Nel 1997, quando Louis van Gaal arrivò al Barcellona alla fine del suo ciclo d’oro all’Ajax trovò, tra i membri dello staff ereditato da Bobby Robson, un giovane José Mourinho. Tra i due nacque un sodalizio proficuo per entrambi, al punto che van Gaal lasciò al portoghese la conduzione della prima squadra in alcune partite di una competizione minore.
All’Old Trafford van Gaal non si è ritrovato davanti l’amico portoghese: sulla panchina del Chelsea ora siede un altro olandese, Guus Hiddink, alla terza partita del suo mandato. Mourinho è alle sue spalle perché, ironia della sorte, il portoghese fresco di esonero è il principale candidato alla sua successione sulla panchina del Manchester United.
Eccesso di organizzazione vs Assenza di organizzazione
Per capire le scelte di Hiddink occorre fare un passo indietro e volgere lo sguardo al Boxing Day. Quel giorno il Chelsea ha affrontato il Watford con un buon piglio, soprattutto nella prima parte della gara. Solo apparentemente Hiddink aveva schierato i suoi undici col consueto 4-2-3-1. In campo Fàbregas ha assunto una posizione alta sul campo, salendo quasi al livello del trequartista centrale Oscar. Il 4-1-4-1 che ne è scaturito ha migliorato il gioco del Chelsea in entrambe le fasi.
Quand’erano in possesso del pallone, i "Blues" occupavano meglio il campo, creando una densità in zona centrale che facilitava l’uscita del pallone. La stessa densità che permetteva di avere un sufficiente numero di uomini nell’altra metà campo per creare pericoli agli avversari, colmando una delle lacune dell’ultimo Chelsea di Mourinho.
Ivanovic, uno dei giocatori che più è mancato alla sua squadra, ha potuto attaccare lo spazio creato dall’accentramento di Willian. La posizione di Matic, più centrale a protezione della propria difesa, permetteva invece al centrale di destra Cahill di tenersi più largo per andare a chiudere lo spazio lasciato dal terzino destro, spesso assente per via delle sue lente passeggiate per recuperare la posizione difensiva.
Spaventato da un gol subito in chiusura di primo tempo, peraltro frutto di un accidentale errore individuale, Hiddink ha scelto di tornare in campo per la ripresa con Obi Mikel e senza Fàbregas, nella configurazione con la quale deciderà di schierarsi all’Old Trafford, 48 ore dopo. Con il doble pivote, il Chelsea ha perso le distanze e ha mostrato i vecchi problemi, finendo per cedere il controllo del match al Watford, salvo poi riacquistarlo quando gli "Hornets" avevano finito le energie atletiche.
Come hanno dimostrato anche contro il Manchester United, Obi Mikel e Matic sono due distruttori di gioco, dai grandi mezzi atletici, ma hanno grosse difficoltà nella visione della giocata. Non riescono a lavorare da coppia, offrendo l’un l’altro copertura o dividendosi i compiti, ma si muovono per il campo come due individui slegati e indipendenti. In questo modo rendono vulnerabile la propria difesa nella zona centrale. Come stava per accadere dopo 2 (due!) minuti di gioco, quando Matic si è perso Mata su una rimessa in gioco da fallo laterale. Lo spagnolo ha colto la traversa dalla distanza, mentre Obi Mikel adottava il linguaggio del corpo di chi passava lì per caso.
Herrera porta Obi Mikel fuori posizione, con Matic che decide di non andare a coprire la zona centrale. Per sua fortuna Mata e Martial sono troppo lontani da Rooney, che non può far altro che restituire il pallone all’indietro.
Per fortuna dei "Blues", quello di van Gaal è un sistema altamente strutturato (così come lo erano le sue squadre del passato) e con pochi movimenti senza palla. Si capisce perché un giocatore irrequieto come Ander Herrera diventi imprescindibile in un sistema così: il solo movimento del basco dal centro dell’attacco verso l’esterno bastava ad aprire lo schermo creato dai mediani davanti a Zouma e Terry come un sipario.
Ciò nonostante, il Manchester United non è mai riuscito a sfruttare le deficienze degli avversari in zona centrale. Al di là che abbia o meno superato la fase migliore della sua carriera (e secondo me lo ha fatto), Rooney non è mai stato una punta centrale che potesse giocare in isolamento: ha sempre giocato meglio in partnership con un’altra punta. Il movimento incontro di Rooney portava la difesa a salire e a neutralizzare il pericolo. Avrebbe dovuto fare il movimento opposto e in una situazione di palla scoperta la difesa del Chelsea non avrebbe potuto far altro che seguirlo, creando dell’altro spazio davanti alla difesa.
Privati dell’onere della ricezione tra le linee, né Mata né Martial, due che prediligono ricevere il pallone da fermi sui piedi, sono riusciti a trovare il tempo della corsa nelle maglie della difesa. Non c’è stato un solo scatto a suggerire l’imbucata in area di rigore, neanche quando lo United è riuscito a creare superiorità numerica sui due vertici dell’area avversaria, perfino con quattro uomini nella zona del pallone. L’unico movimento senza palla puntualmente premiato era quello di Young e Darmian a liberarsi per il cross. L’incessante movimento del pallone a disegnare un’enorme "U" sul campo non ha prodotto altro che 29 cross, dei quali solo 4 sono andati a segno. Due hanno prodotto le occasioni più ghiotte per i rossi di Manchester, quando nel secondo tempo Courtois ha tolto dalla porta il tap-in di Herrera e quando Rooney non è riuscito a chiudere il cross del neo-entrato Borthwick-Jackson.
