Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Cec-chi-na-to
06 giu 2018
Marco Cecchinato ha fatto saltare di nuovo i pronostici e ha sconfitto Novak Djokovic in una partita epica e totalmente inaspettata.
(articolo)
15 min
Dark mode
(ON)

La fine o l’inizio di un sogno?

Al quarto matchpoint da annullare, Novak Djokovic tira una prima profonda centrale e attacca a rete; il suo avversario, un signor Nessuno sbucato dal nulla in questa edizione 2018 del Roland Garros, è quattro metri fuori dal campo, sembra fuori equilibrio, tira un rovescio strozzato che sembra poter morire oltre la riga. La palla assume una traiettoria strana, come fosse una freccia tirata con l’arco verso l’alto, una specie di pallonetto che scavalca Djokovic e colpisce l’incrocio delle righe, o comunque ci va vicino. Dentro.

Dopo il punto, Marco Cecchinato, il signor Nessuno, piange per due minuti senza fermarsi. Singhiozza sdraiato per terra, con le braccia sopra gli occhi, quando si rialza sembra uno straccio, ha la terra rossa fino alle scapole, e trova Djokovic ad abbracciarlo.

Poi Cecchinato si siede, mette la faccia tra le mani e riprende a singhiozzare, la pelle delle dita resa di terracotta dalle troppe ore passate sotto il sole nella sua vita. Nel frattempo Djokovic esce dal campo salutando il pubblico con una mano sul cuore, facendo un inchino, sorridente, perfettamente in controllo, come solo chi ha imparato a sacrificare le proprie emozioni sull’altare dell’etica dell’intrattenimento tennistico.

Cedric Pioline ha esordito nell’intervista post-partita dicendo “Non stai sognando” e Cecchinato, con gli occhi rossi e stretti, gli ha risposto “Sei sicuro?”.

Quello di Cecchinato sembra effettivamente un glitch nel sistema del tennis, ormai disabituato a interfacciarsi con dei nomi nuovi. L’articolo dell’ATP dedicato alla partita inizia così: «Say it with us: Mar-co Check-in-aah-toe, Ro-land Gar-ros sem-i-fin-al-ist». Nello studio di commento di Eurosport Barbara Schett, ex tennista austriaca, ammette di non saper pronunciare il nome del semifinalista del Roland Garros: “Mar-cechi-na-to: finalmente ho imparato come si dice”.

Cecchinato è il giocatore con la classifica più bassa ad essersi qualificato a una semifinale del Roland Garros dal 1999. In quel caso ci era riuscito Andrei Medvedev, che aveva una storia tennistica infinitamente superiore a quella di Cecchinato: quarto turno a Wimbledon, quarti agli Australian Open. Ma l’exploit di Cecchinato fa particolarmente notizia in un’epoca così oligarchica per il tennis come quella che stiamo vivendo, uno sport che negli ultimi anni è stato dominato dalle stesse cinque persone.

Un giocatore diverso

Se restringiamo il record al solo contesto del nostro Paese, fa ancora più impressione. Marco Cecchinato è il primo italiano da 40 anni a raggiungere la semifinale di un Grande Slam. L’ultimo a riuscirci era stato Corrado Barazzutti, che però aveva già nel curriculum una semifinale agli US Open, una Coppa Davis, 4 tornei vinti e 4 finali perse. Cecchinato, invece, prima di questo Roland Garros non aveva MAI vinto una partita in un Grande Slam, nelle sparute occasioni in cui era riuscito a qualificarsi.

Aveva perso sempre al primo turno: contro Mardy Fish agli US Open del 2015, contro Mahut agli Australian Open del 2016, contro Kyrgios al Roland Garros del 2017; contro Nishikori a Wimbledon del 2017. Lo scorso anno al Roland Garros non era neanche riuscito a qualificarsi, eliminato all’ultimo turno da Simone Bolelli.

