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L'Inter è stata all'altezza del Manchester City
19 set 2024
19 set 2024
Una prestazione di alto livello per la squadra di Inzaghi.
(copertina)
IMAGO / Sportsphoto
(copertina) IMAGO / Sportsphoto
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Forse è questa la vera efficienza. Arrivare a vincere, quasi, una partita, senza che nessuno se ne accorga. Tenere palla e ipnotizzare avversari e tifosi, poi all’improvviso accelerare, basta un filtrante o una combinazione veloce ed ecco il tiro che può sbrigare questa pratica burocratica chiamata partita di calcio. D’altra parte, se di partite bisogna giocarne sessanta l’anno, e i tuoi giocatori parlano addirittura di scioperare, non si potrà mica pretendere che a settembre ci sia la stessa motivazione di maggio. Anzi, bisogna trovare il modo per rendere sostituibile anche uno dei migliori giocatori del pianeta (Kevin de Bruyne, uscito infortunato a fine primo tempo e in dubbio per la prossima partita con l’Arsenal), e sostituire a fine primo tempo il nuovo ventenne brasiliano (Savinho, che lo scorso anno ha fatto più dribbling di tutti in Liga) senza che cambi assolutamente nulla nell’economia della partita. Questo è il Manchester City a settembre 2024, una squadra in cui forse - forse - una decina di minuti potrei giocarli anche io, o voi, o Rico Lewis, e nessuno nell’educato silenzio dell'Etihad avrebbe da ridire. Pur con una qualità tecnica stellare, il calcio di Guardiola oggi sembra composto al 95% dall’esecuzione ingegneristica di controlli e passaggi, e al 5% da creatività individuale.

Dall’altra parte c’era una squadra, magari meno efficiente, ma senza dubbio più eccitante. L’Inter aveva più motivazioni: mostrarsi all’altezza, di essere al livello di giugno 2023 e, se possibile, persino sopra quel livello. Ma aveva anche un’idea di gioco diversa, più libera e fluida, che lasciava più spazio alle interpretazioni dei singoli. Certo ha sofferto qualcosa in più, specie nel finale, ma quella di non soffrire contro questo City non è un’opzione. E per soffrire si intende: guardarli muovere la palla, chiudere gli spazi, uno dopo l’altro, come una forma di meditazione in cui la cosa più difficile è cercare di non addormentarsi. Ma l’Inter è rimasta sveglia. Eccome.

Di Manchester City-Inter abbiamo parlato anche in Che Partita Hai Visto, il podcast dedicato ai nostri abbonati in cui commentiamo a caldo le partite più importanti della settimana. Se non sei ancora abbonato puoi farlo cliccando qui.

Dopo una decina di minuti dall’inizio del secondo tempo Zielinski ha infilato il piede tra Phil Foden e la palla, riuscendo a indirizzarla verso Taremi, che prima salta Rodri e poi triangola con Marcus Thuram per saltare Akanji senza doverlo dribblare (l’Inter è sempre una squadra che dribbla pochissimo, forse questo è il suo tratto più italiano in assoluto). E così da un fallo laterale per il City sul lato sinistro del campo nasce la transizione che porta Darmian in area di rigore, a destra. Taremi gli dà un bel pallone alle spalle di Gvardiol e Darmian prova a citare il taconazo di Guti contro il Deportivo La Coruna per far segnare Barella a porta vuota solo che Barella non era esattamente alle sue spalle e il tacco non era preciso come quello di Guti. A fine partita Darmian dirà di aver sentito il compagno chiamargli la palla da dietro, ma va anche detto che Ederson gli aveva chiuso bene gran parte dello specchio. Simone Inzaghi a bordocampo si è disperato con gli occhi fuori dalle orbite. «He’s funny», ha commentato Rio Ferdinand, ridendo dell’eccesso di intensità di Inzaghi.

Forse l’Inter ha preso troppo sul serio la prima partita di questa nuova Champions League?

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L’Inter è stata la squadra più interessante delle due soprattutto perché questa partita le stava più a cuore. Ma anche perché la proposta di gioco di Inzaghi funziona bene sia quando è l’Inter a dominare il possesso e schiacciare gli avversari nella loro metà campo, sia quando deve abbassare il baricentro e attaccare con lunghe transizioni. I principi restano gli stessi, la fluidità e la capacità di connettersi, associarsi, giocare insieme è quella di sempre.

Guardiola ha attaccato la linea a 5 di Inzaghi con 6 giocatori, da sinistra a destra: Grealish e De Bruyne (che si scambiavano spesso posizione), Bernardo Silva e Rico Lewis (potevano anche prendere l’uno il posto dell’altro), con Savinho largo a destra (1 solo dribbling riuscito su 2 tentati secondo Whoscored) e Haaland davanti. Avrebbe potuto mettere un giocatore più difensivo a centrocampo rispetto a Rico Lewis, o semplicemente un altro mediano al fianco di Rodri, e forse questa scelta non conservativa di Guardiola, di solito molto preoccupato dalle possibili transizioni avversarie, ha concesso qualche spazio in più all’Inter.

Sulla carta quella di Inzaghi era la squadra più prevedibile, con il suo solito 5-3-2 che chiude gli spazi al centro, costruisce tirando molto in ballo il portiere e poi va in verticale. Ma la capacità di leggere le azioni e l’intelligenza con cui i giocatori di Inzaghi hanno interpretato i singoli momenti hanno permesso all’Inter di gestire, il più delle volte senza grandi patemi, il possesso del City, e l’hanno messa in condizione di creare dei pericoli.

