
Nella biografia a lui dedicata Jorge Luis Borges dipinge Evaristo Carriego come un vero e proprio Guapo: sfacciato e insolente, vinto dalla “passione per il coltello”, che figurativamente possiamo interpretare come una predisposizione alla litigiosità, quintessenza del criollismo risentito della suburbe.
Diego Armando Maradona, per l’immaginario calcistico argentino, continua a rappresentare più di ogni altro il profilo del caudillo, cioè del capo supremo. Ci riesce non solo per quello che è stato in campo, ma per i suoi atteggiamenti fuori dal campo, dove mantiene sempre un certo machismo riottoso, da vero Guapo.
Borges considerava la pelea, il litigio, l’ordine naturale delle cose, oltre che testimonianza di allegria. Per questo, come ricorda lo scrittore Santiago de Luca, aveva un debole per gli spiriti battaglieri, e senz’altro avrebbe molto amato Maradona.
El Diez ha litigato con chiunque: con l’Inghilterra, con George W. Bush, pure con Giovanni Paolo II. Quando decide di lasciare la lingua a briglia sciolte, soprattutto davanti alle telecamere, non c’è testa che non rotoli.
Neanche il rapporto con i connazionali riesce a essere pacifico. In questo pezzo ho collezionato dieci faccia a faccia con altri calciatori argentini, litigi che spaziano dal giustizialismo alla rancorosa resa di conti alla provocazione fine a se stessa. Del resto, l’attitudine di uno che si fa chiamare D10S non può che essere simile a quella del Marchese del Grillo.
Diego Armando Maradona vs Juan Sebastian Veron
Il più recente litigio maradoniano è quello con Verón, esploso come un geyser inatteso durante la Partita per la Pace disputata a Roma sotto invito di Papa Francesco. Soprattutto per l’assurdità del contesto in cui si è generato, può essere considerato un po’ la madre di tutti i litigi maradoniani.
Sta per finire il primo tempo e Maradona riceve il pallone. Schermato da Verón, per motivi che non sembra possano esulare dal peso e dalla tenuta atletica si accartoccia su se stesso e cade. Verón accenna un sorriso, anche Maradona pare divertito. Passano dieci secondi, i due tornano a incrociarsi e Diego gli porge una mano in un gesto di riappacificazione. Verón rimane impassibile come un Moai dell’Isola di Pasqua.
Il rapporto tra i due, che hanno pure giocato insieme nel Boca, tutto sommato è stato affettuoso fino al Mondiale del 2010: nel 2009, in una gara qualificatoria contro il Venezuela giocata al Monumental, casa del River, Maradona intervenne personalmente per placare i fischi che i tifosi millonarios stavano indirizzando al rivale bostero. Verón, per Diego, era un allenatore in campo, e sotto la sua ala protettrice aveva deciso di mettere, al riparo dalle pressioni, Leo Messi.
Le cose, però, poi non andarono propriamente per il verso giusto: Maradona, in Sudafrica, escluse per le partite fondamentali contro Messico (agli ottavi) e Germania (ai quarti) proprio Verón, al quale prima dell’inizio della competizione aveva chiesto di essere “il suo Xavi”.
E quando, dopo esser stato sollevato dall’incarico di CT, iniziarono a filtrare le prime voci su un incarico di Verón nell’AFA, Diego disse de “la brujita”: «Se si trova bene con Grondona, con Bilardo e con Humbertito (il figlio di Grondona, nda) entrerà anche lui nel clan; io non giudico nessuno, ognuno fa le sue scelte, ognuno di noi sa chi è cosa e se accetta sarà come accettare di fare quel che la mafia».
Il punto più basso del loro rapporto, tuttavia, non sarebbe giunto che la scorsa estate, quando nel bel mezzo del quilombo albiceleste Verón ha cercato di condurre la riflessione sul futuro della Federazione argentina sui binari della ragionevolezza, mentre Maradona, dal predellino del suo carrozzone superomista, si è presentato a Primo Corvaro, il presidente ad interim dell’AFA, come un Cristo Salvatore, millantando soluzioni e tacciando tutti gli altri di essere traditori. Verón capintesta.
«Maradona continua a usare i codici del calcio», rispose Verón. «Parla di tradimento, ma non apporta nulla di nuovo alla discussione. Non ho mai avuto problemi con lui, si vede che al contrario non è così. È facile sparare a zero davanti alle telecamere. Quando ci troveremo faccia a faccia vediamo allora cosa mi dirà».
Ed ecco cosa gli ha detto:
«Io non ti prendo per il culo», gli ha detto. «Te lo dico in faccia, che sei uno stupido».
Chi vince: Juan Sebastian Verón, che riesce a mantenere la calma in una maniera in cui forse il Presidente dell’Unione Vegani Argentini, di fronte a Maradona che interviene al loro congresso disquisendo di asado, non sarebbe mai riuscito a fare.
Diego Armando Maradona vs Leo Messi
Questo in realtà non è un vero e proprio scontro, perché non c’è stato contraddittorio (Messi potrà mai essere il contraddittorio di qualcuno?). Però è un caso di studio di quanto Maradona possa esercitarsi nello “spararla grossa” senza grossi spargimenti di sangue, uscendone illeso e impunito. In un evento organizzato da una ditta che produce orologi di lusso, fianco a fianco con Pelé, in un acuto di tradizionalismo passatista si è lasciato sfuggire - a microfoni aperti - la soluzione all’atavico dilemma su chi sia il migliore tra i due: vale a dire, a prescindere, NON Messi, giudicato inadatto al ruolo di leader.
Chi vince: il silenzio signorile, o semplicemente passivo, di Leo, che magari nella sua solitudine ha vomitato per lo stress.
Diego Armando Maradona vs Fernando Redondo
Il 3 gennaio del 1993, all’Heliodoro Rodríguez López di Santa Cruz de Tenerife, si è giocata quella che probabilmente è stata la partita più importante per l’Argentina senza che giocassero né l’Albiceleste né un club rioplatense. Quel giorno si sono affrontati Siviglia e Tenerife, vale a dire bilardismo (Bilardo era sulla panchina degli andalusi) e menottismo (Valdano e Cappa su quella dei canari), pragmatismo e bellezza: Maradona e Redondo. A Maradona non era andata giù la rinuncia del cinco alla Selección per concentrarsi sui suoi studi di Economia. Redondo era il principe ereditario che ambisce alla Corona del Re.
A mezz’ora dal termine Maradona sta difendendo un pallone: Redondo, che era già stato ammonito, lo falcia. Si crea una mischia, e l’arbitro tra le polemiche estrae il rosso… ma per Pizzi. Diego fuori di sé, comincia a gridare «Il cinque… è stato il cinque!», continuando anche mentre compagni, poliziotti e avversari lo trascinavano verso lo spogliatoio, dopo essere stato espulso. Redondo era corso a nascondersi, o forse a passarsi la piastra.
Nella sua biografia “Yo soy El Diego” D10s ha speso solo parole d’elogio per Redondo, meno per Jorge Valdano. Ma quel giorno, un giorno eminentemente maradoniano per tasso di riottosità in campo, se li fosse potuti mangiare a morsi, l’avrebbe fatto di certo, Redondo e tutti i menottisti delle Canarie.
Chi vince: il poliziotto coi baffi che si vede sul finire della scena drammatica, che con la sua marzialità tiene a bada D10s.
Diego Armando Maradona vs Daniel Passarella
Questo è un litigio bellissimo, non foss’altro perché risale precisamente a trent’anni fa e da quel giorno i due non si sono più scambiati una parola, il che gli conferisce in assoluto il premio di Litigio Maradoniano Più Longevo. Ma è affascinante anche perché è un vero scontro tra titani, che è valso all’uno la fascia di capitano a scapito dell’altro.
Messico, 1986, giorni immediatamente precedenti il Mondiale che D10s avrebbe vinto pressoché da solo. Bilardo gli ha affidato la fascia da capitano a scapito del caudillo del Mundial casalingo: l’unico titolare inamovibile di quella Albiceleste, ha detto, è Diego.

Il racconto che fornisce El Diez nella sua biografia è altissima letteratura, sembra Rodolfo Walsh mentre racconta una resa dei conti nell’atmosfera rarefatta dell’altipiano azteco: «Sono arrivato con quindici minuti di ritardo a una riunione sul campo d’allenamento. [...] Ci siamo sorbiti un discorso di Passarella nel pieno del suo stile, bello dittatoriale; come fa il capitano ad arrivare tardi? L’ho lasciato parlare. Hai finito?, gli ho chiesto. Bene, allora adesso parliamo di te». Maradona sta per spegnere le luci e tirar fuori la pistola.
Passarella, a sentir Diego, aveva fatto il lavaggio del cervello a Valdano, Bochini, a tutta una serie di comprimari. Li aveva convinti che Pasculli, Batista e Diego avessero fatto tardi perché stessero sniffando. «Allora gli dico: bene, facciamo finta che io prenda cocaina. Ma la questione è un’altra, guarda un po’: non stavo sniffando adesso. Stai mandando al fronte ragazzi che seguono me ma che non c’entrano niente, hai capito traditore?». (Più avanti negli anni Diego avrebbe detto che se ha «conosciuto la droga nel calcio è stato per colpa sua»).
Ma la chiusura del racconto dell’aneddoto è la parte più bella: «È stato un buon capitano, ma la verità è che il Grande Capitano sono stato, sono e sarò per sempre io».
Passarella saltò il Mundial messicano, apparentemente per un’infezione da Escherichia Coli, la cosiddetta Maledizione di Montezuma, alle vie intestinali. Ma chissà che non fosse una reazione nervosa.
Anni dopo, quando Passarella era CT della Selección e prendeva provvedimenti disciplinari singolari, Diego disse: «E la rinoscopia, e i capelli corti… Un giorno i ragazzi si gratteranno una palla e gliela farà tagliare».
Chi vince: Chi alza una Coppa del Mondo da capitano e protagonista dopo aver fatto fuori il diretto avversario alla leadership costretto agli spasmi intestinali, che domande.
Diego Armando Maradona vs Mauro Icardi
Dopo aver liquidato ogni velleità Albiceleste di Icardi con un lapidario «Non lo vedo proprio», Maradona è tornato a far polemica sul capitano dell’Inter durante la conferenza stampa di presentazione della Partita della Pace, che mi pare il contesto perfetto per dichiarazioni di questo tipo, con una scelta di tempo simile a quella di sbagliare un rigore sotto la tua curva il giorno dopo l’uscita della tua autobiografia in cui spari a zero contro quegli stessi tifosi.
La frase e la prossemica che la segue, dai rimandi agghiaccianti, sembrano divertire molto Milly Carlucci.
Chi vince: l’ufficio marketing di Sperling&Kupfer
Diego Armando Maradona vs Diego Pablo Simeone
In un’intervista di poco successiva al suo esonero dall’Al-Wasl Maradona si chiedeva come mai nessuno gli affidasse una panchina. A proposito di tecnici argentini di successo, un po’ malignamente, l’intervistatore gli chiede un parere su Simeone.
«Gli faccio i complimenti come tecnico, però si è comportato molto male con me e la nostra amicizia è morta».
Il motivo risiede nel fatto che quando era ct del River il Cholo ha permesso a Diego jr, «quello che dice di essere mio figlio» nelle parole di D10s, di allenarsi con i Millonarios.

Effettivamente una maglia con la banda roja con il 10 e il nome Diego fa discretamente impressione.
Chi vince: vince chi vince (o arriva abbastanza vicino a farlo), normalmente, anche secondo il generale Jacques de la Palice.
Diego Armando Maradona vs Ramón Díaz
L’intransigenza di Diego riguardo all’esclusione di Ramón Díaz dall’Albiceleste è qualcosa che esula dalla semplice incompatibilità calcistica: il suo aut aut («o gioca lui o gioco io») in limine a Italia ‘90 deve per forza avere una ragione implicita più grande, la cui prefigurazione massima, più alta e sublime, è quella in cui Diego vuole fare uno sgarbo a Carlos Menem, il presidente argentino dell’epoca, che si era pronunciato in maniera abbastanza veemente sull’attaccante.

L’aspetto interessante, qua, è l’esperimento di onnipotenza intentato da Maradona: se il “Pelado” aveva lamentato che in Nazionale ci fosse spazio solo per “gli amici di Maradona”, D10s, pantocrator malvagio, aveva davvero fatto sì che non ci fosse spazio per i suoi nemici.
Chi vince: di fronte a un aut aut vince chi rimane.
Diego Armando Maradona vs “El Kun” Agüero
2008: Sergio e Giannina escono insieme già da un po’.
«Sono orgoglioso [di Agüero nda] perché è un tipo da paura. Lo vedo molto simile a me: muscoloso, con le gambe grosse. Ci mette sempre il corpo, anticipa le giocate». Insieme incidono “Djalma y Giannina son mi inspiración”.
2010: Sergio e Giannina hanno avuto un figlio, si chiama Benjamin, è l’unico ragazzino al mondo che porta il cognome di due campioni.
Ai Mondiali Sudafricani “El Kun” gioca pochissimo.
2015: Sergio è diventato vegetariano, oltre che aver ufficialmente divorziato da Giannina.
Diego: «Io non vado alle riunioni con gli avvocati a fare il guapo. Se lo sei dimostralo sul campo. È un cagasotto, non lo voglio neppure nominare».
In vacanza in Croazia, all’uscita da una discoteca D10s insulta un passante solo perché somiglia a “El Kun”.
Chi vince: ma i bambini? Perché nessuno pensa ai bambini?
Diego Armando Maradona vs Juan Roman Riquelme
Nella sua ultima partita ufficiale, Diego Armando Maradona è stato sostituito da Juan Román Riquelme, che lo avrebbe poi spodestato nei cuori dei tifosi del Boca.
Giannina Maradona, in un programma radio, al padre avrebbe poi detto «sei stato un coglione a indossare la maglia di Riquelme nella tua partita d’addio del 2001».
Riquelme, al quale non manca di certo la personalità, non ha mai avuto rapporti sereni con nessuno, da Palermo a Macri, potremmo tranquillamente scrivere un pezzo “Riquelme contro tutti” senza particolari problemi nel trovare spunti; con Maradona, però, sembrava vigere quello stato di non belligeranza che i campioni polemici sembrano volersi reciprocamente riconoscere.

Nel 2009, poco dopo la nomina di Maradona come CT dell’Albiceleste, però, Riquelme pronuncia il suo più grande rifiuto. Lascia la Nazionale, e lo fa perché «con Diego non condividiamo gli stessi codici».
A quanto pare, i codici cui Román si riferisce sarebbero quelli di lealtà, lesa da un ammutinamento con cui molti esponenti della Sele avrebbero congiurato per togliere di torno Alfio Basile e spianare la strada alla panchina Albiceleste per D10s.
Chi vince: la lealtà e i sani principi di Riquelme.
P.S.
Tempo dopo Maradona ha dichiarato al Clarín: «Chiunque sia il tecnico, qualsiasi sia la sua faccia, quali che siano i codici che usa, la maglia non si abbandona».
Scusate, ma di fronte a una frase così retorica Maradona raggiunge almeno il pareggio.
Diego Armando Maradona vs Diego Latorre
Questo è il litigio più nonsense, puerile fino all’assurdità di un combattimento tra galli che non sanno perché si sfidano mortalmente a colpi di becco, nel quale Maradona si sia trovato coinvolto, ma va detto che Latorre se l’è proprio andata a cercare.
Una volta, quando era la next big thing del Boca, Latorre diede grande sfoggio di carisma e sense of humor dichiarando «Tra i due Diego io sono quello buono e lui quello scarso». Poi, giusto per calmare gli animi, con il Racing segnò un gol contro gli xenéizes e corse sotto la Doce per tapparsi il naso.
Secondo Maradona, Latorre «Prima di ogni Clásico andava in bagno venti volte, diceva che soffriva le pressioni e oggi parla di calcio come se sapesse giocarci. La verità è che è stato per tutta la vita un “pecho frio”».
Oggi Diego Latorre è uno dei più stimati commentatori calcistici d’Argentina, una specie di Lele Adani rioplatense, ed è molto più intelligente di quanto fosse venti anni fa.
Chi vince: il tempo, che rende tutti uomini migliori. O quasi tutti.