Ormai più di tre anni fa scrissi un articolo in cui analizzavo i profili social di Claudio Marchisio. All’epoca ero sinceramente ammirato dalla vita perfetta di Marchisio, che però in qualche modo già suggeriva una singolarità che mi interessava raccontare.
"I social network sono il mezzo con cui Marchisio comunica a noi questo benessere diffuso, come un figlio che manda foto piene di felicità ai genitori per ringraziarli della posizione che occupa nel mondo", scrissi in quel momento. Oggi la comunicazione di Marchisio è cambiata: è ancora quel figlio, ma è cresciuto, ha capito che il posto che occupa porta delle responsabilità e non vuole tirarsi indietro.
L’evoluzione social di Marchisio
Da quando ha aperto la sua pagina Facebook, nel maggio 2010, seguita a breve distanza dai profili Twitter e Instagram, Marchisio è sempre stato molto attivo sui social. Fin da subito ci ha comunicato l’idea stessa che avevamo di lui, un calciatore soprannominato "Il Principino", emanazione diretta della squadra più ricca d’Italia.
Sulle sue pagine, Marchisio condivideva, difendendo implicitamente, la sua appartenenza a un’élite: la famiglia perfetta, il cane di razza, gli amici famosi, il suo vestiario ricercato e costoso, un mare di selfie per evidenziare la sua bellezza aristocratica (storico a riguardo un suo dittico Instagram dal titolo Gli uomini e i loro selfie / le donne e i loro selfie), le vittorie sportive e le sue passioni, come quella per la famiglia Lannister di Game of Thrones.
Non che ci fosse nulla di male, l’individualismo spinto di Marchisio ricalcava più o meno quello di tanti altri calciatori e anzi sembrava in qualche modo più onesto: mostrandosi senza filtri era stato in grado di intercettare i suoi tifosi, contenti di conoscere uno spicchio della vita di un loro idolo, ma anche altre persone, attirate dal personaggio Marchisio, che sui social in poco tempo si è creato il suo spazio, tanto da diventare uno degli atleti italiani più seguiti pur non avendo il respiro internazionale di altri (Marchisio oggi vanta più di due milioni di follower su Twitter, due milioni e mezzo su Facebook e quattro milioni su Instagram).
Poi qualcosa è cambiato. Pur non abbandonando mai quest’immagine di privilegio e ricchezza, Marchisio sui social ha iniziato ad aprirsi al mondo in una maniera abbastanza sorprendente. All’inizio è avvenuto tramite qualche retweet di notizie di cronaca, poi un giorno all’improvviso ha consigliato a tutti i suoi follower Aria Sottile di Jon Krakauer, piccoli indizi sparsi soprattutto sul suo profilo Twitter, che però non sembravano assolutamente preparare il terreno per quella che è stata la vera svolta politica di Marchisio.
Un nuovo impegno politico
Il 25 maggio 2017 - qualche giorno prima della finale di Champions tra Juventus e Real Madrid - tramite un post su Facebook, Twitter e Instagram, Marchisio esprime la propria solidarietà verso i naufraghi del Mediterraneo, dopo l’ennesima tragedia che era costata la vita a molte persone. È il primo messaggio pienamente politico del calciatore, e arriva all’improvviso, senza un vero motivo (andando a scartabellare la vita di Marchisio scopriamo che qualche giorno prima aveva incontrato Papa Francesco, ma è difficile immaginare che le due cose siano collegate).
In quei giorni (non che le cose siano cambiate molto nel frattempo) nel nostro paese il dibattito sui rifugiati è più tossico che mai, eppure per Marchisio sembra assolutamente normale spendere parole di sensibilità nei loro confronti. Opinione che ovviamente stimola il pubblico social, che risponde in maniera divergente: molti sottolineano la sensibilità del calciatore, che supera le barriera del tifo (diverse risposte iniziano con «Non sono juventino, ma…»); altri sottolineano invece come l’empatia e le opinioni non debbano far parte del mondo del calcio: «Pensa alla Champions che è più importante de sti 4 monnezzari», «solo concime per i campi», «Dopo sta cagata di post tolgo il mi piace dalla tua pagina...bye».
