagione. Ma con un Vine di sei secondi o un singolo highlight, non si può descrivere la classe di Luck né tantomeno capire il modo in cui sta rivoluzionando la figura del quarterback. Luck non è soltanto una grande promessa che si è dimostrata tale ma, insieme a Russell Wilson, rappresenta una nuova interpretazione del ruolo.
Negli ultimi anni si è abusato della definizione 'quarterback moderno' per indicare un giocatore con doti atletiche e fisiche più simili ad un ricevitore, ma in grado di correre la palla come un running back. Fermi tutti: è un grosso malinteso. Per correre bene il campo dal ruolo di QB le doti atletiche aiutano, ma senza comprensione del gioco non si chiudono i down decisivi, l'attacco è sempre prevedibile e si prendono troppi colpi in relazione alle yard corse. Purtroppo per ogni Steve Young (chi è nato nei primi anni '80 ha iniziato a seguire la NFL con le sue meravigliose giocate) ci sono dozzine di Kordell Stewart, Michael Vick o Geno Smith. Difficile stabilire chi di questi abbia le migliori doti fisiche, di sicuro non è Young che però è l'unico fuoriclasse tra questi nomi. Tutti i QB di alto livello hanno 2/3 caratteristiche che li rendono speciali, Luck ha dalla sua molti superpoteri: l'atletismo comparabile a Cam Newton, evidente soprattutto nel confronto fisico con i linebacker; la solidità fisica e l'elusività nella tasca di Big Ben Roethlisberger; la natura competitiva e le letture sulla linea di scrimmage di Tom Brady; il perfezionismo, l' IQ e la passione per il gioco di Peyton Manning; infine, la capacità di lanciare in corsa di Aaron Rodgers e trovare la coordinazione sul lato sinistro, per un QB destro, è qualcosa di clamoroso. Intendiamoci, Luck non è una macchina e in campo perde troppi palloni fra fumble e intercetti (secondo in NFL), forza spesso il lancio in finestre molto piccole o in doppia copertura e dovrebbe essere più continuo all'interno della stessa partita, però i rischi che si è preso l'hanno portato ad una vittoria dal giocarsi il Super Bowl.
Luck has its limits
A mettere la parola fine alla stagione dei Colts ci hanno pensato i Patriots di Tom Brady e coach Bill Belichick, che hanno dominato il championship dell'AFC in ogni aspetto del gioco. I limiti di Indianapolis sono emersi tutti insieme in una partita iniziata male e finita peggio. Il fumble di Joshua Cribbs sul primo ritorno di punt ha sicuramente complicato la partita, ma i Colts non sono mai riusciti a prendere ritmo e nel secondo tempo sono crollati. Coach Chuck Pagano sapeva bene che ai suoi non sarebbe bastata una partita da fenomeno di Luck (proprio come ai Ravens non bastò una gara superba di Joe Flacco), qualcuno altro sarebbe dovuto salire di livello. Ha puntato sul running back Dan Herron e sul ricevitore con più talento, T.Y. Hilton. Il primo ha mancato un paio di screen pass davvero facili per chiudere il down e, sul capolavoro di Pagano di schierarlo come ricevitore per mandarlo in profondità, ha sprecato un lancio perfetto di Luck. Nessun gesto di stizza, Andrew ha continuato a giocare come se avesse sbagliato il passaggio. Sorprendere Belichick e battere la marcatura di Jamie Collins (linebacker emergente) potevano dare una scarica di entusiasmo decisiva alla squadra e, sostanzialmente, resta l'unico rimpianto dei Colts. Mentre Hilton ha chiuso il match con una sola ricezione e ha capitalizzato l'unica palla persa Patriots, su un raro errore di lettura di Brady che ha cercato il tight end Rob Gronkowski in una situazione di doppia copertura. Per il resto Hilton è stato annullato dalla secondaria Patriots e dal cornerback Darrelle Revis. Inoltre, era prevedibile una serata difficile per i tight end Coby Fleener e Dwayne Allen, due dei ricevitori preferiti di Luck, accoppiati contro D'Onta Hightower e Collins, i due middle linebacker con più capacità di coprire il campo sui passaggi. I Colts escono a testa alta, consapevoli di essere arrivati lontano e con una off-season decisiva alle porte. Prima il draft e poi la free agency per dare compattezza alla linea e opzioni all'attacco, per essere meno scontati e prevedibili. Luck chiude la stagione con le parole di Belichick, che sono un riconoscimento più grande di qualsiasi premio individuale: "Ha solo punti di forza, non vedo debolezze. Ha un grande futuro di fronte a sé, ha già fatto tanto in questi anni e continuerà a migliorare".
