Durante il giro di strette di mano a fine partita, Pep Guardiola si ferma a parlare a lungo con il difensore del Brighton Jean Paul van Hecke. È una scena a cui siamo abituati: è il modo con cui Guardiola è solito interagire con i giocatori che lo hanno colpito della squadra avversaria. Un attimo in cui sembra dimenticare il mondo attorno e vuole toccare il motivo della sua ultima ossessione.
In conferenza poi gli faranno una domanda sul perché: perché proprio lui? Guardiola allora si aprirà in un sorriso e lo sommergerà di elogi. Dirà qualcosa del tipo «il Manchester City avrà anche vinto, ma di fronte a una squadra fortissima, con giocatori come lui, come ce ne sono pochissimi al mondo».
Stavolta, però, il Manchester City non ha vinto e il discorso tra Guardiola e van Hecke è sembrato una cosa diversa. Un allontanare il momento in cui dovrà infilarsi negli spogliatoi e parlare con la squadra, e poi uscire a dare spiegazioni ai microfoni.
Quando quel momento arriva, Guardiola sfodera un tono apocalittico: «Lo sport non è sempre estate. Non è sempre momenti buoni. È la fine di un'era. So che la gente lo vuole. Lo percepisco da molti, molti anni». Poi si fa più specifico: «In questo momento non siamo in grado di mantenere il massimo livello per 90 minuti».
A bordo campo è sembrato a inconsolabile, attento più che mai ai consigli di Juanma Lillo che gli spiegava la ragione dei gol subiti. Guardiola tira fuori la propria versione più fatalista: «forse quest'anno tocca a qualcun altro vincere».
A Brighton è arrivata la quarta sconfitta consecutiva del City tra Premier League e coppe. Quattro sconfitte tutte arrivate in trasferta: la prima in Coppa di Lega contro il Tottenham, poi contro il Bournemouth si è interrotto il lunghissimo periodo senza sconfitte in Premier League (durava dal 6 dicembre 2023), in settimana è arrivata la dura sconfitta per 4-1 in Champions League contro lo Sporting CP, che interrompe il periodo senza sconfitte in Champions League (non perdeva dai supplementari della semifinale di ritorno contro il Real Madrid nel 2022 e ai gironi col RB Lipsia nel dicembre 2021), infine eccoci alla seconda sconfitta consecutiva in Premier League a Brighton (cosa che non succedeva dal dicembre 2018).
Era successo una sola volta, che una squadra di Guardiola perdesse quattro partite di fila. Era la stagione 2014/15 e, col titolo di Bundesliga già vinto, erano arrivate tre sconfitte consecutive in campionato e soprattutto quella contro il Barcelona della MSN nella semifinale di andata della Champions League. Non era mai accaduto quando Guardiola allenava il Barcellona e mai nella sua epoca in Inghilterra. Lo stesso Manchester City non perdeva 4 partite consecutive dal 2007 (ne persero 7 all'epoca), quando ancora non erano arrivati gli emiri e la squadra era da mezza classifica, quando era una stagione buona.
Guardiola e tutto il suo Manchester City stanno navigando in una zona inesplorata. Non era mai successo che il suo City sembrasse incapace di mantenere il controllo della situazione in tante partite consecutive.
Fosse stata una sconfitta isolata, non sarebbero scattati gli allarmi, ma quella col Brighton è arrivata al culmine di un periodo nero - che sembrava non poter arrivare mai. Nel mezzo della rivalità tattica con Klopp, Guardiola aveva scelto la massima solidità possibile, scambiandola per la brillantezza col pallone. Abbiamo visto una versione cupa e inscalfibile del Manchester City, che si accontentava di pareggiare le battaglie negli scontri diretti per vincere le guerre, e cioè i campionati.
Già la vittoria del titolo dello scorso anno avrebbe dovuto far suonare qualche campanello. Il Manchester City era riuscito a non perdere nel girone di ritorno e ad avere la meglio nella volata finale contro l’Arsenal; ma se consideriamo solo gli scontri tra le 8 migliori squadre stagionali, il City aveva fatto meno punti dell’Arsenal (24 punti contro 25) e considerando solo le quattro squadre qualificate in Champions questa stagione, il City ha perso e pareggiato contro l’Arsenal, pareggiato due volte col Liverpool e perso e vinto contro l’Aston Villa.
Insomma, nelle 6 partite teoricamente più importanti della stagione, il City aveva raccolto solo 6 punti. La squadra di Guardiola aveva vinto il titolo soprattutto perché nelle partite contro le squadre medio-piccole non aveva quasi mai lasciato punti - giusto una sconfitta e un pareggio contro Wolverhampton e Crystal Palace. Una velocità di crociera che rasenta la perfezione e che nelle ultime 4 stagioni era risultata vincente, con una profondità della rosa che ammazza i campionati. Anche quando ruota i suoi giocatori contro le piccole, il City riesce comunque a trovare i risultati.
