La semifinale tra Monaco e Juventus era innanzitutto lo scontro tra due modi diversi di intendere il calcio: il Monaco è arrivato a due partite della finale, ma anche ad un passo dal titolo di campioni di Francia, grazie soprattutto a un attacco atomico, capace di segnare 146 reti stagionali; la Juventus sta invece costruendo i propri successi sulle fondamenta di una difesa granitica, la migliore della Champions League: appena 2 gol subiti.
La fluidità in fase difensiva
Tra le due formazioni, però, quella che sulla carta aveva il miglior bilanciamento tra fase difensiva e offensiva - in sintesi quello che fa la differenza in sfide di questo tipo - era la Juventus. La gara di andata non ha fatto altro che confermare le sensazioni della vigilia: Leonardo Jardim ha schierato il Monaco con il 4-4-2 e dieci undicesimi di quella che possiamo considerare la sua formazione tipo, a cui mancava solo il terzino sinistro Mendy. Al suo posto è stato spostato Sidibé, che di solito gioca dall'altro lato, con Dirar abbassato a destra sulla linea dei difensori.
Anche nell'undici della Juventus c’è stata una novità, che ha rappresentato anche uno stravolgimento del sistema di gioco classico: Cuadrado è rimasto in panchina e al suo posto è andato in campo Barzagli, con Daniel Alves più avanzato. Sembrava che, come già successo in altre occasioni, il brasiliano avrebbe preso il posto del colombiano quale esterno di destra del 4-2-3-1, e Barzagli si sarebbe schierato in posizione di terzino destro, ma appena la partita è cominciata è emerso come la Juventus fosse schierata con il 3-4-3.
Quando però la Juventus si difendeva era molto più difficile riassumere in cifre la formazione utilizzata: tra i due riferimenti principali della fase difensiva della Juventus, cioè la posizione della palla e quella dell’avversario, è stata riservata una particolare attenzione a quest’ultimo. Questo soprattutto perché il Monaco in fase offensiva tendeva a stringere i due esterni, Bernardo Silva e Lemar, in posizione centrale, così da lasciare le corsie libere per Dirar e Sidibé.
A seconda della posizione dei terzini e degli esterni del Monaco, la Juventus adattava il suo schieramento, per cui quello che di partenza poteva essere un 4-4-2 (con Barzagli terzino destro, Alex Sandro terzino sinistro, Daniel Alves esterno destro e Mandzukic a sinistra) mutava costantemente.
Quando i due terzini si alzavano, soprattutto Sidibé, la formazione poteva somigliare a un 5-3-2 asimmetrico, con Daniel Alves che retrocedeva di fianco a Barzagli; ma non sono mancate situazioni in cui anche Mandzukic è rimasto allineato ai difensori praticamente in una linea a 6, oppure situazioni in cui è stato il croato ad allinearsi con il brasiliano più avanzato. La struttura in fase difensiva finiva per dipendere anche dall’iniziativa individuale, poiché i giocatori della Juventus difficilmente mantengono un singolo riferimento per tutti e 90 i minuti, ma piuttosto si orientano sull’avversario a seconda della situazione, scatenando una specie di effetto domino sugli orientamenti dei compagni alle loro spalle.
L’intesa raggiunta tra i componenti della rosa è ormai ai massimi livelli e anche i giocatori arrivati in estate (Daniel Alves, Pjanic), o quelli che hanno cambiato ruolo (Mandzukic), sono ormai perfettamente integrati nei meccanismi difensivi dei campioni d’Italia in carica. Un esempio su tutti è stata la gestione, da parte di Alex Sandro e Mandzukic, della coppia di esterni di loro competenza, cioè Dirar e Bernardo Silva. Il portoghese si è accentrato in maniera sistematica, sia con il pallone che senza, ma i due laterali della Juventus si sono coordinati in modo eccellente: se Alex Sandro era rimasto più avanzato, oppure aveva seguito il movimento del numero 10 monegasco, Mandzukic si portava immediatamente in copertura sulla fascia in modo da non lasciare campo a Dirar. Allo stesso modo, era il brasiliano a prendere in consegna il terzino avversario quando invece Mandzukic (oppure Marchisio) si occupava del portoghese.
Il fatto di avere tre centrali difensivi ha poi permesso alla Juventus di contenere la coppia di attaccanti del Monaco, in particolare Mbappé. Nessuno dei centrali bianconeri, individualmente, sarebbe stato in grado di contenere il classe 1998 sul piano della velocità (in effetti da solo ha generato 0,9 xG), ma la difesa a tre ha consentito alla Juventus di avere (quasi) sempre un centrale in più che garantisse copertura e superiorità numerica, così da permettere a uno dei due compagni di uscire in marcatura o di cercare l’anticipo con maggiore tranquillità.
