Pierre Emerick Aubameyang fa parte di quel gruppo di giocatori classificabile come “Rimpianti del Milan”. Insieme a lui, si rimpiangono Riccardo Saponara, Stephan El Shaarawy, Francesco Acerbi, Matteo Darmian. E forse c'è persino qualcuno che rimpiange Suso o Paloschi. Uno scatolone di giocatori da cui si potrebbe tirare fuori un undici con cui far esplodere il cuore dei tifosi rossoneri. Di questo undici, Aubameyang sarebbe la stella indiscussa, forse l’unico vero fuoriclasse.
Quest’anno Aubameyang è il giocatore che ha segnato di più in Europa: 37 gol in 41 partite, numeri che lo avvicinano ad attaccanti del livello di Ibra, Higuain e Lewandowski. Quello che si può dire in questi casi, e che viene ripetuto con ancora più insistenza riguardo Aubameyang, è che nessuno avrebbe immaginato, all’epoca delle giovanili del Milan, che il livello di gioco di Aubameyang avrebbe toccato queste vette. Ma quanto è vera quest’affermazione? Il talento di Aubameyang era davvero così indecifrabile, nascosto sotto le sue movenze vagamente sgraziate?
Dinastia Aubameyang
La ‘saga Aubameyang’ inizia nel 1998, quando il Milan ingaggia come osservatore Pierre Aubameyang, detto ‘Yaya’, un ex calciatore della Triestina. Come per le migliori epiche minori, l’episodio del suo ingaggio è ricco di dettagli mitologici. Un giorno Pierre perde l’imbarco per un volo da Trieste a Parigi ed è costretto a cercare un altro aereo da Venezia. Lì incontra Ariedo Braida, di passaggio, che lo scambia per Weah: Pierre sta al gioco e si lascia accompagnare all’aeroporto. Prima che Braida si accorga dell’errore, Pierre lo riesce a convincere di aver messo al mondo tre grandi giocatori.
Il primo dei suoi figli, Catilina, arriva al Milan quello stesso anno, dalla Reggiana. Un centrocampista che ora gioca nel Fagnano Olona e di cui si ricorda solo una rissa con Gattuso: «Durante l’allenamento all’Olympiastadion litigai con un certo Catilina Aubameyang. Dopo una serie di entrate dure, mi incavolai con lui che, per tutta risposta mi disse che mi avrebbe spaccato la faccia. Allora sotto la doccia ci siamo presi a cazzotti».
Nel 2005 viene acquistato il secondo Aubemayang: Willy, dalla Triestina (dove si era trasferito dalla Francia nel 2002). L’attaccante, classe ’87, riesce a segnare alla Juventus nel trofeo Berlusconi. La testimonianza della rete è rintracciabile in un video di neanche tre minuti che racchiude tutti i gol della sua carriera. All’Avellino, dove era finito in prestito, è riuscito a segnare un solo gol in 34 partite; i tifosi lo prendevano in giro con il coro: “Fallo, se ‘o vuo’ fa, fallo… Aubameyang!”. Oggi gioca in Serie C tedesca, da difensore.
Il gol di Willy nel trofeo Berlusconi diede comunque sufficiente credibilità a Pierre, che convinse il Milan ad acquistare anche il minore dei suoi figli: Pierre-Emerick arriva così in rossonero nel 2007 e il senso complessivo di truffa che lo accompagna finisce forse per delegittimarlo. D’altra parte ha anche la colpa di somigliare troppo al fratello: è alto uguale, gioca nello stesso ruolo e con le stesse movenze. Nei video dell’epoca sono quasi indistinguibili.
Il ragazzo con i piedi quadrati
Nella primavera non viene considerato sempre titolare, a Milanello pare lo chiamassero “il ragazzo con i piedi quadrati”. Di recente il suo agente ha dichiarato: «L’allenatore della Primavera gli preferiva giocatori italiani, lasciandolo in panchina. Dopo sei mesi il Milan ha iniziato a pressare il giocatore ad accettare il prestito al Dijon, che l’attaccante ha finito per accettare ad agosto».
Eppure ad agosto, appena arrivato, Aubameyang gioca titolare la prima edizione di Youth League in Malesia, l’attuale Champions League giovanile, e ne diventa capocannoniere. Il Milan viene eliminato in semifinale dalla Juventus – gol di Esposito e Pasquato – ma Aubameyang riesce a segnare 7 gol in 6 partite. Su YouTube è possibile ripescare i video di quei gol, gesti tecnici affogati nella bassa definizione, piccoli tesori ripescati dall’Atlantide dei rimpianti rossoneri. Riguardandoli c’è la bozza dell’attuale Pierre-Emerick Aubameyang e non certo un giocatore “con i piedi quadrati”.
Chiedo scusa per la qualità dei video ma la bassa risoluzione ha se non altro il merito di restituire un’atmosfera onirica perfetta per fare da cornice all’anno milanese di Aubameyang. Questo sopra è il primo gol di quella competizione. Il Flamengo è in vantaggio per 1 a 0, in transizione Aubameyang riceve palla al limite dell’area da un attaccante brevilineo che dovrebbe essere Kingsley Umunegbu (non sono sicuro). Mentre questo si gira Aubameyang taglia a gran velocità verso l’area per aspettare il cross. Aubameyang ha i capelli forzatamente stirati col gel e a un occhio disattento, con la maglia di quell’anno, potrebbe essere scambiato per Ricardo Oliveira. La finalizzazione contiene l’Aubameyang che sarà, così come i Warsaw contenevano già i Joy Division, i loro giri di basso, il loro senso del ritmo. La velocità del taglio in profondità, il primo controllo perfetto, la conclusione ben coordinata ma un po’ approssimativa, la rapidità dei movimenti in area – dove sembra sempre camminare con gli scarpini di cristallo attorno a gente che affonda nel fango – che gli permette di raccogliere subito la respinta, in spaccata.
