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La masterclass difensiva dell'Arsenal contro il City
23 set 2024
Nonostante l'inferiorità numerica, la squadra di Arteta non ha concesso quasi nulla.
(articolo)
6 min
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IMAGO / Action Plus
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Poche cose, nel calcio d’élite, sono più difficili di dover affrontare il Manchester City di Pep Guardiola. Una di queste è affrontare il Manchester City di Pep Guardiola all’Etihad Stadium, dove ha faticato anche una squadra col talento del Real Madrid. Una cosa ancora più difficile è affrontare il Manchester City di Pep Guardiola all’Etihad Stadium in inferiorità numerica: se non fosse stato per una distrazione su un calcio d’angolo all’ultimo minuto di recupero, non solo l’Arsenal sarebbe riuscito a sopravvivere in un contesto del genere, ma sarebbe anche tornato a casa con i tre punti.

Alla fine del primo tempo, infatti, i "Gunners" si erano portati sul 2-1 grazie a una dinamica ormai consueta nelle sue partite: su calcio d’angolo fare blocco sul portiere, giocando sul limite del regolamento. La buona riuscita di una strategia del genere può dipendere dalla sensibilità dell’arbitro, in questo caso Oliver, che in occasione del 2-1 di Gabriel ha deciso di non fischiare fallo su Éderson.

Così, quando qualche minuto dopo, nel recupero, l’arbitro ha sventolato il secondo giallo in faccia a Trossard per un contrasto energico su Bernardo Silva, la squadra di Arteta era nelle condizioni di potersi dedicare a 45 minuti di puro esercizio difensivo: una sofferenza, vero, ma anche l’unico modo per non soccombere in casa del City.

L’Arsenal aveva già difeso in maniera eccellente nel primo tempo e il City era riuscito a passare in vantaggio solo per un’uscita impulsiva di Calafiori che ha spalancato il campo al dribbling di Savinho (Calafiori forse è uscito in avanti come se giocasse ancora nel Bologna di Motta, è vero, ma va anche detto che Savinho è uno dei migliori dribblatori al mondo) e alla corsa in profondità per Haaland. Il 4-4-2 di Arteta stava reggendo alla grande, con una delle punte – Trossard e Havertz – che, a seconda del lato, si abbassava in fascia e dava una mano a terzino ed esterno.

Dopo l’espulsione di Trossard i "Gunners" hanno di fatto mantenuto gli stessi principi tattici, accettando però di non poter ripartire. Col tabellino dalla propria parte, Arteta ha rinunciato a qualsiasi attaccante ed è rientrato in campo con un 5-4-0.

La linea difensiva era composta da Timber e Calafiori sulle fasce, mentre i tre centrali erano White a destra, Saliba in mezzo e Gabriel a sinistra. Davanti a loro, sulla linea di centrocampo si erano piazzati Havertz a destra, Thomas e Rice al centro e Martinelli a sinistra.

È insolito non schierare nemmeno una punta in inferiorità numerica, non solo per provare a ripartire – prospettiva che, realisticamente, Arteta ha preferito eliminare dall’equazione – ma anche per il lavoro di schermatura di fronte al centrocampo.

Perché allora l’Arsenal si è disposto così? Per proteggere meglio le aree in cui, secondo Arteta, il Manchester City avrebbe potuto essere più pericoloso: la zona centrale intorno al limite dell’area, la lunetta per intenderci, e il lato corto dell’area di rigore. Mantenere il 5-4-0, insomma, permetteva di scivolare in ampiezza senza scoprirsi sul fianco opposto.

Poco prima del 60’, poi, preoccupato dalla catena di destra del City dove si scambiavano la posizione Bernardo Silva e Savinho e dove gravitava anche Gündogan, Arteta ha cambiato ulteriormente disposizione ed è passato al 6-3-0, con Calafiori che ha stretto da “quarto centrale”, se così si può dire, e Martinelli che si è abbassato da terzino sinistro.