Prima di questa settimana, a 25 anni, Marco Cecchinato non apparteneva né alla categoria degli incompiuti (Quinzi, in una certa misura Fognini), né a quella dei lavoratori (Seppi, Lorenzi). Sembrava semplicemente inadeguato a certi livelli: non ha ottenuto nessun risultato di rilievo a livello juniores ed è entrato nei primi 100 del mondo per sole 3 settimane tra il 2016 e il 2018; per dare un dato, a livello ATP Cecchinato ha giocato appena 7 partite su superfici diverse dalla terra rossa.

La sua carriera si è giocata soprattutto nei Challenger e nel mondo di mezzo dei tornei di qualificazione, il retro fatiscente dell’universo levigato dei tornei ATP che vediamo in televisione. Nella carneficina delle qualificazioni si incrociano vecchie glorie, giovani in rampa di lancio e giocatori come Cecchinato, che galleggiano nel circuito minore senza troppe prospettive. Essere fra i migliori 200 esseri umani a giocare a tennis è comunque di per sé eccezionale, ma non sempre basta ad avere dei guadagni sufficienti a coprire le spese, e alle qualificazioni si gioca spesso per la pura sopravvivenza economica.

Quello del tennis underground è un mondo difficile. E l’unico motivo per cui Cecchinato era riuscito a far parlare di sé non era certo positivo.

Nel 2016 ha ricevuto una squalifica di 18 mesi e 40mila euro di multa perché, secondo il tribunale di Ginevra, ha alterato il risultato della sua partita con Kamil Majchrzak, in un challenge giocato in Marocco nell’ottobre dell’anno prima, e per aver dato informazioni sullo stato di salute di un compagno, Seppi, in cambio di altre informazioni. Per rendere l’idea di quanto bassa fosse la sua reputazione, in quest’articolo del Corriere della Sera si protestava per il suo coinvolgimento in Coppa Davis.

A Wimbledon dello scorso anno, quando è riuscito a qualificarsi, ha definito il primo turno con Nishikori “un premio”: «È stata una bella lezione, ho capito tante cose. Ho archiviato tutto, dato che è finita a dicembre 2016: come ripeto sempre, tutti quelli che non mi vedono dal 2016 mi dicono ‘che bel viso!’. Sono molto cambiato e sono più sereno. È acqua passata, non mi porto più niente dietro e sono contento di come sto lavorando: ora sono concentrato solo sul tennis come dovrebbe essere, e sono tranquillo».

Nel 2016 ha iniziato a lavorare col suo attuale coach, Simone Vagnozzi, che ne ha migliorato servizio e rovescio. Ad aprile di quest’anno ha vinto a Budapest il suo primo torneo ATP. Cecchinato era stato eliminato nelle qualificazioni ma il ritiro del serbo Laslo Dere lo ha fatto rientrare nel tabellone. Ha battuto Basic, Dzumhur, Struff, Seppi e in finale l’australiano John Millman.

«A Budapest è scattato qualcosa» ha detto, ma nulla lasciava presagire questo exploit al Roland Garros.

In realtà, anche in questo Roland Garros, Cecchinato ha rischiato di uscire già al primo turno. Contro il romeno Marius Copil, numero 92 del mondo, è andato a due punti dal perdere la partita, poi è riuscito a vincere 10-8 al quinto set.

Al secondo turno ha battuto Marco Trungelliti - un lucky loser che si era fatto 10 ore in un van da Barcellona per giocare - e poi, al terzo turno, ha fatto fuori Pablo Carreno Busta, numero 11 del mondo e uno dei migliori giocatori del circuito su terra rossa.

Negli ottavi di finale ha incontrato David Goffin, che poche settimane prima lo aveva battuto a Roma in tre set. Goffin non era nelle migliori condizioni fisiche ma ha riconosciuto i meriti di Cecchinato: «Lo avevo già battuto a Roma ma oggi avevo davanti un giocatore diverso».

