Per comprendere la parabola di Muriel a Siviglia credo sia sufficiente ritornare alla partita più importante del club andaluso negli ultimi due anni, l'ottavo di finale col Manchester United. Ad Old Trafford, dopo lo 0-0 in Spagna, gli uomini di Montella giocano meglio ma faticano a creare occasioni nitide. Muriel, uomo di fiducia dell'ex tecnico del Milan, sbaglia quasi tutte le decisioni negli ultimi trenta metri: filtranti fuori misura, tiri sballati, scelte troppo egoiste. Senza considerare la poca consistenza in area, dove non riesce mai ad anticipare i lenti difensori di Mourinho. La partita cambia quando Muriel esce e al suo posto entra Ben Yedder.
La percezione dei tifosi del Siviglia nei confronti del franco-tunisino è totalmente opposta rispetto a quella di Muriel. Era arrivato in estate con l'etichetta di acquisto più costoso nella storia del club, il gioiello del primo mercato post-Monchi; Ben Yedder invece era giunto un anno prima, in mezzo ai numerosi giocatori acquistati per accontentare Sampaoli. Non era mai stato un titolare fisso, anche con Berizzo lui e Muriel spesso ruotavano; ma il suo contributo, specie a partita in corso, era di un altro livello rispetto a quello del colombiano. L'amore dei tifosi per Ben Yedder era scoppiato dopo il 3-3 in rimonta col Liverpool della fase a gironi. Muriel invece era diventato un pretoriano di Montella, mai troppo amato a Nerviòn, e non aveva destato impressioni tali da giustificare il suo status di punta titolare. La doppietta con cui Ben Yedder, dopo sessant'anni, regala al Siviglia i quarti di finale della Champions League è l'evento che, in maniera indiretta, allontana ancora di più Muriel dal cuore del “sevillismo": come se la qualificazione fosse rimasta in bilico fino alla partita di ritorno per colpa della sua presenza, per un semplice vezzo di Montella.
Neanche le sliding doors hanno contribuito a cambiare il destino dell'ex Samp in Spagna. Forse bastava trovare un avversario meno fenomenale di De Gea per mettere in rete quel colpo di testa a due passi dalla porta nel primo tempo del Sanchez Pizjuan. O, semplicemente, bastava angolare di più il pallone per evitare il miracolo di uno dei portieri più forti del mondo. Magari Ben Yedder al suo posto l'avrebbe messa sotto l’incrocio. D'altronde il colpo di testa non è una specialità di Muriel.
L'ingaggio in panchina di Pablo Machìn ha scritto la parola fine sulla sua esperienza in Andalusia. Le gerarchie del tecnico sono state rigide: Andrè Silva e Ben Yedder titolari, Promes primo rincalzo e Muriel quarta scelta. Così, il colombiano ha deciso di tornare in Italia, stavolta alla Fiorentina, una squadra, come lui, in cerca della propria dimensione.
Il fallimento del “Toto”
Il primo responsabile del proprio fallimento in Spagna è Muriel stesso. Siviglia non sarà Barcellona o Madrid ma è comunque una delle piazze principali del calcio spagnolo, abituata a competere anche in Europa. Finalmente poteva compiere il salto di qualità, ma Muriel è rimasto lo stesso giocatore di Genova, né più né meno. Il talento resta, ma l'attaccante non ha saputo sviluppare quegli aspetti del suo gioco fondamentali per sopravvivere nell'alta borghesia del calcio europeo. Il suo rendimento è stato insufficiente sotto la guida di tre diversi allenatori (quattro se si considera l'interregno di Caparros alla fine della scorsa stagione).
Muriel è rimasto troppo legato ai privilegi di cui godeva nella Samp. Al primo anno, il 4-3-1-2 di Giampaolo aveva grandi problemi in fase di rifinitura. I terzini non spingevano e quindi non davano ampiezza e la manovra soffocava nell'imbuto centrale. Spesso erano le punte a dover offrire sbocchi combinando profondità e movimenti verso la fascia. Quagliarella era molto più abile di Muriel a comprendere le necessità della squadra. Il colombiano invece si spostava piuttosto meccanicamente sull'esterno per ricevere col corpo rivolto verso il centro e provare la conduzione. Molte volte la sua capacità di portare palla e dribblare gli avversari permetteva alla Samp di aggirare i problemi offensivi. In questo senso Muriel poteva decidere di abbassarsi anche di molto per ricevere subito il pallone.