In quel torneo, e in quei gol, si nota anche il senso di imperfezione che Aubameyang comunica anche nelle sue giocate più efficaci. Non tira mai verso la porta con la potenza e la decisione assoluta di Higuain, né con l’eleganza di Lewandowski. Non restituisce mai un’impressione da dominatore d’area. Aubameyang è spesso impreciso, si nutre di conclusioni mozze, approssimative. Ma sempre improvvise, pensate e realizzate prima che la loro imprecisione possa contare qualcosa. Per esempio in questo gol al Bayern Monaco, il primo della doppietta che realizzerà ai quarti di Youth League, fa un tiro di piatto anticipato né particolarmente preciso né potente.
La palla passa sotto alle braccia di un portiere poco reattivo, ma gli errori dei portieri, a guardare bene, li ritroviamo in molti gol che segna ancora attualmente (qui per esempio, o qui). Aubameyang tira quasi sempre con un tempo d’anticipo rispetto al normale, e questo causa il ritardo di reazione degli estremi difensori. Nella stessa Youth League per esempio, nella finale terzo e quarto posto ancora con il Flamengo, organizza una conclusione in area forte di piatto, in controbalzo, su una palla a campanile. Il portiere non prova neanche l’intervento. Emanuele Orlandi, ex compagno di quella Primavera e attuale attaccante del Piacenza, in un’intervista a So Footricorda: «Aveva una grande rapidità d’esecuzione, rapida ma anche tecnica. Nell’uno contro uno era imprendibile, si notava che aveva un avvenire nel calcio» .
Eppure è possibile che questa tecnica apparentemente grezza (apparentemente, sia chiaro) abbia condizionato il giudizio del Milan sul primo Aubameyang. Oppure il problema era proprio la sua modernità: nel 2007 il calcio era ancora forse legato a un’idea di centravanti “specialista”, con un repertorio sbilanciato su alcune particolari situazioni di gioco. Aubameyang è invece (ed era già all’epoca) un giocatore estremamente mobile, che pur amando partire da lontano conserva un grande istinto di finalizzazione: non è mai stato il punto terminale di una catena di montaggio, ma neanche un rifinitore. Anche se all’occorrenza fa dei movimenti oltre la linea difensiva da attaccante puro. Già all’epoca.
Forse nel 2007 Aubameyang era ancora un animale strano, la sua interpretazione del ruolo del centravanti non era ancora canonizzata. Eppure, riguardando questi gol, è quasi del tutto impossibile non accorgersi di alcune doti sopra la media. Sempre al Bayern Monaco, per esempio, il secondo gol lo segna in transizione da una palla recuperata. La velocità e il tempismo con cui taglia la difesa avversaria non possono essere considerati “normali”.
Ma se i gol in transizione possono in qualche modo essere considerati il “pane quotidiano” di un giocatore come Aubameyang, altre cose potevano se non altro far accendere la spia sul fatto che si trattasse di un giocatore con un talento speciale. Questo è un gol straordinario per esempio.
Voglio dire, i dirigenti guardano questo gol e pensano: “ok, Aubameyang si può vendere”. Mi esplode il cervello.
D'accordo: anche un giocatore mediocre ogni tanto può realizzare un bel gol. Ma questa rete ha troppi dettagli rivelativi del fatto che Aubameyang aveva un potenziale unico. Non solo la realizzazione, il piatto al volo sul secondo palo, con il piede debole. Ma anche il confezionamento mentale della rete, il semplice fatto che Aubameyang abbia pensato quella giocata, quel pallonetto in controtempo. Che non si sia limitato a stoppare la palla, a portarsela sul piede forte, che abbia messo in mostra una rapidità di pensiero e d’azione che in area di rigore fa sempre la differenza.
Facendo un minimo di attenzione all’evoluzione che Aubameyang ha avuto nel corso di questi anni, dall’esperienza al Saint Etienne ad oggi, è evidente quanto sia migliorato. Persino tecnicamente, nella pulizia dei gesti e delle conclusioni. Probabilmente però le doti meno allenabili, il suo talento calcistico, erano già visibili nel 2007. Il suo corpo, così potente ed elastico, era di per sé un dato poco aggirabile: quanti giocatori ci sono che vanno in contropiede così velocemente?
Tra quella Youth League e la sua cessione in prestito al Dijon ci sono dieci mesi meno gloriosi, ma soprattutto c’è tutto l’enigma irrisolvibile del Milan degli ultimi anni. La sua paradossale incapacità di accorgersi dei diamanti che gli passano tra le mani.
Come è stato possibile ritenere “normali” questi gol di Aubameyang?
Come è stato possibile non dargli mai l’occasione di esordire in prima squadra?
Che c’è stato in quei dieci mesi di Primavera di cui non esistono reperti internet?
Come è stato possibile valutarlo appena un milione di euro quando un paio d’anni dopo il Saint-Etienne ha voluto riscattarlo?
Leggende narrano che la risposta sia scritta in un punto preciso della testa lucida di Galliani. Per leggerla bisognerebbe osservarla illuminata dal sole delle ore 15, inclinato verso San Siro a una precisa angolazione, in una giornata di primavera.