Nel labirinto di Djokovic

Djokovic era al suo quarantesimo quarto di finale in un torneo del Grande Slam. Il montepremi accumulato in carriera dal serbo è circa 110 volte quello di Cecchinato. Questo non è certo il miglior momento della sua carriera, ma nelle ultime settimane Djoko aveva ripreso fiducia: non aveva ancora perso un set nel torneo e in molti lo consideravano l’unica possibile alternativa all’ennesima vittoria di Rafa Nadal.

Cecchinato però ha iniziato servendo benissimo: nel set di apertura il 76% di prime e l’89% di punti vinti con la prima palla; Djokovic ha finito per vincere appena il 14% di punti con la seconda palla, contro il 66% dell’italiano.

Soprattutto, ha giocato una partita intelligente. Scappando dal braccio di ferro da fondo, attraverso un’arma tipica della scuola italiana, cioè la palla corta. L’ha eseguita con una precisione tecnica e una costanza che non ha scalfito la sua imprevedibilità, e ha finito per mettere in crisi Djokovic nel gioco d’appoggi da fondo, sempre indeciso se dover accorciare in avanti o meno.

Sia col dritto che col rovescio, Cecchinato ha martellato Djokovic di palle corte sempre mascherate fino all’ultimo istante del movimento.

Anche il rovescio a una mano lungolinea di Cecchinato è stato un fattore fin dai primi scambi, come lo era già stato contro David Goffin. Un colpo che era il suo punto debole fino a pochi mesi fa e che più di ogni altra cosa simboleggia la sua capacità di lavorare sui propri difetti.

Cecchinato ha servito quasi sempre esterno da sinistra, e ha quasi sempre funzionato per aprirsi il campo.

Nel secondo set Djokovic - dopo un trattamento medico al collo - è salito di livello, ma Cecchinato, contro le aspettative, invece di lasciarsi travolgere è salito a sua volta. Sul 5-6 Djokovic si guadagna tre set point, ma Cecchinato è riuscito ad annullarli con tre vincenti, due dritti e un servizio esterno. Al tiebreak soffre un’altra situazione difficile dal punto di vista psicologico: si fa rimontare da 3-1 a 3-4, ma poi riesce a mettere in fila 4 punti consecutivi e a vincere il secondo set.

A quel punto ho controllato le quote della partita, la vittoria di Cecchinato - avanti due set a zero -era comunque pagata cinque volte quella di Djokovic.

Quanto sarebbe stato facile perdere

La distanza tecnica fra i due era così grande che Cecchinato sembrava dover giocare sempre sul filo massimo della tensione, trascendendo i propri limiti punto dopo punto. Nel tennis abbiamo assistito a un’infinità di partite in cui, a un certo punto, l’outsider si è afflosciato come un palloncino sgonfio.

Andrei Medvedev, che abbiamo citato in precedenza, nella finale del Roland Garros del 1999 contro André Agassi era avanti di due set e un break, prima di scomparire letteralmente dal campo e perdere in breve tempo tre set di fila.

La feroce tensione psicologica richiesta è uno dei fattori che rende il tennis uno sport prevedibile, comandato da un’oligarchia di superuomini che hanno imparato il segreto del dominio mentale sulle partite. Anche in condizioni di grande vantaggio, è quasi scontato che Davide cada sotto ai colpi del ritorno di Golia.

Tutto questo per dire che il crollo di Marco Cecchinato nel terzo set non aveva niente di nuovo: il calo del rendimento al servizio (36% di punti vinti con la prima palla), il calo dei vincenti (meno della metà del set precedente), un linguaggio del corpo sempre più assente. Ha lanciato la racchetta e a un certo punto, dopo un altro punto perso, con la testa bassa ma in direzione dei “suoi” in tribuna ha detto “Pregate in silenzio”.

Tutti sintomi più o meno classici di un giocatore che non riesce a star più dietro al livello di tensione mentale della partita.

Sbaglia grossolanamente la palla corta, si toglie le palline dalle tasche e torna a testa bassa verso le sedie con l’aria di chi sta dicendo a sé stesso “Io qui ho finito”.