Il Siviglia però non aveva bisogno di un'attaccante con un'influenza così grande sul gioco. Nei giorni del suo trasferimento, Miguel Canales sul suo blog di analisi tattica aveva dedicato un intero articolo al modo in cui Berizzo avrebbe cercato di plasmare Muriel. «Il “Toto” deve permettere a Luis di fare ciò che sa, però in un raggio d'azione più ristretto e più vicino alla porta. Muriel è un giocatore in grado di fare la differenza anche a più di trenta metri dalla porta, però questo lo allontana dal gol. […] Berizzo deve trasformare Muriel in un goleador senza essere un centravanti puro, come ha già fatto con Iago Aspas a Vigo».
È un discorso valido: Muriel non è mai stato una punta famelica, il suo score massimo in campionato è di undici gol: nella stagione alla Samp con Giampaolo e nel 2012/13 nell'Udinese di Guidolin, una squadra che attaccava sempre in transizione, quasi disegnata per esaltare le sue corse palla al piede. Non a caso gli undici gol di quell'anno sono distribuiti su ventidue partite, una media di 0,5 gol per match, da attaccante autentico.
A Siviglia ovviamente il supporting cast era di un altro livello. Ci avrebbe pensato qualcun altro a portare il pallone negli ultimi trenta metri. Muriel doveva migliorare soprattutto il suo rapporto col gol, senza comunque rinunciare ai movimenti incontro e alla partecipazione attiva in rifinitura. Purtroppo però il progetto di Berizzo è naufragato. La squadra era spesso lunga, incapace di tramutare in occasioni la verticalità richiesta dal tecnico.
Non funzionava nemmeno l'aggressione alta, tratto distintivo del calcio del “Toto”. L'ex tecnico del Celta da delfino di Bielsa amava impostare un sistema di pressing con riferimento sull'uomo che cercava da subito di togliere la palla agli avversari. Un gioco dispendioso a livello fisico e soprattutto nervoso per via delle responsabilità individuali in pressione. Non proprio il massimo per un giocatore come Muriel, spesso pigro senza palla e incline ad astrarsi dalla partita. Non a caso in Champions, lì dove più conta la presa mentale, la punta titolare era Ben Yedder.
La libertà di sbagliare
Nemmeno la fiducia di Montella è servita a ridare smalto a Muriel. Anche con l'italiano il Siviglia aveva problemi gravissimi in fase offensiva. All'opposto di Berizzo, il nuovo tecnico cercava un calcio di controllo, che degenerava troppo spesso in un possesso perimetrale e sterile. Gli andalusi non riuscivano mai a passare dal centro ed erano innocui a ridosso dell'area. Anche Muriel ha le sue colpe. Il suo set di movimenti era troppo limitato, così come il contributo col pallone. La già citata partita contro il Manchester è indicativa. Zero falli subiti, due contrasti persi e cinque palle perse. Soprattutto, un dribbling su uno fallito e appena sedici passaggi effettuati su ventinove tocchi, peggior dato tra i ventidue in campo: il Siviglia di Montella faticava quindi a trasmettere palla alla sua punta. Nella sua partita più importante Muriel aveva toccato pochissimi palloni, quasi tutti giocati male.
Dall'esterno è impossibile avere la certezza, ma Muriel è sempre apparso molto labile caratterialmente. Uno di quei giocatori che si esprimono al meglio se circondati da fiducia e positività, non proprio il ritratto del Siviglia dello scorso anno. Il colombiano ha bisogno che l'ambiente circostante riconosca il suo talento e non lo metta in discussione. «Credo che Muriel sia un giocatore eccellente. Quando è felice e l’allenatore gli dà fiducia, come è accaduto con la nazionale e nelle selezioni giovanili, è in grado di offrire molto alla squadra» ha dichiarato Eduardo Lara, CT della Colombia Under 20 con cui Muriel nel 2011 vinse il Torneo di Tolone e segnò quattro gol al mondiale di categoria.
Dal Mondiale Under-20 del 2011.
Se Muriel non si è adattato bene ai compiti da prima punta imposti a Siviglia, è proprio per questo. Il colombiano acquista fiducia solo col pallone, è l'unico modo che conosce per imporsi in campo. In questo senso ha bisogno di poter sbagliare, senza sentire sulle spalle il peso oppressivo dei venti milioni del suo cartellino.