Il primo tiro della partita - un rasoterra un po’ forzato di Thuram, ma comunque il primo tiro della partita, più che altro il segnale che l’Inter era viva e stava giocando - è arrivato dopo cinque minuti, con una palla recuperata da Calhanoglu sul tentativo di Bernardo Silva di servire un filtrante che avrebbe messo Rico Lewis in porta. La palla, respinta in scivolata, arriva a Bastoni che con grande lucidità e precisione trova il tracciante per Thuram qualche metro più in là dentro il cuore della metà campo difensiva, con Gvardiol addosso alle spalle. Thuram di prima serve Barella che, appena la palla è partita dai piedi di Bastoni, aveva capito dove correre. Barella poi allunga il campo per Taremi a sinistra, che rallenta, aspetta che i compagni lo raggiungano e poi cambia lato per andare da Thuram libero di controllare, prendere la mira e calciare.

Se il livello di giocatori come Bastoni e Barella lo conosciamo, va sottolineata la prestazione eccezionale di Sommer, sia per le parate decisive che si è trovato a fare nel secondo tempo, sia per il playmaking (53 passaggi completati, più di Acerbi e Bisseck). Tutte le scelte più coraggiose di Inzaghi hanno ripagato. Zielinski, a metà del primo tempo, ha disorientato Rico Lewis con una finta dentro la propria metà campo, è partito palla al piede saltando Rodri e costringendo Ruben Dias al fallo da ammonizione.

L’Inter è andata vicina al vantaggio con i tiri di Thuram, compreso quello forse più pericoloso di tutti al 41esimo, dopo un bel recupero alto di Darmian che ha anticipato in scivolata de Bruyne, un cross rasoterra di Zielinski; mentre il City ci ha provato con un tiraccio di Haaland, che calciandosi sul piede d’appoggio per poco non la mette nell’angolino più lontano, e soprattutto con gli inserimenti di De Bruyne, tra cui quello al 43esimo chiuso da Calhanoglu in scivolata giusto davanti a Sommer.

Poi, come detto, il capitano del City è dovuto uscire e senza i suoi tagli profondi alla squadra di Guardiola non restava altro che trovare la giocata cervollotica per entrare in area. La loro più grande occasione, prima del colpo dei due colpi di testa di Gundogan nei minuti finali, se la sono costruita quando mancavano ancora venti minuti con una combinazione di una qualità quasi irreale. Gvardiol a ridosso del limite dell’area (cosa normale solo per una squadra come il City) pesca Gundogan con un filtrante difficilissimo, approfittando di una leggerissima distrazione della linea difensiva dell’Inter, che si fa trovare sfalsata e non assorbe l’inserimento di Grealish da sinistra e di Gundogan al centro. Il tedesco appoggia a Grealish che gli ridà il pallone: Gundogan controlla con tre interisti che si chiudono a tenaglia intorno a lui, e con una magia riesce a far sparire la palla e servirla di sinistro a Foden, che calcia dall’altezza del dischetto, piuttosto libero. Per fortuna Sommer è bravo a parare i rigori.

L’Inter ha avuto anche nel secondo tempo la palla del match. Di nuovo con una splendida combinazione nata da una giocata classica di Lautaro Martinez: movimento incontro, controllo di petto e girata sul lato debole. In questo caso, al 76esimo, ha liberato Barella sul centro-sinistra, che ha lanciato subito in profondità lungo la linea del fallo laterale Dumfries. Il cross dell’olandese era per Taremi, ma la deviazione di Gvardiol ha lasciato la palla a centro area per l’accorrente Mkhytarian, che ha calciato alto.

Certo, la prestazione di Barella è spiccata anche rispetto alla sua norma. In alcuni momenti è sembrato il migliore in assoluto contro alcuni dei centrocampisti più forti al mondo. Due azioni su tutte le altre. Al 16esimo, con un tacco geniale, ha aperto il campo a una progressione di Bisseck che ha portato a un altro tiro di Thuram. All’ora di gioco, invece, si è allargato per ricevere un lancio di Sommer, che ha stoppato di petto e di prima ha spedito in avanti con un pallonetto di piatto verso Thuram che ha potuto controllare il pallone con tutta calma. Thuram però si è fatto rubare palla e allora Barella ha chiuso in avanti, impedendo a Gundogan di girarsi, senza fallo, e facendo di nuovo partire l’azione in avanti, servendo Taremi dietro il centrocampo del City.

Trovatemi un altro giocatore capace di fare tutte queste cose - capace di fare tutto - a questo livello, non ce ne sono molti neanche in partite di questo livello.

Forse anche la precisione è legata alle motivazioni, alla mancanza generale di atmosfera che si respirava ieri sera. Nel giro di cinque minuti Gundogan ha avuto due palle diverse, una crossata da Gvardiol morbidamente dietro Acerbi: l’ha mandata su Sommer; l’altra, l’ultima palla della partita, crossata da Doku da destra, tesa e forte, che Gundogan ha colpito in tuffo mandandola alta. Forse questa idea di efficienza, in cui devi vincere la partita con appena due occasioni, è troppo anche per il Manchester City.

Fatto sta che il pareggio ha un significato molto diverso per le due squadre. Per l’Inter è la conferma delle sue ambizioni, della possibilità di giocarsela contro l’élite del calcio mondiale. Certo l’intensità può aumentare, ma con questa brillantezza l’Inter può crescere ulteriormente. Per il City è un pareggio che sa di voce spuntata su una lunga lista, in attesa di partite in cui accendere tutti gli interruttori. Ma sappiamo che nel calcio non funziona così, ogni forma di controllo e gestione è in fin dei conti illusoria, i blackout arrivano quando uno meno se lo aspetta e il calcio di solito punisce le squadre troppo sicure di sé. Resta, quello del City, un livello inarrivabile quasi per tutte le altre squadre. Ma basterà per tornare a vincere la coppa?

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