Proprio qui sta il nocciolo della questione di questo periodo nero: le sconfitte sono arrivate in trasferte complicate contro squadre di buon livello e la profondità della rosa è ora messa in discussione.
In quella che potrebbe essere l’ultima estate di Guardiola, la squadra ha scelto la continuità del progetto, senza grossi scossoni: dal mercato sono arrivati l’ala Savinho dalla controllata Girona ed è a sorpresa tornato l’ex capitano İlkay Gündoğan, scaricato per motivi di monte ingaggi dal Barcellona. Sono invece partiti Julian Alvarez e Sergio Gomez e altri giocatori di contorno. Il netto di spesa è stato di +116 milioni. Il Manchester City, che era solito spendere centinaia di milioni ogni estate per prendere almeno un possibile titolare a sessione di mercato, per la prima volta ha optato per farsi bastare due occasioni di mercato e accettare la cessione di un giocatore chiave della rotazione.
Visto come sono andate le ultime stagioni, nessuno ha avuto da ridire: questa è la squadra che voleva Guardiola e finora ha sempre avuto ragione lui. Intendiamoci: il mercato milionario del City non è stato infallibile, anzi tra le scelte fatte ci sono degli arrivi di successo come Haaland e Gvardiol, ma anche dei flop come Phillips e Matheus Nunes. Non era però mai mancata la profondità della rosa, che permetteva al sistema di funzionare anche con le rotazioni - grazie ai vari Akanji, Doku e Kovacic. La formazione titolare non è però salita di qualità: tolti appunto Gvardiol e Haaland i giocatori chiave sono gli stessi da ormai un lustro. Nelle ultime stagioni solo Foden è asceso tra le stelle della squadra, per il resto i punti cardine del sistema rimangono i soliti.
Il Manchester City oggi è il Manchester City di tre stagioni fa con un Gvardiol e un Haaland in più. Basta questo per rimanere al vertice del calcio mondiale, e per essere la squadra da battere.
All'inizio di questa stagione sono però arrivati gli infortuni, e questi hanno fatto davvero scricchiolare la solidità del City. Oltre a Rodri, nelle ultime partite sono mancati Ruben Dias, Stones e Grealish e non sono ancora al 100% i vari De Bruyne, Aké e Akanji.
Comprensibilmente le scelte di formazione di Guardiola per rispondere alle tante partite ravvicinate sono state più che altro una reazione alle assenze. Per capirci, contro il Brighton il City ha schierato come centrali Gvardiol e il 19enne Simpson-Pusey. L’unica eccezione di carattere tattico è il fatto che nelle ultime partite la mezzala Matheus Nunes è stato schierato come ala sinistra titolare, con Doku ormai usato a partita in corso.
Per il resto il Manchester City si schiera e si comporta come il solito Manchester City, con l’importante postilla che il vertice basso non è Rodri, ma Mateo Kovacic. Questo significa che il gioco fluisce in maniera differente in zona centrale, con la salita in cattedra di Gvardiol per supportare Kovacic nella circolazione pura del pallone. Ma soprattutto significa una lacuna evidente in termini difensivi proprio nella zona più delicata di ogni sistema di gioco. Lì dove Rodri è un’eccellenza assoluta, Kovacic riesce a malapena a mantenersi a galla. Senza la chiave di volta Rodri a sorreggere la squadra quando il pallone viene perso, improvvisamente allora schierare Gündoğan e Bernardo Silva (o Foden) mezzali diventa problematico in termini difensivi. Le squadre avversarie lo sanno e stanno coscientemente giocando su questa debolezza. Una breccia si è aperta nel sistema che era apparso inscalfibile fino a poco tempo fa.
Il pressing della squadra di Guardiola non era apparso così facilmente aggirabile e la sua capacità di gestire le transizioni difensive così fragile, dalla sua prima stagione a Manchester. Come se in campo ci sia una squadra svuotata di qualcosa di essenziale.
Guardando le quattro sconfitte per trovare dei punti in comune tra loro, si può dire che il City dal punto di vista offensivo non è nel momento migliore ma ha ogni volta segnato comunque un gol e creato altre occasioni per farlo. Solo che non riesce più a trovare delle contromisure difensive sugli avversari. Ha subito gol sia quando era in pressing alto, che quando decideva di difendersi posizionalmente.
Nella prima sconfitta contro il Tottenham è passato in svantaggio di 2 reti dopo 25 minuti di gioco, con il primo gol arrivato da un’azione di pressing. Il Tottenham muove il pallone esternamente andando in verticale e le scalate della squadra di Guardiola arrivano sempre un secondo dopo il necessario.
Giocando con una formazione ampiamente rimaneggiata era prevedibile non essere perfetti nelle marcature preventive quando si pressa alti, ma il secondo gol subito arriva da calcio d’angolo. Sarr segna da fuori area ricevendo il pallone libero e con spazio davanti per calciare.