Il rapporto di Muriel con la palla non è quello di un giocatore dal tocco setato. È la combinazione di tecnica e forza esplosiva a rendere Muriel un giocatore nel quale, nonostante tutto, siamo ancora disposti a riporre fiducia. Il piede da solo non sarebbe bastato; quante volte le sue conduzioni hanno qualcosa di sporco? Un rimbalzo imprevisto, un tocco un po' troppo corto che gli fa rimanere di sotto il pallone o, al contrario, un tocco troppo lungo a cui rimedia proprio grazie alla corsa esplosiva e alla resistenza nei contrasti.
Eppure Muriel continua a fare cose dal coefficiente di difficoltà altissimo. Pensiamo a tutte le volte in cui, in uno contro uno, tocca la palla con l'interno per cercare il tunnel, ma invece la manda sullo stinco dell'avversario. Oppure ai filtranti in profondità troppo lunghi per i compagni. A questi errori fanno da contraltare quelle discese palla al piede in cui travolge a valanga la difesa e salta due uomini nella stessa azione prima di calciare in porta da venti metri. Oppure le volte in cui accelera da fermo, assorbe il contatto spalla-spalla del difensore e lo supera, magari mandandolo a terra. O, al contrario, le volte in cui con troppi avversari addosso arresta improvvisamente la corsa, per appoggiarsi ai compagni o anche per ricavarsi lo spazio per un'altra conduzione.
Un'azione simile in maniera profana al gol diRonaldo contro la Turchia nella semifinale del Mondiale di Corea&Giappone.
Muriel per brillare deve toccare molti palloni proprio perché non è infallibile. È un domino: più tocchi, più tiri e dribbling, più fiducia. Un limite che non è riuscito a superare e che gli ha precluso un'occasione d'oro come Siviglia,. Nella sua ultima stagione in Serie A, quella che gli è valsa il trasferimento in Spagna, collezionava 2,4 dribbling ogni novanta minuti, ma ne sbagliava comunque 2,3. Nel suo anno migliore, il 2012/13, quello in cui è stato più vicino a un'idea astratta di “nuovo Ronaldo” con 3,2 dribbling ogni novanta minuti, ne sbagliava addirittura 4,4. A Siviglia lo scorso anno ne sbagliava appena 1,7, ma gliene riuscivano solo 1,6.
Ben Yedder al contrario è un attaccante furbo, capace di incidere con pochi tocchi, educato dall'esperienza di uno sport come il fustal in cui è deleterio tenere troppo tempo il pallone tra i piedi. Ecco perché è riuscito a sopravvivere alle crisi tecniche del Siviglia e il colombiano no.
C'è un'azione della Supercoppa di Spagna di quest'estate, forse la miglior partita di Muriel con gli andalusi, che cattura il suo rapporto “imperfetto” col pallone. Nel primo tempo Jordi Alba rinvia male di testa e la manda indietro, proprio tra i piedi dell'ex Samp. È un imprevisto, quindi gli altri tre difensori del Barcellona si ritrovano a correre all'indietro contro gli attaccanti del Siviglia in parità numerica. Muriel porta palla; davanti a lui c'è Piqué che rincula. Il catalano non riesce a creare mai le condizioni per intervenire perché l'avversario sposta continuamente il pallone e la direzione della corsa. Più che un tentativo di dribbling, sembra uno di quei crossover con cui Harden crea separazione per il tiro.
All'inizio finge con un movimento del busto e della gamba destra di spostarsi alla destra di Piqué, poi fa un tocco rapido nell'altro verso, come se volesse lanciarsi in area. Piqué, spaventato dall'idea del sivigliano che corre verso la porta, copre il suo lato sinistro quasi inginocchiandosi. In questo modo però volge le spalle al lato opposto, dove il colombiano orienta la conduzione. Per non farsi saltare Piqué deve arretrare ulteriormente. Prova a limitare i danni girandosi e lasciando scoperto il lato destro, dove vuole indirizzare Muriel. Il colombiano sembra condurre verso quella zona, ma con un tocco impercettibile raddrizza la corsa, costringendo nuovamente Piqué a difendere di schiena, e poi lo salta cambiando leggermente direzione sulla sinistra del difensore.
Per fortuna di Piqué, Lenglet ha stretto per coprirgli le spalle. Il tocco di Muriel è sporco, d'interno, e allunga il pallone come a volte gli succede quando conduce in maniera frenetica. L'esplosività delle gambe però gli permette di balzare sulla sfera con la gamba più vicina, la sinistra, che finisca tra i piedi del francese; così, con un tocco d'interno Muriel fa passare il pallone tra le gambe di Lenglet e innesca il tiro di Sarabia che segna l'1-0.