Per molti il comportamento di Marchisio è in contraddizione: come può un uomo che rappresenta così perfettamente il privilegio calarsi nell’impegno civile verso i più sfortunati? Una dinamica che ben conosciamo in politica, ma che diventa ancora più assurda se calata sopra a un calciatore che fino al giorno prima era distante mille anni luce da tutto questo.
Marchisio, però, non si è tirato indietro, rispondendo nel merito a chi lo ha accusato di essere ipocrita e di non avere una vita abbastanza difficile per esprimersi su questi temi:
«Io penso di essere libero, come te, di poter pensare e commentare. Qui non si parla di denaro, ma di possibilità di vivere, di scappare da guerre, da persone violente. [...] Il mio pensiero andava a difendere la vita delle persone, la libertà delle persone, non al fatto di avere mancanze materiali o altro. Io non sono nato calciatore, ho vissuto i problemi di milioni di famiglie come te e tutti quanti. Ora la mia vita è cambiata sicuramente, ma il mio pensiero era totalmente diverso da quello che tu mi hai fatto leggere, consapevole dei problemi che tu mi hai elencato, ma non fanno parte di quello che io volevo condividere. Ti abbraccio».
Esprimendo solidarietà per la causa dei migranti, Marchisio ha deciso di uscire dalla sua comfort zone per partecipare a un dibattito in cui a tutti sembra concesso il diritto di parola, tranne che ai calciatori.
La storia dello sport è infatti piena di messaggi politici, anche violenti, e negli ultimi anni negli Stati Uniti l’universo sportivo sembra avere sviluppato una nuova coscienza civile. Nel nostro paese esiste invece ancora una specie di censura occulta: chi non si occupa direttamente di politica non dovrebbe prendere posizione, come chiesto da Matteo Salvini a Mario Balotelli di recente. Con un’opinione pubblica sempre pronta ad attaccare ogni incursione nella vita reale degli atleti - soprattutto i calciatori, considerati i privilegiati per eccellenza - questi ultimi sono restii a prendere una posizione all’infuori delle vicende sportive che li riguardano. Le parole di Marchisio rappresentano quindi una notevole eccezione.
Da quel primo messaggio è passato più di un anno e mezzo e l’impegno di Marchisio non si è fermato, anzi, se possibile si è fatto più concreto. «E tu da che parte stai?», ha chiesto ai suoi follower in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, sottolineando come su questo tema è necessario prendere una posizione, come ha fatto lui. «Le bestie non hanno colore, provenienza o religione. Le bestie non devono diventare motivo di propagando politica. Le bestie sono tali a prescindere dal proprio colore della pelle» ha replicato qualche mese fa a uno sproloquio molto violento di Francesco Facchinetti che chiedeva l’impiccagione per i colpevoli dell’omicidio di Desirée Mariottini, entrando nel merito di come si dovrebbe parlare di politica nel nostro paese.
Fino ad arrivare al messaggio che più ha attirato l’attenzione su di lui: il 23 novembre Claudio Marchisio ha condiviso sui social un pensiero di vicinanza verso Silvia Romano, la cooperante rapita in Kenya. Le parole del centrocampista si dividono tra un messaggio universale di speranza, «la violenza non può abbattere un sogno, perché ci sono valori che non potranno mai essere sconfitti», e un attacco diretto a una parte della nostra società. La ragazza viene definita come la «nostra meglio gioventù che ci riempie di orgoglio», il cui esempio vola «sopra la tristezza dei pidocchi che la criticano».
