
Un essere umano alto 2 metri e venti è una notizia. Un essere umano alto 2 metri e venti che sa giocare a basket è una notizia interessante. Un essere umano alto 2 metri e venti che sa giocare a basket ed è italiano è una notizia interessante e bellissima. Luigi Suigo, 18 anni appena compiuti, è la nuova grande speranza del basket italiano e non è difficile capire il perché guardandolo giocare, ma anche solo mentre è fermo accanto ad altre persone.

Nato a Tradate, in provincia di Varese, il 29 gennaio 2007, Suigo si appassiona al basket a cinque anni «grazie ad un canestrino che mio padre aveva appeso in giardino». A sette inizia a giocare nella squadra del suo paese, ma deve fermarsi per un problema ai talloni dovuto alla crescita. Sta fermo cinque anni in cui, racconta, «tutto quello che potevo fare e facevo era giocare al campetto e imitare il mio primo idolo, James Harden. Erano i tempi in cui poteva segnare 40 punti in ogni partita: io andavo al campetto e imitavo il suo step-back». A 12 anni può riprendere a giocare, e rapidamente passa da Tradate a Varese e da Varese a Milano, dove l’Olimpia lo accoglie nel suo settore giovanile, uno dei migliori in Italia.
Il suo nome ha iniziato a diventare familiare tra i non addetti ai lavori a fine gennaio 2024, quando segna il suo primo canestro con la prima squadra dell’Olimpia Milano, una tripla allo scadere su un passaggio a tutto campo di Mirotić. Un battesimo cestistico estemporaneo, ma che dice già qualcosa su che tipo di giocatore sia Suigo e sul perché l’attenzione su di lui è maggiore che su altri talenti della stessa età, che magari sono più avanti nel percorso di maturazione.
In estate Suigo ha fatto parte del roster dell’Italia che ha vinto l'argento ai Mondiali Under 17, sconfitta solo dagli Stati Uniti in finale. Nel torneo ha giocato circa 19 minuti a partita, con una media di 7 punti e 6.6 rimbalzi (ma le statistiche a questo livello, e per i giocatori come lui, sono relativamente importanti). Se non è stato il prospetto azzurro a brillare in maniera più evidente, il potenziale tecnico è così evidente che Paolo Spelorzi, giornalista inviato di Backdoor Podcast all’evento, ha coniato per lui il soprannome di “SuiGOAT”.
In questa stagione Suigo è aggregato sia con l’Under 19 dell’Olimpia Milano che con l’Oleggio Basket in Serie B Interregionale (la vecchia B2), per iniziare, come si dice in questi casi, a prendere confidenza con il basket degli adulti. Con l’Under 19 dell’Olimpia poche settimane fa ha vinto la Next Gen Cup da protagonista e MVP della finale con 20 punti e 11 rimbalzi (aveva già vinto l’edizione dello scorso anno, e anche lo scudetto).
Subito dopo è partito, insieme al compagno di squadra Diego Garavaglia e a Maikcol Perez (altri due prospetti italiani da seguire con attenzione) per il Basketball Without Borders Global Camp di San Francisco, che si è giocato nello stesso weekend dell’All-Star Game NBA. È un camp per inviti, organizzato da NBA e FIBA insieme, e riservato ai migliori giocatori provenienti da tutto il mondo. Le sue sensazioni sono state buone: «Mi sono sentito competitivo anche contro i giocatori incontrati a San Francisco. Quelli del mio ruolo erano più grossi e saltavano tanto, cosa che io purtroppo non riesco a fare, ma sul piano della tecnica, tiro da fuori, passaggio, penso di aver compensato le differenze fisiche». Ed è proprio per prendere consapevolezza di ciò che li circonda che questi camp hanno importanza per i giovani come Suigo, di solito abituati a confrontarsi con pari età non allo stesso livello.
Durante quel viaggio Suigo ha fatto anche visita al campus degli Illinois Fighting Illini, un college di Division I tra i più competitivi in NCAA (da qui sono passati Podziemski e Shannon Jr., per rimanere agli ultimi Draft). Ma, come raccontato su Sports Illustrated da Jason Langendorf, anche Kentucky e BYU (due college di livello ancora più alto) lo stanno seguendo da vicino e altri sembrano interessati a provarci nei prossimi mesi. Comunque, in caso, Suigo potrà andare in NCAA nel 2026 dopo il diploma.
Questo perché il suo potenziale è indiscutibile e attraente anche per il basket oltreoceano. Suigo, come detto, è alto 220 centimetri (e potrebbe non fermarsi qui, ovviamente non ho i dati reali sotto mano, ma appena un anno fa si parlava di 216 centimetri d’altezza per lui) e un'apertura delle braccia di 227 centimetri. Già basterebbe questo per investire sul suo sviluppo, ma a ciò aggiunge uno skillset tecnico sorprendente per quel corpo e quell’età.
Un vecchio adagio nel basket dice che “l’altezza non si insegna”, una frase che da una parte contiene una verità lampante, ma dall’altra rischia di sottostimare le difficoltà che incontra un giocatore così alto su un campo da basket. Questo gioco infatti non è tanto diverso dagli altri: non si tratta di stare fermi e alzare il braccio il più possibile, ma bisogna correre sui 28 metri del campo al ritmo della partita, tenere in mano un pallone fatto per mani decisamente più piccole e cercare di coordinare un corpo enorme in mezzo ad altre 9 persone in spazi spesso molto stretti.
