Arthur Rimbaud ha scritto che “a diciassett’anni non si può esser seri”. Se questo è vero per quasi qualsiasi persona, di certo non può essere vero per gli atleti e in particolare per i calciatori, che a 17 anni sono già costretti a pensare molto seriamente alla propria carriera. Scrivere di questa sorta di dissociazione mantenendo il giusto equilibrio, tra la gravità delle prestazioni sportive e la leggerezza che andrebbe riservata a quest’età, la stessa che Italo Calvino definisce “assenza di peso”, non è facile. Nel calcio femminile una che sta vivendo sul filo di questo equilibrio è Manuela Sciabica, un nome che ha iniziato a circolare quando, a inizio 2023, ha segnato il gol che ha permesso al suo Sassuolo di pareggiare contro la Juventus in casa delle bianconere al novantunesimo. Può sembrare ovvio dirlo ma segnare il primo gol in Serie A a 16 anni contro le campionesse in carica non è un fatto banale.
Ci incontriamo in un’area relax al Mapei Football Center, accanto alla macchinetta del caffè, sedute su un divano con vista sul campo di allenamento. Le chiedo cosa faccia durante le giornate, come riesca a gestire il binomio calcio-studio. Alla parola “studio” abbozza un sorriso, lasciando intendere come non le piaccia molto. «Il primo anno ho fatto il liceo di scienze umane, poi quando mi sono trasferita qui, dato che avevo la testa solo sul calcio e non sui libri, ho cambiato e sono passata a un professionale. Adesso invece faccio l’alberghiero, anche se la materia che preferisco è la geografia».
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Sciabica è siciliana, nata e cresciuta a Favara, in provincia di Agrigento. A Favara non ci sono squadre di calcio femminile e lei, come hanno fatto tante bambine alla sua età, ha iniziato a giocare con i maschi molto presto, a sei anni. Prima di quel momento il suo passatempo preferito con la sorella e i cugini, dopo i pranzi di famiglia, era prendere a calci un pallone nel circolo sportivo dello zio. Sciabica mi dice che con i suoi compagni si è trovata benissimo. «In campo mi proteggevano, nessuno poteva toccarmi», mi dice «Alla fine erano tutti amici, ancora oggi mi seguono, ci sentiamo. Alcuni, come me, sono andati via da Favara per giocare, quindi li seguo anche io volentieri. Qualcuno di loro mi ha anche chiesto la maglia».
Sciabica è una ragazza cresciuta nella consapevolezza di voler e soprattutto poter fare la calciatrice di professione, un fatto che può sembrare ovvio o banale per un uomo ma che invece per una donna era oggettivamente impensabile fino a qualche anno fa. Non è passato poi così tanto tempo da quando le calciatrici che giocavano in Serie A si allenavano la sera dopo aver lavorato per il resto della giornata.
Sciabica a 15 anni ha fatto il salto e dalle colline agrigentine si è trasferita a 1351 chilometri di distanza, a Reggio Emilia, dove ancora oggi vive in convitto. Che sarebbe andata via di casa è un pensiero che ha subito accolto e accettato, a pelle mi sembra che in lei la passione per il calcio e il desiderio di diventare indipendente fossero quasi una cosa sola. «Volevo solo andare via e giocare in una squadra femminile. Sinceramente più che avere paura della distanza da casa e dalla mia famiglia avevo paura delle compagne più grandi. Io sono molto timida quindi pensavo che non mi sarei trovata bene con loro. In realtà è filato tutto liscio».
In convitto a Reggio ha trovato piano piano una seconda famiglia e si è costruita una nuova vita, con nuove amicizie con le quali passa molto tempo dentro e fuori il campo da calcio. Sciabica vede poco la famiglia, e preferisce tornare in Sicilia lei «piuttosto che far salire loro, perché mi dispiace fargli spendere tanti soldi e affrontare un lungo viaggio solo per venire a trovarmi». «Di solito torno a Favara due volte l’anno, a Natale e in estate», mi dice «Poi qui ormai ho amicizie alle quali sono molto legata con cui passo la maggior parte del tempo. Quando non ci alleniamo stiamo in convitto a guardare un film oppure facciamo un giro a Reggio, per me l’importante è stare in compagnia e cerco di non rimanere mai sola».
Foto Sassuolo
Sciabica sembra più matura della sua età. Quello del calcio professionistico, lo sappiamo bene, è un ambiente dove la mentalità è qualcosa di cui si discute spesso, e che viene presa come variabile decisiva nella crescita dei talenti. Essere un professionista nel calcio richiede regole e rinunce diverse rispetto ad altri mestieri, e da un certo punto di vista è spaventosa la naturalezza con cui la esigiamo in ragazzi e ragazze poco più che quindicenni.