La mole di passaggi dello United circonda gli ultimi 25 metri, che non riesce ad attaccare, se non per mezzo di cross dal fondo per nessun centravanti d’area.
Lo United ha avuto gioco facile nel confermare il suo record nelle percentuali di possesso palla anche per la confusione degli avversari in fase difensiva. All’inizio della partita, il Chelsea attendeva gli uomini in rosso sistemandosi con un 4-4-2 piuttosto stretto a protezione del centro. I due davanti, Oscar e Hazard, hanno presto desistito da ogni tentativo di pressing contro i quattro che organizzavano l’inizio dell’azione per lo United, ma non hanno neanche pensato di sporcare attivamente le linee di passaggio verso i trequartisti avversari. Per di più Oscar, dopo un quarto d’ora, è stato dirottato sulla fascia destra per rimediare all’incapacità di Willian di lavorare correttamente dal punto di vista difensivo: Darmian ha avuto sempre via libera sul movimento di Martial che gli apriva lo spazio in fascia. Lo stesso francesino, sull’unico cambio di gioco tentato dai "Red Devils", ha puntato in isolamento Ivanovic senza che Willian si preoccupasse di offrire aiuto in raddoppio. Alla fine solo il palo ha salvato Courtois.
Successivamente, l’atteggiamento del Chelsea è cambiato, con Oscar, Hazard e Willian che hanno provato a pressare più in alto. Il loro sforzo è stato vanificato da Matic e Obi Mikel, incapaci di accorciare sugli avversari alle spalle dei compagni saliti a disturbare l’impostazione dei difensori, e da Pedro che arretrava sulla linea dei mediani, coerentemente al primo atteggiamento tenuto, lasciando Young sempre libero di ricevere. Il Chelsea si è allungato e ha finito per concedere ancora più campo allo United.
Pedro che fa il Pedro del Barcellona, resta largo per creare spazio invece di tagliare dentro. Lì in mezzo però non c’è né Iniesta né Messi, avrebbe dovuto esserci lui!
L’unica proposta offensiva del Chelsea dipendeva da Eden Hazard, schierato di punta per la squalifica Diego Costa e per gli infortuni di Remy e Falcao, e sulla sua capacità di anticipare Schneiderlin per generare una ripartenza. Il belga ha finito la sua partita stremato per via di un’infinita serie di scatti: il Chelsea non ha saputo proporre una manovra che non fosse improvvisata dall’inizio alla fine.
I hate this Game
Il 18 settembre 1994 il Milan di Capello batté la Lazio di Zeman per 2-1, in una partita considerata tra le più belle ed equilibrate mai viste nel campionato italiano, risolta solo nel finale. Ricordo che gli elogi furono unanimi, a esclusione di una considerazione di Arrigo Sacchi, che si espresse pressappoco così: «Ogni gol è frutto di un errore difensivo. Se non ci fossero stati errori e la partita fosse finita 0-0, l’avremmo ancora considerata così bella?».
Oggi, a deprimere lo spettatore non è lo 0-0 finale, perché in fondo la partita avrebbe potuto risolversi a favore del Manchester United, nelle due occasioni prima descritte, o a favore del Chelsea, ad esempio quando Matic ha divorato un’occasione in contropiede dopo un calcio d’angolo, che ha dimostrato quanto van Gaal non abbia imparato nulla dalla lezione di Leicester.
Deprimente è lo stato in cui versano due grandi del calcio europeo. Van Gaal ha scavato l’alveo nel quale è cresciuto Guardiola, ma parliamo ormai di 15 anni fa. Pep ha saputo andare oltre l’epopea del calcio posizionale e non lo ha fatto nel suo laboratorio bavarese, ma nel momento in cui ha deciso di lasciare Barcellona. Al di là dei successi raccolti con la Nazionale olandese e con l’AZ Alkmaar, per i quali è stato costretto dalle contingenze a giocare un calcio diverso, van Gaal sta dimostrando, purtroppo, di essere rimasto sulle posizioni di inizio millennio.
Quanto alla dirigenza del Chelsea, cosa pensava che Hiddink potesse fare di più o di meglio rispetto a Mourinho, soprattutto in un periodo così congestionato da rendere difficile l’organizzazione del lavoro settimanale tra partite, viaggi e recupero fisico? Se fosse rimasto in sella forse José avrebbe comunque deciso di parcheggiare il bus all’Old Trafford. Ma, in maniera equamente probabile, forse non avrebbe preso la decisione all’intervallo di Chelsea - Watford, che a mio parere è costata due punti alla squadra londinese.
Questa partita, inoltre, è simbolica dello stato in cui versa la Premier League oggi. Davvero bastano introiti record dai diritti televisivi e miliardi di sterline bruciati sulle braci del mercato per essere “la NBA del calcio”? Pur lodando il tentativo di fare calcio durante il periodo natalizio, lo spettacolo che è stato offerto da Manchester United e Chelsea è stato pessimo. E non poteva essere altrimenti anche per via delle sole 48 ore di distanza dal turno di Santo Stefano.
Tra gli allenatori, solo Pochettino e Howe hanno mostrato di avere un’idea coerente del calcio che vogliono allenare. Il Tottenham è rientrato nel gruppo di testa, complice l’andamento sghembo delle favoritissime Arsenal e Manchester City, e la loro ultima evoluzione di gioco, concretizzata intorno al 3-4-2-1, rappresenta una novità unica nel panorama inglese.
C’è molto più da imparare osservando lo spettacolo tattico dell’ultimo Bologna - Empoli che da un match di cartello di Premier League, come lo era quello di ieri sera. È questo è un fatto del quale tutti gli appassionati del Beautiful Game all’italiana dovrebbero andare orgogliosi.