La sconfitta contro il Bournemouth ha alzato la guardia: la squadra di Iraola ha affrontato la partita con un pressing sopraffino e tarato alla perfezione su come giocava il City, ma l’ha vinta di fatto segnando da azioni manovrate. Il City ha preso il primo gol al minuto 8 mentre è in fase di difesa posizionale, con il Bournemouth in possesso nella metà campo avversaria, il centrocampista Christie allarga dal centro verso il terzino sinistro Kerkez, che punta e poi salta Foden una volta sul fondo.
Sul suo cross basso a centro area ci sono due attaccanti del Bournemouth contro 6 giocatori del City e il pallone finisce proprio sui piedi dell’ala destra Semenyo che stoppa si gira e calcia circondato da avversari. Il secondo arriva all’ora di gioco, questa volta mentre il City sta pressando alto la costruzione avversaria, che parte da una rimessa bassa del portiere.
Contro lo Sporting CP il City ha sbandato. La squadra di Amorim sembrava poter segnare a ogni azione, ha dato una sensazione di pericolo costante. Dopo quella notte il City è entrato in una dimensione sconosciuta: quella di una squadra che deve fare risultato il prima possibile, in un modo o nell'altro.
Contro il Brighton i due gol presi nell’arco di 5 minuti sono entrambi arrivati col City in fase di difesa posizionale col blocco medio e la linea difensiva alta. Sono quelli che fanno più male perché mostrano quanto sia facilmente attaccabile ora il City. Il primo arriva con un ampio cambio gioco di van Hecke (proprio lui) per mandare il pallone sui piedi di Mitoma, che prima crossa in modo fin troppo facile al centro e che poi si riprende lui sulla respinta della difesa.
Il giapponese è fra tre giocatori del City, ma è il più lesto ad andare sulla traiettoria del pallone e rimetterlo basso per Welbeck. Il secondo gol è quello più paradigmatico, perché arriva con tre passaggi nella fascia centrale del campo contro la difesa schierata del City.
La prima cosa che viene in mente è che questa azione del Brighton con Rodri in campo non sarebbe arrivata, o quantomeno non così facilmente. Che quel tracciante e quello scambio centrale è arrivato nel punto esatto presidiato solitamente dallo spagnolo. In quel momento a centrocampo c’erano Kovacic e Matheus Nunes.
Che il grave infortunio a Rodri avrebbe avuto conseguenze dirette sui risultati del Manchester City era facile da prevedere. L’assenza di Rodri e la percentuale di vittorie della squadra è sempre stata correlata nelle ultime stagioni. Un giocatore fondamentale e impossibile da sostituire. Era la stessa situazione avuta con Busquets a Barcellona nelle ultime stagioni e in termini di gestione del pallone ora con Kroos al Real Madrid.
Contro il Brighton l'ingresso in campo del centrocampista Carlos Baleba per iniziare il secondo tempo, con il suo atletismo debordante e la sua aggressività, ha improvvisamente inclinato il piano della partita a favore del Brighton. Improvvisamente è come se il Brighton avesse scalato una marcia in avanti sia in termini di determinazione per andare a contrasto e sulle seconde palle, che di verticalità centrale col pallone. E dall’altra parte è come se questa marcia semplicemente il Manchester City non ce l’avesse, finendo per dover reagire ad un contesto in cui non era più in controllo della situazione. La fascia centrale del campo era fin troppo facilmente attaccabile per il Brighton, che infatti lì ha vinto la partita. Dopo un primo tempo dominato, Guardiola si è ritrovato a guardare impotente la sua squadra ribaltata.
Il Manchester City arriva alla pausa per le nazionali di novembre comunque al secondo posto, a -5 dal Liverpool. Ci ha ormai abituato a carburare nel girone di ritorno e ad arrivare al proprio picco in primavera. Visto com’è andata nelle ultime due stagioni, in cui pur rimanendo in alto ha preso la testa solitaria della classifica solo a 5-6 giornate dalla fine, questa squadra può essere ancora considerata in controllo del proprio futuro e può ancora ragionevolmente vincere il titolo.
A Guardiola, insomma, può funzionare ancora il solito giochino quando torneranno a pieno regime i componenti della rosa, anche se ora sembra proprio che qualcosa si sia inceppato nell’algoritmo vincente trovato nelle ultime stagioni. Il futuro del tecnico, nel frattempo, non è ancora chiaro. Il contratto di Guardiola scade la prossima estate e il resto della stagione promette di essere stressante. Ci sono infatti 115 capi d’accusa ancora da risolvere con la Premier League, pendenti sulla testa di tutto il progetto. A ottobre è arrivata la notizia che Txiki Begiristain, direttore sportivo per tutto il periodo di Guardiola al City e persona a cui il tecnico spagnolo è molto legata, avrebbe lasciato la squadra sostituito dal giovane portoghese Hugo Viana. Dopo aver imposto la sua dittatura illuminata sulla Premier League, per Guardiola questa sembra la stagione conclusiva di un ciclo.