A renderlo ulteriormente speciale è il carattere umile, pulito e genuino, e la sua capacità di guidare i compagni con l'esempio, la sua etica del lavoro è il miglior collante per una squadra di football composta da una rosa di oltre 50 persone provenienti da contesti sociali diversi. Kendrick Lamar, rapper emergente di Compton, nel suo pezzo “Black Boy Fly” racconta di essere geloso di come il suo amico Arron Afflalo abbia raggiunto il sogno di giocare in NBA attraverso la formula magica: “Determination, ambition, plus dedication and wisdom”. Parole chiavi in grado di sintonizzare un'intera squadra sulla stessa lunghezza d'onda e comprensibili per un afroamericano a Compton, per un italoamericano nel New Jersey o un redneck (i contadini del sud che si scottano il collo lavorando nei campi) del Mississippi. Luck non appartiene a nessuno stereotipo americano. E’ nato a Washington DC ma cresciuto in Europa al seguito del padre, prima a Londra e poi a Francoforte. È tornato in patria per frequentare il liceo e ha catturato l'attenzione delle migliori università nell'ultimo anno di liceo in Texas, a Houston, dove il football è religione. È figlio di Oliver, quarterback di riserva degli Houston Oilers di inizio anni '80 e successivamente general manager della World League of American Football, conosciuta anche come NFL Europe. Non può mancare il colpo di scena: il titolare degli Oilers nel 1982-83 era Archie Manning, papà di Peyton ed Eli.
Andrew, nonostante abbia appena 25 anni, è sempre emerso come leader in tutti i suoi anni da professionista e, soprattutto, a Stanford dove ha rialzato un programma sportivo in forte declino, mentre il prestigio accademico era rimasto intatto. Luck scelse di mettere sullo stesso piano istruzione e sport, cogliendo una grande occasione che troppo spesso viene sprecata dagli sportivi: valorizzare una borsa di studio da 15 mila dollari all'anno laureandosi in architectural engineering per costruirsi un'alternativa al football. Nel suo primo anno universitario restò a guardare a bordo campo lavorando in allenamento per essere pronto al passaggio liceo-università, poi divenne titolare fisso per le tre stagioni successive. Stanford riprese a giocare i Bowl a suon di vittorie e Luck andò vicino due volte al titolo di Heisman Trophy.
Luck & Sherman
Luck si presentò pronto al draft 2012 grazie anche al lavoro di coach Jim Harbaugh e del suo staff: Greg Roman (ora offensive coordinator dei Bills) e Pep Hamilton, che ha ritrovato Andrew ai Colts. Gli scout hanno compilato quintali di report che i media americani sono riusciti a sintetizzare con grande efficacia: il più pronto dai tempi di Manning e il più talentuoso dai tempi di John Elway. Luck non era l'unico prospetto di alto livello in squadra, con lui c'era anche un altro “Black Boy Fly” di Compton, Richard Sherman. Il cornerback dei Seahawks (scelto al draft 2011), uno dei migliori nel suo ruolo, fu reclutato come ricevitore ma convertito a difensore al secondo anno su intuizione di coach Harbaugh. Sherman giocò un buon anno da ricevitore e se oggi è ricco, famoso e dannatamente forte nel suo ruolo lo deve ad Harbaugh, ma nonostante ciò i rapporti con il suo coach erano molto tesi. Luck fece da intermediario tra i due in modo spontaneo, con il sorriso di chi ha solo voglia di giocare a football e lo spogliatoio restò compatto. Sherman è un cavallo matto, ma è tutto tranne che uno sprovveduto o uno scemo. Ha il dono raro di riuscire a farsi amare o odiare con estrema facilità e nei suoi eccessi è un caso da studiare; magari un giorno terrà qualche lezione alla facoltà di comunicazione, dove si è laureato con una media altissima. Luck e Sherman nonostante le differenze sono grandi amici, si rispettano e hanno condiviso anni incredibili al college. Bisogna uscire dagli schemi del campo, non pensare a shotgun o I-formation, a difese 3-4 o 4-3, ma alla vita di tutti i giorni nel campus. È semplicemente esilarante immaginare Sherman con le sue trecce, con le sneaker intonate al berretto, incrociare nei corridoi Luck con Bruce Springsteen nelle cuffie, vestito un po' come capita, probabilmente in tuta perché appena fuori dalla biblioteca andrà in palestra. Sherman è la classica lingua lunga che in un contesto formale (e Stanford è davvero un'università seria) sembra Will Smith ne Il principe di Bel-Air con la giacca del liceo ribaltata e il cappellino all'indietro, e probabilmente proprio come nella serie TV avrà commentato la passione di Luck per il Boss e la E Street Band raccontando che Springsteen non piace alla gente di colore.