https://twitter.com/ClaMarchisio8/status/1065919770485301248
Sono parole che lanciano un preciso messaggio politico e che hanno fatto di Marchisio, tra il serio e il faceto, un nuovo possibile leader da cui dovrebbe “ripartire la sinistra”. Chi ha criticato la scelta della ragazza di andare tanto lontano per fare del bene - tra questi anche il giornalista Gramellini, che il giorno prima aveva parlato di “smania di altruismo” - viene definito “pidocchio”. Quanti calciatori professionisti sono stati capaci di prendere posizioni tanto nette e divisive? Marchisio non si è fatto scrupoli a rompere ancora più in profondità la rigida barriera che in Italia regola le comunicazioni tra uno sportivo e i suoi tifosi.
Esprimendosi contro una parte del pubblico, Marchisio non sta cercando il consenso di chi gli sta vicino, come invece poteva essere nel caso di Lucarelli e Di Canio, i cui gesti politici cercavano una sintonia con la curva, ma ha come unico obiettivo quello di esprimere il proprio punto di vista.
E la voce di Marchisio non arriva solo a commento di argomentazioni buoniste, come vengono spesso definite, ma si è spinta fino ad argomenti che riguardano una precisa, e minima, parte della collettività. Qualche giorno fa, Marchisio ha anche liberamente espresso la sua vicinanza alle battaglie sindacali dei pastori sardi.
Ancora una volta, stare vicino a chi combatte per veder riconosciuti i propri diritti con un post su Facebook non è davvero difficile, ma dovremmo chiederci: cosa ne guadagna Marchisio? Se infatti calciatori del Cagliari come Barella e Joao Pedro, anche loro vicini ai pastori sardi, hanno motivi di identità per rispondere presente (non che questo sminuisca il loro gesto), Marchisio lo fa in maniera completamente disinteressata ed "idealista".
Claudio Marchisio ecologista
Sfogliando i profili social di Marchisio ci si accorge immediatamente di come il calciatore sembra aver inquadrato un’altra questione politica enorme, spesso ignorata dal dibattito italiano, quella che riguarda l’ambiente. Il 27 novembre il centrocampista ha ritwittato una notizia che parla di come la circolazione oceanica del Mar Atlantico si sia drammaticamente indebolita, il 21 novembre ha condiviso un tweet di Alessandro Gassmann sulle conseguenze del cambiamento climatico, poco prima una notizia sulla distruzione dell’Artico. Un tweet ogni 4 o 5 è dedicato a questo argomento.
In un paese tremendamente indietro nella percezione dei danni dell'inquinamento sul mondo, la presa di posizione continua di Marchisio è interessante e valida. Senza essere un divulgatore scientifico, gli articoli che condivide arrivano sempre da fonti attendibili e forniscono uno stimolo per il pubblico generalista a cui si rivolge, composto da tifosi e appassionati di calcio. Con un gesto apparentemente banale come un retweet, Marchisio esprime la propria opinione davanti a milioni di persone.
«È ancora possibile negare il cambiamento climatico?» scriveva oltre un anno fa. In un’intervista rilasciata a Lifegate, un portale che si occupa proprio di questi temi, Marchisio ha dimostrato di avere una posizione precisa e articolata a riguardo, assolutamente non banale: «Per immaginare un cambiamento di rotta, ritengo che ognuno di noi debba giocare un ruolo fondamentale, ma allo stesso auspico che questo tema venga affrontato con l’adeguata attenzione dalle istituzioni».
Non si tira indietro neanche quando si tratta di trovare delle risposte. Ha sposato la campagna di Slow Food, Menu for Change, perché secondo lui uno dei modi per combattere questo fenomeno nella quotidianità è l’alimentazione: «Come? Prediligendo prodotti di prossimità, mangiando meno carne ed evitando quella che arriva da allevamenti intensivi. E poi ponendoci poche ma semplici domande: come è stato prodotto il cibo che consumiamo? Da dove arriva? Di quanta energia e di quanta acqua ha avuto bisogno?»