È vero che alcune verticalizzazioni del Monaco hanno messo in difficoltà quella che è la miglior difesa della Champions League, tanto che i monegaschi hanno generato più expected goals della squadra di Allegri (1,8 a 1,0 xG) ma un po’ grazie all’esperienza (come nel caso del giallo speso da Bonucci per fermare un transizione potenzialmente fatale) un po’ grazie alle grandi parate di Buffon, la Juventus è riuscita a mantenere nuovamente la rete inviolata. E va ricordato che il portiere è parte integrante della fase difensiva di una squadra, non un elemento aggiuntivo, un deus ex-machina da non considerare quando si valuta il modo di difendere di una squadra.
La fluidità in fase offensiva
Ma i benefici del cambio di sistema non hanno riguardato solo la fase difensiva. Sin dall’inizio dell'azione, i tre centrali hanno garantito alla Juventus la superiorità nei confronti dei due attaccanti del Monaco in pressing; anche se, va detto, quando l’intensità della pressione è salita e i centrocampisti avversari hanno partecipato più attivamente al disturbo della manovra bianconera, si è visto un maggior numero di palloni lunghi.
In attacco è stato particolarmente evidente il beneficio di avere due esterni per fascia, con Sidibé ritrovatosi fin troppo spesso con un avversario alle spalle, Dybala o Daniel Alves, in grado di ricevere un cambio di gioco dal lato opposto e creare scompiglio nello schieramento difensivo del Monaco che tendeva a compattarsi con due linee di quattro relativamente strette.
Uno dei più noti punti deboli del Monaco è lo spazio alle spalle dei due centrocampisti centrali. Bakayoko e Fabinho si orientano sistematicamente sui centrocampisti avversari e sia il Manchester City (allargando le due mezzali Silva e De Bruyne per consentire ad Aguero di ricevere le verticalizzazioni dei difensori) che il Borussia Dortmund (occupando i due con tre giocatori in contemporanea, cioè Reus, Kagawa e Dembélé) avevano cercato di trarre a proprio favore questo meccanismo per aprire lo spazio alle loro spalle.
Per la Juventus poteva sembrare una scelta logica quella di mantenere il 4-2-3-1 con Dybala ad agire stabilmente sulla trequarti proprio per far leva sulla reattività del centrocampo avversario, ma anche con il 3-4-3 i bianconeri sono riusciti a approfittare di questa situazione. Sia l’argentino che Mandzukic si sono sistemati alle spalle della coppia di centrocampisti di Jardim per ricevere una verticalizzazione direttamente dalla difesa e la Juventus si è resa molto pericolosa ogni volta che riusciva in questo piano.
Anche il primo gol, sebbene figlio della genialità di Daniel Alves, è dipeso anche dal difetto strutturale sopracitato. Infatti, il tacco di Dybala ha innescato la corsa del brasiliano nello spazio tra Bakayoko e Glik, troppo distanti per contenere in maniera appropriata l’inserimento dell’ex Barcellona.
Una volta sbloccato il risultato, la Juventus ha trovato un alleato nel cronometro, ma non ha fatto l’errore di abbassare troppo i ritmi e lasciare il possesso palla ai padroni di casa. Anzi, il gol del raddoppio è arrivato grazie a un recupero palla di Dybala nella metà-campo avversaria: l’argentino ha poi servito sulla corsa Daniel Alves, perfetto nel pennellare il cross per la doppietta di Higuain, il suo secondo assist della serata.
A quel punto, con il risultato e probabilmente la qualificazione, pesantemente compromesso, Jardim ha schierato i suoi con un 4-2-4 offensivo, inserendo Germain per Lemar, con Mbappé che si è allargato a sinistra e Moutinho per Bakayoko a centrocampo. Allegri ha risposto richiamando in panchina Higuain per Cuadrado: una scelta logica dal punto di vista offensivo, visto che la velocità del colombiano sembrava perfetta per attaccare gli spazi concessi dal nuovo atteggiamento del Monaco, ma che ha anche consentito ai bianconeri di difendersi ora con il 4-5-1, ora con il 5-4-1. Gli ingressi di Rincon prima e Lemina poi hanno definitivamente messo in cassaforte il risultato.
Manca un ultimo, piccolo passo verso la finale: il vantaggio garantito dai due gol segnati in trasferta è enorme. Ci sarebbe da sottolineare che allo Juventus Stadium i bianconeri non dovranno abbassare la guardia, se non stessimo parlando di una squadra la cui migliore qualità è quella di gestire in maniera scientifica le proprie risorse mentali. Contro una delle squadre più difficili d'affrontare in Europa, Allegri ha dimostrato per l’ennesima volta di essere un maestro nel preparare la partita sulle caratteristiche dell’avversario. A costruire un sistema con la solidità della roccia e la fluidità dell'acqua: capace di entrare sottopelle a qualsiasi avversario e metterne a nudo le debolezze.