Se “Glory Days”, “10th Avenue Freeze-Out” o “Born to Run” non riescono ad esaltare Sherman non c'è problema, con la squadra di difesa da bordo campo ha potuto vedere Luck realizzare alcune giocate mai viste per un quarterback, semplicemente perché sono giocate che appartengono ad altri ruoli. Proprio come Sherman, anche Luck è stato convertito di ruolo facendo però il salto inverso: da defensive end a quarterback. Ci sarebbe anche un passato da calciatore durante i suoi anni in Europa, ma dalla sua postura sembra una sorta di Winston Bogarde con due piedi destri, insomma, meglio tornare al football. Il cambio di posizione è arrivato poco prima di iniziare il liceo, di ritorno dall'Europa, quindi più facile da assimilare vista la giovane età. É incredibile come i fondamentali di difesa siano rimasti parte del suo gioco e vederlo piallare un linebacker di USC dopo un fumble recuperato ha mandato fuori di testa gli scout NFL, i compagni, i coach e tutti noi appassionati.
Il 12 su sfondo amaranto per un attimo sembrava un 21 e Luck assomigliava nelle movenze più a Sean Taylor che a Elway.
Sherman in allenamento avrà anche difeso su questo trick play, con lo stesso Luck che prende la corsia esterna per ricevere. Per rendere l'idea delle sue doti fisiche: Luck si è presentato ai provini del draft correndo le 40 yard in 4 secondi e 67. Incredibile.
I Seattle Seahawks in questa stagione hanno riproposto lo stesso identico gioco con Wilson come ricevitore. Il risultato è lo stesso e i tempi di esecuzione sono incredibili. I due QB sono legati a doppio filo: un solo anno di differenza, stesso draft, medesima attitudine, versatili, leader, atleti sopra la media e vincenti. Sono destinati ad essere i volti di una nuova rivalità. Wilson è solamente una terza scelta, numero 75, mentre il “vero” rivale di Luck doveva essere Robert Griffin III, su cui i Washington Redskins hanno investito (male) la propria ricostruzione. Dopo una stagione da rookie promettente restano solo tanti dubbi e un bilancio negativo per la sua squadra. Al netto del talento, Griffin è mancato mentalmente non riuscendo a costruire nemmeno un decimo della leadership di Luck, la sua presenza in spogliatoio è un peso e il valore aggiunto è solo potenziale.
Le scelte dei Colts
Gli Indianapolis Colts nel scegliere Luck hanno di fatto sacrificato gli ultimi anni di carriera di Peyton Manning; sfruttando la flessibilità del contratto collettivo NFL in 3 anni si sono ritrovati di nuovo ad un passo dal Super Bowl e con le carte in regola per migliorare ancora, specie nel gioco di corsa. Sono usciti tutti vincitori: i Colts con Luck, i Broncos con Manning (Super Bowl lo scorso anno) e la NFL aumentando la competitività della propria lega.
Si è parlato tanto del passaggio di testimone tra Manning e Luck, ma il vero focus è il sistema NFL che offre un campionato di qualità e gli strumenti per costruire e ricostruire le squadre. I Colts avevano ancora 3 anni di Manning e li hanno sacrificati per averne almeno 10 di Luck. I Broncos hanno subito creato le condizioni per firmare Manning, passando da Tim Tebow (ehi, un altro quarterback moderno finito male) a un fuoriclasse e raggiungendo la finale in 2 anni. È lo stesso sistema che ha fatto emergere Rodgers a Green Bay, pronto per il grande salto ma chiuso da Brett Favre. Se i Packers fossero rimasti “fedeli alla linea” oggi non rimpiangerebbero una finale di conference buttata al vento in casa dei Seahawks, e il draft 2015 sarebbe l'unica speranza in Wisconsin. Non c'è niente di romantico, anche perché Favre non ha avuto la dignità di chiudere la propria carriera a testa alta. Sarebbe bello raccontare di un passaggio di testimone tra Manning e Luck con la vittoria dei Colts a Denver, ma la verità è che Manning non ne aveva più ed è arrivato scarico ai playoff, e già da diverse settimane il peso dell'attacco era quasi interamente sul running back C.J. Anderson. In più Luck ha giocato un match con alti e bassi e con due errori pesanti, ma la difesa gli ha coperto la schiena e l'ha messo nelle condizioni di chiudere la partita.
La gioia negli occhi di Luck per aver avuto un'altra sfida da preparare, un'altra settimana di allenamenti con i ragazzi, quelli che ha protetto per tutta la stagione e che l'hanno salvato nel momento del bisogno, rendono Andrew così umano da mettere in ombra qualsiasi super eroe. In questa lega non si vince da soli e la compattezza dei Patriots azzera tutte le chiacchiere, ma definisce uno standard da seguire per costruire una squadra competitiva intorno a un quarterback di livello. Niente Super Bowl per Luck e i Colts. Viene premiato ancora una volta il metodo Belichick: cinico, analitico e diabolico nei dettagli. Forse il finale è poco Hollywoodiano. Ma non siamo a Hollywood. Siamo a Indianapolis.