Sciabica sostiene di essere cambiata molto in questi due anni a Sassuolo e racconta di essere riuscita a passare a uno stile di vita diverso. «Prima dicevo che sono molto timida ed è vero, ma poi quando prendo confidenza o sono in gruppo sono quella che fa più casino, che fa sempre qualche guaio. Quando sono arrivata ero in convitto con le più grandi e ne combinavo ogni giorno. Musica ad alto volume, disturbavamo i clienti». «Questo due anni fa», ci tiene a precisare «Adesso mi sento un po’ più cresciuta. Ora qualche cosa la evito e so quando è il momento di essere più seria. Un’altra cosa che è cambiata è che ora capisco l’importanza di non andare a dormire tardi, riposare bene, mangiare bene e allenarmi concentrata con costanza». Chiaramente, però, rimane una ragazza di 17 anni. «A volte sono un po’ sbadata e mi dimentico le cose. Oppure mi addormento nei treni o li perdo». Tra le sue compagne più grandi al Sassuolo, mi dice che ha avuto una particolare importanza Lana Clelland, che sta avendo un ruolo nella sua crescita: «Mi considera una sorella più piccola. Lei per me è un modello dentro e fuori dal campo, aspiro a diventare una attaccante brava come Lana».
Poche settimane prima del nostro incontro, Sciabica ha deciso da subentrata la partita contro il Napoli. Il Sassuolo arrivava da un inizio di stagione sottotono e portare a casa la partita contro le partenopee sarebbe stato un modo per rialzarsi, allontanarsi dalla zona retrocessione e ripartire. Un po’ come successo a marzo contro la Juve, anche questo gol è arrivato trovandosi al posto giusto al momento giusto e anche questo gol ha pesato molto alla fine sul risultato finale. Sciabica mi dice che sì, è vero, in queste due occasioni, specie contro la Juventus, si sono accesi dei riflettori su di lei e che effettivamente un po’ di pressione addosso dopo quel momento se l’è sentita, ma che comunque nel giro di due settimane è finito tutto.
A guidarla in questi momenti più burrascosi c’è anche Gianpiero Piovani, allenatore del Sassuolo dal 2018 con due Panchine d’Oro in bacheca e un sentimento di stima diffusa in tutto l’ambiente del calcio femminile italiano. Ciò che distingue il tecnico neroverde da qualsiasi altro collega nel panorama è la capacità senza eguali di riuscire a lavorare in modo riconoscibile ed efficace con una rosa sempre molto giovane e mutevole. Non è un caso che le società continuino a preferire le giocatrici di proprietà al Sassuolo rispetto a qualsiasi altra squadra. Dentro al calcio femminile italiano si dice ormai che per i giovani talenti è meglio “fare l’Erasmus a Sassuolo”.
Sciabica d’altra parte è lì proprio per imparare da un allenatore che l’ha voluta fortemente e che ha cercato da subito di riporre in lei la sua fiducia. «Il segreto di Piovani è il coraggio», mi dice «Il coraggio di fare quello che in molti non fanno, ovvero schierare noi giovani anche a costo di mettere una giocatrice più esperta in tribuna. Se ci pensi, alla fine lui mi ha messa in campo a 16 anni compiuti, una cosa che altri allenatori non avrebbero fatto». Da attaccante ad attaccante, Manuela racconta quanto il tecnico ci tenga alla fase offensiva e al lavoro con i centravanti. I consigli che le dà sono preziosi: «Mi dice sempre di non esagerare con i tocchi, di cercare la giocata più semplice perché tendo a incasinarmi la vita. Mi sprona anche a tirare di più in porta perché per essere una attaccante tiro troppo poco».
«Io fisicamente sono piccola quindi non ho molto il colpo di testa, ad esempio», continua Sciabica «Però il mister e le mie compagne mi dicono di attaccare lo spazio anche dentro l’area, che poi qualcosa succede. Mi piace sia correre sulle fasce che entrare nel campo per vie centrali. Un’altra cosa che mi piace fare, che è un po’ il mio, è riuscire a dribblare al limite dell’area e calciare. In Nazionale contro il Belgio ho fatto due gol così, con le grandi però è una cosa più difficile da fare».
Nei giorni che hanno preceduto la nostra intervista, Sciabica ha giocato un’amichevole con l’Under 19 affrontando l’Austria, in una serie di partite programmate in vista dell’Europeo, che è l’unica competizione vinta nella storia delle nazionali femminili italiane, nel 2008. Quindici anni fa nel roster che vinse la competizione c’erano Sara Gama, Alice Parisi, Tatiana Bonetti, Martina Rosucci, per citare alcuni dei nomi più conosciuti. Oggi fanno parte della Nazionale ragazze che hanno già fatto parlare di sé per le diverse apparizioni fatte in Serie A Femminile o per il percorso in Primavera: Eva Schatzer (titolare nella Sampdoria, proprietà della Juventus), Pellegrino Cimò (Roma, protagonista in Primavera con qualche apparizione in prima squadra), Ginevra Moretti (Juventus) e per l’appunto Manuela Sciabica. «Con loro sogno di vincere l’Europeo Under 19, è uno dei miei sogni e uno degli obiettivi che mi sono prefissata per il 2024 e sento che insieme possiamo puntare in alto».
Nei sogni di Sciabica c’è anche, un giorno, quello di vestire la maglia della Nazionale maggiore. Le chiedo: «Vincere un Mondiale, no?». Mi risponde che le basta giocarlo, come se vincerlo fosse ancora fuori dalla sua immaginazione. Per il percorso che ha fatto, d’altra parte, non sarebbe la prima volta che la realtà va ben oltre i sogni della giovane attaccante del Sassuolo.