Muriel e la Fiorentina
Poteva essere l'alba della rinascita, ma per Machìn André Silva e Ben Yedder sono insostituibili. In quella Supercoppa l'ex tecnico del Girona aveva proposto il 3-4-3, stesso modulo che usava in Catalogna, con Vazquez e Sarabia ai fianchi di Muriel. La volontà di difendere con un blocco medio e i ripiegamenti delle due mezzepunte isolavano troppo il centravanti. Probabilmente per questo Machìn ha optato nel resto della stagione per un 3-5-2 che gli garantisce equilibrio e presenza offensiva. In un calcio in cui per i due attaccanti è fondamentale muoversi per aprire spazi alle mezzali, e in cui spesso i tocchi di palla devono essere minimali, Muriel non è all'altezza delle altre punte in rosa. Per questo ha giocato soprattutto in Europa League. Quando è entrato comunque non si è demoralizzato, anzi ha dimostrato anche una buona attitudine difensiva con qualche rientro in più. In Liga ha accumulato 4,5 contrasti tentati per novanta minuti, dato migliore della sua carriera. Nulla di indicativo sul suo gioco, ma importante per capire che Muriel non è un giocatore depresso né sovrappeso.
Un Muriel poco concentrato e fuori forma non avrebbe mai segnato questo gol a dieci minuti dal suo ingresso in campo.
La volontà di conquistarsi un posto per la prossima Coppa America dev'essere stata decisiva per il suo trasferimento a Firenze, anche perché Pekerman, che lo aveva convocato per il mondiale nonostante una brutta stagione, non è più CT della Colombia.
La Fiorentina è una squadra difficile da decifrare. Si trova a suo agio quando può attaccare in maniera diretta, magari riempiendo l'area con gli inserimenti dei centrocampisti. Per questo tende facilmente a dilatare le distanze. In questo modo diventa più difficile sviluppare connessioni tra i compagni e così si spiegano le difficoltà dei viola. C'entra la concezione di calcio di Pioli, ma dipende soprattutto dalle caratteristiche dei giocatori. In attacco Chiesa, Mirallas e Pjaca sono giocatori a cui piace cercare l'uno contro uno anche in maniera disfunzionale, quando potrebbero esserci opzioni di gioco migliori. A centrocampo Benassi ama correre in verticale verso l'area e, in generale, forse solo Gerson e Veretout riescono a giocare a ritmi diversi rispetto al resto della rosa.
Muriel dovrebbe sostituire Simeone, nel peggior momento della sua carriera. Anche l'argentino è un giocatore verticale, poco a suo agio se si tratta di cucire il gioco. Come i suoi compagni sulla trequarti, anche Muriel ama prendersi responsabilità col pallone. La necessità di sostituire Simeone però potrebbe spingerlo ad approfondire un aspetto del suo gioco meno reclamizzato rispetto alle conduzioni. La buona tecnica infatti permette al colombiano di giocare bene spalle alla porta e di fare da parete per i compagni, caratteristica che a Simeone e alla Fiorentina manca totalmente. La tecnica di Muriel potrebbe legare meglio i giocatori sulla trequarti, attenuando il ricorso alla giocata individuale.
Se non dovesse succedere, Muriel si adatterebbe comunque facilmente al modo di attaccare della Fiorentina. Potrebbe abbassarsi per ricevere palla, magari scambiando la posizione con Chiesa, per provare in prima persona con i dribbling a forzare le difese avversarie. Pioli poi potrebbe sfruttare la sua velocità nei tagli profondi tra terzino e centrale per aprire l'area agli inserimenti di Benassi.
Non sappiamo come si incastreranno le caratteristiche di Muriel e le esigenze della Fiorentina, soprattutto dal punto di vista difensivo. A Pioli piace impostare piani partita aggressivi, con pressione alta sulla prima circolazione, spesso uomo su uomo. L'intensità difensiva di Simeone è di un altro livello rispetto a quella di Muriel. È un aspetto che potrebbe incidere nelle scelte dell'allenatore, ma al momento il colombiano sembra essere un sicuro upgrade del Cholito, già solo per la capacità di saltare l'uomo e calciare improvvisamente in porta lontano dall'area. Muriel per rendere ha bisogno di ricevere amore e in Serie A sono stati in molti ad aspettarlo e coccolarlo in questi anni. Magari non è diventato il fuoriclasse che ci si prospettava a inizio carriera, ma è sempre bello poter godere di giocatori così particolari nel nostro campionato.