Manuel Locatelli sta vivendo la stagione migliore della sua carriera. Dopo un inizio da predestinato con la maglia del Milan, e un periodo in cui non si riusciva a capire lo spessore del suo talento, finalmente sembra riuscito a dare un senso alle sue caratteristiche e a restituire un’idea più precisa del suo modo di stare in campo. Fino allo scorso anno era difficile incasellarlo in una posizione o leggere con contorni chiari le sue sfumature tecniche. Forse poco incline al gioco a due tocchi per agire da regista basso, ma al contempo non autosufficiente di tecnica né dinamico abbastanza per muoversi in zone più avanzate.
Dubbi che si riflettevano nelle collocazioni scelte per lui da De Zerbi. La passata stagione il tecnico bresciano lo aveva testato più volte da vertice basso di centrocampo. Alcune partite, tra cui quella con la Juventus allo Stadium, avevano restituito buone impressioni. Tuttavia nel corso della stagione, quando il Sassuolo aveva giocato col centrocampo a tre, De Zerbi aveva preferito Magnanelli o Sensi da metodisti, con l’ex Milan spostato in posizione di mezzala. Stesso ruolo coperto all’inizio di questa stagione quando i neroverdi hanno adottato il 4-3-3.
Il periodo migliore per Locatelli è arrivato col passaggio al 4-2-3-1. Schierato nella maggior parte dei casi in coppia con Obiang, la posizione di mediano del doble pivote gli permette di partecipare al gioco su diverse altezze e di condizionare sia la prima costruzione che gli sviluppi successivi. Grazie ai riferimenti offerti dal gioco di posizione di De Zerbi, il rendimento di Locatelli è diventato costante e di ottimo livello. Ha giocato partite notevoli contro Roma, Napoli e Juve e nell’anniversario dei 120 anni del Milan a San Siro, nella partita emotivamente più importante per lui, è stato tra i migliori in campo.
L’opinione pubblica pian piano si è accorta della maturazione del ragazzo di Lecco. Mancini ha detto che potrà tornare utile alla Nazionale già dopo l’Europeo e Arrigo Sacchi - come se stesse parlando per bocca di Crozza - ne ha elogiato la crescita: «Ci ha messo due anni a recuperare la modestia dopo quei gol all'esordio nel Milan».
Locatelli nella propria metà campo
Più che dalla ritrovata umilté, però, la stagione positiva di Locatelli passa in realtà attraverso le direttrici offerte da Roberto De Zerbi, sia per lo sviluppo della tecnica individuale che per le connessioni coi compagni.
È impossibile comprendere l’evoluzione del repertorio del centrocampista senza legarla alla sua funzione in campo. Locatelli influenza il sistema del Sassuolo soprattutto quando la palla circola nella propria metà campo. Ha il compito di dare continuità al possesso in fase di impostazione e, più di Obiang, deve occuparsi di trasmettere palla ai trequartisti. Consegne che richiedono pulizia tecnica e, soprattutto, letture intelligenti palla al piede, comprensione dei movimenti da eseguire e consapevolezza della posizione dei compagni.
Anche al Milan Locatelli aveva mostrato discrete doti tecniche nel dialogo corto. Il sistema di gioco dei rossoneri però, sia con Montella che con Gattuso, non gli permetteva di applicare con continuità la sua propensione al palleggio. Senza una fase di possesso fluida, Locatelli non aveva talento a sufficienza per imporsi a prescindere dal contesto. A volte dava l’impressione di essere un calciatore un po’ lezioso, alla ricerca di giocate preziose come colpi di tacco o conduzioni che spesso non gli riuscivano.
In una squadra dalla fase di possesso sofisticata, che crea con continuità linee di passaggio intorno all’uomo con la palla, Locatelli ha trovato l’ambiente perfetto per il suo calcio e adesso anche i colpi di tacco che si concede di tanto in tanto hanno un senso. Il pezzo forte del suo repertorio è il modo in cui affronta la pressione avversaria. Non è azzardato definirlo uno dei centrocampisti più abili del campionato a disinnescare il pressing.
Il Sassuolo ama farsi aggredire per trovare col palleggio gli uomini alle spalle degli avversari. Non è facile applicare questo principio e non bastano passaggi precisi e movimenti coordinati. Per affrontare il pressing sempre più spesso non ci si può limitare a giocare a due tocchi. Bisogna avere il coraggio di affrontare l’avversario in uscita e di saltarlo con un dribbling, in modo da scoprire il pallone e creare zone di superiorità posizionale. Locatelli non è mai stato un metodista da gioco a parete; gli piace toccare più volte la palla prima di scaricarla e De Zerbi ha lavorato su questa sua attitudine in modo da renderlo un ottimo dribblatore in prima costruzione.