Si è trattato di scelte radicali, ma lo schieramento, di per sé, non dice tutto della strategia difensiva dell’Arsenal. A garantire la sopravvivenza ad Arteta, infatti, sono stati anche un altro paio di dettagli. Innanzitutto, l’Arsenal si è abbassato ma ha difeso per la maggior parte del tempo sul limite della propria area, non dentro la propria area, una differenza sottile ma decisiva. Se i "Gunners" sono riusciti a non schiacciarsi del tutto, è perché i giocatori della linea di centrocampo, Rice e Thomas in particolare, riuscivano sempre a staccarsi in avanti al momento giusto: così la palla rimaneva coperta e la linea difensiva poteva stare un po’ più alta. Tutto ciò a partire da due linee compattissime, sia col 5-4-0 che col 6-3-0, che non lasciavano alcuna ricezione in spazi interni.

Con le ali che dovevano affrontare il raddoppio sul lato corto e con la zona centrale a ridosso del limite dell’area bloccata, per il City le uniche ricezioni a palla scoperta avvenivano nei corridoi intermedi all’altezza dei 20-25 metri, le zone da cui per la difesa diventa più facile leggere la palla scoperta, che si tratti di imbucate o cross: l’Arsenal ha calcolato benissimo a quali zone dare priorità in copertura e quali invece lasciare più libere, perché la coperta, contro il City, sarebbe rimasta corta in ogni caso.

L’Arsenal non è mai riuscito a ripartire, ma in compenso la squadra di Guardiola non ha mai creato pericoli, se non su qualche sporadico calcio d’angolo.

Certo, una strategia del genere è stata favorita dalle assenze del City: De Bruyne ma anche Rodri, uscito per infortunio alla fine del primo tempo. Le poche volte in cui il City è riuscito a scoprire palla al centro, la sfera magari era tra i piedi di Kovačić e Rúben Dias, di certo non due grandi tiratori da fuori: il regista spagnolo, invece, è uno specialista nel punire blocchi bassi con i suoi tiri dal limite.

Va considerata, poi, la volontà di Guardiola di evitare ogni rischio, attitudine che lo ha portato a passare quasi tutto il secondo tempo con Gvardiol trequartista e con la palla lasciata nei piedi di Kovačić e del terzetto di centrali Akanji-Rúben Dias-Walker. Alla fine il tecnico catalano si è complimentato con i suoi per aver evitato pericoli sulle seconde palle, segno di quale sia ormai la sua priorità nei big match.

Si potrebbe parlare in maniera approfondita di dove il City avesse margine per colpire, ma servirebbe un articolo a parte: dai troppi difensori in campo, al fatto di far condurre a loro palla, alle sostituzioni troppo conservative, che lo hanno portato a fare un cambio ruolo per ruolo in difesa (Stones per Walker) a pochi minuti dal termine (e alla fine Stones ha pure segnato, anche se da corner), fino alla gestione di Savinho, schierato a piede invertito sulla destra quando forse, schierato sulla sinistra, avrebbe potuto ampliare ulteriormente il ventaglio di soluzioni a disposizione del City.

Il gol all’ultimo respiro di Stones dev’essere stato una liberazione per i “Citizens”. Lo stesso Bernardo Silva ha ammesso che una sconfitta così non sarebbe stata facile da digerire. Oltre alle doti difensive, nella ricetta per la sopravvivenza dell’Arsenal, infatti, vi è stata una buona dose di magia nera, di capacità di giocare col cronometro, con l’intervento di medici e massaggiatori che difatti si è rivelato organico alla strategia di Arteta.

«C’è stata solo una squadra che ha giocato a calcio, l’altra ha giocato al limite del regolamento col consenso dell’arbitro», ha detto il trequartista portoghese del City, che, interrogato sulle differenze tra il Liverpool di Klopp e questo Arsenal come avversarie per la Premier, non ha mancato di mandare qualche altra frecciatina a un avversario verso il quale non nutre particolare simpatia: «La differenza è che il Liverpool aveva già vinto la Premier, l’Arsenal no. Il Liverpool aveva vinto la Champions, l’Arsenal no. Il Liverpool ci ha sempre affrontato per provare a vincere le partite».

Chissà che per Arteta queste parole non siano suonate come dei complimenti. Un astio del genere, in fondo, certifica quanto sia seria la candidatura dell’Arsenal per la vittoria finale.

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