«Ricorda, è con le sostituzioni gratuite, fatte al momento giusto, che l’Italia è diventato un grande paese»
Simone Inzaghi è appoggiato a una delle panchine del Renzo Barbera. È uno scatto tratto dalla notte del suo esordio come allenatore della Lazio, promosso in fretta e furia dal duo Lotito-Tare dopo un derby perso malamente da Stefano Pioli, con una manciata di giornate da giocare per finire un campionato di fatto divenuto da mesi privo di obiettivi.
Simone Inzaghi, dicevamo, ha il braccio sulla panchina, un riflettore alle spalle, lo sguardo che non segue l’obiettivo del fotografo. È una foto anonima, probabilmente la prima della sua nuova vita, ma diventa veramente attuale soltanto qualche mese dopo. Una mano presumibilmente poco esperta dal punto di vista grafico, con un utilizzo basico di Paint o qualcosa di simile, l’ha voluta consegnare alla storia. La Lazio è appena uscita da un braccio di ferro surreale con Marcelo Bielsa, corteggiato, conquistato, convinto, infine svanito. E Claudio Lotito, forse preso alla sprovvista o forse no, non lo sapremo mai, si è dovuto nuovamente affidare a Inzaghi, che sembrava già promesso alla Salernitana. Quella foto del tecnico riprende vita con una frase essenziale, scritta con font incerto, che diventa l’inaugurazione di un filone di meme dedicato a una delle vicende più incredibili della storia recente del calcio italiano. “Ciao, so’ Bielsa”, si legge all’altezza dell’addome di “Inzaghino”. L’inizio di una nuova era per i biancocelesti, un imprevedibile momento di svolta. E anche la parola fine a una telenovela estiva pazzesca.
Arriva Sampaoli?
L’Italia del calcio ha la testa all’Europeo imminente, anche se nei confronti della squadra di Antonio Conte, alla vigilia, non c’è il fermento che si registrerà da lì a un mesetto. Simone Inzaghi ha chiuso la stagione con quattro vittorie in sette partite, e le tre sconfitte sono maturate contro Juventus (3-0 allo Stadium), Sampdoria, in una partita costellata dagli errori sotto porta di Candreva (anche un rigore sbagliato), Djordjevic e Keita e decisa da un gol di De Silvestri molto più simile a un incidente stradale che a una rete (qui potrete assistere, ma è solo per stomaci forti), e infine Fiorentina, nell’ultima di campionato, nonché passo d’addio di un attaccante immortale come Miroslav Klose. Il ruolino permette a Inzaghi di far parte del novero dei tecnici in corsa per la stagione successiva, ma non da una posizione di vantaggio.
L’ipotesi Mihajlovic è suggestiva ma priva di basi; a Lotito piace Prandelli ma non è un nome che scalda la piazza. La scelta spetta a Igli Tare, ovviamente, e il d.s. ha un’idea fuori di testa: convincere Jorge Sampaoli, reduce da un ciclo irripetibile sulla panchina del Cile. Ha lasciato la panchina della “Roja” a gennaio e appare a Roma qualche giorno prima di Lazio-Fiorentina. Una cena in gran segreto, gli scatti dei giornalisti a Fiumicino, i colloqui con Tare sulla rifondazione imminente e necessaria. L’argentino ha pretese importanti sotto il profilo dell’ingaggio, Lotito arriva alla trattativa non avendo alzato il tiro del salario con i predecessori di Sampaoli: mai oltre il milione di euro, Jorge bussa a 2 e mezzo, forse 3, più di un grande giocatore. I giornali impazziscono perché Lotito sembra davvero disposto al sacrificio, spuntano subito i primi nomi di mercato: ovviamente, come richiede il rito del calciomercato in situazioni del genere, sono soltanto calciatori già allenati da Sampaoli. Si va dal difensore José Rojas, fedelissimo del tecnico già con la maglia della U de Chile, al “fiorentino” Mati Fernandez. L’arrivo dell’allenatore potrebbe anche convincere Candreva a restare, dopo una stagione passata con lo sguardo torvo a causa della scelta di assegnare la fascia da capitano, lasciata libera da Mauri, a Lucas Biglia e non a lui.
Sampaoli sgancia la bomba il 14 maggio: «Ci sono grandi possibilità perché la Lazio è un grandissimo club. Detto questo ci sono anche una montagna di questioni da discutere, tantissime cose da chiarire. Diciamo che dovreste fare la stessa domanda che avete fatto a me ai dirigenti della Lazio». Ringrazia, saluta e inizia uno strano viaggio in giro per l’Europa: è atteso in Inghilterra, quindi in Spagna, con uno stile più da rockstar che da allenatore in cerca di ingaggio. «Non ho nessuna fretta. Il mio tour europeo può continuare ancora per un po'. L'unica cosa che mi sono riproposto è quella di non allontanarmi troppo in caso ci sia l'urgenza di doversi riunire con qualche club. Lazio compresa, naturalmente», racconta ai giornalisti prima di lasciare l’Italia.
Sampaoli riparte per il Cile il 19 maggio, la suggestione Lazio perde sostanza col passare delle ore. Inzaghi resta sullo sfondo mentre Lotito lavora in prima persona per convincere Cesare Prandelli, inattivo da un anno e mezzo dopo il flop al Galatasaray. L’ex c.t. non parla, manda in avanscoperta il suo storico vice, Gabriele Pin, che della Lazio è stato anche capitano nei primi anni ’90: «Incrocio le dita e spero che più avanti ci siano indicazioni positive. Grazie ai tifosi laziali a Roma ho lasciato il cuore e vorrei tornare a lavorarci, con Cesare restiamo alla finestra e aspettiamo».
Incredibilmente, se si considera che raramente impazzano le voci intorno alla Lazio, in quelle settimane è un proliferare di nomi, più o meno probabili. C’è qualcosa che bolle in pentola, ma si fatica a capire cosa. Fioccano i nomi stranieri, dagli olandesi Cocu e Frank de Boer fino allo spagnolo Roberto Martinez, qualcuno sibila finanche Villas-Boas. La Lazio avrebbe anche in mano un accordo quadriennale con Adriano, ex terzino del Barcellona, libero a parametro zero. A poco meno di un mese dalla trattativa con Jorge Sampaoli, il club biancoceleste decide di uscire allo scoperto, passando dall’allievo direttamente al maestro. Inizia così, nella prima decade di giugno, il pasticciaccio brutto di Marcelo Bielsa.
Un discreto 1/4 per questa prima pagina del Corriere dello Sport del 9 giugno 2016: Pjanic sì, Bielsa ni, Pellegrini e Nainggolan naaah.
Rispettare il soprannome "El loco"
La stampa italiana annusa l’affare. Bielsa è un personaggio irripetibile per un campionato che ha un disperato bisogno di eroi. Per la Gazzetta dello Sport del 9 giugno, Lotito è attratto dal "tecnico dai 28 moduli". È a dir poco paradossale il fatto che, in quei primi giorni di trattativa, possa risultare ancora in ballottaggio con Prandelli: difficile individuare due profili così distanti.
Le indiscrezioni parlano di un accordo già raggiunto tra il presidente della Lazio e l’ex commissario tecnico azzurro, un biennale da 1,8 milioni netti a stagione. Un’intesa lasciata a bagnomaria in attesa di capire gli sviluppi con l’ex c.t. del Cile. Bielsa ha 60 anni, un fascino magnetico, due esperienze tutto sommato positive alle spalle in club europei dalle ambizioni alte ma non altissime, con la chicca della finale di Europa League raggiunta (e persa) alla guida dell’Athletic Bilbao. Mentre si cavalca l’aneddotica a piene mani, la trattativa procede. L’argentino chiede 3,5 milioni a stagione, a Lotito sembrano già tanti due e mezzo, contando che a bilancio c’è ancora il contratto dell’esonerato Stefano Pioli. Alla fine la spunta il presidente, pronto a chiudere l’accordo a 3 milioni netti, ma incluso lo staff. Sono le ore di “Lotito ovunque”, con il patron biancoceleste che sveste i panni abituali per indossare quelli dell’uomo forte al seguito della Nazionale di Conte. I suoi scatti con la tuta dell’Italia infilata malamente sopra la giacca tornano a fare il giro di internet, mentre Bielsa pondera attentamente l’offerta biancoceleste. Raduna i membri del suo staff e fa partire l’ordine di studiare tutte le gare giocate dalla Lazio nella stagione appena conclusa, un esercizio per certi versi lacerante, considerando la qualità media delle prestazioni biancocelesti. Per gli amanti dello splatter, questo l’ultimo 11 della gestione Pioli, maciullato dalla Roma nel derby: Marchetti; Patric, Bisevac, Hoedt, Braafheid; Cataldi (85' Djordjevic), Biglia, Parolo; Candreva (57' Keita), Matri (57' Klose), Felipe Anderson.
Alla fine, dopo un lungo esame, “el Loco” dice sì. Si può fare. Lotito mette su un aereo per l’Argentina il segretario generale del club, Armando Calveri, con il contratto in valigia, e il dirigente diventa ben presto un personaggio centrale, a cui riservare boxini nelle pagine di mercato dopo anni trascorsi nell’anonimato. Riparte la fiera dell’aneddoto bielsista: dalla granata brandita in aria mentre i tifosi del Newell’s lo contestavano in seguito a un 6-0 subito in Libertadores all’intervista promessa e poi rifiutata ai giornalisti di una radio di Montevideo, che lo avevano accolto in sede a causa di un’emergenza di natura fisiologica che aveva colpito il tecnico durante una sessione di jogging. I più attenti ripescano due “gite” di Bielsa a Formello ai tempi in cui allenava la Nazionale argentina, per preparare un’amichevole contro l’Italia e il viaggio in Asia per il tragico Mondiale 2002. E mentre Calveri è dall’altra parte del mondo per strappare l’agognata firma, si torna a parlare di mercato.
Come nel caso di Sampaoli, si fanno solo nomi già allenati da Bielsa: spicca quello di Fernando Llorente, immalinconito a Siviglia e pronto a riabbracciare l’uomo che, nella stagione 2011/12, lo aveva messo sulla cartina geografica del calcio europeo con il nome scritto in grassetto, grazie ai 29 gol segnati. Sempre in terra andalusa c’è anche un altro attaccante immalinconito, e in quel momento in pochi sembrano farci caso: si chiama Ciro Immobile, tornerà utile più avanti nella storia. Per quanto riguarda gli altri nomi, in serie: Mauricio Isla, allenato ai tempi del Cile così come Jean Beausejour; Florian Thauvin e Romain Alessandrini, entrambi guidati a Marsiglia; Facundo Roncaglia, presumibilmente solo per affinità di passaporto. In più, si guarda all’interno della rosa biancoceleste, che dovrà subire una netta trasformazione: in rampa di lancio ci sarebbero Felipe Anderson, chiamato al riscatto dopo un’annata in ombra, Keita Balde Diao, pronto all’esplosione definitiva, e il duo di centrocampo composto da Cataldi e Milinkovic-Savic, ritenuti dagli addetti ai lavori perfetti per il ruolo alle spalle del centravanti in un ipotetico 4-2-3-1, il modulo scelto a Marsiglia da Bielsa.
Dopo cinque giorni di tira e molla estenuante, il 20 giugno, con Lotito collegato telefonicamente per seguire ogni passaggio della firma, alla fine Calveri ce la fa. Ha il nome del tecnico argentino scritto nero su bianco, dopo aver dovuto aggiungere una serie di cavilli e clausole tale da costringere il segretario biancoceleste a rifare tutto, lasciando che fosse quella di Bielsa la prima firma e riportando a Lotito il contratto da controsiglare. Biennale da 2 milioni e mezzo di euro netti, anche se il secondo anno è un’opzione, più 700 mila euro riservati ai collaboratori Quiroga, Fernandez Macaya e Reyes. I giornali dettano già il cronoprogramma, tra le richieste di Bielsa ci sarebbe anche quella di allungare il ritiro ad Auronzo, originariamente previsto dall’8 al 23 luglio. La piazza biancoceleste, che a lungo aveva rimproverato ai vari Reja, Petkovic e Pioli un eccessivo aziendalismo, si appresta ad abbracciare un uomo, ancor prima di un allenatore, noto in tutto il mondo per la sua personalità. Bielsa sembra il sinonimo della volontà della società di fare il salto di qualità. Allo stesso tempo, c’è l’entusiasmo per un carattere focoso, che rievoca l’epoca lontana di Juan Carlos Lorenzo, allenatore mitologico della Lazio degli anni ’60 prima e di una drammatica parentesi a metà degli anni ’80 poi, rivoluto sulla panchina biancoceleste da quel Giorgio Chinaglia divenuto presidente dopo essere stato svezzato da calciatore proprio dall’argentino.
Senza ancora che la Lazio abbia chiuso un solo acquisto, fioccano le ipotesi tattiche. C’è chi non si schioda dal 4-2-3-1 e chi va a ripescare nei moduli più eccentrici amati da Bielsa, su tutti il 3-3-1-3. La rumba dei nomi non si arresta: Pavoletti e Pellé sono gli indiziati in caso di mancato arrivo di Llorente, per la difesa piacciono Rodrigo Caio e Jardel, mentre viene momentaneamente congelato Adriano. Tutto bello, ma i giorni dalla presunta firma passano, e il comunicato della Lazio non arriva. Perché?
Più o meno ufficialmente, viene fatta trapelare la presenza di alcuni problemi burocratici da risolvere, legati non a Bielsa ma a uno dei suoi collaboratori. La Roma biancoceleste brucia all’idea di accoglierlo, anche se emerge qualche indiscrezione sulla volontà del tecnico di blindare buona parte degli allenamenti nel ritiro di Auronzo di Cadore. Ci si intrattiene con il caso Felipe Anderson, che non vuole perdere le Olimpiadi di Rio de Janeiro nonostante il parere contrario della Lazio e, pare, dello stesso Bielsa. Le grane, però, sono più grandi di un permesso di soggiorno. Il tecnico non si è ancora mosso da Rosario e già pone veti di mercato.
Secondo le ricostruzioni, chiede almeno due difensori centrali, un esterno basso, uno se non due esterni alti (decisiva l’eventuale partenza di Candreva) e il tanto atteso centravanti, visto l’addio di Klose. Della lista della spesa farebbe parte anche Mandanda per il ruolo di portiere. Non solo: li vuole tutti prima dell’inizio del ritiro, slittato al 10 luglio. Un’impresa impossibile per chiunque. Finalmente c’è una data per l’arrivo di Bielsa a Fiumicino, quella del 6 luglio. "Una Lazio già loca", è il titolo del pezzo pubblicato dalla Gazzetta dello Sport il 3 luglio: Bielsa ha chiesto di giocare un’amichevole contro l’Iberos, il 17 luglio, alle 10 di mattina. A Formello iniziano ad arrivare i primi giocatori per le visite mediche mentre impazzano le ricostruzioni sulle richieste di Bielsa: dagli interventi di ristrutturazione del centro sportivo di Formello alla cosiddetta “Bielsamobile”, una macchina simile a quella che viene utilizzata per il trasporto dei calciatori infortunati, ritoccata dal tecnico con una lavagna tattica e uno schermo hd per riprodurre singole fasi di allenamento.
Tutto sommato, ottima anche per il traffico romano.
Giunge infine il 6 luglio, ma non Bielsa. Ha chiesto tempo alla società, che inizia a sentire puzza di bruciato, anche perché, insieme al rinvio dell’approdo del tecnico, si libera la panchina dell’Argentina. Il biglietto del “Loco” viene riprogrammato al giorno successivo: partenza alle 17.40 di Buenos Aires, arrivo alle 6.30 italiane a Fiumicino. A insospettire il club, il fatto che Bielsa non sia passato in ambasciata a ritirare alcuni documenti necessari per il suo arrivo. La Lazio, forse per forzare la mano, pubblica il comunicato ufficiale: «Come emerso dalle notizie date dai media, la S.S. Lazio comunica di aver già depositato il contratto del Sig. Marcelo Bielsa e dei suoi collaboratori. La Società comunica altresì che, come da comunicazione ricevuta, il mister ed il suo staff saranno a Roma nella giornata di sabato 9 luglio». La squadra sgambetta a Formello senza allenatore, agli ordini dei preparatori atletici Bianchini e Fonte, mentre il mercato offre addirittura la possibilità di rilanciare Alexandre Pato, in esilio al Corinthians. Simone Inzaghi dorme sonni tranquilli, lo aspetta la panchina della Salernitana. Felipe Anderson continua a chiedere a gran voce le Olimpiadi. Di Bielsa non c’è traccia, ma continuano ad arrivare i suoi diktat in vista del ritiro: no al “Lazio Village” solitamente allestito alle spalle del campo di allenamento. I giocatori rilasciano le prime dichiarazioni ufficiali in vista della stagione in occasione della presentazione delle nuove maglie, ma l’unico a farsi scappare qualcosa su Bielsa è Eddy Onazi: «Sono contento del suo arrivo, voglio giocare con più allenatori possibili così da imparare tanto. Ovviamente tutti vorrebbero puntare a vincere lo scudetto».
Nella mattinata dell’8 luglio, a un mese esatto di distanza dalle prime voci concrete sull’inizio della trattativa, esplode definitivamente il bubbone. Marcelo Bielsa invia alla Lazio un documento in cui annuncia le proprie dimissioni da una panchina sulla quale, di fatto, non si è mai nemmeno seduto. «Abbiamo preso, con i miei collaboratori, questa decisione perché in quattro settimane di lavoro congiunto con voi non abbiamo ottenuto nessuno dei sette acquisti espressamente richiesti nel piano di lavoro approvato dal presidente Lotito. Tenendo in conto che era stato deciso di cedere 18 giocatori della passata stagione, l’arrivo dei rinforzi era necessario. Era stato approvato, come condizione necessaria per l’attuazione del programma di lavoro, l’acquisto di almeno 4 giocatori prima del 5 luglio. A questa data, non si era concretizzato alcun acquisto. Nonostante questo, il club ha reso pubblico il contratto che ci legava, malgrado questo non fosse praticabile senza gli acquisti. La situazione, al momento, è la stessa e le prospettive incerte. Mancando solo tre giorni al ritiro di Auronzo, questa decisione non era più procrastinabile. Come già vi avevo detto, per il mio stile di lavoro era fondamentale avere i giocatori in tempo e in forma per poterli allenare. È importante chiarire che non ho in mano alcuna offerta di lavoro».
Se le 18 cessioni vi sembrano un numero spropositato, tenete conto che alla fine del mercato estivo, compresi gli addii per scadenza di contratto, saranno 14. La Lazio replica con un comunicato: «Prendiamo atto con stupore delle dimissioni del Sig. Marcelo Bielsa, anche a nome dei suoi collaboratori, in palese violazione degli impegni assunti con i contratti sottoscritti la settimana scorsa e regolarmente depositati presso la Lega e la FIGC con i relativi adempimenti previsti. La Società si riserva ogni azione a tutela dei propri diritti. Affida la conduzione della squadra nel ritiro preparatorio al Sig. Simone Inzaghi». I tifosi della Lazio sbuffano fumo dalle narici, quelli di tutta Italia, a partire dai rivali cittadini della Roma, si lanciano in ogni tipo di meme. Dal suddetto “Ciao, so’ Bielsa” al faccione di Lotito impresso sul corpo di Anita Ekberg, con il grido “Marcelo, come here!”.
La comunicazione social delle compagnie aeree quando non c’era il coronavirus.
Chi è il più matto?
Soltanto per qualche ora, la società culla l’idea di portare a Roma Marcello Lippi. Alle 19.00, però, a varcare il cancello di Formello è Simone Inzaghi. Il suo contratto biennale con la Salernitana non era stato depositato, mentre la Lazio può fargli firmare un annuale con opzione di rinnovo. Torna da Milano Marittima con un sorriso magico, ha già in mente da chi ripartire. Passa qualche giorno e Lotito dà spettacolo all’interno della buvette del Senato: «Bielsa vive nella pampa sconfinata, qua invece ce stanno le norme, i regolamenti. Ho sbagliato. Me dicevano: fai sogna’ i tifosi, porta un po’ di entusiasmo. Ma Lotito non vende sogni, vende solide realtà come dice quello. Inzaghi era la prima scelta, ho provato con Bielsa pe fa' contenti i tifosi».
Nella cronaca passo per passo effettuata da Goffredo De Marchis per Repubblica, Lotito “imita” il gesto del cetriolo che si dirige verso le natiche, prima di tirare fuori un carteggio con l’argentino: «Questa è la lettera sua, mi provoca, cerca l'incidente. Questa è la mia risposta dettata da Parigi. Non cado nella provocazione. Parlo della differenza di carattere, gli comunico che lo aspetto in sede con grande entusiasmo altrimenti la Lazio ne avrà dei danni incalcolabili. C'ho tutto pe’ anna’ fino in fondo in tribunale. Lui è soprannominato El Loco, ma io so' ancora più matto. Me so' fatto incanta'. Volevo fa' er fanciullino der Pascoli, il sognatore. Ma adesso me trasformo in Machiavelli. I soldi li voleva in dollari, le variazioni sul cambio a carico mio. Vabbè. Se cambia l'imposizione fiscale in Italia, la differenza la metto io. Ok. Biglietti aerei per l'Argentina in prima classe per cinque persone, lui e il suo staff. Cinque telefonini. "Claudio, io parlo 2-3 ore al giorno con l'Argentina". Bolletta illimitata. Accetto. Hotel a cinque stelle, sempre. Gli dico: "Marcelo, quando sei venuto a Roma ti ho messo in un albergo mio. Era 4 stelle superior. Sei stato male?". Lui me fa: "Benissimo". "Allora che ce devi fa’ co’ ste 5 stelle, che sei grillino?". S'impunta: 5 stelle. E vabbè. Poi, c'è la storia delle sagome, quelle per simulare la barriera. Bielsa dice che vuole le sagome tedesche. Ma perché, quelle italiane che c'hanno? So' uguali, so' pezzi di plastica. No, tedesche. Le ordino, costano tre volte quelle italiane».
Paventa azioni di disturbo di Sabatini e di Juan Sebastian Veron; anni dopo, nel 2019, Claudio Lotito è tornato a parlare di Bielsa: «Bielsa l'ho cacciato io. Quando stavo in Francia, Tare mi chiamava e mi diceva che aveva comprato dei giocatori che voleva l'allenatore, dopo 3 minuti non andavano più bene. Torno a Formello, con Tare chiamiamo l’allenatore e inizia una situazione di un certo tipo. Tare gli parlava, lui rispondeva come se fosse uno scienziato. A un certo punto mi sono mortificato per Igli e ho preso il telefono: "Senta mister, lei se ne deve andare". Tare era pallido».
Magari c'è il tentativo di far passare per una decisione sua un imbroglio che in quel momento gli causava imbarazzo. All'epoca non si era reso conto che aveva trovato, a causa di quel malinteso senso del progresso, l’allenatore giusto per gli anni a venire. È sempre quello appoggiato a una panchina del Barbera, che non guarda gli obiettivi dei fotografi e ha lo sguardo altrove. Sotto di lui, però, la scritta “Ciao, so’ Bielsa” non c’è più.