È per questo che i giocatori sopra una certa altezza che riescono a esprimere un basket più armonico, che non si limita al gioco in post e ai rimbalzi, vengono chiamati “unicorni”, cioè animali che esistono solo nella fantasia. Oggi questo termine si è diffuso così tanto da perdere quasi il suo significato originario, perché sempre più lunghi stanno imparando a fare cose che non pensavamo fossero possibili; se però ci limitiamo al basket italiano, Suigo è davvero un unicorno. Negli ultimi anni, mentre dal resto d’Europa e del mondo uscivano centri di altissimo livello, l’Italia ha faticato nel ruolo e forse era anche difficile immaginare che potesse spuntarci un prospetto del genere. A memoria l’unico cestista italiano più alto di Suigo è stato Gino Cuccarolo, che però appunto era uno di quei centri molto alti ma anche molto poco mobili. Suigo invece tira da tre con fiducia, mette palla per terra senza sembrare inadeguato e ha anche un jumper apparentemente fluido.
Suigo è indubbiamente il prodotto della rivoluzione che ha attraversato il basket negli ultimi anni: «Tirare da fuori», ha raccontato «è qualcosa che ho sempre fatto e anche i miei allenatori non mi hanno mai sconsigliato di farlo. All’inizio le percentuali erano basse, ma ho insistito perché tirare da fuori mi piace tanto, non mi accontentavo solo di giocare sotto canestro». Una libertà che fino a poco tempo fa ci sarebbe sembrata assurda e che ora è invece del tutto normale. A proposito di ciò, non vi stupirà sapere che il giocatore che più segue e studia Suigo è Victor Wembanyama. Il francese, con cui Suigo condivide l’altezza (Wemby è ufficialmente 221 centimetri, anche se sembra più alto), è oltre la figura dell’unicorno, e anche solo provare a citarlo come paragone sarebbe una cattiveria nei confronti del giovane dell'Olimpia. L’idea alla base però è la stessa: l’altezza non come un limite per provare a sviluppare un gioco più vicino ai canoni della pallacanestro moderna, quanto piuttosto come un vantaggio.
Ovviamente, a oggi, tutto questo vuol dire molto poco. Suigo deve ancora migliorare molto se vuole ambire a un posto tra i professionisti ad alto livello. La sua coordinazione e la mobilità devono crescere ancora, soprattutto in difesa: il basket di oggi chiede anche a giocatori di 220 centimetri di accettare i cambi, e per stare con giocatori più piccoli Suigo deve diventare più rapido negli spostamenti laterali e negli scivolamenti (anche se già tira fuori partite con 7 stoppate tra i pari età). E poi deve costruirsi un fisico e un gioco “da centro”, cosa che richiede tempo e molto lavoro in palestra e sul campo (ed è per questo che, generalmente, questo ruolo ha una curva di apprendimento più lunga). Suigo, infatti, al momento è abbastanza inconsapevole di quali vantaggi gli dia quel corpo rispetto agli altri, e deve imparare come usarlo per vincere i duelli a rimbalzo e spostare gli avversari vicino al canestro con continuità.
Questo è forse il video più completo che si trova su Suigo dall’Europeo Under 18 giocato sempre in estate. Si può vedere come il repertorio offensivo sia già abbastanza vario.
Suigo comunque ha fatto notevoli progressi in poco tempo ed è per questo che è impossibile, soprattutto per noi italiani, non guardarlo con particolare attenzione nei prossimi anni. Da questo punto di vista sarà importante anche quello che deciderà di fare in futuro, se rimarrà in Europa con Milano o andrà in NCAA. Con l’introduzione del NIL (ovvero la possibilità per gli atleti del college di ricevere compensi indiretti, non pagati direttamente dalle università ma tramite sponsorizzazioni) i college stanno diventando una meta sempre più magnetica per i migliori prospetti, e Suigo è uno di loro. Da una parte con l’Olimpia avrebbe un posto dove crescere con più tranquillità e attenzioni, ma anche dove difficilmente potrà ambire a giocare molto in prima squadra a breve termine, a Milano oppure in prestito; dall’altra negli Stati Uniti sarebbe inserito in un sistema molto diverso e gli si chiederà di adattarsi velocemente, ma in cui sarebbe pagato molto bene. Inoltre è anche un basket che, potenzialmente, si sposa meglio con quello che è il suo talento unico, nonché la strada più immediata per la NBA, quella che è, giustamente, l’ambizione di Suigo.
In ogni caso parlarne ora è più una fascinazione, la speranza di veder crescere e imporsi questa tipologia di talento se non in Italia, almeno con la Nazionale italiana. Accanto a Suigo c’è una generazione che lascia ben sperare per il futuro del nostro basket, a partire da Matteo Spagnolo e Gabriele Procida che sono già solide realtà. Alle loro spalle c’è Dame Sarr, che ha recentemente debuttato con la Nazionale maggiore e il cui futuro è luminoso, ma scavando c’è tutta una generazione di giovani talenti: solo tra i 2007, oltre a Suigo, ci sono Diego Garavaglia e Maikcol Perez, che ho citato sopra, e Achille Lonati, sempre dell’Olimpia Milano.
Dopo aver visto per anni l’Italia faticare a ottenere risultati con un roster di talento (la generazione dorata dei Bargnani, Belinelli e Gallinari) e più recentemente strappare con le unghie e con i denti risultati discreti con roster meno forti, mentre nel resto del mondo si costruiscono Nazionali sempre più competitive e ricche di fenomeni, è bello sapere che l’orizzonte è quantomeno interessante per noi. Speriamo che a guidarci ci sia il nostro unicorno.