Di natura Locatelli non è uno specialista dell’elusione. Al Sassuolo però ha imparato a leggere gli spazi vicino a sé e ad analizzare la direzione della corsa dell’avversario per capire se c’è un lato scoperto su cui saltarlo. È un giocatore con buona pulizia tecnica, ma non un fuoriclasse capace di improvvisare il dribbling in situazioni di emergenza solo grazie al talento puro. Le sue giocate per avere successo hanno bisogno di nascere dal cervello e non dal piede, per questo delle volte può capitare che il piede non riesca ad eseguire soluzioni complicate ma intelligenti elaborate dal cervello.
Quando però testa e piede viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda Locatelli dimostra un’ottima padronanza nel dribbling in prima costruzione, sia frontale che spalle alla porta. Nel Sassuolo è terzo per dribbling riusciti ogni 90’ tra i calciatori con almeno mille minuti: 2,1 a fronte di soli 0,5 sbagliati, dietro a un’anomalia statistica come Boga e a Djuricic, che però ne sbaglia 1,6 a fronte di 2,2 riusciti. Locatelli affronta l’uno contro uno in maniera minimale, con tocchi corti e semplici; delle volte gli basta uno stop orientato per mandare a vuoto il marcatore. Nei dribbling dell’ex Milan il primo controllo è tutto, perché indirizza il pallone e prepara il terreno per i tocchi immediatamente successivi, quelli con cui porta la palla nella zona lasciata scoperta dalla pressione individuale.
Quando riceve spalle alla porta dai difensori controlla con lo sguardo la situazione intorno a sé e decide prima di ricevere su che lato cercare il dribbling. Prova ad andare via soprattutto verso la sua sinistra, vista la tendenza a usare l’interno del destro per eseguire il controllo orientato. Quando la palla arriva si flette leggermente sulle ginocchia, esegue un breve controllo laterale, col secondo tocco salta l’uomo e si gira verso la porta. Orientare il controllo e mettersi in ritmo per condurre in avanti prima che arrivi l’avversario è fondamentale per sopravvivere spalle alla porta, perché se il marcatore prende contatto da dietro è difficile avere margine di manovra; soprattutto nella propria metà campo, dove si rischia di perdere palloni sanguinosi e di concedere transizioni corte.
Fronte alla porta invece dimostra buona abilità in conduzione. Se gli avversari hanno poca compattezza orizzontale e viene aggredito lateralmente, a Locatelli piace lanciarsi palla al piede nel corridoio tra un avversario e l’altro. Non è veloce e non riesce a sostenere la conduzione per parecchi metri, tuttavia le gambe lunghe gli permettono di lasciarsi dietro il marcatore già con la prima falcata.
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Insomma, la posizione di centrocampista centrale nel 4-2-3-1 con responsabilità soprattutto nella propria metà campo sembra quella perfetta per Locatelli. Da mezzala dovrebbe spesso alzarsi oltre la mediana, dove gli spazi si riducono e sono richieste sempre più tecnica e velocità di piedi, specie nel dribbling. Nei primi cinquanta metri invece c’è più campo per eseguire controlli orientati e conduzioni.
Locatelli terzo uomo
I dribbling e i passaggi però non sono gli unici fondamentali con cui Locatelli dà fluidità al possesso del Sassuolo. Altrettanto importanti sono i movimenti senza palla, con cui crea linee di passaggio pulite per i compagni. Sa trovare la posizione alle spalle degli attaccanti per dettare il filtrante ai difensori e, soprattutto, è un ottimo interprete del principio del terzo uomo: Locatelli è molto bravo a fungere da scarico in un secondo momento per i compagno marcati.
L’ex Milan gira per il campo non solo per offrire una soluzione immediata al giocatore in possesso. I suoi movimenti viaggiano sempre un tempo di gioco avanti rispetto allo sviluppo dell’azione. Legge la posizione dei compagni, i possibili sbocchi per l’uomo con la palla, prova a ipotizzare quale sarà l’evoluzione della manovra e si muove per dare continuità alla circolazione e prevenire il pressing avversario. Prima che parta il passaggio, lui si avvicina al ricevente, che al momento dello stop verrà aggredito. Con la corsa verso il compagno si muove alle spalle del proprio uomo; così quando al compagno con l’avversario addosso arriva la palla lui è già pronto a fornire l’appoggio, libero da marcature. Dopo lo scarico corto può giocare fronte alla porta e col pallone scoperto, situazione ideale per connettersi con Caputo e i trequartisti oppure per aprire sulla sinistra per l’isolamento di Boga.
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Coi suoi movimenti da terzo uomo quindi Locatelli non dà solo continuità al possesso, si occupa anche di farlo progredire verso la porta avversaria, di collegare i giocatori coinvolti nella prima costruzione con quelli incaricati della rifinitura. Locatelli è un riferimento costante per la manovra del Sassuolo, in particolare per Obiang, il destinatario del primo passaggio che parte dai difensori. È un tipo di ricezione che non gli permette di stoppare quasi mai fronte alla porta e che quindi attira il pressing dei centrocampisti avversari. Grazie all’appoggio del collega di reparto, lo spagnolo può evitare l’aggressione con un semplice scarico sul suo movimento incontro.
Il sistema in soccorso di Locatelli
De Zerbi insomma ne ha rifinito il talento individuale sia col pallone, sia nei movimenti senza palla. Ora Locatelli mette i controlli orientati, i dribbling e gli smarcamenti totalmente a disposizione della squadra. In cambio, il sistema neroverde gli offre linee guida attraverso cui migliorare le proprie interazioni coi compagni: quasi tutte le sue scelte di passaggio vengono influenzate dai movimenti collettivi, che sembrano di volta in volta suggerirgli il giocatore su cui appoggiarsi.
Per le scelte in distribuzione vale lo stesso discorso fatto per i dribbling. Non è un regista visionario capace di inventarsi il lancio dalla propria metà campo e probabilmente può ancora migliorare nei passaggi taglialinee a lunga gittata. I compagni però, Djuricic, Berardi e Traoré in particolare, sono abili a posizionarsi tra le linee. La capacità del Sassuolo di dilatare col possesso la compattezza avversaria e la tendenza dei trequartisti a smarcarsi dietro il centrocampo, indicano chiaramente a Locatelli la traiettoria di passaggio da battere. Se il giro palla è efficace, le linee avversarie sono sfilacciate e i corridoi verticali, soprattutto quelli tra mediana e difesa, sono tutti occupati dai compagni diventa più intuitivo e anche meno rischioso cercare il laserpass dietro il centrocampo avversario.
Il gioco di posizione del Sassuolo, insomma, indirizza Locatelli non solo in quei passaggi che attivano i compagni in zona di rifinitura. Nel migliore dei casi lo aiuta anche a mandare il compagno in porta direttamente con l’imbucata dietro la difesa; un tipo di servizio che col Milan non aveva praticamente mai azzardato. Quest’anno effettua 0,2 filtranti a partita: di certo non numeri da rifinitore, ma comunque un netto miglioramento, considerando che secondo WhoScored con la maglia rossonera non ne ha completato neanche uno tra il 2016 e il 2018.
Sopravvivere fuori dal sistema
Molte sfumature del sistema di De Zerbi potenziano il repertorio di Locatelli. L’assist contro il Lecce, per come i movimenti di squadra determinano lo sviluppo, sembra una di quelle azioni super articolate di FIFA, costruite grazie all’aiuto dei comandi assistiti.
Il prossimo step per Locatelli dovrebbe essere in una squadra con ambizioni superiori al Sassuolo, che ovviamente non è detto giochi secondo i principi dei neroverdi. L’ex Milan allora dovrà rendere più autonome le proprie scelte, capire come rimanere un giocatore produttivo anche in un sistema meno legato al gioco di posizione. Per mantenere il parallelo con FIFA, abbandonare i comandi assistiti per passare a quelli manuali.
Alcuni aspetti del suo calcio potrebbero brillare a prescindere dal contesto: la capacità di analisi, i controlli orientati e i dribbling sotto pressione valgono anche senza relazionarsi ai compagni. Invece potrebbe avere qualche problema nelle associazioni con gli altri giocatori: senza essere un passatore eccelso su lunghe distanze, avrebbe bisogno di una squadra capace di occupare razionalmente lo spazio.
Chissà, magari col prossimo allenatore affinerà le doti difensive, che adesso sembrano ancora da raffinare. A volte, infatti, le sue uscite in pressing sono scriteriate e si fa mandare fuori tempo dall’avversario. In compenso ha sviluppato una buona confidenza con le scivolate, che usa sia per intervenire sull’uomo che sulle linee di passaggio (proprio come il pressing, un aspetto del suo gioco che sembra ancora istintivo e che deve imparare a raffinare).
In ogni caso, se c'è stato un momento in cui Locatelli sembrava destinato a quell'area del nostro cervello in cui mettiamo le speranze ormai perse, adesso siamo tutti curiosi di capire quanto il talento di Locatelli possa diventare autosufficiente.