Alla fine del terzo set Cecchinato torna negli spogliatoi senza autorizzazione per prendere un paio scarpe e quando ritorna si becca un punto di penalizzazione. Si ferma a discutere con l’arbitro fin troppo per i gusti intransigenti del pubblico del Suzanne Lenglen, viene ricoperto di fischi, gli spuntano le vene sulle tempie e sembra andare lentamente alla deriva.

Djokovic fa il suo: aumenta la profondità dei colpi, comincia a infilare qualche rovescio lungolinea, vince quasi sempre il punto con la seconda palla. Toglie di nuovo il servizio a Cecchinato e lo porta a difendere una palla break sul 4-1. L’italiano riesce ad annullarla col suo schema più redditizio: servizio esterno da sinistra e dritto incrociato in campo aperto.

I punti sotto pressione dovevano essere teoricamente l’anello debole di un tennista inesperto come Cecchinato, e invece sono stati paradossalmente la sua forza.

Sembra quasi una stupida ostinazione il modo in cui Cecchinato decide di rimanere aggrappato al quarto set, verrebbe quasi da pensare che stia sprecando delle energie che dovrebbe concentrare sul quinto set. Cecchinato però riesce a rientrare in partita non solo dal punto di vista del gioco, ma anche del punteggio.

Sul 5-3, 30-0 Djokovic si fa fare 4 punti consecutivi e si fa trascinare al tiebreak.

Un Tiebreak da ricordare

Probabilmente Djokovic pensava di poter ribaltare la partita alzando leggermente il livello del proprio tennis e controllando il punteggio. È uno dei suoi difetti storici, quello di essere a volte troppo calcolatore. Anche quando ha aumentato il proprio livello ha continuato a giocare un tennis “percentuale”, che più che cercare vincenti voleva costringere Cecchinato all’errore. In questo senso, forse ha influito anche il fatto che l’italiano abbia deciso, strategicamente o meno, di rientrare in partita prima del quinto set, quando Nole si stava riprogrammando per giocare l’inizio di un set lungo e non la fine di un set in cui bisognava dare tutto il meglio a disposizione.

Mentre Djokovic ha continuato a giocare un tennis conservativo, è stato Cecchinato a prendersi dei rischi.

Ha iniziato il tiebreak con autorità, portandosi sul 3-1. Nel punto successivo Djokovic riesce a prendere il comando dello scambio, ma tirando un dritto d’approccio a rete rompe le corde; Cecchinato risponde come può, Nole non vuole rischiare di giocare la volèe con le corde rotte e lascia scorrere. La palla esce di un dito. Nel punto successivo Cecchinato serve una prima esterna e col colpo in uscita tira un rovescio lungolinea splendido che esce ancora di un dito.

L’amarezza per questi due punti se la trascina anche in quello successivo, quando dopo aver affossato un dritto a rete esplode “due palle uscite di niente”

Sul 4-4 Cecchinato però vince uno scambio durissimo, giocato tutto sulla diagonale di rovescio in teoria per lui sfavorevole. Djokovic lo chiude all’angolo con un incrociato profondissimo a cui Cecchinato risponde con un rovescio in back goffo, che prende una traiettoria alta e rimbalza sulla riga di fondo. Djokovic forse pensava fosse uscita e tira un colpo ormai disconnesso, che esce esterno di diversi metri.

Quando arrivano sul 5 pari ormai Cecchinato è in trance agonistica, Djokovic lo ha portato in un territorio del suo tennis in cui neanche lui pensava forse di poter arrivare.

Il punto vinto che lo ha portato sul 6-5 è forse il più significativo del tennis coraggioso e della resistenza mentale di Cecchinato. Per due volte l’italiano va vicino a chiudere il match, e per due volte Djokovic è riuscito a tenere in vita lo scambio con le difese di gomma tipiche della sua migliore versione. Cecchinato però continua a spingere con pazienza, fino a chiudere con un dritto incrociato un punto da 25 colpi.

Djokovic ha annullato il primo matchpoint con una volèe di rovescio in allungo che in teoria non dovrebbe appartenere al suo bagaglio tecnico; poi il serbo si porta sul setpoint recuperando una smorzata meravigliosa di Cecchinato, e parando un passante incrociato ben eseguito.