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Un post condiviso da Claudio Marchisio (@marchisiocla8) in data: Ott 26, 2018 at 3:35 PDT
Nell’intervista Marchisio finisce anche per esporre il semplice manifesto politico, quello che muove i suoi post social: «Quando discuto o prendo posizione su temi connessi all’attualità non mi pongo mai il problema di quale possa essere la reazione dell’opinione pubblica [...] E se la mia esposizione mediatica può aiutare a sensibilizzare alcune persone su temi che ritengo essere importanti, allora non posso che esserne felice (anche a costo di ricevere critiche)».
Marchisio sta davvero facendo politica?
Claudio Marchisio è un maschio bianco, eterosessuale e benestante. A differenza degli atleti afroamericani, forse l’esempio più importante di sportivi attivi anche politicamente, non ha una causa che gli appartiene, ma solo una coscienza che lo muove. Prima di scoprirlo solidale con chi lotta per il proprio posto nel mondo, attento ai cambiamenti climatici e informato (Marchisio condivide spesso anche notizie di cronaca e politica), la sua unica incursione nel mondo reale era stato un labiale interpretato in maniera forse fantasiosa, ormai 8 anni fa.
«Non ho mai detto Roma ladrona perché ho l'Italia nel cuore, non sono uno spaccone e non sono neanche scemo», così Marchisio provò a giustificarsi all’epoca, senza grande successo, a chi lo accusava di aver storpiato l’Inno di Mameli per offendere i romani. All’epoca sembrava assolutamente normale che in un momento di goliardia avesse potuto, magari senza pensarci, deridere l’inno e offendere una città. Così come quando la sua dichiarazione di antipatia sportiva verso il Napoli era stata interpretata come un segno di odio verso la città.
È difficile capire cosa sia cambiato da allora: come non avevamo un completo accesso a Marchisio prima dei social, non lo abbiamo nemmeno ora che invece è molto attivo sulle sue pagine pubbliche. Potrebbe essere stata la paternità, le parole di qualcuno a lui vicino, oppure - più semplicemente - Marchisio è cresciuto, diventando una persona forse più curiosa, sicuramente più sensibile. Un nuovo Marchisio che abbiamo imparato a conoscere nel momento in cui il suo ruolo in campo veniva ridiscusso. Mentre la sua importanza all’interno della Juventus diminuiva, anche a causa di un brutto infortunio al ginocchio, il suo impegno civile aumentava.
In una recente intervista rilasciata a La Stampa, è tornato sul suo post di sostegno alla cooperante rapita in Kenya e lo ha fatto con una lucidità ancora una volta sorprendente:
«Devo insegnare ai miei figli solo a tirare calci a un pallone? Già non ho mai fatto un lavoro normale: il calcio è un guscio protetto. Non so, ho solo un po’ di coraggio: sono consapevole di espormi a commenti feroci, però dico la mia. Vedo che l’infelicità si sta trasformando in odio ed è pericoloso che la politica solletichi certi timori».
Marchisio sui social parla di come l’Europa sta cambiando, dei flussi migratori, dell’ambiente. Magari la sua comunicazione è un po’ ingenua, un personaggio pubblico che vuole solo condividere la propria visione del mondo senza cercare il consenso, ma forse proprio per questo in qualche modo rivoluzionaria. Il vero atto politico di Marchisio non sta tanto nel contenuto profondo dei suoi messaggi, ma nella serenità con cui li comunica.
Marchisio è stato uno dei giocatori più importanti di una delle Juventus più vincenti di sempre, titolare in Nazionale per molti anni. Pur senza aver detto qualcosa di eccezionale, la sua apertura verso il mondo dovrebbe funzionare da esempio per un mondo troppo chiuso su sé stesso.
Per Marchisio è stato molto facile un giorno decidere di esprimere la propria opinione su temi extracalcisitici che ritiene importanti. Perché non dovrebbe esserlo per altri calciatori qualora ne sentissero il bisogno?