Djokovic si porta l’indice all’orecchio, arringa la folla di Roland Garros. E per Cecchinato sembra essere di nuovo finita.

Non si vede da queste immagini, ma Cecchinato si mette la mano sulla bocca come fa chi assiste ad un omicidio nei film gialli.

Ma più sale l’intensità della partita, più il livello di tennis di Cecchinato sposta i propri confini. Riesce a prolungare il tiebreak fino al 9 pari, quando si guadagna il secondo matchpoint con un altro colpo simbolo della sua partita, un dritto in contro-tempo di una forza e di una raffinatezza che lo fanno sembrare perfettamente a suo agio, contro Novak Djokovic, ai quarti di finale del Roland Garros.

Parentesi personale

Ho visto giocare dal vivo Cecchinato agli Internazionali di Roma nel 2014.

Lo scenario era il seguente: un primo turno nello stadio Pietrangeli contro Igor Sijsling, un modesto regolarista olandese con un buon rovescio a una mano.

Cecchinato aveva l’aria del classico italiano che non si era guadagnato la wild card nel torneo di casa: tanto cuore, pochissimo tennis. Aveva un rovescio scarico e sempre corto, un servizio fiacco e una tenuta fisica scarsa: quel contesto sembrava semplicemente troppo per lui.

Igor Sijsling, nonostante un clima torrido vicino alla minaccia fisica, riuscì a portare a casa il match.

Oggi Sijsling è numero 356 del mondo.

Quando Cecchinato si è guadagnato il secondo match-point contro Djokovic con quel dritto, mi sono chiesto se stavo davvero guardando lo stesso giocatore che avevo visto perdere da Sijsling, in una mediocre partita di quattro anni prima.

E adesso?

Djokovic riesce ad annullare bene anche quel matchpoint e nell’intervista Cecchinato ha indicato quello come uno dei momenti più difficili: «Ha giocato sempre punti incredibili sui miei matchpoint, e allora ho cominciato a crederci meno».

Ma Djokovic finiva ogni punto col fiatone, mentre Cecchinato sembrava poter salire di rendimento per sempre. Il terzo matchpoint, quello descritto all’inizio di questo pezzo, è stato l’apice di un tiebreak giocato in maniera leggendaria.

Dopo la partita Djokovic ha elogiato la capacità di Cecchinato di giocare bene i punti più pesanti: «Non sembrava sotto pressione dalla grande partita in un grande stadio. Ha mantenuto i nervi saldi e ha giocato in modo incredibile nei momenti importanti».

La forza mentale mostrata da Cecchinato in questo Roland Garros, ancora più che il suo tennis - comunque eccezionale - rappresentano quasi un unicum nel tennis degli ultimi anni.

L’exploit di Cecchinato pone diversi interrogativi: l’aspetto psicologico conta al punto che un modesto giocatore può arrivare in semifinale al Roland Garros solo grazie a un salto di qualità mentale?

Quali sono i limiti di miglioramento di un tennista?

A quanti anni, nel 2018, un giocatore può dirsi all’apice della propria maturità?

E adesso cosa aspetta Cecchinato? Nell’immediato e nel medio periodo: quale sarà il posto di Cecchinato nel tennis di questi anni?

Cosa si può costruire su vittorie di questo tipo?

Intanto, possiamo dire che forse non è un caso se, in un tennis che cerca di rendere il gioco sempre più veloce, una delle più grande sorprese degli ultimi anni sia arrivata su una superficie come la terra, dove la palla che corre più lenta lascia più margini di lavoro tattico ai giocatori.

Cecchinato giocherà venerdì la semifinale contro Dominic Thiem e, come sempre, avrà pochissime possibilità di vincere. Dopo la partita gli hanno fatto notare che i punti guadagnati gli daranno accesso diretto a Wimbledon.

“Una buona notizia per i miei avversari”, ha commentato Cecchinato.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura